Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17495 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17495 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25930-2024 proposto da:
ASL NAPOLI 1 CENTRO, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3422/2024 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 08/10/2024 R.G.N. 607/2024;
Oggetto
Retribuzione pubblico impiego
R.G.N. 25930/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 21/05/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’originaria ricorrente, con profilo di ‘ collaboratore professionale sanitario -infermiere cat. D ‘ , impegnata in turno di lavoro articolato su cinque giorni, come da ‘cartellini sanitari in atti’, adiva il Tribunale per sentire condannare la ASL datrice di lavoro al pagamento dell a ‘indennità giornaliera turnisti’ con riferimento alla retribuzione feriale.
Il Tribunale accoglieva il ricorso e condannava l’ASL al pagamento delle differenze retributive.
La C orte d’appello rigettava l’ impugnazione proposta dall’amministrazione e confermava interamente la sentenza impugnata, richiamando l’orientamento comunitario secondo il quale è esclusa la possibilità che la retribuzione feriale sia inferiore a quella ordinaria.
Da ciò derivava che, là dove la retribuzione sia composta da una parte fissa e da una parte variabile, anche le voci variabili devono essere incluse nella base di calcolo della retribuzione spettante durante le ferie, ove si tratti di indennità intrinsecamente collegate all’esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro o allo status del lavoratore -come nel caso di specie -onde evitare un effetto dissuasivo sull’effettiva capacità di fruire delle ferie.
Per la cassazione della sentenza ricorre la ASL con un solo motivo illustrato da memoria, cui resiste la lavoratrice con controricorso assistito da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nell’unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., dell’art. 7 della direttiva 88/2003, dell’art. 10 del d.lgs. 8.4.2003 n. 66 e degli artt. 33, c.1, e 86, c. 3, del c.c.n.l. per i dipendenti del comporto sanità 20162018 e dell’art. 23, c.4, del c.c.n.l. per i dipendenti del comparto sanità del 19.4.2004.
La Corte territoriale ha errato nel non considerare che l’erogazione della indennità di turno giornaliera è collegata alla presenza effettiva del dipendente in servizio e, pertanto, non è erogabile nel periodo di ferie e in cui il lavoratore non presta alcuna attività.
Inoltre, la C orte d’appello non ha correttamente valutato il c.d. ‘effetto dissuasivo’ avendo ritenuto idoneo a integrarlo un ‘indennità con ‘incidenza sul trattamento economico giornaliero di circa il 6%’, misura che non poteva certo avere effetto deterrente al godimento delle ferie.
Il motivo è infondato alla luce delle considerazioni espresse da questa Corte nella recente ordinanza del 9/3/2025, n. 6282 che si richiama anche ex art. 118 att. c.p.c.
Nel solco di una serie di pronunce sul tema ( ex aliis , Cass. n. 14089/2024, Cass. n. 20216/2022), questa Corte ha ribadito che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie subisce la decisiva influenza dell’interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha precisato come l’espressione «ferie annuali retribuite» contenuta nell’art. 7, n. 1, della Direttiva n. 88 del 2003 faccia riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali,
deve essere mantenuta la retribuzione che il lavoratore percepisce in via ordinaria (cfr. la cit. Cass. n. 14089/2024 che richiama a sua volta Cass. n. 18160/2023 e successive conformi, con rinvio a CGUE 20.1.2009, C- 350/06 e C520/06, COGNOME, nonché, con riguardo al personale navigante dipendente di compagnia aerea, Cass. n. 20216/2022).
I principi informatori di tale indirizzo giurisprudenziale sono nel senso di assicurare, a livello retributivo, una situazione sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria del lavoratore nei periodi di lavoro, sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione (cfr. CGUE 15.9.2011, C-155/10, Williams; CGUE 3.12.2018, C385/17, Torsten Hein).
In questo senso, si è precisato nelle pronunce indicate che qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto a indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr. in questo senso anche la recente CGUE 13.1.2022, C-514/20, DS c. Koch).
Conseguentemente, è stato ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore (Cass. n. 13425/2019).
Atteso che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, le sentenze della Corte di Giustizia UE hanno efficacia vincolante e diretta nell’ordinamento nazionale, i giudici di merito non possono prescindere dall’interpretazione data dalla Corte europea, che costituisce ulteriore fonte del diritto dell’Unione europea, non nel senso che esse creino ex novo norme UE, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito dell’Unione (cfr. Cass. n. 13425/2019, n. 22577/2012).
Pertanto, a fronte della rivendicazione di voci non corrisposte nel periodo feriale, è necessario accertare il nesso intrinseco tra l’elemento retributivo e l’espletamento delle mansioni affidate e, quindi, se l’importo pecuniario si ponga in rapporto di collegamento funzionale con l’esecuzione delle mansioni e sia correlato allo status personale e professionale di quel lavoratore (cfr. Cass. n. 13425/2019 cit., così come, per il caso del mancato godimento delle ferie, Cass. n. 37589/2021).
Nella controversia in esame, vengono in discussione la cd. indennità di turno o indennità giornaliera ex art. 86 co. 3 CCNL Comparto Sanità 20162018, corrisposta in busta paga nella misura di €. 4,49 per ciascuna giornata di lavoro effettivamente prestato e -da ottobre 2018 -nella misura ridotta di €. 2,07, come si legge in sentenza.
Tale indennità, in quanto voce diretta a compensare -come si legge in sentenza -specifici disagi legati alle mansioni svolte («l’esecuzione della prestazione in turni avvicendati e flessibili costituisce certamente un incomodo intrinsecamente collegato all’esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto a rispettare in forza del suo contratto di lavoro e che viene compensato tramite l’importo pecuniario dell’indennità in esame inclusa nel calcolo della retribuzione spettante per ogni giornata di effettiva presenza»), vale a integrare voce da includere nella retribuzione
feriale. Ciò è peraltro deducibile anche dalla rubrica dell’articolo 86 del c.c.n.l. sanità che reca ‘ indennità per particolari condizioni di lavoro ‘ e che pertanto non consente l’adozione di un’interpretazione restrittiva come propugnata dalla azienda ricorrente.
Nell’interpretazione delle norme collettive che regolano gli istituti di cui è stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale è necessario tenere conto della finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare un compenso in misura tale che non possa costituire, per il lavoratore, un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale.
Tale effetto deterrente può, infatti, realizzarsi qualora le componenti della retribuzione nei giorni di ferie siano limitate a determinate voci, escludendo alcune indennità di importo variabile (previste dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale) che sono comunque intrinsecamente collegate a compensare specifici disagi derivanti dalle mansioni normalmente esercitate.
La giurisprudenza UE ha, invero, chiarito che il lavoratore, in occasione della fruizione delle ferie, deve trovarsi in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro; ciò in quanto il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite va considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale UE, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla stessa Direttiva.
È stato affermato che ‘la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore’ (sent. CGUE Williams cit., § 21); che ‘l’ottenimento della retribuzione ordina ria durante il periodo
di ferie annuali retribuite è volto a consentire al lavoratore di prendere effettivamente i giorni di ferie cui ha diritto’, e che ‘quando la retribuzione versata a titolo del diritto alle ferie annuali retribuite previsto all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 (…) è inferiore alla retribuzione ordinaria ricevuta dal lavoratore durante i periodi di lavoro effettivo, lo stesso rischia di essere indotto a non prendere le sue ferie annuali retribuite, almeno non durante i periodi di lavoro effettivo, poiché ciò determinerebbe, durante tali periodi, una diminuzione della sua retribuzione’ (sent. CGUE Torsten Hein cit., § 44); che il giudice nazionale è tenuto a interpretare la normativa nazionale in modo conforme all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, con la precisazione che ‘una siffatta interpretazione dovrebbe comportare che l’indennità per ferie retribuite versata ai lavoratori, a titolo delle ferie minime previste da tale disposizione, non sia inferiore alla media della retribuzione ordinaria percepita da questi ultimi durante i periodi di lavoro effettivo’ (sent. CGUE Torsten Hein cit., § 52); che ‘occorre dichiarare che, sebbene la struttura della retribuzione ordinaria di un lavoratore di per sé ricada nelle disposizioni e prassi disciplinate dal diritto degli Stati membri, essa non può incidere sul diritto del lavoratore (…) di godere, nel corso del suo periodo di riposo e di distensione, di condizioni economiche paragonabili a quelle relative all’esercizio del suo lavoro’ (sen t. CGUE Williams cit., § 23), sicché ‘qualsiasi prassi o omissione da parte del datore di lavoro che abbia un effetto potenzialmente dissuasivo sulla fruizione delle ferie annuali da parte di un Lavoratore è incompatibile con la finalità del diritto alle f erie annuali retribuite’ (sent. CGUE Koch cit., § 41) .
In tale prospettiva, può quindi ben ritenersi che l’incidenza dell’effetto dissuasivo possa essere apprezzata anche nella specie con riferimento alla percentuale del 6% sul trattamento economico giornaliero, come qui
accertata dal giudice d’appello, dal momento che, per il lavoratore dipendente, la possibile induzione economica alla rinuncia al proprio diritto alle ferie potrebbe bensì derivare dal ridimensionamento in tale misura (non irrisoria) della retribuzione che ogni mese, e quindi anche in quello di ferie, egli può impegnare per garantire a sé o alla sua famiglia le ordinarie condizioni economiche di vita.
In conclusione, in concordanza all’interpretazione conforme alla citata giurisprudenza dell’Unione europea e di legittimità delle norme collettive che regolano gli istituti di cui è stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale, il ricorso va respinto, tanto in linea con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare nel periodo feriale un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la Asl ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida €. 700,00 per compensi ed €. 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario spese generali al 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi anticipatario.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma-1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio, il 21 maggio 2025.