LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Retribuzione ferie: indennità variabili incluse

La Corte di Cassazione ha stabilito che la retribuzione ferie deve comprendere anche le indennità variabili, come quelle per attività di scorta e riserva, se intrinsecamente connesse alla prestazione lavorativa. La decisione, basata sulla direttiva UE 2003/88/CE, mira a garantire che la paga durante le vacanze sia paragonabile a quella ordinaria, per non scoraggiare i lavoratori dal godere del loro diritto al riposo. Un’azienda di trasporti che escludeva tali voci è stata condannata a pagarle.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione ferie: anche le indennità variabili vanno incluse

La corretta determinazione della retribuzione ferie è un tema cruciale nel diritto del lavoro, con importanti implicazioni sia per i datori di lavoro che per i dipendenti. Con l’ordinanza n. 4374 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale, di derivazione europea: la paga durante le ferie deve essere tale da non scoraggiare il lavoratore dal godere del proprio diritto al riposo. Ciò significa che devono essere incluse anche le indennità accessorie e variabili, se strettamente legate alle mansioni svolte.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dal ricorso di un gruppo di lavoratori, tutti con la qualifica di capo treno presso una nota società di trasporti. Essi chiedevano che nel calcolo della loro retribuzione durante il periodo di ferie venissero inclusi anche i compensi percepiti a titolo di incentivo per le attività di scorta e di riserva. Queste indennità, sebbene di natura variabile, erano erogate in modo continuativo e rappresentavano una parte integrante della loro normale retribuzione per le mansioni specifiche della loro qualifica.

La società datrice di lavoro si opponeva, sostenendo che il contratto aziendale escludeva esplicitamente tali voci dalla base di calcolo della retribuzione feriale. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello di Milano avevano dato ragione ai lavoratori, condannando l’azienda al pagamento delle differenze retributive. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la corretta retribuzione ferie

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando le decisioni dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno stabilito che la nozione di retribuzione durante le ferie non può essere limitata dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale se ciò contrasta con i principi inderogabili del diritto dell’Unione Europea.

Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 7 della Direttiva 2003/88/CE, come chiarito in più occasioni dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Secondo la giurisprudenza europea, il diritto alle ferie retribuite ha lo scopo di permettere al lavoratore di riposarsi e di disporre di un periodo di distensione e di ricreazione. Questo obiettivo sarebbe compromesso se il lavoratore subisse una decurtazione significativa del proprio reddito proprio durante le ferie, poiché ciò potrebbe dissuaderlo dall’esercitare il suo diritto.

L’Impatto sulla retribuzione ferie e il principio di comparabilità

La Cassazione ha sottolineato che la retribuzione ferie deve essere “paragonabile” a quella percepita durante i periodi di lavoro. Questo significa che essa deve includere qualsiasi importo pecuniario che si ponga in rapporto di collegamento con l’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore. Le indennità per l’attività di scorta e di riserva, essendo tipiche e continuative per la mansione di capo treno, rientrano pienamente in questa definizione.

La Corte ha inoltre respinto la tesi della società secondo cui l’incidenza di tali voci fosse “irrisoria”, affermando che la valutazione sulla potenziale dissuasione deve essere fatta “ex ante” e non sulla base di un calcolo a posteriori. Una diminuzione sensibile è di per sé idonea a dissuadere il lavoratore.

La questione della prescrizione

Un altro motivo di ricorso riguardava la decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi. La società sosteneva che dovesse decorrere in costanza di rapporto di lavoro. La Cassazione ha respinto anche questa doglianza, confermando il recente orientamento secondo cui, a seguito delle modifiche normative sulla stabilità del rapporto di lavoro (Legge n. 92/2012 e D.Lgs. n. 23/2015), il termine di prescrizione decorre solo dalla cessazione del rapporto, data la mancanza di un regime di tutela pienamente garantito che elimini il timore del lavoratore di essere licenziato per aver fatto valere i propri diritti.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sul primato del diritto dell’Unione Europea e sulla sua interpretazione vincolante fornita dalla Corte di Giustizia. I giudici hanno chiarito che il diritto alle ferie retribuite è un principio fondamentale del diritto sociale europeo e non può essere svuotato di contenuto da norme interne o accordi collettivi.

L’analisi dei giudici di merito, confermata in Cassazione, ha correttamente verificato la stretta connessione tra le indennità richieste e lo status professionale dei lavoratori. Tali compensi non erano occasionali, ma collegati a prestazioni ordinarie e previste dal contratto collettivo, e la loro eliminazione durante le ferie avrebbe creato una diminuzione sensibile del trattamento economico, agendo come un deterrente. L’interpretazione delle norme collettive aziendali deve quindi essere allineata alla finalità della direttiva, che è quella di assicurare un compenso che non ostacoli l’effettivo godimento del riposo annuale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di estrema importanza per la tutela dei lavoratori. La retribuzione ferie non si limita alla paga base, ma deve comprendere tutte le componenti retributive continuative e intrinsecamente legate alla mansione svolta. I datori di lavoro devono quindi prestare massima attenzione nella configurazione della busta paga durante le assenze per ferie, assicurando che il trattamento economico sia sostanzialmente equivalente a quello dei periodi lavorativi. Qualsiasi accordo collettivo o prassi aziendale in contrasto con questo principio è da considerarsi illegittimo, in quanto viola una norma di derivazione europea con efficacia diretta nell’ordinamento italiano.

Le indennità variabili, come quelle per attività di scorta o riserva, devono essere incluse nella retribuzione durante le ferie?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che devono essere incluse se sono strettamente connesse all’esecuzione delle mansioni del lavoratore e al suo status professionale, in quanto la loro esclusione potrebbe dissuadere il dipendente dal godere delle ferie.

Un contratto collettivo aziendale può escludere queste indennità dal calcolo della retribuzione feriale?
No, un contratto collettivo non può derogare ai principi stabiliti dal diritto dell’Unione Europea. Se l’esclusione di tali indennità comporta una diminuzione della retribuzione tale da poter dissuadere dal godimento delle ferie, la clausola contrattuale è inefficace.

Perché è così importante che la retribuzione in ferie sia paragonabile a quella ordinaria?
Perché lo scopo del diritto alle ferie retribuite, secondo la Corte di Giustizia dell’UE, è garantire al lavoratore un effettivo periodo di riposo e distensione. Una significativa riduzione dello stipendio durante le ferie potrebbe indurre il lavoratore a rinunciare a questo diritto fondamentale per non subire un danno economico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati