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Retribuzione dipendente in comando: chi paga?

La Corte di Cassazione ha chiarito che, in caso di un dipendente pubblico in comando, l’obbligo di corrispondere l’intera retribuzione, inclusi gli straordinari, spetta all’amministrazione di appartenenza. Quest’ultima rimane l’unico datore di lavoro formale e il soggetto legittimato passivo nell’azione legale del lavoratore. La norma che prevede il rimborso da parte dell’ente utilizzatore regola esclusivamente i rapporti interni tra le due amministrazioni e non incide sul diritto del dipendente a ricevere il proprio stipendio dall’ente di provenienza.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione dipendente in comando: la Cassazione fa chiarezza

La questione della retribuzione del dipendente in comando è un tema cruciale nel diritto del lavoro pubblico. Spesso, un lavoratore si trova a prestare servizio per un’amministrazione diversa da quella da cui dipende formalmente, generando dubbi su chi debba farsi carico del suo stipendio, specialmente per le voci accessorie come gli straordinari. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un’interpretazione definitiva, stabilendo un principio chiaro a tutela del lavoratore.

I Fatti del Caso

Un Ispettore Capo della Polizia Locale, dipendente di un Comune, era stato assegnato in posizione di comando per diversi anni presso la Procura della Repubblica di un Tribunale. Durante questo periodo, l’Ispettore aveva maturato numerose ore di lavoro straordinario. Non vedendosele retribuire, aveva ottenuto un decreto ingiuntivo contro il Comune, suo datore di lavoro formale, per ottenere il pagamento delle somme dovute.

Il Comune si era opposto, sostenendo di non essere tenuto al pagamento. In secondo grado, la Corte d’Appello aveva dato ragione all’ente locale, affermando che, sulla base della normativa vigente (art. 70, d.lgs. 165/2001), il pagamento del trattamento accessorio, come lo straordinario, fosse a carico diretto dell’amministrazione utilizzatrice (la Procura) e non dell’amministrazione di appartenenza (il Comune).

Le motivazioni della Cassazione sulla retribuzione del dipendente in comando

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la decisione d’appello, accogliendo il ricorso del lavoratore. Gli Ermellini hanno chiarito che la Corte territoriale ha commesso un errore nell’interpretare l’articolo 70, comma 12, del d.lgs. 165/2001.

La Distinzione Chiave: Rapporto di Lavoro vs. Rapporto tra Enti

Il punto centrale della decisione è la netta distinzione tra due piani differenti:
1. Il rapporto di lavoro: questo intercorre unicamente tra il dipendente e l’amministrazione di appartenenza. Anche durante il comando, la titolarità del rapporto di lavoro non cambia. Il Comune, nel caso di specie, rimane l’unico e solo datore di lavoro.
2. Il rapporto tra amministrazioni: l’art. 70 regola esclusivamente le relazioni economiche tra l’ente di appartenenza e l’ente utilizzatore. La norma stabilisce un meccanismo di rimborso secondo cui l’ente che beneficia della prestazione lavorativa deve rimborsare all’ente di appartenenza il costo del trattamento fondamentale.

Questa norma, quindi, non incide sul diritto del lavoratore a percepire l’intera retribuzione dal suo datore di lavoro. Presuppone, anzi, che l’amministrazione di appartenenza abbia già anticipato tutte le somme dovute al dipendente.

Il Principio di Diritto e la tutela del lavoratore

La Cassazione ha affermato un principio fondamentale: il dipendente in comando ha il diritto di agire in giudizio esclusivamente nei confronti del proprio datore di lavoro formale (l’ente di appartenenza) per ottenere il pagamento di tutte le componenti della sua retribuzione, sia fondamentali che accessorie.

L’ente di appartenenza è l’unico legittimato passivo nell’azione giudiziaria promossa dal lavoratore. Sarà poi onere di tale ente, se del caso, rivalersi sull’amministrazione utilizzatrice per ottenere il rimborso delle somme pagate, sulla base delle normative e degli accordi specifici intercorsi tra gli enti.

Le conclusioni

La sentenza rafforza la posizione del lavoratore pubblico in comando, evitandogli di doversi districare nelle complesse dinamiche economiche tra diverse amministrazioni. Il suo unico interlocutore e responsabile per la retribuzione rimane il suo datore di lavoro originario. Questa decisione stabilisce che i meccanismi di rimborso tra enti pubblici sono una questione interna che non può pregiudicare il diritto fondamentale del dipendente a ricevere puntualmente e integralmente quanto gli spetta per il lavoro svolto.

A chi deve rivolgersi un dipendente pubblico in comando per ottenere il pagamento dello stipendio e degli straordinari?
Deve rivolgersi esclusivamente alla propria amministrazione di appartenenza, che rimane l’unico datore di lavoro titolare del rapporto e quindi l’unico soggetto obbligato al pagamento.

L’amministrazione che utilizza il dipendente in comando è responsabile del pagamento diretto dello straordinario?
No, non direttamente nei confronti del lavoratore. La responsabilità verso il dipendente è sempre dell’amministrazione di appartenenza. L’amministrazione utilizzatrice è tenuta a rimborsare i costi all’ente di appartenenza secondo le norme e gli accordi vigenti tra le due amministrazioni.

Qual è la funzione dell’art. 70, comma 12, del D.Lgs. 165/2001?
Questa norma non regola il rapporto tra dipendente e datore di lavoro, ma disciplina i rapporti finanziari tra l’amministrazione di appartenenza e quella utilizzatrice. Stabilisce un meccanismo di rimborso per i costi del personale in comando, ma non sposta l’obbligo retributivo dal datore di lavoro formale al lavoratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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