Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13654 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13654 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18081/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME rappresentati e difesi dall’Avv. COGNOME
– ricorrenti –
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE NAPOLI INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2085/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 6.6.2023, R.G.N. 1743/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/2/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. la Corte d’Appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha integralmente rigettato la domanda, accolta dal giudice di prime cure limitatamente all’anno 2015, con la quale i ricorrenti meglio indicati in epigrafe avevano chiesto, nella loro veste di medici specialisti ambulatoriali presso l’Azienda Sanitaria Locale Napoli 1 Centro (di seguito ASL), con rapporto disciplinato dal pertinente Accordo Collettivo Nazionale (di seguito, ACN), il pagamento dell’indennità di risultato per gli anni 2015 e 2016;
la Corte territoriale ha preso le mosse dagli artt. 3, co. 4 e 39 dell’ACN 2015, rimarcando come tali norme rimettano ad un Accordo Attuativo Aziendale, adottato in conformità con l’Accordo Integrativo Regionale, la definizione delle prestazioni individuali o in forma aggregata finalizzate a ‘specifici obiettivi’;
la sentenza ha quindi evidenziato come per gli anni 2015, 2016 e 2017 non fosse stato formato alcun Accordo Attuativo Aziendale ed ha precisato che la delibera n. 1265 del 2015 aveva avuto riguardo alla quota variabile, già percepita dagli interessati, di cui all’art. 42 dell’ACN e non gli obiettivi specifici, individuali o in forma aggregata, di cui all’art. 39 dell’ACN cit.;
ciò secondo quanto chiarito dalla delibera n. 711/2018, che aveva altresì precisato come non si potesse individuare ex post il fondo per i programmi e progetti finalizzati delle annate precedenti, sicché era solo per l’anno 2018 che venivano avviate le trattative di fissazione del fondo e degli specifici obiettivi da remunerare attraverso esso;
la Corte distrettuale escludeva altresì che potesse dispiegare effetto in favore dei ricorrenti lo schema di liquidazione per l’anno 2015, reperito in sede di accesso agli atti, in quanto si trattava di atto interno, formulato in via ipotetica ed era comunque mancata la costituzione del necessario fondo, tanto che le rappresentanze sindacali avevano formulato proposte di liquidazione sulla base del fondo deliberato per il 2014;
in mancanza della procedura sindacale per gli anni di riferimento e del fondo per la remunerazione degli obiettivi specifici, la cui responsabilità ricadeva su entrambe le parti sociali, non essendovi stata alcuna sollecitazione ad intraprendere le debite procedure, le voci rivendicate non potevano essere quindi attribuite;
2.
i medici hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, ai quali la ASL ha replicato con controricorso;
sono in atti memorie di ambo le parti;
CONSIDERATO CHE
1. il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. per l’assenza e comunque l’illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata; il motivo afferma che mancherebbe nella sentenza impugnata qualsiasi riferimento al percorso argomentativo che consenta di
individuare in che modo e su quali basi si sia formato il convincimento della Corte territoriale;
secondo i ricorrenti non appare credibile che lo schema di liquidazione in atti potesse essere ridotto alla valenza di un mero atto interno, visto che la sua stessa formazione attestava che la verifica era stata effettuata in relazione alla circostanza che gli obiettivi erano stati raggiunti;
analogamente, era illogico e contraddittorio che, a fronte della delibera n. 1256 del 2015 che dava atto del raggiungimento degli obiettivi, si sostenesse che la retribuzione di risultato non avrebbe potuto essere riconosciuta per quell’anno proprio perché era mancata la verifica degli obiettivi, senza contare che la conclusione secondo cui la delibera n. 1256 si sarebbe riferita ad obiettivi diversi da quelli rilevanti per la retribuzione di risultato era stata raggiunta sulla base del contenuto di una delibera del 2018 assunta dalla ASL dopo che erano iniziati i giudizi con cui i medici rivendicavano il riconoscimento dei loro diritti;
il secondo motivo assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.) ed errore di percezione sulla documentazione probatoria e sull’attività istruttoria espletata;
con esso si sostiene che la sentenza impugnata avrebbe travisato il senso della delibera n. 1256 del 2015, il cui tenore testuale era riferito all’indennità di risultato ed agli obiettivi prestazionali per l’anno 2015, come del resto avallato anche dalle deposizioni testimoniali raccolte in altra causa i cui verbali erano stati acquisiti anche al presente giudizio;
il terzo motivo è rubricato come violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367 e 1355 c.c., in relazione all’art. 39 dell’ACN e con esso si sostiene che la Corte territoriale avrebbe mal inteso il significato di quest’ultima norma collettiva in quanto, mentre i primi tre commi di essa riguardavano obiettivi propri del solo personale ambulatoriale e subordinati effettivamente al
realizzarsi di accordi aziendali ed alla destinazione di fondi, il quarto comma concerneva progetti e programmi finalizzati, concernenti il personale dipendente e convenzionato, sicché, essendo emerso in sede testimoniale che per i dirigenti medici ed il personale del comparto erano stati ritenuti raggiunti quegli obiettivi, non si poteva poi ritenere che essi non lo fossero stati per quanto riguardava gli specialisti ambulatoriali;
il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., con riferimento all’art. 1359 c.c. in tema di avveramento della condizione;
esso muove dal rilievo per cui era documentalmente provato il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla ASL;
pertanto – si aggiunge – se anche dovesse ritenersi corrispondente al vero che era mancata la costituzione del fondo necessario per i corrispondenti pagamenti, ciò sarebbe da imputare alla parte pubblica, che avrebbe tenuto un comportamento contrario agli obblighi di buona fede da cui derivava la necessità di operare in modo da conservare integre le ragioni dell’altra parte (art. 1358 c.c.) e non impedire l’avverarsi della condizione;
il mancato avverarsi della condizione per fatto imputabile alla parte che aveva un interesse contrario rispetto al suo realizzarsi comportava che essa, ai sensi dell’art. 1359 c.c., doveva considerarsi avverata e dunque i conseguenti pagamenti erano comunque dovuti;
2.
i motivi vanno esaminati congiuntamente, secondo la loro consecuzione, anche logica;
3.
va intanto detto che, avendo il Tribunale disatteso la domanda con riferimento alle annate diverse successive al 2015, senza che i medici abbiano interposto appello, solo quanto riguarda tale annata può essere oggetto di ulteriore disamina in questa sede;
4.
va poi detto che la regolamentazione, per quanto qui interessa, discende da due diversi ACN propri dei medici ambulatoriali, ovverosia quello del 2005 e quello del 2015;
la disciplina contenute nei due ACN è sostanzialmente sovrapponibile -derivando rispettivamente dagli artt. 31 e 42 dell’ACN del 2005 e dagli artt. 39 e 42 dell’ACN del 2015 – il che esime dall’affrontare tematiche sul piano del diritto intertemporale;
4.1 ciò posto e procedendo all’interpretazione diretta degli ACN, cui questa S.C. è legittimata e tenuta (Cass. 9 novembre 2018, n. 28764), i compensi dovuti ai medici convenzionati ambulatoriali sul piano della retribuzione per obiettivi, risultato o comunque
incentivante sono:
emolumenti connessi a « prestazioni e … attività individuali o in forma aggregata per raggiungere specifici obiettivi » (art. 39, co. 2 ACN 2015; art. 31, co. 3 ACN 2005, ove le attività in forma aggregata sono individuate come « di gruppo ») richiamati poi in via di riepilogo nella definizione della remunerazione agli artt. 41 co. 9 (e 42, co. 8) ACN 2015 e all’art. 42, co. 8 ACN 2005 (compensi per performance individuali, in forma aggregata o di gruppo);
emolumenti, destinati a confluire, secondo il testo dell’art. 41 ACN 2015 e 42 ACN 2005, co. 1 lett. b), nella quota variabile della retribuzione conseguente « nell’ambito dei programmi regionali ed aziendali » al « raggiungimento di standard organizzativi, di processo, di livello erogativo, di partecipazione agli obiettivi e al governo della compatibilità, nonché per il raggiungimento degli obiettivi di qualificazione, appropriatezza e governo della compatibilità » (compensi per performance generali);
emolumenti connessi a « prestazioni aggiuntive » secondo « modalità regolate dagli accordi regionali e/o aziendali, allo scopo di migliorare l’efficacia e l’efficienza dei servizi nell’area specialistica » (art. 31, co. 4, ACN 2005; art. 39, co. 3 ACN 2015) (compensi per prestazioni aggiuntive);
l’art. 39, co. 4, ACN 2015 (e 31, co. 5, ACN 2005) regola la retribuzione connessa ad « attività svolta dagli specialisti ambulatoriali e dai professionisti » nel contesto di « progetti e programmi finalizzati concernenti il personale dipendente e convenzionato » rispetto alla quale è prevista la valutazione « agli effetti economici (retribuzione di risultato)» e ciò «in riferimento agli obiettivi raggiunti, sulla base della verifica e della valutazione effettuate dall’Azienda » (ACN 2015) o « in proporzione all’impegno orario del sanitario convenzionato che vi partecipa » (ACN 2005); si tratta di ipotesi che non è munita di autonomia rispetto ai casi previsti dall’art. 39, co. 2 ACN 2015 o 31, co. 3 ACN 2005, essendo inserita nel contesto della regolazione dei progetti finalizzati individuali, in forma aggregata o di gruppo e contenendo al proprio interno il richiamo a ‘progetti’ e ‘programmi’, sicché la portata delle norme è semplicemente quella di precisare che spetta all’Azienda la verifica rispetto al raggiungimento degli obiettivi prefissati (ACN 2015) o che essa si effettua su base oraria (ACN 2005);
5.
su tali premesse, non possono intanto ritenersi fondate le censure – essenzialmente contenute nel primo motivo -riguardanti la motivazione della sentenza impugnata;
5.1
è infatti da escludere che sia mancato un iter motivazionale perché, come anche si è esposto nello storico di lite, la Corte territoriale ha ritenuto che fossero mancati, per l’erogazione della quota per gli specifici obiettivi individuali o in forma aggregata (lett a di cui
sopra) gli accordi regionali ed aziendali ed anche il corrispondente stoccaggio di fondi e ciò integra appieno un percorso argomentativo ben percepibile nel suo tenore logico;
5.2
quanto al senso attribuito dalla Corte territoriale allo schema di liquidazione per l’anno 2015, è evidente che le corrispondenti conclusioni appartengono all’ambito del convincimento di merito, da censurare secondo le norme che riguardano quest’ultimo e non intercetta dunque un vizio di inesistenza o apparenza della motivazione, da quest’ultimo punto di vista potendosi anzi dire che la qualificazione come atto ‘interno’ esprime una portata ben precisa attribuita al documento che esclude alla radice l’assenza del processo motivazionale;
peraltro, proprio la ricostruzione dell’assetto collettivo dei diritti alla retribuzione di risultato dei medici ambulatoriali convenzionati ha evidenziato come esso, al di là della remunerazione degli obiettivi dell’intera struttura ( supra , punto 4.1 lett. b), postuli la previa fissazione con accordi regionali ed aziendali di obiettivi individuali, in forma aggregata o di gruppo ( supra , punto 4.1 lett. a), sicché la mera ipoteticità, su cui la sentenza, dopo avere precedentemente evidenziato l’assenza delle procedure collettive di determinazione degli obiettivi, fa leva, esprime un convincimento la cui linearità è chiara;
infine, quanto alla delibera n. 1256, è ancora il distinguo che esiste tra obiettivi specifici individuali, in forma aggregata o di gruppo ( supra punto 4.1 lett. a) e obiettivi, in ipotesi anch’essi individuati in modo specifico, dell’intera struttura (punto 4.1. lett. b), ad escludere che, pur riguardando tutti quegli emolumenti forme di compenso per ‘risultato’, possa dirsi in sé manifestamente contraddittorio e fonte -in ipotesi -di motivazione ‘apparente’, l’essersi ritenuto che in quel contesto si fosse dato atto del
raggiungimento degli obiettivi e al contempo si denegasse la retribuzione di risultato;
infatti, il riconoscimento di quella delibera ben poteva riguardare il diritto alla quota variabile in ragione del raggiungimento dei valori di performance comuni – che nella sentenza impugnata si afferma fosse stato anche oggetto di pagamento -ed invece il diniego espresso dalla Corte d’Appello riguardare quanto preteso per obiettivi individuali o in forma aggregata o per gruppi, che la Corte distrettuale ha ritenuto non essere stati mai fissati per gli anni 2015, 2016 e 2017;
quanto appena detto consente di risolvere anche il tema proposto con il secondo motivo, in quanto il ragionamento della Corte territoriale, rispetto alla delibera n. 1256 ha una sua precisa logica, appena riepilogata nei termini appena detti, sicché non si può parlare in alcun modo di travisamento della prova o del senso del documento, quanto di formazione di un certo convincimento rispetto alla portata di quella Delibera, che pertiene al merito e non può esser genericamente censurato in sede di legittimità (Cass. 4 aprile 2022, n. 10745);
5.3
è parimenti da escludere che, ad inficiare il senso attribuito dalla Corte territoriale alla delibera n. 1265, possano stare deposizioni testimoniali provenienti da altri giudizi o il fatto che si siano desunti elementi di convincimento dalla successiva delibera del 2018, assunta a causa in corso;
quanto a quest’ultima, essa è stata utilizzata come profilo di riscontro rispetto ad una delibera del 2015 che già, per quanto di essa trascritto anche nel ricorso per cassazione, faceva generico riferimento ad « obiettivi prestazionali …ai fini della … retribuzione di risultato per il personale » e dunque ad un documento rispetto al quale non era ingiustificato il riferimento alle performance generali, di cui supra punto 4.1. lett. b), anche perché comunque non vi
erano stati accordi finalizzati alla valorizzazione di progetti specifici « individuali o in forma aggregata » o di gruppo, secondo le dizioni degli ACN già precedentemente riepilogate, né fissazione dei fondi; vale poi il principio per cui la denuncia di difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti agli elementi delibati risolve il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148; da ultimo, Cass. 22 novembre 2023, n. 32505), oltre a quanto si è già detto sulla pertinenza al merito dell’interpretazione dei documenti e qui, in particolare, delle delibere dell’ente;
quanto alle deposizioni, oltre a riguardare esse altri giudizi e risultare qui ben difficile verificarne la coerenza e pregnanza rispetto alla presente causa, vi è da dire che la valorizzazione di esse in luogo di quanto desumibile in via documentale attiene alla valutazione dell’istruttoria e quindi ancora al merito e non è come tale censurabile in sede di legittimità;
anche perché, come è noto, non solo va esclusa in sé la denuncia di travisamento della prova (Cass., S.U., 5 marzo 2024, n. 5792), ma, con la modifica dell’art. 360 n. 5 c.p.c., non vi è più spazio per censure di mera insufficienza della motivazione (Cass. S.U., 7 aprile 2014, n. 8053), ma solo per la denuncia di omesso esame di specifici fatti decisivi, che non è quanto addotto con il primo e secondo motivo;
6.
il terzo motivo, facendo leva sul disposto dell’art. 39, co. 4 ACN, sostiene, come si è detto, che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ragionato solo sugli emolumenti di risultato
rivenienti dalle procedure di cui ai primi tre commi della norma collettiva e non su quanto previsto dal menzionato quarto comma; il motivo è infondato, in quanto, come si è detto, la portata dell’art. 39, co. 4, non è quella di introdurre una diversa voce di compenso incentivante o di risultato, ma solo di chiarire che la valutazione finale rispetto agli obiettivi in esso menzionati, spetta comunque all’Azienda (ACN 2015) o va svolta su base oraria (ACN 2005), fermi restando i vincoli procedurali e di copertura prevista in generale dagli artt. 39, co. 2, ACN 2015 e 31, co. 2, ACN 2005; l’assenza dei presupposti per il riconoscimento di compensi per obiettivi individuali, in forma aggregata o di gruppo esclude dunque che la norma possa in sé fondare un diverso ed autonomo diritto al corrispettivo;
7.
il quarto motivo, come detto, si fonda sulla valorizzazione della capienza dei fondi o sull’allocazione nei fondi di quanto necessario a soddisfare la retribuzione di risultato come condizione, ai sensi degli artt. 1353 ss. c.c., del diritto alla percezione di tale retribuzione;
tale impostazione non può essere condivisa, perché la individuazione dei fondi è fatto costitutivo del corrispondente diritto e non mera condizione di esso;
al di là di ciò, è comunque superfluo discutere di fondi, ove, per il 2015, a fronte dell’assunto fatto sostanzialmente proprio dalla Corte territoriale – che, come si è visto, resiste all’impugnazione secondo cui per gli obiettivi di performance comuni vi era stato pagamento e gli obiettivi riguardanti progetti ‘specifici’, e quindi individuali o in forma aggregata o per gruppi, non erano stati fissati, ogni questione sui fondi è ininfluente, perché comunque non vi sarebbero diritti da soddisfare;
d’altra parte – si rileva – neanche è stata proposta un’azione di tipo risarcitorio per perdita di chance , quale effetto dell’omessa
fissazione degli obiettivi ‘specifici’ e dell’omesso stoccaggio dei fondi, sicché non vi è da porsi interrogativi su tale profilo (che tra l’altro presupporrebbe la dimostrazione di un obbligo datoriale di stabilire anche quegli obiettivi ‘specifici’) e dunque nulla quaestio ; 8.
il ricorso va dunque integralmente disatteso;
9.
le complessità interpretative della disciplina collettiva giustificano la compensazione delle spese anche per questo grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro