Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24899 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24899 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15861-2024 proposto da:
FERROVIE DEL SUD RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME – controricorrenti – avverso la sentenza n. 963/2023 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 05/01/2024 R.G.N. 446/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME.
Oggetto
Retribuzione feriale
R.G.N.15861/2024
COGNOME
Rep.
Ud 21/05/2025
CC
RILEVATO CHE
1. la Corte d’Appello di Lecce, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda dei lavoratori in epigrafe, dipendenti di Ferrovie del Sud Est e RAGIONE_SOCIALE volta a sentir dichiarare il diritto all’inclusione nella retribuzione feriale dei compensi maturati a titolo di indennità di trasferta e diaria ridotta, percorrenza, duplici mansioni, fuori nastro, guida 1 e 2 ed autosnodato, indennità tutte previste dalla contrattazione collettiva, con condanna della datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive dovute a tali titoli, nei limiti delle somme non prescritte;
2. per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la società con 4 motivi; hanno resistito con controricorso gli intimati;
3. la Consigliera delegata ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., rilevando la manifesta infondatezza dei motivi di impugnazione, ‘ alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha scrutinato le medesime questioni oggetto del presente ricorso (v. Cass. nn. 11758/2024, Cass. n. 11760/2024 e giurisprudenza ivi richiamata) e ritenuto che l’ interpretazione da parte del giudice di merito delle norme collettive aziendali che regolano gli istituti di cui era stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale, oltre ad essere del tutto plausibile, era coerente con le indicazioni provenienti dalla Corte di Lussemburgo ed in sintonia con la finalità della direttiva 2003/88/CE, recepita dal legislatore italiano, che è innanzi tutto quella di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente
all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale ‘;
4. la società ricorrente ha depositato nei termini istanza per chiedere la decisione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.; è stato, quindi, instaurato il procedimento in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.; entrambe le parti hanno comunicato memorie; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, parte ricorrente deduce ( art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 Dir. 2003/88/CE, dell’art. 36, comma 3 Cost., dell’art. 10 d. lgs. n. 66/2003, dell’art. 2109 c.c., sulla nozione di retribuzione spettante per le giornate di ferie; violazione e falsa applicazione dell’art. 7 Dir . 2003/88/CE, dell’art. 10 d. lgs. n. 66/2003; violazione e falsa applicazione artt. 1 e 10 CCNL 12.3.1980, artt. 1362 e 1363 c.c., con riferimento agli accordi collettivi aziendali del 7.7.1997, 3.2.1998, 9.6.1998, 19.11.2009, per avere la Corte di merito erroneamente dichiarato il diritto dei lavoratori all’inclusione nella retribuzione per ferie delle indennità menzionate nel ricorso introduttivo di primo grado, sebbene non rispondenti ai criteri individuati dalla CGUE per determinare la retribuzione ferie; violazione e falsa applicazione dell’art. 7 Dir. 2003/88/CE, dell’art. 10 d. lgs. n. 66/2003, violazione e falsa applicazione artt. 1 e 10 CCNL 12.03.1980 in combinato disposto con gli artt. 20/A e 21/A CCNL 23.7.1976, nonché degli artt. 1362 e 1363 c.c. anche in relazione all’interpretazione dell’accordo aziendale del 9.6.1998, per erronea inclusione per
intero nella retribuzione ferie delle indennità di trasferta e diaria ridotta;
2. con il secondo motivo, deduce ( art. 360, n. 3 e n. 4, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 Dir. 2003/88/CE, dell’art. 10 d. lgs. n. 66/2003, dell’art. 2109 c.c.; omessa limitazione del diritto al ricalcolo della retribuzione del solo periodo minimo di ferie retribuite stabilito dall’art. 7 Dir. 2003/88/CE nell’interpretazione datane dalla sentenza della Corte di Giustizia, Sez. IV, 13/12/2018, n. 385 ed erronea quantificazione delle quattro settimane; violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.; violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. per omessa applicazione del principio di non contestazione in relazione all’omessa tempestiva contestazione da parte dei lavoratori che le ferie eccedenti le 24 annualmente fruite dai medesimi nel periodo di cui è causa non erano riconducibili alle quattro settimane annue da tutelare; violazione e falsa applicazione art. 115 c.p.c. e art. 132, comma 4 c.p.c., per errore nella riconducibilità a mere ferie arretrate delle giornate di ferie eccedenti le 24 annualmente fruite dai lavoratori nel periodo di cui è causa; violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 10 CCNL 12.3.1980 anche in relazione all’art. 1362 c.c.;
3. con il terzo motivo di ricorso deduce ( art. 360, n. 5, c.p.c.) omesso esame di fatto storico decisivo per avere la Corte d’Appello respinto il secondo motivo di appello sulla limitazione della domanda alle sole quattro settimane di ferie tutelate dall’art. 7 Dir . 2003/88 CE pari a 24 giorni, identificando le giornate di ferie eccedenti le 24 effettivamente fruite dai lavoratori nel periodo di cui è causa con le sole ferie arretrate rientranti sempre nelle quattro settimane;
4. con il quarto motivo di ricorso censura la sentenza impugnata ( art. 360, n. 3, c.p.c.) per violazione e falsa applicazione degli artt. 7 Dir. 2003/88/CE, 10 d. lgs. n. 66/2003 per aver quantificato le differenze retributive vantate dai lavoratori sulla retribuzione ferie suddividendo i compensi medi percepiti nell’anno precedente a quello di riferimento per le sole giornate di effettiva presenza nell’anno;
