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Retribuzione dipendenti pubblici: limiti e onnicomprensività

Una dipendente pubblica si è vista negare un compenso extra per un progetto svolto fuori orario. La Corte d’Appello ha applicato il principio di onnicomprensività della retribuzione dipendenti pubblici. La Cassazione, confermando la decisione, ha dichiarato il ricorso della lavoratrice inammissibile per vizi procedurali, ribadendo indirettamente la rigidità delle norme sui compensi aggiuntivi nel pubblico impiego.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione dipendenti pubblici: quando il lavoro extra non viene pagato?

La questione della retribuzione dipendenti pubblici per attività svolte al di fuori del normale orario di lavoro è un tema complesso e dibattuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti, anche se attraverso una pronuncia di inammissibilità, sui rigidi paletti che governano i compensi aggiuntivi nel settore pubblico, riaffermando il principio di onnicomprensività dello stipendio.

I fatti del caso: il compenso extra per il progetto speciale

Una dipendente di un’amministrazione regionale, impiegata dal 1992, aveva assunto il ruolo di responsabile amministrativa per specifici programmi di ricerca. Tali attività erano state svolte tra il luglio 2011 e il febbraio 2012, al di fuori del suo normale orario di servizio. Per questo incarico extra, era stato previsto e accantonato un compenso di oltre 13.000 euro, come confermato da una nota del dirigente di settore.

Nonostante le ripetute richieste, la dipendente non aveva mai ricevuto il pagamento. Di conseguenza, si era rivolta al Tribunale, che in primo grado le aveva dato ragione, ordinando all’amministrazione di liquidare la somma dovuta.

La decisione della Corte d’Appello e il principio di onnicomprensività della retribuzione dipendenti pubblici

L’amministrazione regionale ha impugnato la decisione di primo grado. La Corte d’Appello ha ribaltato completamente la sentenza, accogliendo le ragioni dell’ente pubblico. Il giudice di secondo grado ha fondato la sua decisione sul principio di onnicomprensività della retribuzione dipendenti pubblici. Secondo questo principio, lo stipendio percepito dal lavoratore pubblico è inteso a remunerare la totalità delle prestazioni lavorative dovute.

La Corte territoriale ha ritenuto che l’iniziativa dell’amministrazione di accordare un trattamento economico aggiuntivo fosse una violazione dei limiti retributivi stabiliti dai contratti collettivi. Inoltre, ha sottolineato che la dipendente non aveva provato che la prestazione fosse stata resa in regime di straordinario, e che quindi non le era dovuta alcuna somma extra per il lavoro svolto durante l’orario ordinario.

Il ricorso in Cassazione e i motivi di inammissibilità

Contro la sentenza d’appello, la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi. Il principale argomento era la violazione delle norme che regolano gli incarichi extra conferiti ai dipendenti pubblici, sostenendo che il compenso non dovesse essere considerato né retribuzione ordinaria né straordinario, ma un pagamento a sé stante finanziato con fondi ministeriali dedicati al progetto.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito della questione. La decisione si è basata su vizi prettamente procedurali. In primo luogo, il ricorso faceva riferimento a una norma di legge (l’art. 53 del d.lgs. 165/2001) che non era mai stata menzionata nella sentenza d’appello impugnata. In secondo luogo, pur citando le convenzioni con il Ministero della Salute che finanziavano il progetto, il ricorso è stato giudicato troppo generico, poiché non indicava gli specifici atti organizzativi interni dell’amministrazione che avrebbero potuto legittimare il compenso aggiuntivo in deroga al principio generale.

A causa dell’inammissibilità del motivo principale, anche il secondo motivo, relativo alla condanna al pagamento delle spese legali, è stato assorbito e respinto. La lavoratrice è stata quindi condannata a rifondere le spese del giudizio di cassazione.

Le conclusioni

Sebbene la Corte di Cassazione non si sia pronunciata sul fondo della controversia, la sua ordinanza conferma indirettamente la rigidità del quadro normativo sulla retribuzione dipendenti pubblici. La decisione di inammissibilità evidenzia l’importanza di formulare ricorsi tecnicamente perfetti e ben circostanziati. Sul piano sostanziale, il caso ribadisce che il principio di onnicomprensività della retribuzione è la regola generale: ogni compenso aggiuntivo è un’eccezione che deve essere fondata su precise disposizioni di legge o di contratto collettivo e giustificata da atti amministrativi specifici e inoppugnabili. Le semplici autorizzazioni a svolgere lavoro extra o la disponibilità di fondi dedicati non sono, di per sé, sufficienti a superare questo principio.

Un dipendente pubblico ha diritto a un compenso aggiuntivo per attività svolte fuori dall’orario di lavoro per un progetto specifico?
In linea generale, no. La sentenza di secondo grado, non modificata dalla Cassazione, ha applicato il principio di onnicomprensività della retribuzione. Qualsiasi compenso aggiuntivo deve essere espressamente previsto da una legge o da un contratto collettivo e non può derivare da una decisione unilaterale dell’amministrazione, anche se esistono fondi dedicati.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per motivi procedurali. Nello specifico, si basava su una norma di legge non citata nella sentenza impugnata e non specificava con sufficiente precisione gli atti organizzativi dell’amministrazione che avrebbero potuto giustificare il pagamento extra, risultando così troppo generico.

Cosa significa il principio di “onnicomprensività della retribuzione”?
Significa che lo stipendio corrisposto al dipendente pubblico è considerato comprensivo di tutte le mansioni e le attività lavorative richieste. Trattamenti economici aggiuntivi sono considerati eccezionali e possono essere erogati solo se previsti da specifiche norme di legge o dalla contrattazione collettiva nazionale, per evitare pagamenti non regolamentati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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