Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17443 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17443 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 165-2024 proposto da:
COMUNE DI LECCO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME MONICA, COGNOME, COGNOME MONICA, MERCURI TATIANA, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 503/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 03/07/2023 R.G.N. 154/2023;
Oggetto
Retribuzione pubblico impiego
R.G.N. 165/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 21/05/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
I ricorrenti, dipendenti comunali con qualifica di agenti di polizia locale del Comune di Lecco, hanno agito chiedendo, previa disapplicazione dell’art. 23 CCNL 21 maggio 2018 e dell’art. 22 CCNL 14 settembre 2000 per contrarietà all’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, di accertare il loro diritto a percepire, per ogni giorno di ferie, l’indennità di turno nella misura del 10% della retribuzione oraria riconosciuta dalla contrattazione collettiva.
Il Tribunale di Lecco ha accolto le domande.
La Corte d’appello di Milano, adita dal Comune di Lecco, ha confermato la decisione di primo grado richiamando l’orientamento comunitario secondo cui è esclusa la possibilità che la retribuzione feriale sia inferiore a quella ordinaria.
Da ciò deriva che, laddove la retribuzione sia composta da una parte fissa e una variabile, anche le voci variabili devono essere incluse nella base di calcolo della retribuzione spettante durante le ferie, ove si tratti di indennità intrinsecamente collegate all’esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto a espletare in forza del suo contratto di lavoro o allo status del lavoratore -come nel caso di specie -onde evitare un effetto dissuasivo sull’effettiva capacità di fruire delle ferie.
Per la cassazione della sentenza ricorre il Comune di Lecco con quattro motivi, illustrati da memoria, cui resistono i lavoratori con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della d irettiva 2003/88/CE, dell’art. 10 del d.lgs. n. 66/2003, nonché dell’art. 36 Cost. e dell’art. 2109 cod. civ. in relazione alla disciplina da applicarsi in tema di ‘ferie retribuite’ (art. 360, comma 1, n . 3, cod. proc. civ.);
secondo il ricorrente, non si può ‘ bypassare in toto il diritto interno e i relativi principi anche giurisprudenziali al fine di accedere ad analogiche interpretazioni non inerenti alla medesima normativa nazionale applicabile a riguardo ‘ ;
con il secondo mezzo si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 Cost. e dell’art. 2109 cod. civ. in relazione alla definizione e al concetto di ‘ferie retribuite’, come espressi dalla Corte di cassazione, cui la sentenza non si è uniformata;
si denuncia violazione e/o falsa applicazione della normativa contrattuale di riferimento, con specifico riferimento agli artt. 23 e 28 del CCNL Funzioni Locale triennio 2016 -2018 poi recepiti rispettivamente negli artt. 30 e 38 del CCNL Funzioni Locali triennio 2019-2021 (art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.); la quantificazione della retribuzione del periodo feriale è sicuramente rimessa alla contrattazione collettiva, sicché includere l’indennità di turno nella retribuzione spettante durante il periodo di ferie si pone in violazione del quadro contrattuale applicato esautorando le parti collettive;
con il terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della direttiva 2003/88/CE, in relazione alla interpretazione fornita al riguardo dalla Corte di Giustizia in tema di ‘ferie retribuite’ (art. 360, comma 1, n° 3, cod. proc. civ.);
la giurisprudenza della Corte di Giustizia non esclude in linea di principio la possibilità di prevedere una retribuzione feriale inferiore a quella ordinaria ma tende unicamente a escludere quelle decurtazioni che siano idonee a dissuadere il lavoratore dall’esercitare effettivamente il proprio diritto alle ferie; sarebbero quindi inibite le retribuzioni irrisorie, lesive del diritto irrinunciabile alle ferie, non essendo viceversa imposta una retribuzione perfettamente coincidente con quella percepita durante il periodo di lavoro; la Corte d’appello non aveva peraltro tenuto in alcun modo conto della pacifica circostanza che tutti i ricorrenti avessero già pienamente fruito delle proprie ferie nel periodo considerato;
con la quarta critica si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 81 e 97 Cost. in relazione ai principi espressi in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilità del debito pubblico che impediscono la completa equiparazione del rapporto di lavoro pubblico al rapporto di lavoro privato, nonché dell’art. 1362 c.c. in tema di interpretazione del contratto (art. 360, comma 1, n°3, cod. proc. civ.);
la Corte d’appello omette di considerare che il pubblico impiego, incidendo in maniera rilevante sulla spesa pubblica, non può essere equiparato al lavoro privato; la lettura dei giudici di merito «modificando l’equilibrio rinvenuto dalle parti sociali in tema di retribuzione da corrispondere ai lavoratori durante i giorni di ferie avrebbe significative ripercussioni proprio in termini di aumento della spesa pubblica».
I motivi, che per la loro stretta connessione logico-giuridica possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati;
possono richiamarsi a riguardo le diffuse le argomentazioni espresse da questa Corte nella recente ordinanza del 9/3/2025, n. 6282;
3. nel solco di una serie di pronunce sul tema ( ex aliis , Cass. n. 14089/2024, Cass. n. 20216/2022), questa Corte ha ribadito, infatti, che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie subisce la decisiva influenza dell’interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha precisato come l’espressione «ferie annuali retribuit e» contenuta nell’art. 7, n. 1, della direttiva n. 88 del 2003 faccia riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, deve essere mantenuta la retribuzione che il lavoratore percepisce in via ordinaria (cfr. la cit. Cass. n. 14089/2024 che richiama a sua volta Cass. n. 18160/2023 e successive conformi, con richiamo a CGUE 20.1.2009, C- 350/06 e C520/06, COGNOME, nonché, con riguardo al personale navigante dipendente di compagnia aerea, Cass. n. 20216/2022);
i principi informatori di tale indirizzo giurisprudenziale sono nel senso di assicurare, a livello retributivo, una situazione sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria del lavoratore nei periodi di lavoro, sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione (cfr. CGUE 15.9.2011, C-155/10, Williams; CGUE 3.12.2018, C- 385/17, Torsten Hein);
in questo senso, si è precisato nelle pronunce indicate che qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto a indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo, che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr. in questo senso anche la recente CGUE 13.1.2022, C-514/20, DS c. Koch);
conseguentemente, è stato ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore (Cass. n. 13425/2019);
atteso che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, le sentenze della Corte di Giustizia UE hanno efficacia vincolante e diretta nell’ordinamento nazionale, i giudici di merito non possono prescindere dall’interpretazione data dalla Corte europea, c he costituisce ulteriore fonte del diritto dell’Unione europea, non nel senso che esse creino ex novo norme UE, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito dell’Unione (cfr. Cass. n. 13425/2 019, n. 22577/2012);
pertanto, a fronte della rivendicazione di voci non corrisposte nel periodo feriale, è necessario accertare il nesso intrinseco tra l’elemento retributivo e l’espletamento delle mansioni affidate e, quindi, se l’importo pecuniario si ponga in rapporto di co llegamento funzionale con l’esecuzione delle mansioni e sia correlato allo status personale e professionale di quel lavoratore (cfr. Cass. n. 13425/2019 cit., così come, per il caso del mancato godimento delle ferie, Cass. n. 37589/2021);
nella controversia in esame, vengono in discussione le disposizioni degli artt. 23 CCNL 21.5.2018 comparto Funzioni Locali e 22 CCNL 14.9.2000 nella parte in cui non consentono il pagamento dell’indennità di turno (nella misura del 10% della retribuzione oraria riconosciuta) durante le ferie del lavoratore;
q uanto a quest’ultima indennità, essa, in quanto voce diretta a compensare, come si legge in sentenza, specifici disagi legati alle mansioni svolte, vale a integrare un emolumento da includere nella retribuzione feriale; c iò è peraltro deducibile anche dall’art. 22 comma 5 CCNL 14.9.2000 che chiarisce come tale indennità sia volta a ‘compensare interamente il disagio derivante dalla particolare articolazione dell’orario di lavoro’ sicché, dunque, non è consentita l’adozione di un’interpretazione restrittiva come quella propugnata dal ricorrente;
n ell’interpretazione delle norme collettive che regolano gli istituti di cui è stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale è necessario tenere conto della finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale;
tale effetto deterrente può, infatti, realizzarsi qualora le componenti della retribuzione nei giorni di ferie siano limitate a determinate voci, escludendo talune indennità di importo variabile (previste dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale) che sono comunque intrinsecamente collegate a compensare specifici disagi derivanti dalle mansioni normalmente esercitate;
