Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6412 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 6412  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3546 -2023 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME,  con  domicilio digitale presso il loro difensore, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE -Società RAGIONE_SOCIALE soggetta all’attività di  direzione  e  coordinamento  di  RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo institore AVV_NOTAIO, con domicilio  digitale  presso  il  difensore,  rappresentata  e  difesa dall’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME ;
– controricorrente –
avverso  la  sentenza  n.  489/2022  della  CORTE  D’APPELLO  di TORINO, depositata il 31/10/2022 R.G.N. 241/2022;
Oggetto
Retribuzione feriale
RNUMERO_DOCUMENTON. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 17/12/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Torino accoglieva l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 1760/2021 e rigettava le domande proposte dai lavoratori, attuali ricorrenti per  cassazione,  con  il  ricorso  introduttivo  del  giudizio  nei confronti della suddetta società.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva che i lavoratori avevano chiamato in giudizio RAGIONE_SOCIALE davanti al Tribunale di Torino, esponendo: di lavorare tutti alle dipendenze della convenuta con mansioni di macchinista e di avere percepito, durante il periodo di ferie, un trattamento economico inferiore a quello percepito per il lavoro ordinariamente svolto, in contrasto con i principi sanciti dalla Corte di Giustizia UE e dalla Corte di Cassazione; in particolare, che durante il periodo di ferie la società convenuta non corrispondeva loro il compenso per l’assenza dalla residenza e l’indennità di riserva/disponibilità/traghetto, pur trattandosi di compensi continuativi, intrinsecamente connessi alla prestazione lavorativa, mentre l’indennità di ‘utilizzazione giornaliera professionale’ era pagata nell’importo fisso di € 12,80, inferiore a quello dell’indennità di utilizzazione/condotta, che nelle sue diverse articolazioni i macchinisti percepiscono nei periodi lavorati; che avevano chiesto, pertanto, di dichiarare il loro diritto a vedersi retribuire ciascuna giornata di ferie con una retribuzione comprensiva anche dell’intera indennità di utilizzazione/condotta prevista dall’ar t. 31 tabella A dei Contratti
Aziendali del 2012 e del 2016, dell’indennità di riserva/disponibilità/traghetto di cui all’art. 31, punto 5, lett. a), dei Contratti Aziendali 2012 e 2016 e dell’indennità di Assenza dalla residenza prevista dall’art. 77, punto 2.1. del CCNL Attività Ferroviarie del 20.7.2012 e del CCNL Attività Ferroviarie del 16.12.2016, calcolate sulla media dei compensi percepiti a tali titoli dai ricorrenti nei dodici mesi precedenti la fruizione di ciascun periodo di ferie, con conseguente condanna della convenuta al pagamento delle differenze retributive dovute a tali titoli.
2.1. Premetteva, ancora, che, nella resistenza di RAGIONE_SOCIALE, il primo giudice aveva accolto il ricorso, e che RAGIONE_SOCIALE aveva proposto appello contro la relativa decisione, cui resistevano i lavoratori.
La Corte, riferite le ragioni della decisione di primo grado e  le  censure  formulate  rispetto  alla  stessa  da  RAGIONE_SOCIALE,  nel ritenere fondato l’appello di quest’ultima, richiamava integralmente  anzitutto  le  ragioni  espresse  in  una  propria precedente sentenza relativa alla stessa questione.
 Secondo  la  stessa,  la  sent.  n.  20216/2022  di  questa Corte Suprema si poneva nel solco dell’orientamento giurisprudenziale consolidato che aveva ripetutamente smentito il principio di onnicomprensività e di necessaria coincidenza tra retribuzione  delle  ferie  e  retribuzione  in  servizio,  ribadendo  il principio di paragonabilità e non dissuasività della retribuzione delle ferie.
4.1. Per la Corte d’appello, allora, diversamente rispetto al caso esaminato nella suddetta sentenza, la IUP e l’indennità per assenza  dalla  residenza  avevano un’incidenza  decisamente
contenuta rispetto alla retribuzione degli allora appellati (rispettivamente pari a circa il 2.80%, il 4,95% e il 2,98%) e non tale da poter avere un effetto dissuasivo dalla fruizione delle ferie.
