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Retribuzione dirigente: no all’assegno ad personam

La Corte di Cassazione ha stabilito che un dirigente pubblico non ha diritto a mantenere un assegno ad personam, concesso per conservare una precedente e più alta retribuzione, al momento del rinnovo di un nuovo incarico di valore economico inferiore. Tale assegno, legato al precedente ruolo poi soppresso, non può essere considerato parte integrante della retribuzione del nuovo incarico. La decisione riforma le sentenze dei giudici di merito che avevano dato ragione al dirigente, affermando un principio di coerenza tra incarico e retribuzione dirigente nel pubblico impiego, specialmente nel contesto di riorganizzazioni aziendali.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione del dirigente: l’assegno ad personam non è per sempre

La questione della retribuzione del dirigente nel pubblico impiego, specialmente a seguito di riorganizzazioni aziendali, è un tema complesso e dibattuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sul destino dell’assegno ad personam, ovvero quella componente economica aggiuntiva concessa per mantenere un trattamento economico superiore. La Suprema Corte ha stabilito che tale assegno, legato a un precedente incarico di maggior rilievo, non può essere conservato al momento del rinnovo di un nuovo incarico di livello inferiore. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un dirigente di un’Azienda Ospedaliera Universitaria che, in passato, ricopriva l’incarico di Direttore di Struttura Complessa. A seguito di una riorganizzazione interna, tale posizione venne soppressa e al dirigente fu conferito un nuovo incarico dirigenziale di ‘Alta Specialità’, economicamente inferiore. Per non penalizzarlo, l’Azienda gli riconobbe un assegno ad personam pari alla differenza tra la vecchia e la nuova retribuzione di posizione.

Il problema è sorto al momento del rinnovo triennale del nuovo incarico. L’Azienda ha deciso di non confermare l’assegno ad personam, riducendo di fatto lo stipendio del dirigente e allineandolo a quello previsto per il ruolo effettivamente ricoperto. Il dirigente ha impugnato questa decisione, ritenendola illegittima.

L’Iter Giudiziario e le Norme sulla retribuzione del dirigente

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione al lavoratore, ritenendo che la riduzione dello stipendio fosse illegittima. L’Azienda, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione, basando la propria difesa su due argomenti principali:

1. Errata interpretazione del CCNL: Secondo l’Azienda, l’assegno ad personam era una garanzia economica legata esclusivamente al precedente incarico di Direttore di Struttura Complessa. Una volta cessato tale incarico e conferito il nuovo, la garanzia non poteva essere considerata permanente, soprattutto in fase di rinnovo.
2. Applicazione della normativa sul contenimento della spesa pubblica: L’Azienda ha invocato l’art. 9, comma 32, del D.L. n. 78/2010, una norma che, in un’ottica di risparmio, consente alle pubbliche amministrazioni di conferire incarichi di valore economico inferiore alla scadenza di quelli precedenti, superando le tutele previste dai contratti collettivi.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Azienda, ribaltando le decisioni dei gradi precedenti. Il ragionamento dei giudici di legittimità è stato lineare e si è concentrato sulla natura della retribuzione accessoria.

La retribuzione di posizione, ha chiarito la Corte, è strettamente collegata al “livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione”. Non è un diritto acquisito in modo permanente, ma uno strumento flessibile che riflette il valore economico specifico di una determinata posizione dirigenziale.

L’assegno ad personam corrisposto al dirigente era una “garanzia economica” transitoria, pensata per attenuare gli effetti della riorganizzazione. Tuttavia, non poteva trasformarsi in una componente fissa e permanente della retribuzione, slegata dall’incarico effettivamente svolto. Secondo la Corte, la Corte d’Appello ha commesso un errore nel confondere la retribuzione legata al vecchio incarico (superiore) con quella dovuta per il nuovo incarico (inferiore) che veniva rinnovato.

In sostanza, al momento del rinnovo dell’incarico di ‘Alta Specialità’, l’unico trattamento economico dovuto era quello correlato a tale specifica posizione. Le “garanzie” economiche, nate per tutelare il passaggio dal vecchio al nuovo ruolo, non potevano essere rinnovate insieme al nuovo incarico, poiché si riferivano a somme e responsabilità non più esistenti.

Le Conclusioni

La Suprema Corte ha cassato la sentenza d’appello e ha enunciato un principio di diritto molto chiaro: un dirigente sanitario non può pretendere di continuare a percepire, dopo il rinnovo di un incarico, l’assegno ad personam che l’azienda gli aveva corrisposto per mantenere la retribuzione di un precedente e più importante ruolo, ormai soppresso. Questa decisione riafferma il principio di corrispondenza tra responsabilità, incarico e retribuzione nel pubblico impiego. Per le amministrazioni, si tratta di un’importante conferma della possibilità di razionalizzare la spesa, mentre per i dirigenti rappresenta un monito: le tutele economiche transitorie non si trasformano automaticamente in diritti permanenti.

Un dirigente pubblico ha diritto a mantenere la sua precedente e più alta retribuzione se il suo ruolo viene soppresso a seguito di una riorganizzazione?
No. Secondo la Cassazione, il dirigente non ha diritto a mantenere indefinitamente una retribuzione legata a un incarico che non ricopre più. La retribuzione di posizione deve essere correlata alle responsabilità dell’incarico attuale.

A cosa serve l’assegno ad personam in questi casi?
L’assegno ad personam serve come una garanzia economica transitoria per attenuare l’impatto economico negativo derivante dal passaggio a un incarico di minor valore a seguito di una riorganizzazione. Tuttavia, non è una componente permanente dello stipendio.

Un’amministrazione pubblica può ridurre la retribuzione di un dirigente al momento del rinnovo del suo incarico?
Sì, se parte di quella retribuzione era costituita da un assegno ad personam legato a un precedente incarico non più esistente. Al rinnovo, l’amministrazione è tenuta a corrispondere solo la retribuzione prevista per l’incarico che viene effettivamente rinnovato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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