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Retribuzione di risultato: quando spetta il risarcimento?

La Corte di Cassazione chiarisce la differenza tra il diritto alla retribuzione di risultato e il risarcimento del danno per perdita di chance. Una dirigente pubblica si era vista negare il pagamento della retribuzione di risultato perché l’ente non aveva fissato gli obiettivi. La Suprema Corte conferma che, in assenza degli atti amministrativi presupposti (come la fissazione di obiettivi), il dirigente non può chiedere il pagamento diretto della retribuzione, ma può agire per il risarcimento del danno derivante dalla perdita della possibilità di ottenerla, a condizione che tale domanda sia stata specificamente formulata.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione di Risultato: Diritto al Pagamento o Risarcimento?

La questione della retribuzione di risultato nel pubblico impiego è spesso fonte di contenzioso. Un dirigente ha diritto a questa componente variabile dello stipendio anche se l’amministrazione non ha mai fissato gli obiettivi da raggiungere? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un importante chiarimento, distinguendo nettamente tra la richiesta di pagamento diretto e la domanda di risarcimento del danno per perdita di chance.

I Fatti del Caso

Una dirigente architetto, assunta a tempo indeterminato presso un Comune, ha agito in giudizio per ottenere il ricalcolo di diverse voci retributive. Tra le sue richieste, spiccavano quelle relative alla retribuzione di posizione, che a suo dire doveva essere adeguata alle maggiori responsabilità assunte nel tempo, e alla retribuzione di risultato, mai percepita.

Il Tribunale di primo grado e la Corte d’Appello avevano respinto queste specifiche domande. I giudici di merito avevano osservato che, per quanto riguarda la retribuzione di posizione, la lavoratrice non aveva adeguatamente specificato le funzioni svolte. Per la retribuzione di risultato, invece, l’ostacolo principale era l’assenza di una previa determinazione degli obiettivi da parte dell’ente comunale, atto considerato un presupposto indispensabile per l’erogazione di tale emolumento. La dirigente ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso principale della dirigente e ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale del Comune, confermando di fatto la decisione della Corte d’Appello.

La Suprema Corte ha ribadito principi consolidati in materia, sottolineando come la lavoratrice avesse impostato in modo errato la propria domanda. Invece di richiedere il pagamento delle differenze retributive, avrebbe dovuto formulare una domanda di risarcimento del danno per la perdita della possibilità (chance) di ottenere tali emolumenti a causa dell’inadempimento del datore di lavoro pubblico.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra due piani giuridici differenti: il diritto retributivo e la responsabilità contrattuale.

Per quanto riguarda la retribuzione di posizione, i giudici hanno chiarito che il suo valore non deriva dalle mansioni concretamente svolte, ma dalla “posizione organizzativa” astrattamente definita dall’ente. La sua quantificazione è legata a un atto formale di “graduazione” delle funzioni dirigenziali da parte dell’amministrazione. In assenza di questo provvedimento, o di una richiesta di risarcimento per la sua mancata adozione, la semplice allegazione di aver svolto compiti aggiuntivi non è sufficiente per ottenere un ricalcolo automatico.

Il ragionamento è ancora più netto per la retribuzione di risultato. Questa componente salariale ha la funzione di premiare il raggiungimento di specifici obiettivi. La Corte ha affermato che la loro preventiva determinazione da parte dell’amministrazione è un presupposto normativo e contrattuale ineludibile. Di conseguenza, in assenza di obiettivi, il diritto a percepire la retribuzione non sorge affatto.

Tuttavia, l’inerzia dell’ente nel fissare gli obiettivi non è priva di conseguenze. Essa costituisce un inadempimento che può causare un danno al dirigente, privandolo della possibilità di conseguire un risultato economico. Questo danno è configurabile come “perdita di chance”. Per ottenerne il ristoro, però, il lavoratore deve agire in giudizio con una specifica domanda risarcitoria, provando (anche tramite presunzioni) l’esistenza di una plausibile occasione perduta. Nel caso di specie, la dirigente aveva richiesto il pagamento diretto, non il risarcimento del danno, e per questo motivo la sua domanda è stata rigettata.

Le Conclusioni

La pronuncia della Cassazione offre indicazioni operative preziose per i dirigenti pubblici e i loro legali. Se un’amministrazione omette di compiere gli atti necessari per la determinazione della retribuzione di posizione o di risultato (come la graduazione delle funzioni o la fissazione degli obiettivi), la strada corretta non è chiedere al giudice di sostituirsi all’ente e condannarlo al pagamento diretto.

La via maestra è quella dell’azione risarcitoria per perdita di chance. È necessario, quindi, impostare la causa per dimostrare che l’inadempimento del datore di lavoro ha privato il dirigente della concreta e probabile possibilità di ottenere un vantaggio economico, chiedendo al giudice di liquidare il relativo danno in via equitativa. Una distinzione tecnica ma fondamentale, che può determinare il successo o il fallimento di un’azione legale.

Un dirigente pubblico ha diritto alla retribuzione di risultato se l’amministrazione non ha fissato gli obiettivi?
No, secondo la sentenza, il diritto a percepire la retribuzione di risultato non sorge se l’amministrazione non determina preventivamente gli obiettivi. La fissazione degli obiettivi è considerata un presupposto normativo e contrattuale essenziale.

È possibile ottenere un aumento della retribuzione di posizione solo perché sono state assegnate più funzioni?
No. La sentenza chiarisce che la retribuzione di posizione non dipende dalle attività concretamente svolte, ma presuppone un atto formale di graduazione delle funzioni da parte dell’ente. Senza una domanda di risarcimento per la mancata graduazione, il semplice svolgimento di funzioni aggiuntive non dà diritto a un aumento automatico.

Cosa può fare un dirigente se l’ente non fissa gli obiettivi per la retribuzione di risultato?
Il dirigente non può chiedere il pagamento diretto dell’indennità, ma può agire in giudizio per il risarcimento del danno da perdita di chance. Deve cioè dimostrare che l’inerzia dell’ente gli ha tolto la possibilità concreta di guadagnare quella componente retributiva e chiedere un risarcimento per questa opportunità perduta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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