4.2.  Inoltre,  il  confronto  operato  dal  Tribunale  tra  la retribuzione  mensile  e  l’importo  rivendicato  per  le  singole annualità  non  era  corretto  poiché  comparava  unità  temporali diverse e disomogenee, dovendosi invece a tal fine considerare, tutte  le  giornate  lavorative  svolte  e  tutte  le  giornate  di  ferie usufruite durante l’anno solare.
4.3. Secondo la Corte, poi, il ‘compenso per assenza dalla residenza’ aveva natura indennitaria.
4.4. Infine, per la stessa il giudice di primo grado non aveva considerato che le fonti, normative  e  giurisprudenziali di riferimento, non sanciscono sul tema in discussione il principio di onnicomprensività della retribuzione.
 Avverso  tale  decisione  i  tre  lavoratori  sopra  indicati hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
L ‘ intimata ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ‘Violazione e falsa  applicazione  dell’art.  7  della  Direttiva  88/2003/CE  e dell’art, 31, par. 2, della Carte dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea riguardo alla retribuzione dei giorni di ferie, come  interpretati  dalle  sentenze  della  Corte  di  Giustizia  UE, nonché degli artt. 2109 e 2243 c.c., in relazione all’art. 31 del contratti aziendali del RAGIONE_SOCIALE 2012 e 2016 e agli
effetti dell’art. 1418 cod. civ.’. Tanto sul rilievo che le richiamate norme collettive ‘prevedono un’indennità di utilizzazione parte variabile, per il personale di macchina e di bordo, nelle misure orarie e chilometrica individuate nella tabella B e un’altra fissa di presenza in servizio di riserva, in disponibilità non attiva, in attività di traghettamento o partecipazione a corsi di aggiornamento, voci non considerate nel computo della retribuzione spettante durante il periodo di ferie annuali’.
Con un secondo motivo denuncia no ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della Direttiva 88/2003/CE e dell’art. 31, par. 2, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea alla retribuzione dei giorni di ferie, come interpretati dalle sentenze della Corte di Giustizia UE, nonché dell’art. 2109, anche in relazione all’art. 36 Costituzione. Connessa violazione e falsa applicazione dell’art. 77.2.4 dei CCNL della Mobilità, Area Attività Ferroviaria del 20.7.2012 e del 16.12.2016, degli articoli 31.6. del CCNL 2012 e 30.6. del CCNL 2016, con riferimento agli artt. 1362 e 1363 c.c.’. La sentenza della Corte territoriale viene censurata ‘laddove si giustifica la mancata inclusione dal computo della retribuzione dei periodi di ferie dell’indennità di assenza dalla residenza, sulla sua pretesa natura accessoria e indennitaria, con deduzione totalmente incoerente con le norme contrattuali che disciplinano detto co mpenso’.
Con un terzo motivo denuncia no ‘nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per motivazione apparente e intrinsecamente contraddittoria’; ‘laddove nella sentenza impugnata  si  giustifica  il  mancato  computo  dei  compensi richiesti in giudizio nella retribuzione dei periodi di ferie, sulla base di una lettura della giurisprudenza della Corte di Giustizia
manifestamente incoerente e contraddittoria con i principi da essa enunciati’.
 I  motivi  di  ricorso,  che  possono  essere  esaminati congiuntamente, sono fondati.
Questa Corte ha in più occasioni affermato che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie subisce la decisiva influenza dell’interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha precisat o come l’espressione ‘ferie annuali retribuite’ contenuta nell’art. 7, n. 1, della Direttiva n. 88 del 2003 faccia riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, deve essere mantenuta la retribuzione che il lavoratore percepisce in via ordinaria (Cass. n. 18160/2023 e successive conformi, con richiamo a CGUE 20.1.2009, C-350/06 e C-520/06, COGNOME, nonché, con riguardo al personale navigante dipendente di compagnia aerea, Cass. n. 20216/2022).
I principi informatori di tale indirizzo giurisprudenziale sono nel senso di assicurare, a livello retributivo, una situazione sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria del lavoratore nei  periodi  di  lavoro,  sul  rilievo  che  una  diminuzione  della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione (cfr. CGUE 15.9.2011, C -155/10, COGNOME; CGUE 13.12.2018, C-385/17, COGNOME).
