Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6282 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6282 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6302-2023 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALESocietà con socio unico, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 676/2022 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 17/01/2023 R.G.N. 429/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 6302/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 18/12/2024
CC
RILEVATO CHE
La Corte d’Appello di Torino, in accoglimento del gravame di Trenitalia, ha rigettato le domande di NOME COGNOME, dipendente con mansioni di macchinista, accolte dal Tribunale della stessa sede, dirette alla declaratoria del diritto a percepire, durante il periodo di ferie, il trattamento economico commisurato a quello percepito per il lavoro ordinariamente svolto (secondo le statuizioni della Corte di Giustizia Europea) e quindi la corresponsione dell’indennità di utilizzazione giornaliera professionale (IUP), non per il solo importo fisso, inferiore all’indennità di utilizzazione/condotta percepita nei periodi lavorati, ma anche per la parte variabile nonché l’indennità di assenza dalla residenza, voci previste dai CCNL e dai Contratti aziendali applicati al rapporto, da calcolarsi, secondo la prospettazione attorea, sulla media dei compensi percepiti a tali titoli nei 12 mesi precedenti la fruizione di ciascun periodo di ferie
Il Tribunale, richiamando la giurisprudenza della CGUE e della Corte di Cassazione in tema di diritto alla retribuzione durante le ferie, aveva ritenuto che sia l’indennità di assenza dalla residenza sia l’indennità di utilizzazione professionale fossero voci prive del carattere di occasionalità e della funzione di rimborso spese, intrinsecamente connesse alle mansioni svolte e corrisposte con continuità, concludendo che dovessero essere interamente incluse nella retribuzione spettante al lavoratore durante le ferie.
La Corte di merito, invece, ha riformato la sentenza sul rilievo che non fosse applicabile alla fattispecie la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE richiamata dal lavoratore, in particolare la cd. sentenza Williams del 16.9.2011 che i mpone di prendere in considerazione ‘qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato alle mansioni che il lavoratore è
tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro’ ai fini della determinazione dell’ammontare della retribuzione spettante durante le ferie annuali, per evitare il rischio di dissuasione del lavoratore dalla fruizione delle ferie per non perdere una quota significativa della retribuzione; tale esclusione è stata motivata dall’autonomia delle parti negoziali nell’individuazione della retribuzione proporzionata e sufficiente e dalla ritenuta contenuta incidenza delle differenze di indennità rivendicate rispetto alla retribuzione ordinaria.
Per la cassazione della predetta sentenza propone ricorso Rivoli con tre motivi, cui resiste con controricorso Trenitalia; entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’or dinanza;
RAGIONI DELLA DECISIONE
Parte ricorrente deduce, con il primo motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della Direttiva 88/2003/CE e dell’art. 31, par. 2, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea riguardo alla retribuzione dei giorni di ferie, come interpretati dalle sentenze della Corte di Giustizia UE, nonché degli artt. 2109 e 2243 c.c. e 10 d. lgs. n. 66/2003 in relazione all’art. 34.8.4.1 dell’Accordo di Confluenza 2003 e all’art. 31 dei contratti aziendali di Gruppo FS Italiane 2012 e 2016, e agl i effetti dell’art. 1418 c.c.; sostiene che la Corte di merito, limitandosi a valorizzare l’assorbimento della IUP fissa introdotta nel CCNL 1990-1991 nel salario di produttività, non avrebbe tenuto in considerazione la recente giurisprudenza di legittimità, che delinea una nozione europea di retribuzione dovuta al lavoratore durante il periodo di ferie annuali, fissata dall’articolo 7 della direttiva 88/2003, come interpretato dalla Corte di Giustizia; evidenzia che la retribuzione delle ferie è corrisposta in identico modo sin dal 2003, in contrasto con la
giurisprudenza della Corte di Giustizia, come pure interpretata da questa Corte di legittimità; argomenta circa il carattere imperativo dell’art. 7 della Direttiva 2003/88 e le indicazioni giurisprudenziali dettate al riguardo dalla Corte di Giustizia (come evidenziate dalla sentenza CGUE 15 settembre 2011, Williams, cit.); assume che deve valutarsi sussistente nella specie il rapporto di funzionalità che intercorre tra gli elementi della retribuzione richiesti e le mansioni ordinariamente affidate, e che p ossono escludersi dal calcolo dell’importo da versare durante le ferie annuali solo gli elementi della retribuzione complessiva del lavoratore diretti esclusivamente a coprire spese occasionali o accessorie che sopravvengano in occasione dell’espletamento delle mansioni; afferma che siffatti principi sono già stati declinati da questa Corte (Cass. n. 20216/2022) al fine di ritenere l’obbligo per le parti sociali, nel redigere le norme collettive, di tenere conto dei principi e degli orientamenti consolidati in materia; specifica, nella memoria conclusiva, che questa Corte si è recentemente pronunciata nel senso dell’accoglimento di analoghe rivendicazioni nella medesima vicenda contrattuale, con il medesimo datore di lavoro Trenitalia s.p.a. (Cass. n. 14089/2024)
Con il secondo motivo viene denunciata la nullità della sentenza di merito per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per motivazione apparente e intrinsecamente contraddittoria.
