Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1238 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1238 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 24390/2017 proposto da:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
ASL Rieti, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso la stessa in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Roma, n. 2688/2017, pubblicata il 25 maggio 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME dirigenti sanitari non medici dell’ASL Rieti, hanno esposto, con ricorso depositato presso il Tribunale di Rieti, che, negli anni dal 1997 al 2007, la detta ASL avrebbe erroneamente quantificato il fondo per la retribuzione di risultato e, quindi, erroneamente liquidato la retribuzione loro spettante.
In particolare, essi hanno dedotto due errori nella determinazione del fondo per l’anno 1997 (l’ammontare del quale sarebbe stato cristallizzato per il decennio successivo), ossia:
l’omesso calcolo del c.d. risparmio farmaceutico per l’anno 1997 previsto dall’art. 62, comma 3, d.P.R. n. 384 del 1990 per il fondo della categoria B;
l’erroneo calcolo dell’ammontare cumulato storico del Fondo della categoria B per gli anni dal 1983 al 1989, agganciato al 5% di aumento annuo del complessivo fondo per l’incentivazione della produttività, come previsto dall’art. 69, comma 6, d.P.R. n. 270 del 1987.
Il Tribunale di Rieti, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 563 del 2013, ha accolto in parte il ricorso.
L’ASL Rieti ha proposto appello, contestando l’avvenuto riconoscimento del c.d. risparmio farmaceutico anche solo per l’anno 1997.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto appello incidentale, lamentando la doppia decurtazione subita in ordine al risparmio farmaceutico ed al mancato ricalcolo
del Fondo per la categoria B con aggancio all’incremento del 5% del fondo di incentivazione complessivo.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 2688/2017, ha accolto in parte l’appello principale, riducendo ulteriormente le somme da corrispondere a NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME con rigetto integrale dell’appello incidentale.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi.
L’ASL Rieti si è difesa con controricorso e ha proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME si sono difesi con controricorso.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 57 ss. d.P.R. n. 384 del 1990 e dell’art. 61, comma 2, lett. a), CCNL dirigenza area III del 5 dicembre 1996, come autenticamente interpretato dall’art. 1 del CCNL del 12 luglio 2001, e l’erroneità della sentenza di appello nella parte in cui aveva escluso dal fondo per la retribuzione di risultato per l’anno 1997 dell’ASL di Rieti il 70% del c.d. risparmio farmaceutico misurato al 1997.
Oggetto del contendere è la determinazione, per gli anni dal 1997 al 2007, di uno dei due fondi con i quali è finanziata la componente retributiva dei dirigenti correlata ai risultati raggiunti, ossia il ‘fondo per la retribuzione di risultato relativo ai livelli di produttività e miglioramento dei servizi’ di cui all’art. 61, comma 2, lett. a), CCNL del 5 dicembre 1996.
Sostengono i ricorrenti che, per espressa previsione dell’art. 7 del CCNL del 5 dicembre 1996, il valore del fondo stimato per il 1997, primo anno di applicazione della nuova disciplina contrattuale, ‘si consolida nel suo ammontare per gli anni successivi’ , salvo adeguamenti previsti dalla contrattazione successiva, e che, in sede di prima applicazione, l’art. 61, comma 2, lett. a), CCNL 5 dicembre 1996 prevede che ‘Al finanziamento della retribuzione di cui al comma 1, si provvede secondo la disciplina prevista negli artt. 62, 63 e 64 mediante l’utilizzo dei seguenti fondi: a) fondo per la retribuzione di risultato relativo ai livelli di produttività ed al miglioramento dei servizi: Il fondo è costituito, nel suo ammontare, dalla somma complessiva dei fondi di produttività sub 1 e sub 2 di cui agli articoli 57 e seguenti del D.P.R. 384/90 – ripartita secondo le quote storiche spettanti a ciascun ruolo determinata per l’anno 1993 e decurtata dalla percentuale prevista dall’art. 8, comma 3 della legge n. 537 /93’.
I ricorrenti osservano, altresì, che l’art. 62, comma 3, d.P.R. n. 384 del 1990, in ordine alla componente del c.d. risparmio farmaceutico, oggetto di lite, prevede che ‘Il fondo di cui al presente articolo può essere incrementato da una quota pari al 70% del risparmio derivante dalla distribuzione diretta all’utenza di farmaci, presidi e prodotti previsti dall’assistenza farmaceutica integrativa, nonché per la produzione in proprio di prodotti galenici’.
L’art. 62, comma 3, d.P.R. n. 384 del 1990 assumerebbe rilievo in virtù del richiamo agli artt. 57 ss. del d.P.R. n. 384 del 1990 operato dall’art. 61, comma 2, lett. a), CCNL del 5 dicembre 1996.
Affermano i ricorrenti che il combinato disposto dell’art. 62, comma 3, d.P.R. n. 384 del 1990, e dell’art. 61, comma 2, lett. a), CCNL del 5 dicembre 1996 andrebbe interpretato nel senso che il risparmio farmaceutico dell’anno 1997 ex art. 62, comma 3, d. P.R. n. 384 del 1990 andrebbe sommato al ‘fondo per la retribuzione di risultato relativo ai livelli di produttività e miglioramento dei servizi’ di cui all’art. 61, comma 2, lett. a), CCNL del 5 dicembre 1996.
La corte territoriale avrebbe seguito, invece, la tesi opposta, per la quale la normativa contrattuale avrebbe previsto, quale punto di partenza del calcolo del Fondo di risultato quello determinato, in applicazione delle disposizioni
richiamate da tale normativa, per l’anno 1993, senza conferire a dette norme alcuna ultrattività.
Ad avviso dei ricorrenti, però, il giudice di appello non avrebbe considerato che l’inciso ‘determinata per l’anno 1993’ riferito alla ‘ somma ‘ dei fondi di risultato ex artt. 57 ss. del d.P.R. n. 384 del 1990 concerneva non l a ‘somma’ storicamente erogata o erogabile per l’anno 1993 (‘determinata’ in senso statico nel suo quantum ), ma le modalità di erogazione dell a ‘somma’ per l’anno 1993 (‘determinata’ in senso dinamico nel suo quomodo ).
Secondo la tesi dei dipendenti, non si sarebbe dovuto semplicemente ricostruire il fondo quale era nel 1993, con l’effetto di non potere tenere conto del risparmio farmaceutico per il 1997, ma si sarebbero dovute applicare le disposizioni del d.P.R. n. 384 del 1990 alla procedura di costituzione del fondo per il 1997, il che avrebbe imposto di includere tale risparmio farmaceutico nel conteggio.
