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Retribuzione imponibile: obbligo contributivo sempre

La Corte di Cassazione chiarisce che la retribuzione imponibile su cui calcolare i contributi previdenziali include tutto ciò che il lavoratore ha diritto di ricevere, anche se vi rinuncia. L’obbligo contributivo è autonomo e sorge con il rapporto di lavoro. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione Imponibile: L’Obbligo Contributivo Non Ammette Rinunce

La definizione di retribuzione imponibile ai fini previdenziali è un pilastro del diritto del lavoro, con implicazioni dirette per datori di lavoro e dipendenti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 11189 del 2024, ribadisce un principio fondamentale: l’obbligo di versare i contributi sussiste indipendentemente dall’effettivo pagamento della retribuzione o da eventuali rinunce da parte del lavoratore. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il Contesto del Ricorso

Il caso giunto all’attenzione della Suprema Corte riguardava la questione se i contributi previdenziali fossero dovuti anche su somme che, sebbene maturate a favore di un lavoratore, non gli erano state di fatto corrisposte, potenzialmente a seguito di un accordo o di una sua rinuncia. La parte ricorrente sosteneva una tesi volta a legare l’obbligo contributivo all’effettiva erogazione del compenso.

La controversia verteva sull’interpretazione dell’articolo 12 della Legge n. 153 del 1969, che definisce la base per il calcolo dei contributi come “tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro”. La questione era se questa espressione dovesse essere intesa in senso letterale (ciò che è stato pagato) o in senso più ampio (ciò che il lavoratore ha il diritto di ricevere).

La Decisione della Corte sulla Retribuzione Imponibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando l’orientamento consolidato in materia. I giudici hanno stabilito che l’obbligazione contributiva del datore di lavoro verso l’istituto previdenziale è autonoma e distinta rispetto all’obbligazione retributiva verso il lavoratore.

Di conseguenza, la base per il calcolo dei contributi, ovvero la retribuzione imponibile, non è ciò che il lavoratore ha materialmente incassato, ma tutto ciò che ha il diritto di ricevere in base al contratto di lavoro. La rinuncia del lavoratore a tali somme non ha alcun effetto sull’obbligo del datore di lavoro di versare i relativi contributi.

Le motivazioni: Autonomia dell’Obbligazione Contributiva

Il cuore della motivazione risiede nel principio dell’autonomia del rapporto assicurativo-previdenziale rispetto al rapporto di lavoro. La Corte spiega che l’obbligazione contributiva sorge automaticamente con la stessa instaurazione del rapporto di lavoro. Essa non dipende dal fatto che gli obblighi retributivi siano stati adempiuti, in tutto o in parte.

Citando la Legge 153/1969, i giudici chiariscono che la locuzione “tutto ciò che il lavoratore riceve” deve essere interpretata come “tutto ciò che il lavoratore ha diritto di ricevere”. Questo perché il sistema previdenziale ha una finalità pubblicistica, volta a garantire tutele fondamentali al lavoratore (come la pensione), che non possono essere messe a rischio da accordi privati tra lavoratore e datore di lavoro.

La Corte ha richiamato anche precedenti pronunce, come la sentenza n. 10787 del 2023, per rafforzare la coerenza e la continuità di questo principio giurisprudenziale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza offre importanti spunti di riflessione per le aziende e i consulenti del lavoro. L’insegnamento è chiaro: i contributi previdenziali devono essere calcolati e versati sull’intera retribuzione teoricamente dovuta al dipendente, indipendentemente da pagamenti parziali, ritardi o accordi di rinuncia. Ignorare questo principio espone il datore di lavoro a pesanti sanzioni e a contenziosi con gli enti previdenziali. Per i lavoratori, la decisione rappresenta una garanzia che i loro diritti previdenziali vengono tutelati anche in situazioni di difficoltà economica dell’azienda o in presenza di accordi transattivi che potrebbero pregiudicarli.

Se un lavoratore rinuncia a una parte del suo stipendio, il datore di lavoro deve comunque versare i contributi su quella parte?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di versare i contributi si basa sulla retribuzione che il lavoratore ha diritto di ricevere, non su quella effettivamente percepita. La rinuncia del lavoratore non estingue l’obbligazione contributiva del datore di lavoro.

Su cosa si basa l’obbligo di versare i contributi previdenziali?
L’obbligo sorge con l’instaurazione stessa del rapporto di lavoro. È legato al rapporto assicurativo che si crea tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale, ed è autonomo rispetto all’effettivo pagamento dello stipendio.

Cosa significa che l’obbligazione contributiva è autonoma rispetto a quella retributiva?
Significa che l’obbligo del datore di lavoro di versare i contributi all’ente previdenziale esiste e persiste indipendentemente dal fatto che abbia adempiuto o meno al suo obbligo di pagare lo stipendio al lavoratore. I due obblighi, pur originando dallo stesso rapporto di lavoro, seguono percorsi giuridici distinti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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