In questo senso, si è precisato nelle pronunce indicate che  qualsiasi  incentivo  o  sollecitazione  che  risulti  volto  ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è incompatibili con gli obiettivi del legislatore europeo, che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace
tutela della loro salute e sicurezza (cfr. in questo senso anche la recente CGUE 13.1.2022, C-514/20, DS c. Koch).
Conseguentemente, è stato ribadito che la retribuzione dovuta  nel  periodo  di  godimento  delle  ferie  annuali,  ai  sensi dell’art.  7  della  Direttiva  2003/88/CE,  per  come  interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che  si  po ne  in  rapporto  di  collegamento  all’esecuzione  delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore (Cass. n. 13425/2019).
In applicazione di tali orientamenti ed in applicazione di siffatta nozione europea di retribuzione, nell’ambito del personale navigante dipendente di compagnia aerea, è stato ritenuto rientrante nella retribuzione dovuta l’importo erogato a titolo di indennità di volo integrativa, ritenendo nel contempo la nullità della relativa disposizione del contratto collettivo nazionale (in quel caso l’art. 10 del CCNL Trasporto Aereo sezione personale navigante tecnico) nella parte in cui escludeva nel periodo di ferie la voce stipendiale, in quel caso in violazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 185/2005 (che attuava la direttiva 2000/79/CE relativa all’Accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo dell’aviazione civile Cass. n. 20216/2022).
 Atteso  che,  per  giurisprudenza  consolidata  di  questa Corte,  le  sentenze  della  Corte  di  Giustizia  UE  hanno  efficacia vincolante  e  diretta  nell’ordinamento  nazionale,  i  giudici  di merito non possono prescindere dall’interpretazione data dalla Corte europea, che costituisce ulteriore fonte del diritto dell’Unione  europea,  non  nel  senso  che  esse  creino ex  novo norme UE, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di
applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito dell’Unione (cfr. Cass. n. 13425/2019, n. 22577/2012).
Pertanto, a fronte della rivendicazione di voci non corrisposte nel periodo feriale, è necessario accertare il nesso intrinseco tra l’elemento retributivo e l’espletamento delle mansioni affidate e, quindi, se l’importo pecuniario si ponga in rapporto di collegamento funzionale con l’esecuzione delle mansioni e sia correlato allo status personale e professionale di quel lavoratore (cfr. Cass. n. 13425/2019 cit., così come, per il caso del mancato godimento delle ferie, Cass. n. 37589/2021).
Nella controversia in esame vengono in discussione la cd.  indennità  di  utilizzazione  professionale  (IUP) e  l’indennità per assenza dalla residenza.
12.1. Ebbene, questa Corte di recente si è già espressa a riguardo in fattispecie praticamente sovrapponibile a quella in esame in Cass., sez. lav., ord. 21.5.2024, n. 14089, alla cui motivazione,  pertanto,  si  fa  qui  riferimento  anche  ai  sensi dell’art. 11 8 disp. att. c.p.c.
In particolare, quanto all’indennità per assenza dalla residenza, si è ritenuto in tale decisione che essa, in quanto voce diretta a compensare il disagio dell’attività tipica del dipendente viaggiante derivante dal non avere un luogo fisso di lavoro, è stata già ritenuta da questa Corte come voce da includere nella retribuzione feriale, allorché si è esaminata analoga controversia che aveva come parte datoriale la società RAGIONE_SOCIALE (tra le molte, Cass. nn. 2963, 2682, 2680, 2431, 1141/2024; nn. 35578, 33803, 33793, 33779, 19716, 19711, 19663, 18160/2023).
La corresponsione, in forma continuativa, di una simile indennità è immediatamente collegata alle mansioni tipiche dei dipendenti  macchinisti,  essendo  destinata  a  compensare  il disagio  dell’attività  derivante  dal  non  avere una  sede  fissa  di lavoro e da ll’essere continuamente in movimento, lontano dalla sede formale di lavoro.