In questo senso, avrebbe assunto rilievo l’art. 1, comma 2, CCNL del 12 luglio 2001 sull’interpretazione autentica dell’art. 61, comma 2, lett. a), del CCNL 1994-1997, Dirigenza sanitaria, professionale tecnica ed amministrativa del SSN del 5 dicembre 1996, con il quale le parti avevano specificato che ‹‹Con riguardo alla formazione del fondo di cui all’ art. 61, comma 2 lett. a) del CCNL 1994 -1997 relativo alla dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del SSN del 5.12.1996, le parti sp ecificano che per ‘quote storiche spettanti’ non si intendono le quote per il pagamento delle incentivazioni e plus orario spese o corrisposte, ma quelle originariamente determinate ai sensi degli artt. 57 e seguenti del DPR 384/1990, applicati immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato con la decurtazione della percentuale prevista dall’art. 8, comma 3 della L. n. 537/1993››.
Affermano i ricorrenti che questa previsione interpretativa deporrebbe nel senso che i fondi di risultato avrebbero dovuto essere costituiti applicando la regolamentazione previgente all’oggi, ossia al periodo 1996 -97, senza avere riguardo alla sola situazione nel 1993, significativamente non menzionata.
Essi ritengono, quindi, che l’intenzione delle parti sarebbe stata, in ordine al fondo di risultato, di effettuare un rinvio mobile e non statico alla normativa del 1990.
A sostegno della loro tesi richiamano i precedenti rappresentati da Cass., Sez. L, n. 18463 del 26 ottobre 2012 e n. 24248 del 21 novembre 2007.
La doglianza è infondata.
Il CCNL 1994/1997 dell’Area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del comparto sanità, sottoscritto il 5 dicembre 1996, ha introdotto il nuovo sistema incentivante della retribuzione di risultato, erogata in base al raggiungimento di obiettivi, finanziata da un apposito fondo.
L’art. 61, comma 2, lett. a) , del CCNL 1994/1997 ha disciplinato la formazione del fondo, nei seguenti termini:
‘Il fondo è costituito, nel suo ammontare, dalla somma complessiva dei fondi di produttività sub 1 e sub 2 di cui agli articoli 57 e seguenti del D.P.R. 384/90 – ripartita secondo le quote storiche spettanti a ciascun ruolo – determinata per l’anno 1993 e decurtata dalla percentuale prevista dall’art. 8, comma 3 della legge n. 537/93’.
Il nuovo fondo per la retribuzione di risultato ex art. 61 citato è determinato, quindi, in un importo pari alla somma dei precedenti fondi di produttività, come disciplinati, nel regime pubblicistico del rapporto di lavoro, dal d.P.R. n. 384 del 1990.
Tali fondi erano collegati al sistema delle ‘incentivazioni’, introdotto dal d.P.R. n. 348 del 1983, in sostituzione dell’ex istituto delle ‘compartecipazioni’.
Il detto d.P.R. n. 348 del 1983, artt. da 59 a 66, prevedeva la erogazione di ‘incentivazioni della produttività’, al fine di un miglioramento generale della qualità del servizio e della sua economicità (riduzione della spesa esterna).
L’istituto era così articolato:
i compensi erano corrisposti a fronte dello svolgimento da parte degli operatori sanitari di attività autorizzate oltre l’orario di lavoro (in plus orario);
il d.P.R. n. 348 del 1983 stabiliva tetti massimi settimanali di plus orario autorizzabile per ciascuna categoria di personale;
-la quantificazione del compenso avveniva ripartendo l’apposito ‘fondo di incentivazione’, costituito presso ciascuna USL, tra tre categorie di personale, secondo quote percentuali stabilite dal d.P.R. n. 348 del 1983: medici (categoria A), personale sanitario (categoria B), restante personale (categoria C);
la liquidazione era operata a consuntivo, essendo necessaria una fase di preventivo controllo sulla effettiva maggiore produttività ed una verifica delle disponibilità costituite dalle risorse affluite all’apposito fondo (per tutte: Consiglio di Stato, Sez. 3, n. 4994 dell’11 ottobr e 2013).
Il successivo d.P.R. n. 228 del 1987 – di rinnovazione degli artt. 46, 63 e 64 del d.P.R. n. 348 del 1983 – ha aumentato a quattro le categorie tra le quali ripartire il fondo, introducendo la categoria A2) – biologici, chimici, fisici, in attuazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 308 del 28 aprile 1986, che aveva annullato in parte qua il d.P.R. n. 348 del 1983, evidenziando la necessità di dare un autonomo riconoscimento al personale non-medico laureato.
Con il d.P.R. n. 270 del 1987, accordo collettivo per il triennio 1985/1987, la categoria dei laureati non-medici veniva individuata come categoria B) – biologi, chimici, fisici, farmacisti, ingegneri, psicologi.
Il d.P.R. n. 270 del 1987 – artt. 66 ss. – ha previsto due forme di incentivazione della produttività, aggiungendo alla produttività ex artt. 59 ss. d.P.R. n. 348 del 1983, la produttività ‘per obiettivi’, quest’ultima legata a singoli progetti e finanziata con un apposito fondo.
L’art. 5 della legge n. 407 del 1990 ha stabilito la decadenza dal 1° febbraio 1991 dei provvedimenti disposti in applicazione degli istituti economici e normativi del d.P.R. n. 270 del 1987, tra l’altro in relazione alle incentivazioni, e l’obbligo di app licare dalla stessa data i corrispondenti istituti del d.P.R. n. 384 del 1990, limitatamente a situazioni di inderogabili esigenze operative.
Il d.P.R. n. 384 del 1990 – artt. 57 ss. – ha confermato la struttura del sistema incentivante: incentivazione (lettera a); produttività per obiettivi (lettera b).
L’ excursus sin qui compiuto, che riproduce quello già effettuato da Cass., Sez. L, n. 9319 del 7 aprile 2021 (a sua volta confermato da Cass., Sez. L, n. 18379
del 27 giugno 2023, le cui conclusioni questo Collegio condivide), costituisce la premessa per una più chiara comprensione della norma di interpretazione autentica di cui al CCNL del 12 luglio 2001.
Ai fini della determinazione del fondo per la retribuzione di risultato, infatti, occorreva procedere alla ricognizione della quota dei precedenti fondi spettante al personale laureato non-medico ovvero alla ex categoria B. Si trattava del personale che con la privatizzazione era confluito nell’area della dirigenza non -medica del comparto sanità, nel cui ambito era sottoscritto il CCNL 1994/1997.
