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Retribuzione di risultato: calcolo del fondo dirigenti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1238/2024, ha chiarito i criteri per il calcolo della retribuzione di risultato dei dirigenti sanitari non medici. La controversia riguardava la quantificazione del fondo per gli anni 1997-2007. La Corte ha stabilito che il fondo deve basarsi sui dati storici del 1993, escludendo il ‘risparmio farmaceutico’ maturato successivamente. Inoltre, ha accolto il ricorso dell’Azienda Sanitaria, censurando il calcolo basato su una percentuale fissa e stabilendo che deve fondarsi su parametri specifici, come il valore del plus orario e il numero di dipendenti. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova quantificazione.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione di Risultato Dirigenti Sanitari: La Cassazione Fissa i Paletti di Calcolo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1238 del 2024, è intervenuta su una complessa questione riguardante la retribuzione di risultato dei dirigenti sanitari non medici, definendo i criteri per il corretto calcolo del relativo fondo. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sull’interpretazione dei contratti collettivi e delle norme che regolano la materia, con un impatto significativo sulla gestione delle risorse umane nel settore pubblico.

I Fatti della Causa

La vicenda nasce dal ricorso di un gruppo di dirigenti sanitari non medici di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL). Essi sostenevano che, per il decennio dal 1997 al 2007, l’ASL avesse erroneamente calcolato il fondo destinato alla loro retribuzione di risultato, liquidando importi inferiori a quelli spettanti. Le doglianze principali si concentravano su due presunti errori:
1. La mancata inclusione nel fondo del cosiddetto “risparmio farmaceutico” per l’anno 1997, il cui valore avrebbe dovuto, a loro dire, consolidarsi per gli anni successivi.
2. Un errore nel calcolo dell’ammontare storico del fondo per la loro categoria per gli anni dal 1983 al 1989.

Mentre il Tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto le richieste dei dirigenti, la Corte d’Appello aveva ridotto ulteriormente le somme, portando i lavoratori a ricorrere in Cassazione. L’ASL, a sua volta, ha risposto con un controricorso e un ricorso incidentale, contestando la metodologia di calcolo applicata nei gradi di merito.

La Questione del Risparmio Farmaceutico nella Retribuzione di Risultato

Uno dei punti centrali del contendere era se il 70% del risparmio farmaceutico, maturato nel 1997, dovesse essere aggiunto al fondo per la retribuzione di risultato di quell’anno e, di conseguenza, consolidarsi per il futuro. La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi. I giudici hanno chiarito che la normativa contrattuale (in particolare l’art. 61 del CCNL del 5 dicembre 1996) prevedeva un rinvio “statico” e non “dinamico” alla normativa precedente. Il fondo per il 1997 doveva essere determinato sulla base della situazione esistente nel 1993, cristallizzando l’importo a quella data, al netto di specifiche decurtazioni previste per legge. Poiché il risparmio farmaceutico in questione era stato realizzato nel 1997, non poteva essere retroattivamente incluso in un fondo la cui base di calcolo era ancorata a un anno precedente (il 1993). Questa interpretazione mira a garantire il contenimento della spesa pubblica, evitando che nuove voci di risparmio generino automaticamente aumenti permanenti dei fondi retributivi.

L’Errato Calcolo del Fondo Complessivo

La Corte ha invece accolto il ricorso incidentale dell’ASL, ritenendo fondata la critica mossa al calcolo del fondo di produttività complessivo. Nei precedenti gradi di giudizio, il calcolo era stato effettuato applicando una percentuale fissa (il 13,41%) per determinare la quota spettante alla categoria dei dirigenti non medici. Secondo la Cassazione, questo metodo è errato perché non tiene conto dei criteri specifici previsti dalla normativa e ribaditi dalle Sezioni Unite. La quantificazione del fondo deve avvenire secondo un procedimento preciso:
1. Si parte dal valore unitario del plus orario.
2. Lo si moltiplica per il numero massimo di ore di plus orario consentite.
3. Il risultato va moltiplicato per il numero di dipendenti impegnati nell’attività incentivata.
4. All’importo così ottenuto, che rappresenta la quota massima spendibile, si applica la riduzione prevista dalla legge (in questo caso, del 30%).
L’utilizzo di una percentuale fissa, che non considera questi parametri variabili, viola il principio di parità di trattamento e porta a una determinazione non corretta del fondo.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Suprema Corte si fonda su un’attenta ricostruzione del quadro normativo e contrattuale che ha segnato il passaggio dal vecchio al nuovo sistema di retribuzione. I giudici hanno sottolineato come l’intento del legislatore e delle parti sociali fosse quello di ancorare il nuovo fondo di risultato a una base storica certa, ovvero le “quote storiche spettanti” determinate secondo le regole vigenti prima della privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego. L’interpretazione autentica del CCNL ha chiarito che queste quote non corrispondono a quanto effettivamente “speso” in un dato anno, ma a quanto “spettante” in base ai massimali e ai criteri previsti dalla normativa (d.P.R. 384/1990). Questa scelta regolativa, come evidenziato dalla Corte, risponde a una logica di controllo dei costi e di razionalizzazione della spesa pubblica. Accogliere le tesi dei ricorrenti avrebbe significato introdurre un rinvio “mobile” alla vecchia normativa, con il rischio di un notevole aggravio di spesa per le ASL.

Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa a un’altra sezione della Corte d’Appello di Roma. Il giudice del rinvio dovrà procedere a una nuova quantificazione del fondo, attenendosi scrupolosamente ai principi di diritto enunciati. La sentenza riafferma la necessità di un calcolo rigoroso e storicamente fondato per la retribuzione di risultato, escludendo automatismi e interpretazioni estensive che possano compromettere l’equilibrio dei conti pubblici. Per i dirigenti e le amministrazioni, ciò significa che ogni componente variabile della retribuzione deve essere calcolata secondo parametri oggettivi e predeterminati, senza possibilità di includere voci non espressamente previste dalla contrattazione collettiva al momento della costituzione del fondo.

Il ‘risparmio farmaceutico’ maturato in un anno deve essere incluso nel calcolo del fondo per la retribuzione di risultato degli anni successivi?
No. Secondo la Corte, il fondo per la retribuzione di risultato istituito dal CCNL del 1996 doveva essere calcolato sulla base dei dati consolidati all’anno 1993. Pertanto, un risparmio maturato successivamente, come quello del 1997, non può rientrare nelle ‘quote storiche’ che costituiscono la base del fondo.

Come si determinano le ‘quote storiche’ per il calcolo del fondo di risultato dei dirigenti sanitari non medici?
Le ‘quote storiche’ non si basano su una percentuale fissa, ma devono essere quantificate secondo le previsioni del d.P.R. n. 384 del 1990. Il calcolo si effettua moltiplicando il valore unitario del plus orario per il numero massimo di ore consentite e per il numero di dipendenti coinvolti. A tale importo, che costituisce la quota massima spendibile, va applicata la riduzione percentuale prevista dalla legge.

L’incremento del 5% del fondo di incentivazione va ripartito tra tutto il personale o destinato a una specifica categoria?
La Corte ha chiarito che l’incremento del 5% del fondo per incentivazione, previsto dall’art. 69, comma 6, del d.P.R. n. 270 del 1987, non doveva essere ripartito tra tutti i dipendenti, ma doveva confluire integralmente ed esclusivamente nel fondo della categoria B) del personale laureato non medico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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