Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13042 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13042 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18302/2023 r.g., proposto
da
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME Giuseppe, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME
NOME COGNOME elett. dom.ti in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME
ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 1027/2023 pubblicata in data 05/04/2023, n.r.g. 1174/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 11/02/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
OGGETTO:
retribuzione
per
ferie
nozione
–
inclusione
determinate
voci
accertamento in concreto
–
di
–
1.- Gli odierni ricorrenti erano dipendenti dell’RAGIONE_SOCIALEgià spa). Deducevano che la retribuzione corrisposta dalla datrice di lavoro per le giornate di ferie era inferiore al dovuto, in quanto erano stati illegittimamente esclusi dalla base di calcolo emolumenti retributivi fissi, corrisposti per ogni giornata di lavoro effettivo e connaturati alla mansione svolta e, precisamente, le voci denominate ‘indennità perequativa’ e ‘indennità compensativa’ di cui all’accordo regionale del 16/12/2011, trasfuso nell’accordo aziendale del 25/07/2012, nonché l’indennità di turno.
Adìvano pertanto il Tribunale di Napoli per ottenere la declaratoria di nullità di qualsiasi clausola contrattuale volta ad escludere le predette voci dalla base di computo della retribuzione dovuta per i giorni di ferie e la condanna della società al pagamento delle conseguenti differenze retributive.
2.- Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale rigettava le domande.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto dai lavoratori.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
le indennità perequativa e compensativa sono espressamente poste dall’accordo aziendale in correlazione con la presenza fisica ed effettiva in servizio e non è quindi legato allo svolgimento di una determinata prestazione lavorativa, sicché è evidente la diversità del caso rispetto a quelli esaminati dalla Corte di Giustizia europea e dalla Corte di Cassazione;
l’indennità di turno è destinata a compensare la ‘ fatica fisica e morale ‘ di dover lavorare in giorni normalmente dedicati al riposo e quindi anch’essa non è connessa con lo svolgimento delle mansioni o con il contenuto della specifica prestazione lavorativa, essendo piuttosto conseguente alle occasionali ed oggettive modalità organizzative del servizio;
peraltro, l’indennità di turno è disciplinata dall’accordo nazionale del 21/05/1981, che espressamente esclude che essa faccia parte della retribuzione normale e la esclude dalla base di computo di qualunque altro istituto retributivo.
4.- Avverso tale sentenza COGNOME NOME e gli altri indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
5.- Ente RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
6.- Le parti hanno depositato memoria.
7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.- Va premesso che il ricorso per cassazione investe la questione relativa al computo (nella base di calcolo della retribuzione dovuta per i giorni di ferie) delle indennità perequativa e compensativa, non anche dell’indennità di turno, sulla quale, dunque, si è formato il giudicato interno.
2.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamenta no ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 1, 4 e 36 Cost. per avere la Corte territoriale escluso le indennità perequativa e compensativa dalla base di computo della retribuzione per le ferie.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamentano ‘violazione della normativa comunitaria’ ed in particolare dell’art. 7 della direttiva n. 2003/88/CE per avere la Corte territoriale disatteso la nozione comunitaria di retribuzione feriale.
I due motivi -da esaminare congiuntamente per la loro connessione -sono fondati per quanto di ragione.
Come ricordato dai ricorrenti (v. ricorso per cassazione, p. 4), l’accordo sindacale regionale del 2011 aveva previsto le predette indennità, demandando alla contrattazione aziendale di determinarne la misura ‘ sulla scorta delle prestazioni lavorative legate alle mansioni svolte e/o alla presenza … ‘.
Ebbene, la Corte territoriale ha affermato che il successivo accordo aziendale del 2012 avrebbe legato le predette indennità non alle mansioni svolte, ma unicamente alla presenza effettiva in servizio.
Tuttavia tale assunto non si confronta con quel punto della clausola, riportata ed invocata dai ricorrenti, secondo cui la misura di tale voce è prevista come fissa ed unica per ogni categoria professionale e calcolata secondo ‘… valori teorici previsti dalla turnazione annua o dalla effettiva presenza media annua … ‘ (v. ricorso per cassazione, pp. 4 -5). Quindi si tratta di una voce logicamente svincolata dall’effettiva presenza in servizio,
perché altrimenti sarebbe stata determinata in modo tale da calcolare i giorni di effettiva presenza in servizio e, quindi, sarebbe risultata variabile per ciascun lavoratore e non determinata in misura fissa.
Dunque sussiste il presupposto per integrare la nozione comunitaria di ‘retribuzione’, utilizzata nei precedenti di questa Corte (pure ricordati dai giudici d’appello ), relative a fattispecie nelle quali la particolare voce retributiva era appunto destinata a compensare un determinato tipo di prestazione, oppure una peculiare modalità di esecuzione, oppure un particolare status professionale del dipendente. In definitiva, la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE per come interpretato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea , comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento con l’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore (Cass. n. 13425/2019), in modo da evitare il potenziale effetto dissuasivo, ossia che il prestatore sia indotto a rinunziare al riposo annuale allo scopo di non subire decurtazioni nel trattamento retributivo (Cass. ord. n. 25840/2024). La relativa valutazione va compiuta con riguardo alla retribuzione mensile (perché appunto è tale quella corrisposta nel periodo di godimento delle ferie) e non a quella annuale (Cass. n. 13932/2024).
Peraltro, va ribadito che la determinazione della retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, in assenza di apposite previsioni di fonte legale, è rimessa alla contrattazione collettiva (Cass. n. 13932/2024), che ben può escludere alcune voci ed includerne altre, senza che tali clausole siano in contrasto con l’art. 36 Cost. ( Cass. n. 20216/2022).
In conclusione, l a nozione eurounitaria di ‘retribuzione feriale’ postula tre accertamenti, l’uno successivo all’altro e ciascuno condizionato dall’esito positivo del precedente:
l’emolumento deve avere natura retributiva e non risarcitoria o di rimborso spese;
l’emolumento di natura retributiva deve porsi in rapporto di collegamento con l’esecuzione delle mansioni e/o deve essere correlato allo status personale e professionale del lavoratore;
il mancato riconoscimento dell’emolumento deve produrre un effetto
potenzialmente dissuasivo nei confronti del dipendente, da accertare con riguardo alla retribuzione mensile (e non annuale).
Nel caso in esame la Corte territoriale ha errato nell’accertamento del requisito sub b) e, quindi, ha errato nella sussunzione del caso concreto nella norma astratta dell’ art. 7 della Direttiva 2003/88/CE -sotto questo profilo immediatamente precettiva e da cui si ricava la nozione eurounitaria di retribuzione spettante durante le ferie -pur esattamente identificata. Ne deriva la cassazione della sentenza d’appello, con rinvio per rinnovare i predetti accertamenti e quindi ripetere, all’esito, il giudizio sussuntivo .
Questa Corte ha più volte affermato che ricorre un errore di sussunzione quando, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non doveva esserlo, ovvero che sia stata male applicata (Cass. n. 26307/2014; Cass. n. 22348/2007). Del resto, il controllo di legittimità non si esaurisce in una verifica di correttezza dell’attività ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva della norma, ma è esteso alla sussunzione del fatto, accertato dal giudice di merito, nell’ipotesi normativa (Cass. ord. n. 1537/2022; Cass. n. 21772/2019; Cass. n. 24756/2007).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in