Con il terzo motivo, viene dedotta violazione dell’art. 7 della Direttiva 88/2003/CE e dell’art. 31, par. 2, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea riguardo alla retribuzione dei giorni di ferie, come interpretati dalle sentenze d elle Corte di Giustizia UE, nonché dell’art. 2109 anche in relazione all’art. 36 Cost. e all’art. 10 d.lgs. n. 66/2003, e violazione e falsa applicazione dell’art. 72.2 CCNL 2003 e
dell’art. 77.2.4 dei CCNL della Mobilità, Area Attività Ferroviarie del 20.7.2012 e del 16.12.2016, con riferimento agli artt. 1362 e 1363 c.c.
I motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
Questa Corte (come anche rilevato dal controricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., anche recentemente pronunciandosi nel rapporto di lavoro di Trenitalia s.p.a., relativamente ad altro macchinista, con Cass. n. 14089/2024 ) nel solco di una serie di pronunce sul tema, ha ribadito, che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie subisce la decisiva influenza dell’interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell’Un ione Europea, la quale ha precisato come l’es pressione «ferie annuali retribuite» contenuta nell’art. 7, n. 1, della Direttiva n. 88 del 2003 faccia riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, deve essere mantenuta la retribuzione che il lavoratore percepisce in via ordinaria (cfr. la cit. Cass. n. 14089/2024 che richiama a sua volta Cass. n. 18160/2023 e successive conformi, con richiamo a CGUE 20.1.2009, C- 350/06 e C520/06, COGNOME, nonché, con riguardo al personale navigante dipendente di compagnia aerea, Cass. n. 20216/2022).
I principi informatori di tale indirizzo giurisprudenziale sono nel senso di assicurare, a livello retributivo, una situazione sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria del lavoratore nei periodi di lavoro, sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione (cfr. CGUE 15.9.2011, C-155/10, Williams; CGUE 3.12.2018, C- 385/17, Torsten Hein).
In questo senso, si è precisato nelle pronunce indicate che qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo, che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr. in questo senso anche la recente CGUE 13.1.2022, C-514/20, DS c. Koch).
Conseguentemente, è stato ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore (Cass. n. 13425/2019).
11. In applicazione di tali orientamenti ed in applicazione di siffatta nozione europea di retribuzione, nell’ambito del personale navigante dipendente di compagnia aerea, è stato ritenuto rientrante nella retribuzione dovuta l’importo erogato a titolo di indennità di volo integrativa, ritenendo nel contempo la nullità della relativa disposizione del contratto collettivo nazionale (in quel caso l’art. 10 del CCNL Trasporto Aereo -sezione personale navigante tecnico) nella parte in cui escludeva nel periodo di ferie la voce stipendiale, in quel caso in violazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 185/2005 (che attuava la direttiva 2000/79/CE relativa all’Accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo dell’aviazione civile – Cass. n. 20216/2022).
Atteso che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, le sentenze della Corte di Giustizia UE hanno efficacia vincolante e diretta nell’ordinamento nazionale, i giudici di merito non possono prescindere dall’interpretazione data dalla Corte euro pea, che costituisce ulteriore fonte del diritto dell’Unione
europea, non nel senso che esse creino ex novo norme UE, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito dell’Unione (cfr. Cass. n. 13425/2019, n. 22577/2012).
Pertanto, a fronte della rivendicazione di voci non corrisposte nel periodo feriale, è necessario accertare il nesso intrinseco tra l’elemento retributivo e l’espletamento delle mansioni affidate e, quindi, se l’importo pecuniario si ponga in rapporto di c ollegamento funzionale con l’esecuzione delle mansioni e sia correlato allo status personale e professionale di quel lavoratore (cfr. Cass. n. 13425/2019 cit., così come, per il caso del mancato godimento delle ferie, Cass. n. 37589/2021).
Nella controversia in esame, vengono in discussione la cd. indennità di utilizzazione professionale (IUP) e l’indennità per assenza dalla residenza.
