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Retribuzione dirigente scolastico estero: la Cassazione

Un dirigente scolastico che lavorava all’estero ha citato in giudizio il Ministero dell’Istruzione per ottenere il pagamento della parte variabile della sua retribuzione di posizione. Mentre la Corte d’Appello aveva dato ragione al dirigente, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. La Suprema Corte ha stabilito che il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) all’epoca dei fatti escludeva legittimamente tale componente variabile per il personale in servizio all’estero, in virtù di una specifica previsione normativa. Questa sentenza definisce l’ambito della retribuzione del dirigente scolastico estero sotto il precedente regime contrattuale.

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Pubblicato il 22 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione Dirigente Scolastico Estero: Niente Parte Variabile Secondo la Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto luce su un tema complesso e dibattuto: la retribuzione del dirigente scolastico estero. In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che, in base alla contrattazione collettiva applicabile in passato, la parte variabile della retribuzione di posizione non era dovuta al personale in servizio fuori dal territorio nazionale. Questa decisione ribalta un precedente orientamento della Corte d’Appello e fornisce un’interpretazione chiara del quadro normativo e contrattuale previgente.

I Fatti del Caso: Dalla Richiesta al Ricorso in Cassazione

La vicenda ha origine dall’azione legale di un dirigente scolastico, collocato fuori ruolo e a disposizione del Ministero degli Esteri per un incarico all’estero. Il dirigente aveva richiesto al Tribunale di Roma il riconoscimento del suo diritto a percepire l’intera retribuzione di posizione, comprensiva sia della parte fissa che di quella variabile, per il periodo di servizio svolto tra il 2014 e il 2018.

Il Tribunale, in primo grado, aveva respinto la domanda. Tuttavia, la Corte d’Appello di Roma aveva riformato la sentenza, accogliendo le ragioni del dirigente e condannando il Ministero al pagamento delle differenze retributive. Secondo i giudici d’appello, le norme del contratto collettivo che escludevano la parte variabile per il servizio all’estero erano in contrasto con la legge e, pertanto, illegittime.

Contro questa decisione, il Ministero dell’Istruzione ha proposto ricorso per cassazione, portando la questione all’attenzione della Suprema Corte.

La Questione sulla Retribuzione del Dirigente Scolastico Estero

Il cuore della controversia risiedeva nel rapporto tra la legge e la contrattazione collettiva. Da un lato, la normativa primaria (in particolare l’art. 658 del D.Lgs. 297/1994) stabilisce che al personale scolastico all’estero spettano “lo stipendio e gli assegni di carattere fisso e continuativo previsti per il territorio nazionale”. Dall’altro, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del comparto Scuola (art. 48, co. 4, CCNL 11.4.2006) specificava che, per i dirigenti scolastici all’estero, la retribuzione di posizione fosse corrisposta “in misura pari alla parte fissa”.

La Corte d’Appello aveva ritenuto che la contrattazione collettiva non potesse derogare alla legge in senso peggiorativo per il lavoratore. Il Ministero, invece, sosteneva la piena legittimità della clausola contrattuale, in quanto la legge stessa ammetteva delle eccezioni.

L’Interpretazione della Normativa Primaria

La chiave di volta, secondo la Cassazione, risiede in un inciso presente nello stesso art. 658 del D.Lgs. 297/1994. La norma, infatti, riconosce gli assegni fissi e continuativi “tranne che per tali assegni sia diversamente disposto”. Questa espressione, per la Suprema Corte, costituisce una vera e propria clausola di delega, che legittima la contrattazione collettiva a prevedere un trattamento diverso e specifico per il personale all’estero.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Ministero, ritenendolo fondato sulla base di un orientamento già consolidato in precedenti pronunce. I giudici hanno chiarito che il trattamento economico dei dipendenti pubblici privatizzati è demandato primariamente alla contrattazione collettiva. La facoltà di deroga prevista dalla legge non poteva che riferirsi a quest’ultima, rendendo del tutto valida la disposizione del CCNL che limitava la retribuzione di posizione alla sola parte fissa.

La Corte ha inoltre sottolineato che stipendio tabellare e retribuzione di posizione sono voci distinte. La legge garantiva lo stipendio e gli assegni fissi e continuativi, ma apriva alla possibilità che la contrattazione collettiva disciplinasse diversamente altre voci, come appunto la retribuzione di posizione. L’art. 48 del CCNL citato rappresenta una disciplina speciale per i dirigenti all’estero, che prevale sulle norme generali.

A conferma di questa interpretazione, la Corte ha menzionato il nuovo CCNL del 7.8.2024, il quale ha innovato la materia. La nuova disciplina prevede che il dirigente all’estero mantenga la retribuzione di posizione goduta prima dell’incarico. Questo cambiamento, secondo i giudici, dimostra che la normativa precedente era effettivamente limitativa e che solo un nuovo accordo collettivo poteva modificarla.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza della Corte d’Appello e, decidendo nel merito, ha rigettato la domanda originaria del dirigente scolastico. La sentenza afferma un principio chiaro: fino all’entrata in vigore del nuovo CCNL, la contrattazione collettiva escludeva legittimamente la corresponsione della parte variabile della retribuzione di posizione per i dirigenti scolastici in servizio all’estero. Questa pronuncia chiude un capitolo importante per la definizione del trattamento economico del personale della scuola all’estero, confermando la piena validità delle disposizioni contrattuali previgenti.

Un dirigente scolastico in servizio all’estero aveva diritto alla parte variabile della retribuzione di posizione secondo la vecchia normativa?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la contrattazione collettiva applicabile ai fatti di causa escludeva legittimamente il diritto a percepire la parte variabile della retribuzione di posizione, limitando il compenso alla sola parte fissa.

Perché la contrattazione collettiva poteva escludere la parte variabile della retribuzione di posizione?
Perché la stessa legge (art. 658 del D.Lgs. n. 297/1994) che disciplinava il trattamento economico del personale all’estero conteneva una clausola che permetteva alla contrattazione collettiva di disporre diversamente riguardo agli assegni. Questa clausola ha legittimato la limitazione prevista dal CCNL.

La situazione è cambiata con i nuovi contratti collettivi?
Sì. La sentenza evidenzia che un nuovo CCNL, siglato il 7.8.2024, ha introdotto una disciplina diversa, prevedendo che il dirigente assegnato all’estero mantenga la retribuzione di posizione in godimento all’atto dell’assegnazione. Questa nuova regola, tuttavia, non ha effetto retroattivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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