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Retribuzione dirigente: no extra per incarichi ad interim

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un Segretario Generale di un ente pubblico alla restituzione di oltre 100.000 euro. La somma era stata percepita indebitamente come retribuzione di risultato per incarichi dirigenziali svolti ad interim. La Suprema Corte ha ribadito il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigente, secondo cui lo stipendio copre tutte le funzioni assegnate, escludendo compensi aggiuntivi per mansioni temporanee rientranti nelle funzioni di vertice.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione dirigente: la Cassazione nega compensi extra per incarichi ad interim

Il tema della retribuzione dirigente nel settore pubblico è spesso al centro di dibattiti e contenziosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sul principio di onnicomprensività dello stipendio, negando la possibilità di compensi aggiuntivi per lo svolgimento di incarichi temporanei (ad interim). Questa decisione ha importanti implicazioni per la gestione delle risorse umane e finanziarie nella Pubblica Amministrazione.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Restituzione

Un Segretario Generale di una Camera di Commercio si era visto richiedere dall’ente la restituzione di una somma superiore a 100.000 euro. Tale importo gli era stato liquidato tra il 2010 e il 2014 a titolo di retribuzione di risultato per aver ricoperto, ad interim, anche i ruoli di dirigente di due aree dirigenziali rimaste vacanti.

Secondo l’ente pubblico, tale pagamento era avvenuto per errore, in violazione di due principi fondamentali:
1. Il principio di onnicomprensività del trattamento economico del dirigente, sancito dall’art. 24 del d.lgs. 165/2001.
2. Le norme sul contenimento della spesa pubblica, in particolare l’art. 9 del d.l. 78/2010, che cristallizzava i trattamenti accessori all’importo del 2010.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di Appello avevano dato ragione all’ente, condannando il dirigente alla restituzione delle somme. I giudici hanno stabilito che la possibilità di svolgere incarichi ad interim era già inclusa nelle funzioni di vertice del Segretario Generale. Pertanto, l’erogazione di una retribuzione di risultato aggiuntiva per tali incarichi era illegittima. La Corte territoriale ha sottolineato che il trattamento economico fondamentale e accessorio del dirigente è destinato a remunerare la totalità delle funzioni svolte per l’ente.

Il Principio di Onnicomprensività della Retribuzione Dirigente

Il fulcro della controversia risiede nel principio di onnicomprensività. Questo principio, consolidato nella giurisprudenza, stabilisce che lo stipendio di un dirigente pubblico è inteso a compensare integralmente ogni incarico conferito in ragione del suo ufficio. Non è quindi possibile riconoscere compensi multipli per la pluralità di funzioni svolte, a meno che una specifica norma di legge non lo preveda espressamente per incarichi di natura professionale esterna ai compiti d’istituto.

La Cassazione ha più volte affermato che questo principio non viola l’art. 36 della Costituzione (diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro). La normativa, infatti, prevede una flessibilità interna che consente di graduare l’unica retribuzione in base alle funzioni attribuite, alle responsabilità e ai risultati conseguiti, senza necessità di duplicare le voci retributive.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile e infondato il ricorso del dirigente, confermando le sentenze precedenti. I giudici hanno evidenziato che la sentenza d’appello si basava su due solide ragioni (le cosiddette rationes decidendi): il principio di onnicomprensività e lo ius superveniens rappresentato dalle norme sul contenimento della spesa (d.l. 78/2010). La critica del ricorrente a una sola di queste ragioni non era sufficiente a scalfire la validità della decisione.

La Corte ha ribadito che il meccanismo di onnicomprensività è inderogabile. Lo svolgimento di incarichi ad interim rientrava pienamente nelle funzioni di vertice dell’amministrazione e non poteva dar luogo a una duplicazione della retribuzione di risultato.

Inoltre, la Corte ha respinto l’argomentazione secondo cui l’azione di recupero delle somme (ripetizione di indebito) non fosse esperibile. Al contrario, ha ricordato che il datore di lavoro pubblico ha il dovere di ripetere le somme corrisposte sine titulo, ovvero senza una valida causa giuridica, come nel caso di specie.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di retribuzione dirigente nel pubblico impiego. Le amministrazioni pubbliche devono attenersi scrupolosamente al principio di onnicomprensività, evitando di erogare compensi aggiuntivi per incarichi che, seppur gravosi, rientrano nell’alveo delle funzioni dirigenziali. Per i dirigenti, la decisione sottolinea che l’assunzione di maggiori responsabilità, come la gestione ad interim di uffici vacanti, deve essere valorizzata attraverso la graduazione del trattamento economico complessivo e della retribuzione di risultato prevista per il proprio ruolo, e non attraverso pagamenti extra che la legge non consente. Infine, viene confermato l’obbligo per la P.A. di agire per il recupero di eventuali somme indebitamente versate.

Un dirigente pubblico che assume incarichi ad interim ha diritto a un compenso aggiuntivo?
No, secondo la Corte di Cassazione, lo svolgimento di incarichi ad interim rientra nelle funzioni di vertice del dirigente. In base al principio di onnicomprensività, il suo trattamento economico ordinario copre già tutte le funzioni e i compiti attribuiti, senza diritto a compensi aggiuntivi.

Cosa significa il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigente?
Significa che il trattamento economico di un dirigente pubblico (sia la parte fissa che quella accessoria) è concepito per remunerare la totalità delle funzioni e dei compiti legati al suo ufficio. Questo esclude la possibilità di ricevere pagamenti multipli o extra per la pluralità di incarichi svolti, a meno che non sia espressamente previsto da una specifica norma di legge per attività di natura professionale non riconducibili ai compiti d’istituto.

La Pubblica Amministrazione è sempre obbligata a recuperare le somme pagate per errore a un dipendente?
Sì, la sentenza conferma che il datore di lavoro pubblico, a differenza di quello privato, è tenuto a ripetere le somme corrisposte senza una valida causa giuridica (sine titulo). Si tratta di un’azione di recupero dell’indebito (art. 2033 c.c.) che è sempre esperibile per ripristinare la legalità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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