Con l’accordo di interpretazione autentica le parti sociali hanno precisato che il termine ‘quote storiche spettanti a ciascun ruolo’, utilizzato dall’art. 61, comma 2, lett. a) del CCNL 1994/1997, non è riferito a quanto ‘corrisposto’ o ‘speso’ dalle singole aziende nell’anno 1993, ma all’importo del fondo ‘spettante’ a ciascun ruolo e dunque alle quote ‘originariamente determinate ai sensi degli articoli 57 e seguenti del DPR 384/1990, applicati immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema della re tribuzione di risultato’.
Come si legge nella premessa dell’accordo di interpretazione autentica, la espressione ‘quote storiche spettanti’ era ispirata dal fatto che il pagamento delle quote di produttività da parte delle aziende avveniva in epoca successiva all’anno di riferimento (‘nella considerazione della non perfetta corrispondenza temporale, in azienda, della corresponsione delle quote pattuite di produttività nell’anno di riferimento’), sicché, se la formazione dei fondi si fosse fondata sulle risorse ‘spese’ nell’anno 1993, anziché su quelle ‘spettanti’, ne sarebbe derivato un indiretto abbattimento del fondo ex art. 61, non prefigurato dalla norma pattizia.
In seguito, sull’argomento sono tornate le Sezioni Unite della S.C. con la sentenza n. 30222 del 15 dicembre 2017, che ha superato il diverso orientamento in epoca precedente espresso dalla sezione lavoro (Cass., Sez. L, n. 3304 del 2 marzo 2012, n. 3304; Cass., Sez. L, n. 24248 del 21 novembre 2007).
Le Sezioni Unite hanno chiarito che la ‘quota storica spettante’ all’ex categoria B deve essere determinata sulla base non delle somme ‘virtuali’ del precedente fondo di incentivazione delle attività svolte in plus orario, quali risultanti dalla
applicazione del solo art. 58 del d.P.R. n. 384 del 1990, ma del c.d. massimo spendibile, ovvero tenendo conto:
-da un lato, dei limiti massimi di plus orario settimanale (stabiliti dall’art. 61, comma 2, dello stesso d.P.R. n. 384 del 1990 in sette ore settimanali);
-dall’altro, del numero dei laureati non medici in servizio presso le singole Aziende nell’anno 1993 (ciò sul rilievo che essi sono in numero molto più limitato dei medici, con la conseguenza che, a ragionare diversamente, avrebbero goduto di un trattamento superiore a questi ultimi, trascendendo di molto la logica perequativa che aveva condotto al riconoscimento della loro categoria).
In definitiva, secondo il principio enunciato dalle Sezioni Unite, la ‘quota storica’ va determinata: sulla base del valore unitario del plus orario, definito nell’art. 61, comma 7, d.P.R. n. 384 del 1990, moltiplicato per il numero massimo delle ore di pl us orario consentito (dall’art. 61, comma 2, citato) e per le unità di personale impegnato nell’attività incentivata.
Infatti, dalla norma di interpretazione autentica risulta che le ‘quote storiche’ non fanno riferimento a quanto ‘speso’ dalle Aziende nell’anno 1993, mentre le Sezioni Unite hanno chiarito che la ‘quota storica’ dell’ex gruppo B non deve essere determinat a in misura astratta, ma secondo il criterio del ‘massimo spendibile’, ossia tenendo conto sia del limite di plus orario autorizzabile, pari a 7 ore settimanali, che del numero dei laureati non medici in servizio in ciascuna Azienda nell’anno 1993 (Cass., Sez. L, n. 9319 del 7 aprile 2021).
È una logica che ricollega l’ammontare dei fondi de quibus ad una spesa massima determinata in un’epoca anteriore al passaggio al nuovo regime previsto dal CCNL del 5 dicembre 1996.
Non a caso, la norma contrattuale utilizza l’espressione ‘quote storiche’ ed il CCNL di interpretazione autentica del 12 luglio 2001 le definisce come quote ‘originariamente determinate ai sensi degli articoli 57 e seguenti del DPR 384/1990, applicati immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato’.
Si tratta, come osservato da Cass., Sez. L, n. 9319 del 7 aprile 2021, di una tecnica regolativa già utilizzata dalle leggi intervenute a contenere l’importo dei fondi dopo il d.P.R. n. 384 del 1990.
L’art. 2, comma 3, del d.l. n. 333 del 1992, conv., con modif., dalla legge n. 359 del 1992, disponeva che le somme relative ai fondi di incentivazione previsti dai singoli accordi di comparto non potessero essere attribuite in misura superiore ai corrispe ttivi ‘stanziamenti di bilancio’ per l’anno finanziario 1991.
L’anno successivo, l’art. 8, comma 3, della legge n. 537 del 1993, ha previsto che, per il comparto della sanità, a decorrere dal 10 gennaio 1994, l’importo dei fondi di incentivazione di cui agli artt. 58 e 124 del d.P.R. n. 384 del 1990, non può eccedere il 70 per cento degli ‘stanziamenti’ relativi all’anno 1991.
Le disposizioni legislative hanno assunto, dunque, come riferimento, il monte in precedenza ‘stanziato’ in ciascuna azienda nell’anno 1991 ai fini del pagamento dell’emolumento.
Con la medesima tecnica il CCNL 1994/1997 ha inteso fare riferimento a quanto assegnato a ciascun gruppo di personale sotto il profilo ‘storico’ , rinviando all’applicazione degli artt. 57 ss. del d.P.R. n. 384 del 1990, verificatasi immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema.
Non senza motivo Cass., Sez. L, n. 9319 del 7 aprile 2021 ha affermato che ‹‹In tema di criteri per la determinazione del fondo della retribuzione di risultato del personale dirigente sanitario non medico, di cui all’art. 61, comma 2, lettera a) del c.c.n. l. del 5 dicembre 1996, per ‘quote storiche’, spettanti a ciascun ruolo, si intendono quelle determinate sulla base degli accordi regionali vigenti in ciascuna azienda immediatamente prima dell’applicazione del citato art. 61, in quanto l’espressione ‘quote storiche’, come confermato anche dall’interpretazione autentica della norma ad opera del c.c.n.l. 12 luglio 2001, sta ad indicare le quote come ‘originariamente determinate ai sensi degli artt. 57 e ss. del d.P.R. n. 384 del 1990′, nel regime pubblicisti co, in epoca anteriore al c.c.n.l. 1994-1997, e prima del passaggio al nuovo sistema, quindi anche in attuazione degli accordi regionali’.
Infatti, Cass., SU, n. 30222 del 15 dicembre 2017 ha chiarito che vi è, in materia, un non equivoco rimando all’interezza del sistema previsto nel d.P.R. del 1990 che regolava, da ultimo, con un complesso di regole unitariamente predisposte (e nei tratti generali ribadite dal 1983), il sistema di regolazione dei compensi spettanti a titolo di incentivazione della produttività e che era
incentrato sul regime di plus orario. Sussiste, quindi, un evidente collegamento sul piano finanziario/contabile tra la normativa previgente e quella introdotta con il CCNL del 94/97, per cui il nuovo fondo per la retribuzione di risultato attingeva a risorse determinate con il vecchio sistema che prevedeva tetti e massimali per lo svolgimento di plus orario riprodotti nel d.P.R. n. 384 del 1990, che il contratto collettivo ha recepito in toto .
Una diversa interpretazione comporterebbe che, in applicazione dell’art. 61 del CCNL 1994/1997, si dovrebbe procedere, ora per allora, ad un nuovo calcolo delle somme da destinare ai fondi di cui agli artt. 57 ss. del d.P.R. n. 384 del 1990, con recupero ex post delle economie sino ad allora realizzate.
Tale effetto è stato escluso dalle parti collettive appunto con il prevedere il riferimento alle quote ‘storiche’. Anche dalla interpretazione autentica risulta, in premessa, il richiamo delle parti collettive ‘all’accordo decentrato ed alle clausole ivi p reviste, vigente nell’azienda immediatamente prima dell’applicazione dell’articolo 61 del CCNL’; si legge nel dispositivo che le quote storiche spettanti sono le quote ‘originariamente determinate ai sensi degli articoli 57 e seguenti DPR 384/1990, applicati prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato’.
Le parti sociali erano ben consapevoli che il passaggio ad un diverso criterio di valorizzazione della produttività, anche per i dirigenti non medici secondo il principio di parità di trattamento con il personale dirigente medico, non avrebbe comportato un aggravio di spesa poiché il nuovo fondo si sarebbe determinato in base alle quote storiche a loro volta quantificate nel rispetto dei limiti e dei massimali previsti. Un disancoramento da tali limiti non risulta affatto dalla nuova normativa di cui al con tratto 94/97, visto che l’art. 61 (primissima parte) offre un richiamo inequivoco al d.P.R. del 1990 ed alle sue disposizioni, che stabiliscono tetti massimi di plus orario. Peraltro, non poteva sfuggire alle parti sociali che una diversa soluzione, con la creazione di un fondo per dirigenti laureati non medici per la retribuzione di risultato determinabile in base ad un precedente fondo virtuale, senza considerare i tetti e massimali già previsti, avrebbe comportato un aggravio di spesa notevole per le ASL fronteggiabile solo con nuove ingenti risorse visto che i dirigenti non medici sono in numero molto
più limitato dei colleghi sanitari e, quindi, i primi avrebbero goduto di un trattamento superiore ai secondi, trascendendo di molto il principio di parità di trattamento cui si era ispirata la giurisprudenza amministrativa e che aveva portato alla creazione (a suo tempo) di un fondo ad hoc per remunerare i dirigenti non medici. Un simile effetto non risulta previsto e voluto in alcuna norma contrattuale ed appare in evidente non coerenza con quanto stabilito in precedenza, sia in sede contrattuale (con il terzo Accordo nazionale recepito poi nel D.P.R. del 1990) sia in sede legislativa, ossia di controllare l’impatto economico della promozione della produttività, nel suo complesso, della dirigenza sanitaria.
Ragioni di natura logica ed argomentativa hanno condotto le Sezioni unite del 2017 a ritenere che le parti sociali non abbiano voluto trascurare quelle esigenze di contenimento dei costi e di limitazione della spesa pubblica che avevano connotato le scelte compiute nel settore sino al 1993 e che proprio le espressioni ‘quote storiche spettanti’ ‘ed originariamente determinate’ (nonché con il richiamo alla decurtazione di cui alla legge n. 537 del 1993) si siano date carico di tali esigenze e siano, alla luce di queste, correttamente ricostruibili.
Pertanto, deve ritenersi che l’art. 1, comma 2, CCNL sull’interpretazione autentica dell’art. 61, comma 2, lett. a), del CCNL 1994 -1997, Dirigenza sanitaria, professionale tecnica ed amministrativa del SSN del 5 dicembre 1996 del 12 luglio 2001, con il qua le si è affermato che ‹‹Con riguardo alla formazione del fondo di cui all’art. 61, comma 2 lett. a) del CCNL 1994 – 1997 relativo alla dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del SSN del 5.12.1996, le parti specificano che per ‘quote storiche spettanti’ non si intendono le quote per il pagamento delle incentivazioni e plus orario spese o corrisposte, ma quelle originariamente determinate ai sensi degli artt. 57 e seguenti del DPR 384/1990, applicati immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato’, de bba intendersi nel senso che quello che rileva è l’ammontare che avrebbe dovuto essere stanziato ‘prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato’ .
Nella specie, ciò è incontestabilmente avvenuto il 1° gennaio 1997 (come da accertamento della Corte d’appello di Roma, a pagina 3 della sentenza
impugnata, circostanza che, quindi, rende non rilevante il disposto dell’art. 62, comma 9, in base al quale ‘Ferma rimanendo la formazione del fondo con le regole stabilite all’art. 61 nei confronti delle aziende ed enti che non hanno ancora attivato la metodologia di budget citata al comma 1, è consentita, sino al 31 dicembre 1996 e, comunque, non oltre il 30 giugno 1997, la gestione dell’istituto incentivante secondo le norme previste dall’art. 57, comma 6, lett. b) del D.P.R. 384/1990, nel rispetto, in particolare, dei principi di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5’).
Pertanto, l’ammontare rilevante per stabilire il fondo in esame va individuato facendo riferimento a dati precedenti la data 1° gennaio 1997.
Per l’esattezza, tale data è stata indicata dal CCNL 1994/1997 nell’anno 1993, il che si spiega con il fatto che si è trattato dell’ultimo anno anteriore all’ambito temporale di applicazione del CCNL 1994/1997, non a caso concluso il 5 dicembre 1996 e, quindi, pochi giorni prima che entrasse in vigore i l ‘nuovo sistema della retribuzione di risultato’ .
