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Retribuzione ferie: indennità variabili incluse

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2431/2024, ha stabilito che la retribuzione ferie deve includere tutte le indennità variabili intrinsecamente connesse alla mansione, come quelle per la condotta o la riserva per i macchinisti. La decisione, fondata sul diritto europeo, mira a evitare che una paga ridotta durante le vacanze disincentivi i lavoratori dal godere del loro diritto al riposo. La Corte ha rigettato il ricorso di un’azienda di trasporti, confermando le sentenze dei gradi precedenti a favore dei dipendenti.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione Ferie: La Cassazione Conferma l’Inclusione delle Indennità Variabili

Il calcolo della retribuzione ferie è un tema cruciale nel diritto del lavoro, poiché incide direttamente sia sul benessere economico del lavoratore sia sull’effettività del suo diritto al riposo. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata su questo argomento, chiarendo che le indennità variabili, strettamente connesse alle mansioni svolte, devono essere computate nella paga durante le vacanze. Questa decisione si allinea pienamente con i principi del diritto dell’Unione Europea.

I Fatti del Caso: La Controversia sulle Indennità Variabili

Un gruppo di lavoratori, impiegati come macchinisti presso una grande società di trasporti ferroviari, ha citato in giudizio il proprio datore di lavoro. L’oggetto della contesa era l’esclusione, dal calcolo della retribuzione durante le ferie, di alcune indennità percepite regolarmente durante l’attività lavorativa. Nello specifico, si trattava di compensi per l’attività di condotta oraria, per l’attività di riserva e per l’assenza dalla residenza, tutte voci retributive intrinsecamente legate alla loro qualifica e alle mansioni specifiche di macchinista.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai lavoratori, condannando l’azienda al pagamento delle differenze retributive. La società, ritenendo errata tale interpretazione, ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla retribuzione ferie

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la decisione dei giudici di merito. Il ragionamento dei giudici si fonda su un principio cardine derivante dal diritto europeo, in particolare dalla Direttiva 2003/88/CE e dall’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Il Principio Europeo della Retribuzione “Ordinaria”

Il diritto alle ferie retribuite non è solo un diritto a non lavorare, ma anche un diritto a percepire una retribuzione che metta il lavoratore in una condizione economica “paragonabile” a quella dei periodi di lavoro. Lo scopo è evitare che una significativa riduzione dello stipendio durante le vacanze possa agire come un deterrente, spingendo il lavoratore a rinunciare al proprio riposo per non subire una perdita economica. Di conseguenza, la nozione di retribuzione durante le ferie deve includere qualsiasi importo pecuniario che sia intrinsecamente collegato all’esecuzione delle mansioni previste dal contratto di lavoro.

L’Applicazione al Caso Concreto

La Corte ha verificato che le indennità richieste dai macchinisti (per attività di condotta, di riserva, ecc.) non erano compensi occasionali, ma elementi continuativi e tipici della loro mansione. Erano, in altre parole, parte integrante della loro retribuzione ordinaria. Escluderle dal calcolo della paga feriale avrebbe comportato una sensibile diminuzione economica, idonea a dissuadere i lavoratori dal godere delle ferie, vanificando così la finalità della normativa europea e nazionale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione ribadendo la forza vincolante delle sentenze della Corte di Giustizia UE nell’ordinamento italiano. I principi da essa espressi non sono mere raccomandazioni, ma costituiscono un’interpretazione autentica del diritto comunitario che prevale sulle norme interne contrastanti. I giudici hanno sottolineato che la valutazione non deve basarsi su una diminuzione “irrisoria”, ma sulla potenziale “dissuasione” che la mancata erogazione di tali compensi può generare. La Corte di merito aveva correttamente accertato che, nel caso di specie, tale effetto dissuasivo era concreto.

Inoltre, la Cassazione ha respinto anche il motivo di ricorso relativo alla prescrizione dei crediti. Ha confermato l’orientamento secondo cui, a seguito delle riforme del mercato del lavoro (in particolare la Legge 92/2012), la stabilità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato è diminuita. Pertanto, per timore di ritorsioni, il lavoratore potrebbe non esercitare i propri diritti. Di conseguenza, il termine di prescrizione quinquennale per i crediti di lavoro decorre non durante il rapporto, ma solo dalla sua cessazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale a tutela dei lavoratori: il diritto al riposo deve essere effettivo e non solo formale. Per garantirlo, la retribuzione ferie deve essere calcolata in modo da includere tutte le componenti retributive fisse e variabili che sono strettamente legate alla prestazione lavorativa e allo status professionale del dipendente. Le aziende devono quindi prestare attenzione a non escludere dal computo le indennità continuative, pena la violazione di norme nazionali ed europee e il rischio di contenziosi con esito sfavorevole.

Le indennità variabili, come quelle per attività di condotta o di riserva, devono essere incluse nel calcolo della retribuzione durante le ferie?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che qualsiasi importo pecuniario che abbia un collegamento con l’esecuzione delle mansioni e sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore deve essere incluso nella retribuzione feriale.

Perché la retribuzione durante le ferie deve essere paragonabile a quella percepita durante i periodi di lavoro?
Perché una diminuzione sensibile della retribuzione durante le ferie potrebbe dissuadere il lavoratore dall’esercitare il proprio diritto al riposo, contravvenendo ai principi del diritto dell’Unione Europea (Direttiva 2003/88/CE) che mirano a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.

La prescrizione dei crediti retributivi, in questo caso, decorre durante il rapporto di lavoro?
No, la Corte ha affermato che a seguito delle modifiche legislative (legge n. 92 del 2012), il rapporto di lavoro a tempo indeterminato non offre più la stessa stabilità di un tempo. Di conseguenza, il termine di prescrizione per questi crediti decorre solo dalla cessazione del rapporto di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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