Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31420 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 31420 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9423/2024 R.G. proposto
da
ASL AVELLINO , in persona del legale rappresentante pro tempore , domicilio digitale presso PEC EMAIL, rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZONOME COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Dirigente medico -Lavoro su turni -‘Debito orario’
R.G.N. 9423/2024
Ud. 22/11/2024 CC
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3836/2023 depositata il 30/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 22/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 3836/2023, pubblicata in data 30 ottobre 2023, la Corte d’appello di Napoli, nella regolare costituzione dell’appellata NOME COGNOME ha respinto l’appello proposto dalla ASL AVELLINO avverso la sentenza del Tribunale di Avellino, la quale, in accoglimento parziale del ricorso proposto dall’appellata, aveva riconosciuto il diritto della stessa a vedersi riconoscere l’indennità di turno ex art. 44 CCNL Sanità del 1° settembre 1995 -nonché l’indennità di terapia intensiva o subint ensiva – anche nei giorni di assenza dal servizio per riposo compensativo, condannando ASL AVELLINO a corrispondere le differenze retributive.
La Corte d’appello ha ritenuto che la flessibilità dell’orario di lavoro dei dirigenti medici non possa incidere sulla necessità di individuare la durata media della giornata lavorativa nei limiti delle 38 ore settimanali, osservando che il non corretto computo delle ore lavorative e la conseguente determinazione di un debito orario non esistente, si veniva a tradurre nello svolgimento di prestazioni lavorative non costituenti straordinario ma non retribuite, escludendo che la fattispecie rientrasse nel concetto di onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti medici.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorre ASL AVELLINO.
Resiste con controricorso NOME CARDELLICCHIO.
4. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 24, D. Lgs. n. 165/2001, 14, CCNL Dirigenza medica del 3 novembre 2005, nonché ‘Contraddittorietà e carenza di motivazione in relazione alla qualificazione del titolo di condanna al pagamento – Illogicità della motivazione – Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art 112 cpc.’ .
Il ricorso censura la decisione impugnata, deducendo che:
-per effetto del principio di onnicomprensività della retribuzione, al dirigente medico non può essere in ogni caso concessa alcuna remunerazione di orario eccedente quello contrattualmente previsto anche se derivante da un erroneo calcolo del ‘debito orario’;
-l’organizzazione dei turni entro un ammontare comunque pari alle 38 ore settimanali non determina alcun debito orario a carico del lavoratore, in quanto lo stesso, mensilmente, effettua l’orario complessivo di lavoro per cui è stato regolarmente retribuito;
-nel caso in esame non vi sarebbe avvenuta alcuna decurtazione per debito orario.
2. Il ricorso è fondato, sulla base di quanto questa Corte ha già avuto modo di statuire nelle sentenze con cui sono stati decisi altri ricorsi sostanzialmente sovrapponibili al presente, alle cui più ampie motivazioni si rinvia ai sensi dell’art. 118 disp . att. c.p.c. (Cass. nn. 20796/2024; 21129/2024; 21529/2024; 21530/2024; 21567/2024; 21575/2024; 21886/2024; 21887/2024).
In quei precedenti è stato affermato il seguente principio di diritto, al quale si intende qui dare continuità: «Il dirigente medico che eserciti un’azione di esatto adempimento non può ottenere nulla più della retribuzione mensile a lui spettante, la quale è stabilita, su base mensile e non oraria, in misura omnicomprensiva di tutte le prestazioni dal medesimo rese, senza che il suo ammontare abbia nulla a che vedere con il tempo effettivo dedicato al lavoro. In particolare, egli non ha diritto ad essere compensato per il lavoro eccedente rispetto all’orario indicato dalla contrattazione collettiva, pure se esso sia dipeso dall’erroneo criterio di calcolo adottato dall’ASL per determinare il debito orario minimo assolto; in tale evenienza, potrà eventualmente far valere la responsabilità datoriale a titolo risarcitorio, ove abbia patito un pregiudizio concreto alla salute, alla personalità morale o al riposo, che dovrà specificamente allegare e provare, anche attraverso presunzioni semplici» .
Sulla base di un dettagliato esame dei CCNL succedutisi nel tempo, si è ivi giunti a «una ricostruzione complessiva del sistema retributivo scelto per compensare l’attività dei dirigenti medici, anche non apicali (v. Cass. 4 giugno 2012, n. 8958; Cass. 16 ottobre 2015, n. 21010), che depone in senso univoco per la non configurabilità del lavoro eccedentario da parte di tutti i dirigenti medici, in ragione della sussistenza di un regime orario flessibile delle loro prestazioni e di un sistema di retribuzione incentivante basato sulla valorizzazione degli
obiettivi perseguiti, anziché sul computo del tempo impiegato per lo svolgimento delle prestazioni lavorative» e che l’organizzazione dei turni di lavoro «non ha alcun legame con il diritto alla retribuzione del medico, la quale è stabilita, invece, su base mensile e in misura omnicomprensiva di tutte le prestazioni dal medesimo rese, conformemente al disposto dell’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 20 01, per il quale ‘Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa (…)’.
Tale retribuzione non è computata, allora, ad ore e il suo ammontare nulla ha a che vedere con il tempo effettivo dedicato al lavoro, tanto che copre pure il periodo legittimamente non destinato all’esecuzione della prestazione in senso stretto.
Pertanto, se il dipendente ha fornito una prestazione almeno pari a quella prevista nel contratto, egli non può ottenere, a titolo retributivo, un importo maggiore di quello spettante contrattualmente.
In particolare, una simile richiesta non può essere ricollegata al superamento del limite, sopra indicato, di 38 ore che, in realtà, rappresenta non un massimo, ma un minimo prestazionale».
Da tali condivisibili argomenti consegue l’accoglimento del ricorso, con cassazione dell’impugnata sentenza.
Inoltre, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito (art. 384, comma 2, c.p.c.) con reiezione dell’originario ricorso della lavoratrice.
Nonostante la totale soccombenza della controricorrente, si ravvisano i presupposti per la compensazione delle spese dell’intero
processo, considerato il solo recente affermarsi di un chiaro orientamento di legittimità.
P. Q. M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge l’originaria domanda del la controricorrente; compensa le spese dell’intero processo. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione