Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10325 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10325 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
Il Tribunale di Livorno ha respinto le domande proposte da NOME COGNOME (architetto assunto a tempo indeterminato dal 2013 quale dirigente, profilo professionale Responsabile unico tecnico comunale, settore lavori pubblici, alle dipendenze del Comune di Marciana), volte ad ottenere il ricalcolo della retribuzione di posizione, il pagamento della retribuzione di risultato e la retribuzione relativa al mese di gennaio 2011; ha invece accolto, limitatamente al periodo settembre 2009-luglio 2012, la domanda della Quattrone volta ad ottenere le differenze di retribuzione e di TFR per il mancato rispetto dei minimi tabellari, nonché la domanda relativa di pagamento incentivi OO.PP. ex art. 92 d.lgs. n. 163/2006, limitatamente all’importo di € 2.734,94.
La Corte di Appello di Firenze ha rigettato l’appello principale proposto da NOME COGNOME avverso tale sentenza riguardo alle domande relative alla retribuzione di posizione e alla retribuzione di risultato ed ha dichiarato l’inammissibilità dell’ appello principale riguardo alle residue domande; in parziale accoglimento dell’appello incidentale proposto avverso la medesima sentenza dal Comune di Marciana, ha respinto la domanda di NOME COGNOME volta ad ottenere le differenze stipendiali in violazione dei minimi tabellari ed ha rigettato l’appello incidentale proposto dal Comune di Marciana riguardo al riconoscimento degli incentivi OO.PP.
La Corte territoriale ha evidenziato che la COGNOME si era limitata ad elencare le attribuzioni dalla medesima assunte negli anni, senza prospettare le singole funzioni svolte, i poteri e le specifiche responsabilità assunte, avuto riguardo ai criteri co ntrattuali da seguire ai sensi dell’art. 27 del CCNL per la determinazione del valore della retribuzione di posizione (collocazione nella struttura, complessità organizzativa, responsabilità gestionali interne ed
esterne); ha dunque ravvisato una diversità con la fattispecie esaminata da Cass. n. 28728/2011.
Il giudice di appello ha ritenuto in fatto preclusa l’attribuzione della retribuzione di risultato, in assenza di indicazione di obiettivi ed ha altresì escluso che la retribuzione di risultato potesse essere determinata con riferimento agli importi percepiti dai colleghi cui erano stati assegnati gli obiettivi.
Ha sul punto precisato che nel giudizio di appello la difesa della COGNOME era mutata rispetto alle allegazioni svolte nel giudizio di primo grado, in cui erano stati seppur genericamente indicati gli obiettivi e il loro raggiungimento, e che la mancata individuazione degli obiettivi non poteva fondare la domanda alle retribuzioni, mentre non era stata proposta una domanda risarcitoria.
Ha ritenuto inammissibile l’appello principale riguardo alle statuizioni relative alla retribuzione di gennaio 2011, alle differenze di retribuzione e di TFR per mancato rispetto dei minimi tabellari, agli incentivi OO.PP. ex art. 92 d.lgs. n. 163/2006 e a ll’incidenza delle differenze retributive richieste sulla tredicesima e sul TFR, ed ha rigettato l’appello incidentale proposto dal Comune di Marciana riguardo al riconoscimento degli incentivi OO.PP.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, illustrati da memoria.
Il Comune di Marciana, oltre a resistere con controricorso, ha proposto ricorso incidentale sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria.
DIRITTO
1.Con il primo motivo il ricorso principale denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 24, primo comma, d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 39 CCNL Dirigenti Regioni e Autonomie Locali (ex Area II) 10.4.1996 con riferimento alla funzione e alla quantificazione della retribuzione di posizione dovuta ai dirigenti pubblici, per avere la Corte territoriale erroneamente attribuito rilievo alle mansioni concretamente svolte dal dirigente.
Critica la sentenza impugnata per non avere tenuto in debito conto la funzione e il ruolo che l’istituto della retribuzione di posizione ricopre nell’ambito del trattamento economico riconosciuto ai dirigenti pubblici.
