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Retribuzione ferie: inclusione indennità variabili

La Corte di Cassazione ha stabilito che nella retribuzione ferie devono essere incluse anche le indennità variabili, come gli incentivi per la condotta e la riserva, se intrinsecamente legate alla mansione. La decisione si basa sul principio europeo secondo cui una diminuzione della paga durante le vacanze potrebbe dissuadere il lavoratore dal goderne. La Corte ha respinto il ricorso di un’azienda di trasporti, confermando che la nozione di retribuzione onnicomprensiva mira a garantire un riposo effettivo, equiparando la paga feriale a quella percepita durante l’attività lavorativa.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione Ferie: Anche le Indennità Variabili Vanno Incluse secondo la Cassazione

La corretta determinazione della retribuzione ferie è una questione di fondamentale importanza nel diritto del lavoro, con implicazioni dirette sia per i datori di lavoro che per i dipendenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale, derivato dal diritto europeo: la paga durante le ferie deve includere tutte le componenti retributive intrinsecamente legate alla mansione, anche quelle di natura variabile. Analizziamo la decisione per capire la sua portata.

I Fatti di Causa: La Controversia sulla Paga Durante le Vacanze

Il caso nasce dal ricorso di un lavoratore, con la qualifica di macchinista presso un’importante azienda di trasporti, il quale chiedeva che nel calcolo della sua retribuzione durante il periodo di ferie venissero inclusi alcuni compensi variabili. Nello specifico, si trattava di indennità percepite regolarmente durante l’attività lavorativa, come l’incentivo per l’attività di condotta, l’indennità per l’attività di riserva e i compensi legati all’assenza dalla residenza.

L’azienda, al contrario, calcolava la paga feriale basandosi prevalentemente sulla parte fissa della retribuzione, escludendo tali voci. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione al lavoratore, spingendo l’azienda a presentare ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e la nozione di Retribuzione Ferie

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando le decisioni dei gradi precedenti. I giudici supremi hanno basato la loro decisione sull’interpretazione della normativa europea, in particolare della Direttiva 2003/88/CE, che disciplina l’orario di lavoro e il diritto alle ferie annuali retribuite.

Il punto centrale è che la finalità del diritto alle ferie è garantire al lavoratore un effettivo periodo di riposo. Se durante tale periodo il lavoratore subisce una significativa decurtazione economica, potrebbe essere dissuaso dall’esercitare il proprio diritto per non perdere una parte consistente del proprio guadagno. Questo “effetto dissuasivo” è contrario allo spirito e alla lettera della normativa europea.

Le Motivazioni: Il Principio Europeo della Retribuzione “Paragonabile”

La Corte ha chiarito che la nozione di retribuzione ferie non può essere limitata alla sola paga base, ma deve comprendere qualsiasi importo pecuniario che si ponga in rapporto di collegamento con l’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore.

I giudici hanno specificato che le indennità richieste dal lavoratore erano:
1. Connesse alla mansione: Erano tipiche dell’attività di macchinista e compensavano aspetti specifici della prestazione lavorativa.
2. Corrisposte in modo continuativo: Non si trattava di emolumenti occasionali, ma di una parte costante del trattamento economico mensile.

L’esclusione di tali voci avrebbe comportato una “sensibile diminuzione” della paga, idonea a scoraggiare il godimento delle ferie. Pertanto, l’interpretazione del contratto collettivo aziendale deve avvenire in modo conforme al diritto dell’Unione Europea, che in questa materia ha efficacia diretta e prevalente sull’ordinamento nazionale.

La Questione della Prescrizione

La Corte ha anche respinto il motivo di ricorso relativo alla prescrizione dei crediti di lavoro. Ha confermato l’orientamento secondo cui, a seguito delle modifiche legislative sulla stabilità del rapporto di lavoro (introdotte dalla Legge 92/2012), il termine di prescrizione quinquennale per i crediti retributivi decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro e non durante il suo svolgimento, poiché il lavoratore potrebbe trovarsi in una condizione di timore reverenziale verso il datore di lavoro.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Aziende

Questa ordinanza consolida un principio di grande rilevanza pratica. Per i datori di lavoro, significa che il calcolo della retribuzione da corrispondere durante le ferie deve essere effettuato con attenzione, includendo tutte le componenti retributive che, pur essendo variabili, sono corrisposte con continuità e sono intrinsecamente legate alle mansioni svolte. Escluderle espone al rischio di contenziosi e alla condanna al pagamento delle differenze.

Per i lavoratori, questa sentenza rappresenta un’importante tutela del diritto al riposo. Essa garantisce che le ferie non si traducano in una penalizzazione economica, permettendo di godere appieno di un diritto fondamentale per il recupero delle energie psico-fisiche.

Quali elementi devono essere inclusi nella retribuzione durante le ferie?
Devono essere inclusi tutti gli importi pecuniari che sono in rapporto di collegamento con l’esecuzione delle mansioni e correlati allo status personale e professionale del lavoratore. Questo comprende non solo la paga base, ma anche indennità variabili corrisposte con continuità, come quelle per attività specifiche o di riserva.

Perché è importante che la retribuzione durante le ferie sia simile a quella ordinaria?
Perché una diminuzione sensibile della retribuzione potrebbe avere un effetto dissuasivo, scoraggiando il lavoratore dall’esercitare il suo diritto fondamentale al riposo e alle ferie annuali, il che è contrario agli obiettivi della normativa dell’Unione Europea.

Da quando decorre la prescrizione per i crediti retributivi in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato?
Secondo la Corte, a seguito delle riforme sulla stabilità del lavoro (L. 92/2012), il termine di prescrizione dei crediti maturati decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, e non mentre questo è in corso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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