Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15363 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15363 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11454-2023 proposto da:
ENTE RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 801/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 15/03/2023 R.G.N. 73/2022;
Oggetto
Retribuzione durante le ferie
R.G.N.11454/2023
COGNOME
Rep.
Ud.11/02/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Napoli rigettava l’appello proposto dall’Ente RAGIONE_SOCIALE (in sigla RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza del Tribunale di Benevento n. 1430/2021, che, in accoglimento della domanda di NOME, aveva condannato detta società al pagamento in favore del lavoratore delle differenze relative al periodo delle ferie godute dallo stesso negli anni 2016/2021 per il complessivo importo indicato, oltre accessori dalla maturazione al soddisfo, tanto sull’assunto dell’istante che, in relazione ai periodi di fruizione delle ferie annuali, egli non aveva percepito una retribuzione equiparabile alla retribuzione corrisposta nei periodi di servizio, in quanto non aveva ricompreso l’indennità perequativa, l’indennità compensativa e il ticket-mensa.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale richiamava anzitutto i principi espressi da questa Corte nella sent. n. 13425/2019 (e poi in Cass. n. 22401/2020), che aveva analiticamente esaminato la questione della retribuzione feriale in relazione alla normativa e alla giurisprudenza europea, con particolare riferimento alla incidenza su di essa delle voci retributive variabili; e, considerati gli accordi collettivi applicabili, riteneva che l’interpretazione di tali norme collettive induceva a ritenere che tutte le indennità precedentemente riconosciute ed assorbite nelle indennità perequativa e compensativa erano attribuite per compensare specifici disagi legati alle mansioni svolte, nell’ottica di una omogeneizzazione
del costo del lavoro con abolizione delle precedenti indennità e riconoscimento ai lavoratori dell’indennità perequativa e dell’indennità compensativa.
2.1. Quindi, osservava che, applicando i criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. e considerando il tenore complessivo delle clausole (art. 1362 c.c.), oltre che la ratio ispiratrice della disciplina aziendale, non poteva che concludersi che l’indennità perequativa/compensativa -quantificata in considerazione di valori non collegati all’effettiva presenza del singolo lavoratore, prevista in misura fissa, pensionabile e calcolabile ai fini del TFR -era senza dubbio collegata all’esecuzione delle ma nsioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro sicché rientra a pieno titolo nella retribuzione da corrispondere anche nei periodi di ferie, secondo i principi invalsi nella giurisprudenza eurocomunitaria.
2.2. Infine, per la Corte la ricostruzione così operata non introduceva certamente un principio di onnicomprensività della retribuzione feriale.
Avverso tale decisione, l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’intimato ha resistito con controricorso e successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce la ‘nullità della sentenza o del procedimento per omessa pronuncia su una domanda oggetto di appello, con violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’. Assume che ‘la Corte di Ap pello ha omesso di pronunciarsi sulla parte dell’atto
di appello con cui l’Ente Autonomo Volturno ha impugnato il capo della sentenza di primo grado relativo all’accoglimento della domanda del lavoratore con riferimento alla legittimità dell’inserimento dei ticket mensa nel calcolo della retribuzione normale, quale parametro per la determinazione dell’indennità di ferie’.
Con secondo motivo denuncia ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., in combinato disposto con l’art. 1363 c.c., in tema di interpretazione ermeneutica dei contratti collettivi aziendali, con contestuale illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte territoriale ha dedotto l’illegittimità dell’esclusione dell’indennità perequativa, compensativa e di turno dalle voci di retribuzione normale, quale parametro per la determinazione dell’indennità di ferie, ai sensi dell’art. 360, co mma 1, n. 3 c.p.c.’.
2.1. Secondo la ricorrente, essendo confluite diverse voci retributive previste dalla contrattazione di II livello nell’indennità perequativa/compensativa, detta indennità è determinata da alcune voci che appaiono tener conto della qualifica dei lavoratori (es. ind. disagio macchinisti acc. 12/2, ind. disagio conduttori acc. 12/2, ind. disagio capitreno ap. come da confluenza di cui all’acc. az. Del 2012; ind. disagio addetti Am/Manutenz. come da confluenza di cui all’acc. az. del 2013) nonché da altre che, ed era questo che era sfuggito alla Corte territoriale, sono corrisposte solo in occasione dello svolgimento delle mansioni con valore di rimborso spese (indennità KM).