In base alla medesima ratio (collegamento funzionale con le mansioni tipiche) sono fondate le domande collegate alla parte variabile dell’indennità di utilizzazione professionale, in quanto voce ordinariamente corrisposta per i periodo di lavoro, la cui erogazione in misura ridotta nel periodo di ferie, in base ad una verifica ex ante , è potenzialmente dissuasiva al godimento delle stesse, tenuto conto della continuatività dell’erogazione nel corso dell’anno e dell’incidenza sul trattamento economico mensile.
Nell’interpretazione delle norme collettive che regolano gli istituti di cui è stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale è necessario tenere conto della finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale. Tale effetto deterrente può, infatti, realizzarsi qualora le voci che compongono la retribuzione nei giorni di ferie sono limitate a determinate voci, escludendo talune indennità di importo variabile (previste dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale) che sono comunque intrinsecamente collegate a compensare specifici disagi derivanti dalle mansioni normalmente esercitate.
La giurisprudenza  UE  ha,  invero,  chiarito che  il lavoratore, in occasione della fruizione delle ferie, deve trovarsi
in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro; ciò in quanto il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite va considerato come  un  principio particolarmente importante del diritto sociale UE, al quale non si  può  derogare  e  la  cui  attuazione  da  parte  delle  autorità nazionali  competenti  può  essere  effettuata  solo  nei  limiti esplicitamente indicati dalla stessa direttiva.
18. E’ stato affermato che ‘ la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore ‘ (sent. CGUE COGNOME cit., § 21); che ‘ l’ottenimento della retribuzione ordinaria durante il periodo di ferie annuali retribuite è volto a consentire al lavoratore di prendere effettivamente i giorni di ferie cui ha diritto ‘, e che ‘ quanto la retribuzione versata a titolo del diritto alle ferie annuali retribuite previsto dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 (…) è inferiore alla retribuzione ordinaria ricevuta dal lavoratore durante i periodi di lavoro effettivo, lo stesso rischia di essere indotto a non prendere le sue ferie annuali retribuite, almeno non durante i periodi di lavoro effettivo, poiché ciò determinerebbe, durante tali periodi, una diminuzione della sua retribuzione ‘ (sent. CGUE COGNOME COGNOME cit., § 44); che il giudice nazionale è tenuto a interpretare la normativa nazionale in modo conforme all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, con la precisazione che ‘ una siffatta interpretazione dovrebbe comportare che l’indennità per ferie retribuite versata ai lavoratori, a titolo delle ferie minime previste da tale disposizione, non sia inferiore alla media della retribuzione ordinaria percepita da questi ultimi durante i periodi di lavoro effettivo ‘ (sent. CGUE COGNOME COGNOME cit., § 52); che ‘ occorre dichiarare che, sebbene la struttura della retribuzione ordinaria
di un lavoratore di per sé ricada nelle disposizioni e prassi disciplinate dal diritto degli Stati membri, essa non può incidere sul diritto del lavoratore (…) di godere, nel corso del suo periodo di riposo e di distensione, di condizioni economiche pagagonabili a quelle relative all’esercizio del suo lavoro ‘ (sent. CGUE COGNOME cit., § 23), sicché ‘ qualsiasi prassi o omissione da parte del datore di lavoro che abbia un effetto potenzialmente dissuasivo sulla fruizione delle ferie annuali da parte di un lavoratore è incompatibile con la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite ‘ (sent. CGUE Koch cit., § 41).
In tale prospettiva, osserva il Collegio che non può ritenersi che l’incidenza dell’effettiva dissuasione possa essere apprezzata raffrontando la differenza retributiva mensile con quella annuale, dal momento che, per il lavoratore dipendente, la possibile induzione economica alla rinuncia al proprio diritto alle ferie deriva dall’incidenza sulla retribuzione che ogni mese, e quindi anche in quello di ferie, egli può impegnare per garantire a sé e alla sua famiglia le ordinarie condizioni economiche di vita.
In conclusione, in concordanza all’interpretazione conforme della citata giurisprudenza dell’Unione europea e di legittimità delle norme collettive che regolano gli istituti di cui è stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale, il ricorso va accolto, in linea con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare nel periodo feriale un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale.
La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione  ai  motivi  accolti,  e  rinviata  al  giudice  indicato  in
dispositivo, per il riesame delle originarie domande alla luce del principi sopra espressi, e altresì per provvedere sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del