Quanto a quest’ultima, essa, in quanto voce diretta a compensare il disagio dell’attività tipica del dipendente viaggiante derivante dal non avere un luogo fisso di lavoro, è stata già ritenuta da questa Corte come voce da includere nella retribuzione feriale, nella medesima controversia in cui il datore di lavoro è Trenitalia (la cit. Cass. n. 14089/2024) nonché in analoga controversia che aveva come parte datoriale la società Trenord (tra le molte, Cass. nn. 2963, 2682, 2680, 2431, 1141/2024; nn. 35578, 33803, 33793, 33779, 19716, 19711, 19663, 18160/2023).
La corresponsione, in forma continuativa, di una simile indennità è immediatamente collegata alle mansioni tipiche dei dipendenti macchinisti, essendo destinata a compensare il disagio dell’attività derivante dal non avere una sede fissa di lavoro e dall’e ssere continuamente in movimento, lontano dalla sede formale di lavoro.
In base alla medesima ratio (collegamento funzionale con le mansioni tipiche) sono fondate le domande collegate alla parte variabile dell’indennità di utilizzazione professionale, in quanto voce ordinariamente corrisposta per i periodi di lavoro, la cui erogazione in misura ridotta nel periodo di ferie, in base a una verifica ex ante, è potenzialmente dissuasiva al godimento delle stesse, tenuto conto della continuatività dell’erogazione nel corso dell’anno e dell’incidenza sul trattamento economico mensile.
Nell’interpretazione delle norme collettive che regolano gli istituti di cui è stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale è necessario tenere conto della finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale. Tale effetto deterrente può, infatti, realizzarsi qualora le voci che compongono la retribuzione nei giorni di ferie sono limitate a determinate voci, escludendo talune indennità di importo variabile (previste dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale) che sono comunque intrinsecamente collegate a compensare specifici disagi derivanti dalle mansioni normalmente esercitate.
La giurisprudenza UE ha, invero, chiarito che il lavoratore, in occasione della fruizione delle ferie, deve trovarsi in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro; ciò in quanto il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite va considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale UE, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla stessa Direttiva.
È stato affermato che ‘la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore’ (sent. CGUE Williams cit., § 21); che ‘l’ottenimento della retribuzione ordinaria durante il periodo di ferie annuali retribuite è volto a consentire al lavoratore di prendere effettivamente i giorni di ferie cui ha diritto’, e che ‘quando la retribuzione versata a titolo del diritto alle ferie annuali retribuite previsto all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 (…) è in feriore alla retribuzione ordinaria ricevuta dal lavoratore durante i periodi di lavoro effettivo, lo stesso rischia di essere indotto a non prendere le sue ferie annuali retribuite, almeno non durante i periodi di lavoro effettivo, poiché ciò determinerebbe, durante tali periodi, una diminuzione della sua retribuzione’ (sent. CGUE Torsten Hein cit., § 44); che il giudice nazionale è tenuto a interpretare la normativa nazionale in modo conforme all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, con la pr ecisazione che ‘una siffatta interpretazione dovrebbe comportare che l’indennità per ferie retribuite versata ai lavoratori, a titolo delle ferie minime previste da tale disposizione, non sia inferiore alla media della retribuzione ordinaria percepita da questi ultimi durante i periodi di lavoro effettivo’ (sent. CGUE Torsten Hein cit., § 52); che ‘occorre dichiarare che, sebbene la struttura della retribuzione ordinaria di un lavoratore di per sé ricada nelle disposizioni e prassi disciplinate dal diritto degli Stati membri, essa non può incidere sul diritto del lavoratore (…) di godere, nel corso del suo periodo di riposo e di distensione, di condizioni economiche paragonabili a quelle relative all’esercizio del suo lavoro’ (sent. CGUE Williams cit., § 23) , sicché ‘qualsiasi prassi o omissione da parte del datore di lavoro che abbia un effetto potenzialmente dissuasivo sulla fruizione delle ferie annuali da parte di un
Lavoratore è incompatibile con la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite’ (sent. CGUE Koch cit., § 41),
In tale prospettiva, osserva il Collegio che non può ritenersi che l’incidenza dell’effetto dissuasivo possa essere apprezzata raffrontando la differenza retributiva mensile con quella annuale, dal momento che, per il lavoratore dipendente, la possibile induzione economica alla rinuncia al proprio diritto alle ferie deriva dall’incidenza sulla retribuzione che ogni mese, e quindi anche in quello di ferie, egli può impegnare per garantire a sé o alla sua famiglia le ordinarie condizioni economiche di vita.
In conclusione, in concordanza all’interpretazione conforme alla citata giurisprudenza dell’Unione europea e di legittimità delle norme collettive che regolano gli istituti di cui è stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale, il ricorso va accolto, in linea con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare nel periodo feriale un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale.
La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, e rinviata al giudice indicato in dispositivo, per il riesame delle originarie domande alla luce dei principi sopra espressi, e altresì per provvedere sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.