Evidenzia che la retribuzione di posizione costituisce una voce necessaria del trattamento retributivo del dirigente pubblico, in quanto remunera la ‘posizione organizzativa’ del dirigente, da considerarsi in astratto ed ex ante ; precisa che la graduazione delle funzioni che l’ente è tenuto a svolgere ai fini dell’assegnazione della retribuzione di posizione ai propri dirigenti riguarda le funzioni dirigenziali astrattamente enucleabili ed individuate preventivamente, e non già l’attività concretament e svolta dal dirigente.
Sostiene che la retribuzione di posizione deve essere aumentata all’aumentare delle attribuzioni di responsabilità in capo al dirigente.
2. Il motivo è infondato.
La pretesa della COGNOME, che già percepiva la retribuzione di posizione, è relativa al ricalcolo della retribuzione di posizione per il periodo da gennaio 2005 al luglio 2012; in particolare la ricorrente ha chiesto la corresponsione della retribuzione di posizione nella misura massima in ragione di ulteriori funzioni a lei attribuite rispetto a quelle originariamente assegnate.
L ‘art. 39 , commi 2 e 3, del CCNL Dirigenti Regioni e Autonomie Locali (ex Area II) 10.4.1996 prevede: ‘ 2. Le amministrazioni determinano la graduazione delle funzioni dirigenziali, cui è correlato il trattamento economico di posizione, ai sensi dell’art. 24del D.L.vo 29/93. Le funzioni sono graduate tenendo conto di parametri connessi alla collocazione nella struttura, alla complessità organizzativa, alle responsabilità gestionali interne ed esterne. Le amministrazioni attribuiscono un valore economico ad ogni posizione dirigenziale prevista nell’assetto organizzativo dell’ente, in base alle risultanze della graduazione di cui al comma precedente e secondo i criteri indicati negli artt. 40, 41 e 42, che non prefigurano alcun modello organizzativo ‘.
In base a tali disposizioni, è pertanto indispensabile un provvedimento di graduazione fini della determinazione della retribuzione di posizione.
La censura, pur riconoscendo che la retribuzione di posizione presuppone la previa graduazione, invoca l’aumento della retribuzione di posizione percepita
dalla COGNOME in ragione dell’assegnazione di funzioni aggiuntive, senza alcun riferimento ad un provvedimento di graduazione, ed in assenza di una domanda risarcitorie per la mancata graduazione.
Come affermato da questa Corte riguardo ai dirigenti medici della sanità pubblica, il danno subito per la perdita della “chance” di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione (conseguente all’inottemperanza della P.A. all’obbligo di procedere alla graduazione delle funzioni ed alla pesatura degli incarichi) è suscettibile di liquidazione equitativa quando il dipendente allega l’esistenza del pregiudizio e fornisce, anche mediante presunzioni o secondo parametri di probabilità, la prova dei suoi elementi costitutivi e, cioè, di una plausibile occasione perduta, del possibile vantaggio perso e del correlato nesso causale (Cass. n. 7110/2023).
La sentenza impugnata, che in assenza di riferimenti ad un provvedimento di graduazione ed in mancanza di una domanda di risarcimento del danno da perdita di chance ha rigettato la domanda della Quattone volta ad ottenere l’importo massimo della retribuzione di posizione a titolo di differenze retributive, è dunque conforme a tali principi.
Con il secondo motivo, il ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 24 d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 43 CCNL Dirigenti Regioni e Autonomie Locali (ex Area II) 10.4.1996 con riferimento alla funzione e alla quantificazione della retribuzione di risultato dovuta ai dirigenti pubblici.
Critica la sentenza impugnata per non avere tenuto in debito conto il fatto che la retribuzione di risultato costituisce una voce necessaria del trattamento economico del dirigente pubblico.
Deduce l’illegittimità della condotta del Comune di Marciana, che si era giovato del proprio inadempimento nella fissazione degli obiettivi, senza tuttavia contestare alcuna mancanza o negligenza nell’operato del dirigente.
Anche tale censura è infondata.
La retribuzione di risultato ha una giustificazione autonoma rispetto alla retribuzione di posizione in quanto è connessa al raggiungimento di obiettivi ed il relativo calcolo dipende dai regolamenti propri di ciascuna azienda sanitaria.
Questa Corte ha in proposito chiarito che l’attribuzione dell’indennità di risultato non spetta nell’ipotesi in cui non vengano determinati preventivamente gli obiettivi, ma la mancata assegnazione degli obiettivi può essere fonte di responsabilità per l’Amministrazione, in quanto il dirigente può agire per il risarcimento del danno da perdita di chance (cfr. Cass. Sez. Lavoro, sent. n. 9392/2017).
Si è inoltre affermato che nell’ipotesi di accertata illegittimità del procedimento di valutazione negativa di un dirigente pubblico per il mancato raggiungimento degli obiettivi non compete un risarcimento automaticamente commisurato all’indennità di risultato non percepita, in quanto il giudice ordinario non può sostituirsi all’organo deputato alla verifica dei risultati che ne condizionano l’erogazione, ma, ove ritualmente richiesto, non può essere escluso il danno da perdita di “chance”, dimostrabile anche per presunzioni e con liquidazione necessariamente equitativa.
L’attribuzione degli obiettivi si pone rispetto al diritto a percepire la retribuzione di risultato, quale presupposto normativo e contrattuale ed è stato dunque escluso che tale retribuzione spetti per il solo fatto dell’espletamento di funzioni superiori (cfr., nello stesso senso, Cass. Sez. Lavoro, sent. n.4622/2018; Cass. n. 17371/2018); tuttavia, in difetto della possibilità di essere valutati sotto il profilo del risultato, sussisterebbe, in astratto, il diritto al risarcimento del danno, ma, in tale caso, la domanda risarcitoria deve essere prospettata quale conseguenza dell’asserito inadempimento, da parte dell’Ente, dell’obbligo di proporre gli obiettivi al dirigente, al fine di consentire a quest’ultimo di verificarne la congruità rispetto al servizio (in tal senso Cass. n. 31479/2021).
In siffatti casi, quindi, si apre la strada al risarcimento del danno patrimoniale da perdita di una “chance” risarcibile, quale danno emergente, qualora sussista un pregiudizio certo (anche se non nel suo ammontare) consistente nella perdita di una possibilità attuale ed esige la prova, anche presuntiva, purché fondata su circostanze specifiche e concrete, dell’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, la sua attuale esistenza (Cass. 30/09/2016, n. 19604, Cass.
13/04/2017, n. 9571), riconoscendosi il danno in parola solo quando la “chance” perduta ha la certezza o l’elevata probabilità di avveramento, da desumersi in base ad elementi certi ed obiettivi (Cass. 10/12/2012, n. 22376).
La sentenza impugnata, che in mancanza di una domanda di risarcimento del danno da perdita di chance ha rigettato la domanda della Quattone volta ad ottenere la retribuzione di risultato a titolo di differenze retributive, è dunque conforme a tali principi.
Con il terzo motivo, il ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., con riferimento alla mancata contestazione da parte del Comune di Marciana dei conteggi indicanti le differenze retributive dovute all’Avv. COGNOME per il mancato rispetto dei minimi tabellari.
Lamenta che la Corte territoriale, pur avendo ammesso la mancata contestazione da parte del Comune riguardo alla sussistenza di differenze retributive per il mancato rispetto dei minimi tabellari, non ha ritenuto sufficientemente specifiche le allegazioni del ricorso di primo grado relative alla domanda di differenze retributive in ragione del prospettato discostamento dello stipendio effettivamente ricevuto rispetto a quello tabellare.
Deduce che nel doc. n. 13 allegato al ricorso di primo grado era stata confrontata la retribuzione dovuta alla Quattrone mese per mese, rispetto a quella dalla medesima effettivamente percepita, evidenziando che, una volta rilevata la mancata contestazione di tali conteggi, la Corte territoriale non aveva fondato la decisione su tali conteggi, costituenti piena prova.
La censura è inammissibile, in quanto non si confronta con il decisum e sollecita un giudizio di merito attraverso la rilettura dei conteggi.
