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Retribuzione ferie: quali voci includere nel calcolo?

Un lavoratore ha citato in giudizio la sua azienda, un’impresa di trasporti, per ottenere l’inclusione di specifiche indennità (perequativa e compensativa) e dei buoni pasto nel calcolo della sua retribuzione per le ferie. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei gradi precedenti, ha dato ragione al lavoratore. Ha stabilito che qualsiasi componente retributivo intrinsecamente legato alle mansioni svolte, anche se assorbe voci variabili precedenti, deve far parte della retribuzione ferie per non scoraggiare il lavoratore dal godere del suo diritto al riposo, in conformità con i principi del diritto dell’Unione Europea.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione Ferie, un Diritto da non Sottovalutare: le Indennità Fisse Vanno Incluse

La corretta determinazione della retribuzione ferie è un tema cruciale nel diritto del lavoro, poiché incide direttamente sul diritto fondamentale e irrinunciabile del lavoratore al riposo. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito, in linea con i principi europei, che nel calcolo della paga durante le vacanze devono essere incluse tutte le voci retributive intrinsecamente connesse alle mansioni svolte. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati.

I Fatti di Causa: la Controversia sulla Paga Durante le Ferie

Un dipendente di un’azienda di trasporti ha avviato una causa contro il proprio datore di lavoro sostenendo di aver ricevuto, durante i periodi di ferie goduti tra il 2016 e il 2021, una retribuzione inferiore a quella spettante. Secondo il lavoratore, l’azienda aveva erroneamente escluso dal calcolo alcune voci importanti: l’indennità perequativa, l’indennità compensativa e i buoni pasto mensili (ticket-mensa).

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione al lavoratore, condannando l’azienda al pagamento delle differenze retributive. La Corte d’Appello, in particolare, ha sottolineato che le indennità in questione, sebbene nate per assorbire precedenti voci variabili, erano attribuite per compensare specifici disagi legati alle mansioni e, pertanto, strettamente collegate all’esecuzione del lavoro. L’azienda, insoddisfatta della decisione, ha presentato ricorso in Cassazione.

L’Ordinanza della Cassazione e l’Impatto del Diritto Europeo

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando le sentenze precedenti. La decisione si fonda su un’interpretazione della normativa nazionale alla luce dei principi inderogabili del diritto dell’Unione Europea.

Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), il diritto alle ‘ferie annuali retribuite’, sancito dalla Direttiva 2003/88/CE, impone che il lavoratore percepisca, durante il riposo, la sua ‘retribuzione ordinaria’. Lo scopo è chiaro: evitare che una diminuzione dello stipendio possa dissuadere il lavoratore dall’esercitare il proprio diritto alle ferie, che è essenziale per la tutela della sua salute e sicurezza.

Questo significa che la retribuzione ferie deve comprendere qualsiasi importo pecuniario che sia collegato all’esecuzione delle mansioni e correlato allo status personale e professionale del lavoratore. Qualsiasi incentivo, anche indiretto, a rinunciare alle ferie è considerato incompatibile con gli obiettivi della normativa europea.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha applicato questi principi al caso specifico, analizzando la natura delle indennità contestate.

La Natura delle Indennità Perequativa e Compensativa

Il Collegio ha osservato che la Corte d’Appello aveva correttamente interpretato gli accordi collettivi aziendali. Le indennità, pur avendo assorbito voci precedenti, erano state strutturate come elementi fissi, pensionabili e calcolabili ai fini del TFR. Erano, quindi, indiscutibilmente collegate alle mansioni che il lavoratore doveva svolgere in forza del suo contratto.

L’argomentazione dell’azienda, secondo cui tali indennità includevano meri rimborsi spese (come un’indennità chilometrica), è stata giudicata generica e non provata. La Corte ha stabilito che, per la loro natura e struttura, queste voci rientravano a pieno titolo nella retribuzione da corrispondere anche durante le ferie.

Il Rigetto della Censura sull’Omessa Pronuncia

Anche il primo motivo di ricorso, relativo alla presunta mancata decisione sui buoni pasto, è stato respinto. La Corte ha chiarito che i giudici d’appello, rigettando l’impugnazione nel suo complesso e affrontando unitariamente tutte le censure, avevano implicitamente deciso anche su quel punto, confermando la decisione di primo grado che li includeva.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza per la tutela dei diritti dei lavoratori. Il principio è che la busta paga durante le ferie non deve ‘alleggerirsi’ di quelle componenti che, pur non essendo paga base, costituiscono un corrispettivo stabile e continuativo per le mansioni svolte.

Per i datori di lavoro, la sentenza rappresenta un monito a verificare attentamente la composizione della retribuzione ferie, assicurandosi di includere tutte le voci che, per loro natura, sono intrinsecamente legate alla prestazione lavorativa e non semplici rimborsi di spese occasionali. In caso contrario, il rischio è quello di subire azioni legali per il recupero delle differenze retributive, con l’aggiunta di interessi e rivalutazione.

Le indennità fisse, come quella perequativa o compensativa, devono essere incluse nella retribuzione da pagare durante le ferie?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, se tali indennità sono collegate all’esecuzione delle mansioni e fanno parte della normale retribuzione, devono essere incluse nel calcolo della paga durante le ferie per garantire al lavoratore una condizione economica paragonabile a quella dei periodi di lavoro.

Perché la retribuzione durante le ferie deve essere paragonabile a quella dei periodi di lavoro?
Perché una diminuzione significativa della retribuzione potrebbe dissuadere il lavoratore dall’esercitare il suo diritto al riposo. Questo sarebbe in contrasto con le finalità della normativa dell’Unione Europea, che mira a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori garantendo un effettivo periodo di riposo.

Il diritto dell’Unione Europea ha un impatto diretto su come viene calcolata la retribuzione delle ferie in Italia?
Sì. I giudici nazionali sono tenuti a interpretare il diritto interno in modo conforme alle direttive europee e alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE. Pertanto, la nozione di ‘retribuzione ordinaria’ elaborata a livello europeo è il parametro di riferimento per stabilire quali voci debbano essere incluse nel calcolo della retribuzione feriale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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