2.2. Per la stessa, gli importi correlativi all’indennità perequativa e all’indennità compensativa, conglobando in sé pregresse e varie indennità tutte legate ad effettive e/o
particolari prestazioni rese, erano stati legittimamente e correttamente considerati assimilabili alle indennità saltuarie e variabili di cui all’art. 9 del CCNL del 12.3.1980.
3. Il primo motivo è infondato.
Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, la omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., essendo la stessa astrattamente configurabile da parte del giudice di appello solo ove sia allegata la totale carenza di considerazione di una domanda o di una eccezione -e non di una mera allegazione difensiva -sottoposta al suo esame con la formulazione di uno specifico motivo di gravame, e sempre che il medesimo giudice abbia mancato completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo impl icito, di accoglimento o di rigetto, indispensabile alla soluzione del caso concreto ( ex multis Cass. n. 20555/2017).
Ebbene, nella specie, dal testo della decisione qui gravata emerge che la Corte territoriale aveva dato conto che la domanda del lavoratore riguardava (oltre che la indennità perequativa e quella compensativa) anche ‘il ticket mensa’ ‘perché strettament e legato alle modalità di svolgimento delle mansioni’, che il Tribunale aveva accolto la domanda come proposta, e che l’appellante aveva eccepito ‘l’infondatezza della pretesa’.
5.1. La stessa Corte, quindi, come chiaramente espresso nel dispositivo di sentenza, ha rigettato l’appello e, per l’effetto, ha confermato la sentenza impugnata, e, in apertura dei ‘motivi della decisione’, ha giudicato l’appello ‘infondato’, specificando che: ‘Tutte le censure sollevate dall’appellante possono essere affrontate unitariamente’.
A fronte di tanto, e del rilievo che tutta una prima parte di motivazione è dedicata ad illustrare a quali condizioni voci retributive variabili debbano rientrare nella retribuzione da erogare durante le ferie, non è consentito concludere che i giudici di secondo grado abbiano completamente mancato di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di rigetto del motivo di appello che riguardava il ticket mensa.
Parimenti è infondato il secondo motivo.
Rileva preliminarmente il Collegio che questa Sezione si è di nuovo espressa sulle questioni di diritto anche qui poste nelle recenti sent. n. 18160/2023, n. 19663/2023, n. 19711/2023, n. 19716/2023 in relazione a fattispecie concrete analoghe a quella ora in esame.
8.1. Inoltre, più di recente sono intervenute le ord. 27.9.2024, nn. 25840 e n. 25850, che hanno rigettato altrettanti ricorsi per cassazione di RAGIONE_SOCIALE contro sentenze della medesima Corte d’appello di Napoli, circa le medesime questioni.
8.2 . Pertanto, anche ai sensi dell’art. 118, comma primo, disp. att. c.p.c., ai citati provvedimenti di legittimità si farà riferimento in questa sede.
Occorre allora premettere che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie è fortemente influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale, sin dalla sentenza Robinson Steele del 2006, ha p recisato che con l’espressione <> contenuta nell’art. 7, nr. 1, della direttiva nr. 88 del 2003 si vuole fare riferimento al fatto che,
per la durata delle ferie annuali, <> la retribuzione con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire in tale periodo di riposo la retribuzione ordinaria (nello stesso senso CGUE 20 gennaio 2009 in C.350/06 e C-520/06, COGNOME e altri). Ciò che si è inteso assicurare è una situazione equiparabile a quella ordinaria del lavoratore in atto nei periodi di lavoro sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione (cfr. C.G.U.E. Williams e altri, C-155/10 del 13 dicembre 2018 ed anche la causa To.He. del 13/12/2018, C-385/17). Qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è infatti incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr. in questo senso anche la recente C.G.U.E. del 13/01/2022 nella causa C-514/20).
9.1. Di tali principi si è fatta interprete questa Corte che in più occasioni ha ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE (con la quale sono state codificate, per motivi di chiarezza, le prescrizioni minime concernenti anche le ferie contenute nella direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, cfr. considerando 1 della direttiva 2003/88/CE, e recepita anch’essa con il d.lgs. n. 66 del 2003), per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo ‘status’
personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass. 17/05/2019 n. 13425).