La mancanza nell ‘art. 1, comma 2, CCNL sull’interpretazione autentica dell’art. 61, comma 2, lett. a), del CCNL 1994-1997 di un espresso riferimento al 1993 non supporta la tesi dei ricorrenti, in quanto il menzionato art. 1, comma 2, interpreta appunto il CCNL 1994/1997 che, all’art. 61, comma 2, lett. a), parla di somma ‘determinata per l’anno 1993’.
Ne deriva che il 70% del c.d. risparmio farmaceutico misurato al 1997 non poteva venire in rilievo, in quanto maturato nel 1997 e, quindi, dopo il 31 dicembre 1996 e, con evidenza, non riferibile a ll’anno 1993 .
D’altronde, un chiaro argomento in questo senso è desumibile dall’art. 7 del CCNL per l’area della dirigenza sanitaria -professionale -tecnica ed amministrativa Parte economica biennio 1996-1997, il quale dispone, ai commi da 1 a 3, che:
‘1. Il fondo previsto dall’art. 61, comma 2 lettera a) del CCNL di cui all’art. 1, comma 1, si consolida nel suo ammontare per gli anni successivi. Detto fondo viene incrementato, per il presente biennio, con le modalità fissate dai commi seguenti.
Ai sensi dell’art. 4, comma 8, del d.lgs. n. 502 del 1992 – come modificato dall’art. 10, comma 1, della L. 724/1994 – le aziende ed enti, a decorrere dall’1.1.1997 sulla base del consuntivo 1996, incrementano il fondo di cui all’art. 61, comma 2 lettera a) del CCNL relativo al primo biennio di parte economica, dell’1% – come tetto massimo – del monte salari annuo calcolato con riferimento all’anno 1995, in presenza:
di avanzi di amministrazione e pareggio di bilancio, secondo le modalità stabilite dalle Regioni negli atti di indirizzo per la formazione dei Bilanci di previsione annuale;
ovvero:
della realizzazione annuale di programmi – correlati ad incrementi qualitativi e quantitativi di attività dei Dirigenti – concordati tra Regioni e singoli aziende ed enti e finalizzati al raggiungimento del pareggio di bilancio entro un termine non superiore ad un triennio, pareggio da valutarsi alla luce delle variazioni tecnico legislative intervenute nelle regole di formazione del bilancio stesso.
Resta ferma per le Regioni, ai sensi dell’art. 13, comma 1, del d.lgs. 502/1992, la facoltà di attivare modelli organizzativi e fissare obiettivi prestazionali superiori a quelli contemplati dai livelli uniformi di assistenza, che comportino un diverso ed ulteriormente qualificato impegno delle aziende od enti – anche volti al recupero di standards organizzativi, di efficienza e di efficacia e sviluppo di professionalità definiti in appositi progetti regionali finanziati’.
Questa disposizione è chiara nel prescrivere che il fondo previsto dall’art. 61, comma 2, lett. a) del CCNL del 5 dicembre 1996 citato sia incrementato con le modalità previste dalla disposizione medesima, non lasciando spazio ad aumenti finanziati con altre risorse.
Pertanto, il motivo è rigettato.
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 7 del CCNL 5 dicembre 1996,
dell’art. 52, del CCNL 8 giugno 2000, dell’art. 51 CCNL 3 novembre 2005, dell’art. 11 CCNL 5 luglio 2006, dell’art. 27 del CCNL 17 ottobre 2008, nonché l’erroneità della sentenza di appello nella parte in cui ha escluso dal fondo per la retribuzione di ris ultato dell’ASL Rieti, per gli anni successivi al 1997 e fino al 2007, il 70% del c.d. risparmio farmaceutico misurato all’anno 1997.
La doglianza è respinta, per le ragioni che hanno condotto al rigetto del primo motivo.
Con il terzo motivo i ricorrenti contestano l’omesso esame del motivo di appello relativo all’esclusione dal fondo per la retribuzione di risultato per gli anni successivi al 1997 del 70% del c.d. risparmio farmaceutico.
La doglianza è respinta per le ragioni che hanno condotto al rigetto dei primi due motivi.
Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1324 e 1372 c.c., del principio del legittimo affidamento, del divieto di venire contra factum proprium e dell’efficacia dell’auto vincolo datoriale assunto dall’ASL Rieti in ordine al computo del 70% del c.d. risparmio farmaceutico nel fondo di risultato.
La doglianza è rigettata perché la documentazione dalla quale dovrebbe emergere la fondatezza della posizione dei ricorrenti non è rilevante, in quanto la nota del 22 maggio 2000 dell’ASL di Rieti, la nota sindacale congiunta del 29 febbraio 2000 e la nota della Regione del 1° marzo 2001, oltre a non definire un’intesa di alcun tipo, ma a palesare semplicemente dei dubbi interpretativi della regolamentazione da applicare, sono anteriori all’art. 1, comma 2, CCNL sull’interpretazione autentica dell’art. 61, comma 2, lett. a), del CCNL 19941997, Dirigenza sanitaria, professionale tecnica ed amministrativa del SSN del 5 dicembre 1996 del 12 luglio 2001, con la conseguenza che si tratta di atti non idonei a sostenere alcun affidamento, avendo la parte pubblica e le associazioni sindacali risolto i dubbi interpretativi in esame nel senso sopra descritto.
Quanto, invece, alla delibera del 28 febbraio 2003 del Direttore generale dell’ASL convenuta, nel ricorso è precisato che questa fa riferimento, come base di calcolo del fondo in questione, all’anno 1996 e non al 1997.
Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano l’omesso esame dell’avvenuto riconoscimento, da parte dell’ASL di Rieti, del doveroso computo del 70% del c.d. risparmio farmaceutico nel fondo per la retribuzione di risultato.
La censura è respinta, per le stesse ragioni che hanno condotto al rigetto del quarto motivo.
Con il sesto motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione degli artt. 57 ss. d.P.R. n. 384 del 1990, degli artt. 67 e 69, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987 e dell’erroneità della sentenza di appello nella parte in cui non ha dest inato al fondo di risultato della categoria B) l’incremento del 5% annuo per gli anni dal 1983 al 1989 del complessivo fondo aziendale.
Essi contestano che i conteggi del CTU di primo grado fatti propri dal Tribunale di Rieti sarebbero non conformi a diritto in quanto l’incremento del 5% previsto dall’art. 69, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987 sarebbe stato assegnato al fondo di produttività complessivo dell’azienda e non, invece, al fondo della categoria B), che li riguardava.
Per l’esattezza, evidenziano che il CTU avrebbe fondato il proprio elaborato su dati ottenuti calcolando a ritroso l’ammontare complessivo del fondo aziendale al 1983, per poi applicare sul risultato un incremento del 5% per gli anni dal 1983 al 1989.
Il perito dell’Ufficio, però, avrebbe commesso l’ errore di inserire inopinatamente nel fondo di produttività complessivo dell’azienda il detto incremento del 5% che, in questo modo, sarebbe stato ripartito fra tutti i dipendenti, come si evinceva dal fatto che, del totale del menzionato fondo di produttività complessivo, era stata attribuita alla categoria di appartenenza di essi ricorrenti una percentuale del 13,41155382%.
La doglianza va esaminata assieme a quella oggetto del secondo motivo di ricorso incidentale, alla quale è strettamente connessa e che va anzi valutata per prima, riguardando una questione logicamente preliminare.
Infatti, con il secondo motivo del ricorso incidentale l’ASL di Rieti lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 64, comma 4, d.P.R. n. 348 del 1983 e dell’art. 69, commi 7 ed 8, del d.P.R. n. 270 del 1987.
La P.A. rappresenta l’erroneità della quota percentuale di ripartizione del Fondo generale applicata dal CTU nella misura fissa del 13,41155382% per il gruppo B), evidenziando come tale percentuale non tenga conto del differente tetto retributivo tra i due gruppi A e B e della parità di plus orario autorizzabile tra le due categorie.
Sarebbe proprio la misura fissa di detta percentuale, utilizzata prescindendo dai menzionati correttivi, a violare il principio della parità di trattamento economico fra i due gruppi citati.
Pertanto, sia il sesto motivo del ricorso principale sia il secondo motivo del ricorso incidentale investono la problematica dell’utilizzo della citata percentuale del 13,41155382%.
Il sesto motivo del ricorso principale ne contesta l’ applicazione sull’incremento del 5% previsto dall’art. 69, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987, il secondo motivo del ricorso incidentale ne critica l’ uso avvenuto prescindendo dal differente tetto retributivo tra i due gruppi A e B e dalla parità di plus orario autorizzabile tra le due categorie.
Il secondo motivo del ricorso incidentale deve essere scrutinato con precedenza rispetto al sesto motivo del ricorso principale poiché esso prospetta l’illegittimità delle modalità di formazione dell’intero fondo di produttività complessivo dell’azienda, sul quale , poi, il CTU, ad avviso dei ricorrenti principali, avrebbe computato l’incremento del 5% previsto dall’art. 69, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987.
Tale secondo motivo è fondato.
Infatti, la giurisprudenza della S.C. ha chiarito che, ‹‹ in tema di criteri di determinazione del fondo della retribuzione di risultato del personale dirigente sanitario non medico, l’art. 61, comma 2, del c.c.n.l. del 5 dicembre 1996, con
l’espressione ‘quote storiche spettanti’, fa riferimento a quelle individuate secondo quanto previsto dal d.P.R. del 1990 n. 384, sulla base del valore unitario del ‘plus orario’, come determinato nell’art. 61, comma 7, moltiplicato per il numero massimo d elle ore di ‘plus orario’ consentito, ex art. 61, comma 2, dello stesso d.P.R., e per le unità di personale impegnato nell’attività incentivata; così individuata la quota massima spendibile, ad essa va applicata la riduzione del trenta per cento, prevista dall’art. 8, comma 3, della l. del 1993 ›› (Cass., SU, n. 30222 del 15 dicembre 2017).
Da ciò si evince che l’utilizzo di una percentuale fissa di riparto del detto Fondo, che prescinda dagli accertamenti richiesti dalla Corte di cassazione, viene a ledere proprio il principio di parità di trattamento economico invocato dai ricorrenti.
Pertanto, prima di suddividere il fondo di produttività complessivo dell’azienda occorre che la sua quantificazione avvenga secondo quanto previsto dal d.P.R. del n. 384 del 1990, sulla base del valore unitario del plus orario, come determinato nell’art. 61, comma 7, moltiplicato per il numero massimo delle ore di plus orario consentito, ex art. 61, comma 2, dello stesso d.P.R., e per le unità di personale impegnato nell’attività incentivata; così individuata la quota massima spendibile, ad essa va applicata la riduzione del trenta per cento, prevista dall’art. 8, comma 3, della legge n. 537 del 1993.
Il giudice del merito ha, quindi, errato a non tenere conto del tetto retributivo dei due gruppi A e B e del plus orario autorizzabile per le due categorie.
L’accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale comporta l’assorbimento del sesto motivo del ricorso principale, in quanto, essendo stato determinato non correttamente il fondo di produttività complessivo dell’azienda, pure l’entità dell’incremento del 5% previsto dall’art. 69, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987 è da considerare comunque non stabilita correttamente.
Peraltro, al fine di evitare che, nell’eventuale giudizio di rinvio , i conteggi possano essere di nuovo effettuati in violazione della normativa e della contrattazione collettiva vigenti e dei principi stabiliti dalla giurisprudenza di
questa S.C., occorre chiarire l’interpretazione dell’ art. 69, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987.
Tale disposizione prescrive che ‘In attesa della emanazione del nuovo tariffario, il fondo della categoria B) del personale laureato non medico è costituito dalle quote storicamente spettanti secondo le modalità del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 348, per tale istituto ai laureati non medici, più il 5% del fondo per incentivazione sub I) da prevedere in aumento al fondo stesso per il periodo di applicazione dell’accordo di lavoro recepito con decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 348, e per il periodo di validità del presente decreto, in ottemperanza alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 308/1986 ‘.
Il fondo per incentivazione sub I) è quello menzionato n ell’art. 66, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987 , il quale dispone che sia determinato ‘ ex artt. 59 e segg. decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 348 ‘ , dovendosi altresì tenere conto che il suo finanziamento avviene nei termini indicati dall’art. 67 d.P.R. n. 270 del 1987, che la sua ripartizione è regolata dagli artt. 70 e 72 d.P.R. n. 270 del 1987 e che l’attività connessa con l’istituto delle incentivazioni sub I), comma 6, dell’art. 66 va svolta in plus orario, stabilito secondo il disposto dell’art. 71 d.P.R. n. 270 del 1987 (il che palesa come il procedimento seguito dal CTU e sopra descritto non sia stato conforme al dettato normativo).