5. il ricorso non può trovare accoglimento per le ragioni già espresse da questa Corte su ricorsi analoghi proposti dalla medesima società (Cass. n. 11758, 11760 e 13321 del 2024, 11728, 11754, 11776 del 2025, precedenti ai quali si rinvia, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., e le cui motivazioni qui si riprendono);
6. i motivi primo, secondo e quarto motivi possono essere esaminati congiuntamente, per reciproca connessione, dichiarando la loro infondatezza alla stregua della giurisprudenza di legittimità che si è andata consolidando (cfr. Cass. nn. 18160, 19663, 19711, 19716 del 2023; in conformità: Cass. n. 35146 del 2023; Cass. n. 2963 del 2024; Cass. n. 2431 del 2024; v., altresì, Cass. nn. 12008, 12046, 13932, 13972, 14089, 19992, 25840 del 2024 e Cass. n. 2487 del 2025); è stato più volte ribadito dal predetto indirizzo che la nozione di retribuzione durante il periodo di godimento delle ferie è influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenze Robinson Steele del 2006; COGNOME e altri, 20.1.2009, cause C-350/06 e C-520/06; COGNOME e altri, 13.12.2018, C-155/10; To.He., 13.12.2018, C385/17), la quale ha inteso assicurare al lavoratore una situazione che, a livello retributivo, sia sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria erogata nei periodi di lavoro, sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere
idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione; qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto a indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è infatti incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo, che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr., in questo senso, CGUE 13.1.2022, C-514/20); è poi pacifico che le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE hanno efficacia vincolante, diretta e prevalente sull’ordinamento nazionale, così come confermato dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 168/1981 e n. 170/1984, ed hanno perciò valore di ulteriore fonte del diritto UE, non nel senso che esse creino ex novo norme europee, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito dell’Unione (cfr. Cass. n. 13425 del 2019 e Cass. n. 22577 del 2012);
7. di tali principi si è fatta interprete questa Corte che, in più occasioni, ha sancito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass. n. 13425 del 2019; Cass. n. 37589 del 2021); tale orientamento è stato ulteriormente confermato in sede di pubblica udienza, nell’ambito di un procedimento ex art. 420 bis c.p.c. (v. Cass. n. 34088 del 2024), dove si è pure sottolineato che, una volta che l’interpretazione della regula iuris è stata enunciata con l’intervento nomofilattico della Corte regolatrice, essa ha anche vocazione di stabilità, innegabilmente accentuata (in una
corretta prospettiva di supporto al valore delle certezze del diritto) dalle novelle del 2006 (art. 374 c.p.c.) e 2009 (art. 360bis c.p.c., n. 1) (Cass. SS.UU. n. 15144 del 2011), essendo da preferire – e conforme ad un economico funzionamento del sistema giudiziario – l’interpretazione sulla cui base si è, nel tempo, formata una pratica di applicazione stabile (cfr. Cass. SS.UU. n. 10864 del 2011); invero, la ricorrente affermazione nel senso della non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l’esigenza di garantire l’uniformità dell’interpretazione giurisprudenziale attraverso il ruolo svolto dalla Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 23675 del 2014), atteso che, in un sistema che valorizza l’affidabilità e la prevedibilità delle decisioni, il quale influisce positivamente anche sulla riduzione del contenzioso, vi è l’esigenza dell’osservanza dei precedenti e nell’ammettere mutamenti giurisprudenziali di orientamenti consolidati solo se giustificati da gravi ragioni (in termini: Cass. SS.UU. n. 11747 del 2019; conf. Cass. n. 2663 del 2022; Cass. n. 6668 del 2023); esigenza ancora di recente ribadita dalle Sezioni unite di questa Corte, affermando che la conoscenza delle regole e, quindi, a monte, l’affidabilità, prevedibilità ed uniformità della relativa interpretazione costituisce imprescindibile presupposto di uguaglianza tra i cittadini (cfr. Cass. SS.UU. n. 8486 del 2024; in senso conforme: Cass. SS.UU. n. 29862 del 2022 e Cass. n. 33012 del 2022);
8. il Collegio reputa che la sentenza impugnata, confermando la decisione di primo grado, sia conforme ai princìpi enunciati e in linea con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale, mentre le
censure proposte non evidenziano vizi idonei a determinarne la cassazione;
il terzo motivo risulta inammissibile per la preclusione derivante dalla pronuncia di merito cd. doppia conforme;
pertanto, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo, con attribuzione all’Avv. NOME che si è dichiarato antistatario;
considerato che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione anticipata e che il giudizio viene definito in conformità alla proposta, occorre applicare l’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., come previsto dal comma quarto del citato art. 380-bis c.p.c. (cfr. Cass. SS.UU. n. 10955 del 2024), non ravvisando, il Collegio, ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass. SS.UU. n. 36069 del 2023);
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 3.900 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, da distrarsi.
Condanna parte ricorrente al pagamento in favore di controparte della somma di € 1.950 ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.
Condanna parte ricorrente al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di € 1.950 ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’Adunanza camerale del 21 maggio 2025.
La Presidente
dott.ssa NOME Leone