9.2. Anche con riguardo al compenso da erogare in ragione del mancato godimento delle ferie, pur nella diversa prospettiva cui l’indennità sostitutiva assolve, si è ritenuto che la retribuzione da utilizzare come parametro debba comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo ‘status’ personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass, 30/11/2021 n. 37589).
9 .3. Proprio in applicazione della nozione c.d. ‘europea’ di retribuzione, nell’ambito del personale navigante dipendente di compagnia aerea, poi, si è chiarito che nel calcolo del compenso dovuto al lavoratore nel periodo minimo di ferie annuali di quattro settimane si deve tenere conto degli importi erogati a titolo di indennità di volo integrativa e a tal fine si è ritenuta la nullità della disposizione collettiva (l’art. 10 del c.c.n.l. Trasporto Aereo -sezione personale navigante tecnico) nella parte in cui la esclude per tale periodo minimo di ferie evidenziandosi il contrasto con l’art. 4 del d.lgs. n. 185 del 2005 (decreto di attuazione della direttiva 2000/79/CE relativa all’Accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo dell’aviazione civile) interpretando tale disposizione proprio alla luce del diritto europeo che impone di riconoscere al lavoratore navigante in ferie una retribuzione corrispondente alla nozione europea di remunerazione delle ferie, in misura tale da garantire al lavoratore medesimo condizioni economiche paragonabili a quelle di cui gode quando esercita l’attività lavorativa (cfr. Cass. 23/06/2022 n. 20216).
9 .4. E’ opportuno poi rammentare, come già ritenuto nella sentenza da ultimo citata, ‘che le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE hanno, infatti, efficacia vincolante, diretta e prevalente, sull’ordinamento nazionale’ sicché non può prescindersi dall’i nterpretazione data dalla Corte Europa che, quale interprete qualificata del diritto dell’unione, indica il significato ed i limiti di applicazione delle norme. Le sue sentenze, pregiudiziali o emesse in sede di verifica della validità di una disposizione UE, hanno perciò ‘valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunità’ (cfr. Cass. n. 13425 del 2019 ed ivi la richiamata Cass. n. 22577 del 2012).
9 .5. Nell’applicare il diritto interno il giudice nazionale è tenuto ad una interpretazione per quanto possibile conforme alle finalità perseguite dal diritto dell’Unione nell’intento di conseguire il risultato prefissato dalla disciplina Eurounitaria confo rmandosi all’art. 288, comma 3, TFUE. L’esigenza di un’interpretazione conforme del diritto nazionale attiene infatti al sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito delle rispettive competenze, la piena e fficacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte (cfr. CGUE 13/11/1990 causa C106/89 Marleasing p. 8, CGUE 14/07/1994 causa C-91/92 COGNOME p. 26, CGUE 10/04/1984 causa C-14/83 von Colson p. 26, CGUE 28/06/2012 causa C-7/11 COGNOME p. 51, tutte citate da Cass. n. 22577 del 2012 alla cui più estesa motivazione si rinvia), obbligo che viene meno solo quando la norma interna appaia assolutamente incompatibile con quella Eurounitaria, ma non è questo il caso.
A questi principi si è attenuta la Corte di merito che, come ricordato, ha proceduto, correttamente, ad una verifica ex ante della potenzialità dissuasiva dell’eliminazione di voci economiche dalla retribuzione erogata durante le ferie al godimento delle stesse senza trascurare di considerare la pertinenza di tali compensi rispetto alle mansioni proprie della qualifica rivestita.
11 . Ritiene allora il Collegio che l’interpretazione delle norme collettive aziendali che regolano gli istituti di cui era stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale oltre ad essere del tutto plausibile è in linea con le indicazioni provenienti dalla Corte di Lussemburgo ed in sintonia con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, che è innanzi tutto quella di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fru ire effettivamente del riposo annuale.
In particolare, circa l’indennità perequativa e l’indennità compensativa, l’argomento della ricorrente che fa leva sul dato che in tali indennità sarebbero confluite varie indennità precedenti corrisposte in occasione dello svolgimento delle mansioni con valore di rimborso spese è meramente assertivo, come il cenno ad un’indennità chilometrica.
12.1. In ogni caso, correttamente la Corte territoriale ha fatto riferimento alla natura di tali indennità come già conformate nella contrattazione di rango non nazionale, che veniva in considerazione.
La ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore del difensore del controricorrente, dichiaratosi anticipatario, delle spese di questo
giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 1.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge, e distrae in favore del difensore del controricorrente.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio