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Retribuzione ferie: sì alle indennità variabili

La Corte di Cassazione ha stabilito che la retribuzione ferie deve includere tutte le indennità variabili corrisposte in modo continuativo, come quelle per attività di scorta e riserva. Confermando la decisione dei giudici di merito, la Corte ha rigettato il ricorso di un’azienda di trasporti, affermando il principio derivato dal diritto europeo secondo cui la paga durante le ferie deve essere comparabile a quella ordinaria per non dissuadere il lavoratore dal godere del suo diritto al riposo.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione ferie: sì alle indennità variabili e continuative

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale per molti lavoratori: quali elementi compongono la retribuzione ferie. La Suprema Corte ha stabilito che anche le indennità variabili, se collegate alla mansione e corrisposte con continuità, devono essere incluse nel calcolo, in linea con i principi del diritto europeo. Questa decisione rafforza la tutela del diritto al riposo, garantendo che il lavoratore non subisca una penalizzazione economica durante le vacanze.

Il caso: la disputa sulla retribuzione ferie

Un gruppo di dipendenti di una società di trasporti ferroviari, con la qualifica di capo treno, ha citato in giudizio il proprio datore di lavoro. L’oggetto della controversia era l’esclusione, dal calcolo della retribuzione erogata durante il periodo feriale, di alcune indennità specifiche: l’incentivo per l’attività di scorta, quello per l’attività di riserva e il compenso per assenza dalla residenza. I lavoratori sostenevano che tali somme, essendo percepite in modo continuativo e direttamente legate alle loro mansioni ordinarie, dovessero far parte a pieno titolo della paga feriale.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione ai lavoratori, condannando l’azienda a pagare le differenze retributive. La società, non accettando la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la normativa interna e il contratto collettivo aziendale escludessero esplicitamente tali voci dalla base di calcolo.

La decisione della Corte di Cassazione e il primato del diritto europeo

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso presentati dall’azienda, confermando le sentenze precedenti. Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione e nell’interpretazione del diritto dell’Unione Europea, in particolare della Direttiva 2003/88/CE, che disciplina l’orario di lavoro e il diritto alle ferie retribuite.

La Corte ha ribadito che la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha un’efficacia vincolante per i giudici nazionali. Secondo la CGUE, la nozione di “retribuzione” durante le ferie ha una valenza europea e non può essere limitata dalle normative nazionali o dalla contrattazione collettiva. L’obiettivo è garantire che il lavoratore, durante il riposo annuale, si trovi in una situazione economica “sostanzialmente equiparabile” a quella dei periodi di lavoro.

Le motivazioni della Corte

L’interpretazione della nozione di retribuzione ferie

La Cassazione ha spiegato che qualsiasi diminuzione della retribuzione durante le ferie potrebbe “dissuadere” il lavoratore dall’esercitare il proprio diritto al riposo, un principio fondamentale per la tutela della sua salute e sicurezza. Pertanto, la retribuzione ferie deve comprendere qualsiasi importo pecuniario che sia intrinsecamente collegato all’esecuzione delle mansioni e correlato allo status personale e professionale del lavoratore. Le indennità per scorta e riserva, essendo strettamente connesse alle attività tipiche dei capotreno e percepite con regolarità, rientrano a pieno titolo in questa definizione.

La valutazione del carattere dissuasivo

L’azienda sosteneva che la riduzione economica fosse irrisoria e non tale da dissuadere i dipendenti dal prendere le ferie. La Corte ha chiarito che la valutazione sull’idoneità della diminuzione a costituire un deterrente è un giudizio di fatto che spetta al giudice di merito. In questo caso, la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sua decisione, ritenendo la diminuzione “sensibile” e quindi idonea a scoraggiare il godimento delle ferie.

La questione della prescrizione

Un altro motivo di ricorso riguardava la prescrizione dei crediti retributivi. L’azienda riteneva che la prescrizione dovesse decorrere in costanza di rapporto di lavoro. La Cassazione ha respinto anche questa tesi, confermando un orientamento ormai consolidato. A seguito delle riforme del mercato del lavoro (Legge Fornero del 2012 e Jobs Act del 2015), il regime di stabilità del posto di lavoro a tempo indeterminato è venuto meno. In assenza di una tutela reale piena contro il licenziamento illegittimo, il lavoratore potrebbe essere indotto a non far valere i propri diritti per timore di ritorsioni. Di conseguenza, il termine di prescrizione quinquennale per i crediti di lavoro decorre solo dalla data di cessazione del rapporto.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio di fondamentale importanza: il diritto alle ferie non è solo un diritto al riposo, ma anche un diritto a un riposo retribuito in modo equo. La contrattazione collettiva non può prevalere sui principi inderogabili del diritto europeo, che mirano a una tutela effettiva del lavoratore. Le aziende devono quindi prestare attenzione a calcolare la retribuzione feriale includendo tutte le componenti fisse e variabili che sono intrinsecamente legate alla prestazione lavorativa ordinaria, per evitare contenziosi e garantire il pieno rispetto dei diritti dei propri dipendenti.

Le indennità variabili e continuative devono essere incluse nel calcolo della retribuzione durante le ferie?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, qualsiasi importo pecuniario strettamente legato all’esecuzione delle mansioni e allo status professionale del lavoratore, erogato in modo continuativo, deve essere incluso nella retribuzione feriale per garantire che questa sia comparabile a quella ordinaria.

Un contratto collettivo aziendale può escludere alcune voci retributive dal calcolo della paga per le ferie?
No. La normativa nazionale e la contrattazione collettiva non possono derogare ai principi stabiliti dal diritto dell’Unione Europea, come interpretato dalla Corte di Giustizia. Il diritto a una retribuzione ferie “non dissuasiva” è un principio prevalente.

Da quando decorre la prescrizione per i crediti di lavoro dopo le recenti riforme?
Per i rapporti di lavoro non più protetti da un regime di piena stabilità reale (come quelli soggetti alle normative post-2012), la prescrizione dei crediti retributivi decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, e non durante il suo svolgimento. Questo perché il lavoratore potrebbe temere ritorsioni se agisse in giudizio contro il datore di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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