La Corte territoriale ha ritenuto che il principio di non contestazione assume rilievo solo quando le allegazioni dell’interessato siano sufficientemente specifiche ed ha evidenziato che la COGNOME si era limitata a dedurre la violazione dei minimi tabellari, senza indicare i parametri che avrebbero dovuto essere rispettati e quelli in base ai quali erano stati effettuati i calcoli; ha inoltre affermato che tali indicazioni sarebbero state necessarie per comprendere i dati
indicati nel conteggio in atti, che fornisce solo il valore di voci erogate e da erogarsi.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. SU 27 dicembre 2021, n. 34476 e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758).
Deve comunque rammentarsi che spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. n. 3680/2019 e negli stessi termini Cass. n. 27490/2019); l’onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non le prove assunte, la cui valutazione opera in un momento successivo alla definizione dei fatti controversi ed è rimessa all’apprezzamento del giudice (Cass. n. 3126/2019).
Con l’unico motivo, il ricorso incidentale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ., nella parte in cui ha riconosciuto sussistente un credito residuo della ricorrente a titolo di incentivi per Opere Pubbliche ex art. 92 d.lgs. n. 163/2006, ponendo alla base di detta decisione una circostanza inesistente e disattendendo una prova legale di segno contrario.
Evidenzia che con l’appello incidentale il Comune di Marciana aveva dedotto di avere provveduto a liquidare le somme dovute alla COGNOME per gli incarichi documentati in modo completo ed aveva documentato tale circostanza; richiama la nota del 10.12.2014 del Comune di Marciana, da cui risulta l’integrale versamento dell’importo dovuto alla COGNOME a tale titolo (€ 10.338,94), ed in particolare la somma di € 7.654,00 alla ricorrente ed il residuo all’Erario a titolo di ritenute.
Lamenta che la sentenza impugnata ha ritenuto la genericità delle argomentazioni svolte a sostegno dell’appello incidentale ed ha ritenuto corretto
l’accertamento del Tribunale, in quanto il riconoscimento della voce è stato effettuato sulla base di una delibera comunale e su un importo pagato, così disattendendo una prova legale.
8. Al di là della modalità di formulazione il motivo è inammissibile, in quanto lamenta l’erronea lettura del materiale istruttorio e sollecita un giudizio di merito.
Dalla sentenza impugnata risulta solo l’importo lordo di € 10.388,94 e l’importo pagato di € 7654,00, ma non la ragione per la quale il Comune non ha corrisposto il differenziale.
Le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 19874/2018 hanno ribadito che nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo e alle questioni di diritto proposte, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio o, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi argomenti di fatto dedotti (hanno sul punto richiamato Cass. n. 2190/2014; Cass. n. 4787/2012; Cass. n. 8993/2003; Cass. n. 3881/2000; Cass. n. 5845/2000; Cass. n. 12020/1995).
Pertanto, nel caso in cui il ricorrente per cassazione proponga una determinata questione giuridica che implichi un accertamento in fatto e non risulti in alcun modo trattata nella sentenza impugnata, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura deve denunciarne l’omessa pronuncia indicando, in conformità con il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in quale atto del giudizio di merito abbia già dedotto tale questione, per dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità e la ritualità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la relativa censura (hanno richiamato Cass. n.1273/2003; Cass. n. 6542/2004; Cass. n. 3664/2006; Cass. n. 20518/2008; Cass. n. 2190/2014; Cass. n. 18719/2016).
La censura sollecita la rilettura della nota del 10.4.2014, non indicata nella sentenza impugnata, senza indicare gli atti dei gradi di merito in cui avrebbe dedotto che l’importo non corrisposto di € 2734,94 corrisponde agli oneri riflessi.
In conclusione, il ricorso principale va rigettato ed il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate in ragione dell’esito del giudizio.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per la parte ricorrente principale ed il ricorrente incidentale , di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara l’inammissibilità del ricorso incidentale;
compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per la parte ricorrente principale e per il ricorrente incidentale , ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della