Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13321 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13321 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14011-2022 proposto da:
FERROVIE DEL SUD EST E SERVIZI AUTOMOBILISTICI
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME ,
tutti elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME SIGNORE;
– controricorrenti – avverso la sentenza n. 1147/2021 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 06/12/2021 R.G.N. 144/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 20/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 20/03/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Lecce, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dai lavoratori in epigrafe nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e condannato la società al pagamento delle differenze retributive ‘maturate dal 2010 al 2014 sul trattamento retributivo per il periodo feriale in virtù dell’inclusione di quanto spettante per le indennità di trasferta, diaria ridotta, percorrenza, duplici mansioni, fuori nastro, guida 1 e 2 ed autosnodato, ordinariamente percepite’;
la Corte, in estrema sintesi, premessi i vincoli derivanti dalla disciplina euro-unitaria in materia, ha condiviso l’assunto del Tribunale secondo cui, ad eccezione degli emolumenti corrisposti per il lavoro straordinario e per la indennità di produttività giornaliera, tutte le altre indennità pretese dovessero, sulla base della disciplina contrattuale collettiva nazionale ed aziendale esaminata, ‘rientrare nella retribuzione feriale, secondo il criterio statistico applicato ai conteggi allegati al ricorso, in quanto proprie della mansione rivestita e normalmente connesse allo svolgimento della prestazione’;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la soccombente con sette motivi, cui hanno resistito gli intimati con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memorie; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere sintetizzati come di seguito;
1.1. col primo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 36, comma, 3, Cost., dell’art. 2109, comma 2, c.c., degli artt. 1018 bis d. lgs. n. 66/2003, in relazione all’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE, in quanto la sentenza impugnata avrebbe erroneamente incluso nella retribuzione feriale le indennità oggetto di giudizio per evitare un effetto dissuasivo all’esercizio del diritto alle ferie, mentre la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare che nel nostro ordinamento le ferie rappresentano un diritto costituzionalmente garantito e irrinunciabile;
1.2. con il secondo, in via gradata, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE, sostenendo che la controparte non aveva assolto all’o nere, sulla medesima incombente, di dimostrare che il mancato computo delle indennità in oggetto avevano negativamente inciso sull’effettivo esercizio del diritto alle ferie, oltre che di dimostrare che dette indennità avessero le caratteristiche enucleate dalla Corte di Giustizia per essere computate nella retribuzione per ferie;
1.3. col terzo mezzo si deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione agli accordi aziendali che disciplinano le indennità incluse nella retribuzione feriale ed in forza della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE;
1.4. con il quarto motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 20 e 21 del CCNL 23.7.1976, in relazione all’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE, criticando la sentenza impugnata per avere incluso, nella retribuzione spettante per il periodo feriale, l’indennità di trasferta e diaria ridotta;
1.5. col quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del CCNL 23.7.1976 e 12.3.1980, in relazione all’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE, per avere la Corte territoriale incluso nel corrispettivo per le ferie le indennità oggetto del giudizio in violazione delle disposizioni della contrattazione collettiva disciplinanti la struttura della retribuzione;
1.6. con il sesto motivo si denuncia violazione degli artt. 36 e 39 Cost., dell’art. 12 CCNL 27 novembre 2000, in relazione all’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE, perché la Corte leccese non avrebbe tenuto conto che nel nostro ordinamento non esiste un principio di onnicomprensività e che la disciplina della retribuzione è affidata all’autonomia collettiva;
1.7. il settimo ed ultimo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 10, comma 1, CCNL 12 marzo 1980 e dell’art. 5, CCNL 27 novembre 2000, in relazione all’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE, lamentando, in via gradata, che la sentenza impugnata, pur riconoscendo che la nozione europea di retribuzione feriale è commisurata alla misura minima di quattro settimane annue, avrebbe poi riconosciuto il diritto al ricalcolo della retribuzione feriale commisurandolo alle maggiori ferie godute dai ricorrenti;
il ricorso non può trovare accoglimento per le ragioni già espresse da questa Corte su ricorsi analoghi proposti dalla medesima società (Cass. n. 11758 e 11760 del 2024, cui si rinvia, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.);
2.1. i primi sei motivi possono essere esaminati congiuntamente, per reciproca connessione, dichiarando la loro infondatezza alla stregua della giurisprudenza di legittimità che si è andata consolidando (cfr. Cass. nn. 18160, 19663, 19711, 19716 del 2023; in conformità: Cass.
n. 35146 del 2023; Cass. n. 2963 del 2024; Cass. n. 2431 del 2024; v., altresì, in precedenza, Cass. n. 20216 del 2022);
è stato più volte ribadito dal predetto indirizzo che la nozione di retribuzione durante il periodo di godimento delle ferie è influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenze Robinson Steele del 2006; COGNOME e altri, 20.1.2009, cause C-350/06 e C520/06; COGNOME e altri, 13.12.2018, C-155/10; To.He., 13.12.2018, C-385/17), la quale ha inteso assicurare al lavoratore una situazione che, a livello retributivo, sia sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria erogata nei periodi di lavoro, sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione; qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è infatti incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’ef ficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr., in questo senso, C.G.U.E. 13.1.2022, C514/20);
è poi pacifico che le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE hanno efficacia vincolante, diretta e prevalente sull’ordinamento nazionale, così come confermato dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 168/1981 e n. 170/1984, ed hanno perciò ‘valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunità’ (cfr. Cass. n. 13425 del 2019 e Cass. n. 22577 del 2012);
di tali principi si è fatta interprete questa Corte che, in più occasioni, ha sancito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo “status” personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass. n. 13425 del 2019; Cass. n. 37589 del 2021);
2.2. da questi arresti non si è discostata la Corte di merito che, confermando la decisione di primo grado, ha proceduto ad una verifica ex ante della potenzialità dissuasiva dell’eliminazione di voci economiche dalla retribuzione erogata durante le ferie al godimento delle stesse senza trascurare di considerare la pertinenza di tali compensi rispetto alle mansioni proprie della qualifica rivestita; ha, poi, verificato che durante il periodo di godimento delle ferie al lavoratore non erano erogati dalla società compensi le indennità in discorso connessi ad attività ordinariamente previste dal contratto collettivo; ha accertato la continuatività del la loro erogazione e l’incidenza tutt’altro che residuale sul trattamento economico mensile;
posto, poi, che l’interpretazione delle norme collettive aziendali, che regolano gli istituti di cui era stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale, in ragione della efficacia limitata di tali contratti (diversa da quella propria degli accordi c ollettivi nazionali di cui al n. 3 dell’art. 360 c.p.c.) è riservata alla competenza del giudice del merito (tra molte, Cass. n. 22401 del 2020), nella specie l’esegesi offerta dalla Corte territoriale, oltre ad essere del tutto plausibile, è in linea con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare un compenso che non possa costituire
per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale;
2.3. quanto alla idoneità della mancata erogazione di tali compensi ad integrare una diminuzione della retribuzione idonea a dissuadere il lavoratore dal godere delle ferie, trattasi di valutazione in concreto appartenente al giudice di merito;
2.4. l’ultimo motivo è inammissibile per il suo carattere di novità, in quanto a fronte della conferma in appello della sentenza di primo grado, parte ricorrente non illustra come la questione del numero di giorni di ferie su cui computare l’inclusione delle i ndennità richieste fosse stata devoluta al giudice del gravame;
pertanto, il ricorso deve nel suo complesso essere rigettato, con spese regolate secondo soccombenza, liquidate come da dispositivo, con attribuzione all’AVV_NOTAIO che si è dichiarato antistatario;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’u lteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 3.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 20 marzo