la giurisprudenza UE ha, invero, chiarito che il lavoratore, in occasione della fruizione delle ferie, deve trovarsi in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro; ciò in quanto il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite va considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale UE, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali
competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla stessa direttiva;
è stato affermato che ‘la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore’ (sent. CGUE Williams cit., § 21); che ‘l’ottenimento della retribuzione ordinar ia durante il periodo di ferie annuali retribuite è volto a consentire al lavoratore di prendere effettivamente i giorni di ferie cui ha diritto’, e che ‘quando la retribuzione versata a titolo del diritto alle ferie annuali retribuite previsto all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 (…) è inferiore alla retribuzione ordinaria ricevuta dal lavoratore durante i periodi di lavoro effettivo, lo stesso rischia di essere indotto a non prendere le sue ferie annuali retribuite, almeno non durante i periodi di lavoro effettivo, poiché ciò determinerebbe, durante tali periodi, una diminuzione della sua retribuzione’ (sent. CGUE Torsten Hein cit., § 44); che il giudice nazionale è tenuto a interpretare la normativa nazionale in modo conforme all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, con la precisazione che ‘una siffatta interpretazione dovrebbe comportare che l’indennità per ferie retribuite versata ai lavoratori, a titolo delle ferie minime previste da tale disposizione, non sia inferiore alla media della retribuzione ordinaria percepita da questi ultimi durante i periodi di lavoro effettivo’ (sent. CGUE Torsten Hein cit., § 52); che ‘occorre dichiarare che, sebbene la struttura della retribuzione ordinaria di un lavoratore di per sé ricada nelle disposizioni e prassi disciplinate dal diritto degli Stati membri, essa non può incidere sul diritto del lavoratore (…) di godere, nel corso del suo periodo di riposo e di distensione, di condizioni economiche paragonabili a quelle relative all’esercizio del suo lavoro’ (sent. CGUE
Williams cit., § 23), sicché ‘qualsiasi prassi o omissione da parte del datore di lavoro che abbia un effetto potenzialmente dissuasivo sulla fruizione delle ferie annuali da parte di un Lavoratore è incompatibile con la finalità del diritto alle ferie ann uali retribuite’ (sent. CGUE Koch cit., § 41);
i n tale prospettiva, può ritenersi che l’incidenza dell’effetto dissuasivo possa essere apprezzata anche nella specie con riferimento alla percentuale del 10% sulla retribuzione oraria, come risultante dal CCNL e accertata dal giudice d’appello, dal momento che, per il lavoratore dipendente, la possibile induzione economica alla rinuncia al proprio diritto alle ferie potrebbe bensì derivare dal ridimensionamento in tale misura (tutt’altro che irrisoria) della retribuzione che ogni mese, e quindi anche in quello di ferie, egli può impegnare per garantire a sé o alla sua famiglia le ordinarie condizioni economiche di vita;
né, infine, lo sforamento dei limiti della spesa pubblica può avere l’effetto di diminuire il compenso spettante, in base alla normativa nazionale, sovranazionale e alla contrattazione collettiva vigente, al singolo dipendente, non potendo invero accreditarsi la prevalenza, sul diritto di credito del lavoratore, degli obblighi derivanti dalla normativa in tema di contabilità pubblica (cfr., per l’affermazione del principio sia pure in tema di Irap sui compensi professionali dell’avvocatura interna INPS, la recente Cass. n. 14404 del 21/4/2025);
i n conclusione, in concordanza all’interpretazione conforme alla citata giurisprudenza dell’Unione europea e di legittimità delle norme collettive che regolano gli istituti di cui è stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale, il ricorso va respinto, in linea con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare nel periodo feriale
un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale ; 6. spese (liquidate in dispositivo) secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida €. 4 .000,00 per compensi ed €. 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma-1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio, il 21 maggio 2025.