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Retribuzione di risultato: quando è dovuta ai medici?

Un gruppo di medici specialisti ha citato in giudizio la propria Azienda Sanitaria per ottenere il pagamento dell’indennità di risultato per gli anni 2015 e 2016. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. La sentenza stabilisce che, per avere diritto alla retribuzione di risultato legata a specifici obiettivi, non è sufficiente il loro raggiungimento, ma sono necessari due elementi fondamentali previsti dall’Accordo Collettivo Nazionale: la stipula di un apposito Accordo Attuativo Aziendale che definisca tali obiettivi e la costituzione di un fondo specifico per la loro remunerazione. In assenza di questi presupposti formali, il diritto al compenso non sorge.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione di Risultato per Medici: Accordo Aziendale e Fondi sono Indispensabili

La questione della retribuzione di risultato per i medici convenzionati torna al centro del dibattito con una recente ordinanza della Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha chiarito in modo definitivo quali sono i presupposti imprescindibili affinché i medici possano rivendicare questa componente variabile dello stipendio. La sentenza sottolinea che il semplice raggiungimento degli obiettivi non è sufficiente se mancano gli atti formali richiesti dalla contrattazione collettiva: un accordo aziendale specifico e la costituzione di un apposito fondo economico. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni dei giudici.

I Fatti di Causa

Un nutrito gruppo di medici specialisti ambulatoriali convenzionati con un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) ha agito in giudizio per richiedere il pagamento dell’indennità di risultato relativa agli anni 2015 e 2016. In primo grado, il Tribunale aveva parzialmente accolto la loro domanda, riconoscendo il diritto limitatamente all’anno 2015.

Tuttavia, la Corte d’Appello, riformando la prima sentenza, ha respinto integralmente le richieste dei medici. La motivazione dei giudici di secondo grado si è fondata sull’analisi dell’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) di categoria, il quale subordina l’erogazione di tali compensi alla definizione di “specifici obiettivi” attraverso un Accordo Attuativo Aziendale e alla costituzione di un fondo dedicato. La Corte territoriale ha accertato che, per gli anni in questione, non era stato stipulato alcun accordo di questo tipo, né era stato creato il relativo fondo. Di conseguenza, secondo i giudici, il diritto alla retribuzione non era mai sorto.

I medici hanno quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente l’illogicità della motivazione e l’errata interpretazione delle prove, tra cui una delibera aziendale che, a loro dire, attestava il raggiungimento degli obiettivi.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dei medici, confermando in toto la sentenza della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso, fornendo una chiara interpretazione della disciplina collettiva in materia di compensi incentivanti.

La Corte ha stabilito che la procedura prevista dall’ACN non è una mera formalità, ma un elemento sostanziale. Per poter pretendere la retribuzione di risultato, è necessario che l’Azienda Sanitaria e le rappresentanze sindacali abbiano preventivamente negoziato e siglato un accordo che identifichi con precisione gli obiettivi da raggiungere (siano essi individuali o di gruppo) e abbiano stanziato le risorse economiche in un fondo apposito.

Le Motivazioni della Sentenza sulla Retribuzione di Risultato

La decisione della Suprema Corte si basa su un’argomentazione logica e rigorosa, che chiarisce la distinzione tra le diverse forme di retribuzione variabile e il ruolo degli accordi aziendali.

La Distinzione tra Tipologie di Obiettivi

I giudici hanno spiegato che la contrattazione collettiva prevede diverse tipologie di compensi legati alla performance. Un conto sono gli emolumenti connessi al raggiungimento di obiettivi generali della struttura, che possono essere remunerati sulla base di valutazioni complessive. Altro conto è la retribuzione di risultato legata a “specifici obiettivi” individuali o di gruppo. Quest’ultima, oggetto della richiesta dei medici, richiede un percorso negoziale specifico e formalizzato a livello locale.

La delibera aziendale citata dai ricorrenti, secondo la Corte, si riferiva a obiettivi di performance generali e non a quelli specifici che avrebbero dato diritto al compenso richiesto. Pertanto, non vi era contraddizione nel riconoscere il raggiungimento di certi risultati generali e, al contempo, negare il pagamento del bonus specifico in assenza della procedura richiesta.

L’Insufficienza delle Prove Addotte

La Corte ha ribadito che l’interpretazione dei documenti e la valutazione delle prove sono di competenza dei giudici di merito. In questo caso, la Corte d’Appello aveva logicamente motivato perché un “schema di liquidazione” trovato dai medici fosse un mero atto interno ipotetico e non un accordo formale, e perché la delibera del 2015 non potesse fondare il diritto richiesto. Non sussisteva quindi alcun travisamento della prova, ma solo una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità.

Fondo come Elemento Costitutivo e non Mera Condizione

Di particolare rilievo è il rigetto dell’argomento secondo cui la mancata costituzione del fondo da parte dell’ASL dovesse considerarsi una condizione non avveratasi per fatto imputabile al debitore. La Cassazione ha chiarito un punto cruciale: la previsione e la costituzione del fondo economico non sono una semplice condizione esterna per il pagamento, ma un fatto costitutivo del diritto stesso. In altre parole, se l’accordo aziendale non viene stipulato e il fondo non viene creato, il diritto alla retribuzione di risultato non nasce affatto. Non si può, quindi, pretendere un pagamento per un diritto mai venuto ad esistenza.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione stabilisce un principio fondamentale per tutti i rapporti di lavoro regolati da contrattazione collettiva che prevedono forme di retribuzione incentivante. Il diritto a tali compensi non deriva automaticamente dal lavoro svolto o dai risultati ottenuti, ma è strettamente subordinato al rispetto delle procedure formali di negoziazione e di stanziamento dei fondi previste dagli accordi nazionali. Per i medici e, in generale, per i lavoratori, questa sentenza sottolinea l’importanza di vigilare affinché le procedure di contrattazione di secondo livello (aziendale o territoriale) vengano effettivamente attivate e concluse. Per le amministrazioni, essa ribadisce l’onere di seguire scrupolosamente le regole procedurali per evitare contenziosi e garantire trasparenza nella gestione delle risorse destinate alla performance.

Perché è stata negata ai medici la retribuzione di risultato pur avendo raggiunto gli obiettivi?
La retribuzione è stata negata perché, secondo la Corte di Cassazione, mancavano i presupposti formali indispensabili previsti dall’Accordo Collettivo Nazionale: la stipula di un apposito Accordo Attuativo Aziendale che definisse gli specifici obiettivi e la costituzione di un fondo economico dedicato. Senza questi elementi, il diritto al compenso non sorge.

La mancata creazione del fondo da parte dell’Azienda Sanitaria può essere considerata una colpa che fa scattare comunque il diritto al pagamento?
No. La Corte ha chiarito che la creazione del fondo non è una mera condizione per il pagamento, ma un “fatto costitutivo” del diritto stesso. Ciò significa che se il fondo non viene istituito attraverso la contrattazione aziendale, il diritto alla retribuzione di risultato non viene mai ad esistenza e, di conseguenza, non può essere preteso.

Un documento interno dell’azienda che prevede la liquidazione dei bonus può sostituire un accordo sindacale formale?
No, la sentenza ha stabilito che un mero schema di liquidazione interno, formulato in via ipotetica, non ha il valore di un accordo formale e non è sufficiente a far sorgere il diritto alla retribuzione di risultato. È indispensabile un accordo negoziato e sottoscritto con le rappresentanze sindacali, come previsto dalla contrattazione collettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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