L’incremento del 5% del fondo per incentivazione sub I) di cui all’art. 66, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987, determinato ‘ ex artt. 59 e segg. decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 348 ‘ e nel rispetto delle prescrizioni contenute negli artt. 67 ss. del d.P.R. n. 270 del 1987, non doveva, quindi, in base al chiaro dato testuale dell’art. 69, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987, essere ripartito fra tutti i dipendenti, ma confluire integralmente ed esclusivamente nel menzionato fondo della categoria B) del personale laureato non medico, costituito, oltre che da siffatto incremento del 5%, pure dalle quote storicamente spettanti, secondo le modalità del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 348, per tale istituto ai laureati non medici.
Con il settimo motivo i ricorrenti principali si dolgono dell’omessa pronuncia, da parte della corte territoriale, sulla domanda di riforma della sentenza di primo grado per erronea applicazione del criterio incrementale ex art. 69, comma 6, d.P.R. n. 270 del 1987.
La doglianza non deve essere esaminata, alla luce dell’a ssorbimento del sesto motivo del ricorso principale.
Deve essere scrutinato, quindi, il primo motivo del ricorso incidentale.
Con tale motivo l’ASL Rieti deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 61, comma 2, e dell’art. 58, comma 5, del CCNL del 5 dicembre 1996 e dell’art. 115 c.p.c. in quanto la corte territoriale avrebbe errato a non detrarre la somma di £ 146.946.000 dal fondo per la categoria B per l’anno 1997.
Infatti, la P.A. ricorrente incidentale deduce che l’art. 58, comma 5, del CCNL 5 dicembre 1996 dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 1997, il fondo per la retribuzione di posizione dei Dirigenti sanitari non medici è incrementato di un importo pari a 60 minuti di plus orario settimanale, calcolati sulla base del trattamento economico previsto dall’art. 61, commi 6 e 7, del d.P.R. n. 384 del 1990 con riferimento alle tre ex posizioni funzionali di provenienza di ciascun dirigente, e che, in corrispondenza degli incrementi citati, ‘vengono proporzionalmente ridotti i fondi degli artt. 60 e 61’.
Sostiene parte ricorrente incidentale che, nel caso in questione, sarebbe stato trasferito dal fondo previsto dall’art. 61 a quello per la retribuzione di posizione dei Dirigenti non medici un importo di £ 146.946.000 e che, quindi, questa somma sarebbe stata percepita dai ricorrenti principali sotto forma di retribuzione di posizione, con la conseguenza che non avrebbero potuto percepirla una seconda volta a titolo di retribuzione di risultato.
Questa circostanza avrebbe dovuto essere considerata come provata in quanto i dipendenti interessati non l ‘ avevano mai contestata.
La doglianza è fondata.
L ‘art. 61, comma 2, lett. a), del CCNL del 5 dicembre 1996, che istituisce il ‘fondo per la retribuzione di risultato relativo ai livelli di produttività ed al miglioramento dei servizi’, prevede, al paragrafo 3, che ‘Dal 1° gennaio 1997, il fondo è decurta to degli importi utilizzati nei fondi previsti dall’art. 58, commi 2 e 4 e dalla medesima data, le aziende ed enti possono, altresì, utilizzare una ulteriore quota del fondo citato sino ad un massimo del 15%, per incrementare, proporzionalmente, i fondi di cui all’art. 58, commi 2 e 4. In tal caso il fondo della presente lettera è ridotto in misura corrispondente e proporzionale alle risorse utilizzate’.
Il fondo disciplinato dall’art. 58, comma 4, del CCNL del 5 dicembre 1996 è proprio quello ‘per la retribuzione di posizione dei Dirigenti de l ruolo sanitario ‘.
Il successivo comma 5 del medesimo art. 58 stabilisce, coerentemente, che:
‘ A decorrere dal 1° gennaio 1997 il fondo di cui al comma 4 è incrementato:
di un importo pari a 60 minuti di plus orario settimanale, calcolati sulla base del trattamento economico previsto dall’art. 61, commi 6 e 7 del D.P.R. 384/1990 con riferimento alle tre ex posizioni funzionali di provenienza di ciascun dirigente. Per i di rigenti di II livello dieci minuti dell’importo trasferito sono comunque finalizzati, con quello del terzo alinea, al finanziamento – almeno nella misura minima dello specifico trattamento economico previsto dall’art. 56;
di un importo pari a 15 ore annue pro capite di lavoro straordinario diurno feriale secondo le tariffe fissate dall’art. 10 del DPR 384/1990 per i dirigenti già appartenenti al IX e X livello;
di un importo pari a n. 65 ore annue pro capite di lavoro straordinario diurno feriale secondo le tariffe fissate dall’art. 10 del DPR 384/1990 per i dirigenti di II livello. Detto trasferimento opera in relazione alla gradualità delle opzioni. In corrispondenza degli incrementi citati vengono proporzionalmente ridotti i fondi degli art. 60 e 61. Dal 1° gennaio 1997 l’istituto del lavoro straordinario per i Dirigenti di II livello del ruolo sanitario è abrogato e per quelli di I livello ridotto della quota utilizzata nel presente comma, secondo alinea ‘ .
Indubbiamente, alcuni incrementi del fondo per la retribuzione di posizione dei dirigenti sanitari non medici si traducono, in base al chiaro disposto degli artt. 58 e 61 del CCNL del 5 dicembre 1996, in riduzioni del fondo per la retribuzione di risultato del quale si discute.
Per l’esattezza, come sopra chiarito, le decurtazioni che può subire il fondo per la retribuzione di risultato de quo sono due:
-quella pari agli importi utilizzati nei fondi previsti dall’art. 58, commi 2 e 4 (nel caso in esame, viene in considerazione quello indicato al comma 4);
-quella corrispondente ad un’ulteriore quota del fondo citato (ossia quello per la retribuzione di risultato) sino ad un massimo del 15%, per incrementare, proporzionalmente, i fondi di cui all’art. 58, commi 2 e 4.
La corte territoriale ha, quindi, errato ad approvare le conclusioni del CTU che aveva assorbito la prima riduzione nella seconda, pur se computata nella misura massima del 15%.
Infatti, le due decurtazioni sono distinte e, quindi, ove ne ricorrano i presupposti, vanno computate separatamente e sommate.
In particolare, la prima è doverosa, mentre la seconda è discrezionale.
Parte ricorrente incidentale ha lamentato la mancata detrazione dal fondo per la retribuzione di risultato de quo d ell’ importo, indicato al l’art. 58, comma 5, del CCNL 5 dicembre 1996 , ‘ pari a 60 minuti di plus orario settimanale, calcolati sulla base del trattamento economico previsto dall’art. 61, commi 6 e 7 del D.P.R. 384/1990 con riferimento alle tre ex posizioni funzionali di provenienza di ciascun dirigente ‘ .
Il giudice era tenuto , allora, ad accertare l’ammontare della somma de qua e non poteva limitarsi ad includerla nella riduzione sino ad un massimo del 15% del fondo per la retribuzione di risultato.
Al contrario, la corte territoriale ha fatto propria la citata riduzione del 15% operata dal CTU sul fondo per la retribuzione di risultato rilevando, al contempo, come mancasse ‘documentazione fornita dalla ASL circa le risorse effettivamente utilizzate per incrementare i fondi per la retribuzione di posizione’.
Questo esito è, però, oltre che contrario alla contrattazione collettiva menzionata, anche estremamente contraddittorio, non essendo chiaro come abbia potuto la Corte d’appello di Roma riconoscere la riduzione discrezionale, per di più nella misura massima del 15%, ma non quella automatica, in assenza di ‘documentazione fornita dalla ASL circa le risorse effettivamente utilizzate per incrementare i fondi per la retribuzione di posizione’.
Ovviamente entrambi gli incrementi in questione (e le corrispondenti riduzioni) devono essere provati e l’onere della dimostrazione del loro verificarsi grava ex art. 2697 c.c. sulla P.A. interessata che ne abbia dedotto l’esistenza (per considerazioni al riguardo si legga in motivazione Cass., Sez. L, n. 7110 del 9 marzo 2023, non massimata sul punto), che potrà soddisfarlo eventualmente producendo bilanci od altra documentazione contabile.
In particolare, diversamente da quanto opinato dalla parte ricorrente incidentale, non può essere considerata sufficiente, al fine dell’adempimento del detto onere della prova, una generica mancanza di difesa del dipendente in ordine alla quantificazione della detrazione operata dalla P.A., qualora vi sia stata, come hanno fatto, nella specie, i ricorrenti principali, una complessiva contestazione dell’intera impostazione difensiva della P.A. datrice di lavoro.
Pertanto, in ordine al ricorso principale, sono assorbiti il sesto ed il settimo motivo, nei termini di cui in motivazione, rigettati gli altri, mentre è accolto il ricorso incidentale.
La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di lite, disponendo una nuova consulenza tecnica che rispetti i seguenti principi di diritto:
‘ L’art. 1, comma 2, CCNL del 12 luglio 2001 sull’interpretazione autentica dell’art. 61, comma 2, lett. a), del CCNL 1994 -1997, Dirigenza sanitaria, professionale tecnica ed amministrativa del SSN del 5 dicembre 1996, va interpretato nel senso che, con riguardo alla formazione del fondo di cui all’a rt. 61, comma 2, lett. a), del CCNL 1994- 1997 relativo alla Dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del SSN del 5 dicembre 1996, nelle
cosiddette quote storiche spettanti non rientra la quota pari al 70% del risparmio derivante dalla distribuzione diretta all’utenza di farmaci, presidi e prodotti previsti dall’assistenza farmaceutica integrativa, nonché per la produzione in proprio di prodotti galenici ex art. 62, comma 3, d.P.R. n. 384 del 1990 (c.d. risparmio farmaceutico) maturata successivamente al 31 dicembre 1996 ‘;
‘ Il fondo della retribuzione di risultato del personale dirigente sanitario non medico di cui all’art. 61, comma 2, del CCNL del 5 dicembre 1996, prima di essere ripartito fra gli aventi diritto, deve essere quantificato secondo le previsioni del d.P.R. n. 384 del 1990, sulla base del valore unitario del plus orario, come determinato nell’art. 61, comma 7, moltiplicato per il numero massimo delle ore di plus orario consentito, ex art. 61, comma 2, dello stesso d.P.R., e per le unità di personale impegnato nell’attività incentivata; così individuata la quota massima spendibile, ad essa va applicata la riduzione del trenta per cento, prevista dall’art. 8, comma 3, della legge n. 537 del 1993 ‘;
‘ L’incremento del 5% del fondo per incentivazione sub I) di cui all’art. 66, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987 previsto dall’art. 69, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987 deve confluire integralmente nel fondo della categoria B) del personale laureato non medico ‘;
‘ L’incremento del 5% del fondo per incentivazione sub I) di cui all’art. 66, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987 previsto dall’art. 69, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987 va calcolato in aumento su quest’ultimo fondo, il quale va determinato ai sensi degli artt. 59 ss. del d.P.R. n. 348 del 25 giugno 1983 e nel rispetto delle prescrizioni contenute negli artt. 67 ss. del d.P.R. n. 270 del 1987, che ne regolano il finanziamento e la ripartizione e prescrivono che l’attività connessa all’istituto delle incentivazioni sub I) ex art. 66, comma 6, citato va svolta in plus orario, stabilito in base al disposto dell’art. 71 d.P.R. n. 270 del 1987 ‘;
‘ L’art. 61, comma 2, lett. a), par. 3, del CCNL del 5 dicembre 1996, che istituisce il fondo per la retribuzione di risultato relativo ai livelli di produttività ed al miglioramento dei servizi, prevede, in favore dei fondi per la retribuzione di posizione di cui al precedente art. 58, commi 2 e 4, due decurtazioni:
la prima, doverosa, è pari agli importi utilizzati in questi ultimi fondi ed indicati ai commi 3 e 5 del medesimo art. 58;
-la seconda, discrezionale, equivale ad un’ulteriore quota, sino ad un massimo del 15%, del citato fondo per la retribuzione di risultato ed è destinata ad incrementare, proporzionalmente, i menzionati fondi ex art. 58, commi 2 e 4.
Tali decurtazioni sono fra loro distinte e, quindi, ove ne ricorrano i presupposti, vanno computate separatamente e sommate, in questo caso riducendosi il fondo per la retribuzione di risultato in misura corrispondente e proporzionale alle risorse impiegate ‘;
‘ Il trasferimento di risorse dal fondo di cui all’art. 61, comma 2, lett. a), del CCNL 5 dicembre 1996 a quelli previsti dall’art. 58, comm i 2 e 4, del CCNL del 5 dicembre 1996 deve essere dimostrato, eventualmente producendo bilanci od altra documentazione contabile, dalla P.A. interessata, sulla quale grava ex art. 2697 c.c. il relativo onere della prova ‘.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso incidentale, con assorbimento del sesto e settimo motivo del ricorso principale nei termini di cui in motivazione, rigettati gli altri motivi di quest’ultimo ricorso;
-cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in