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Retribuzione di posizione negata a precari regionali

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un gruppo di dipendenti a tempo determinato di un’amministrazione regionale che richiedevano il riconoscimento della retribuzione di posizione. I lavoratori, assunti con qualifiche tecniche, sostenevano di aver diritto al trattamento economico completo della terza fascia dirigenziale dopo una riorganizzazione normativa. La Corte ha stabilito che la norma sulla transizione a tale fascia aveva carattere transitorio ed era riservata solo al personale di ruolo già in possesso della qualifica dirigenziale, escludendo quindi i ricorrenti che non soddisfacevano tale requisito.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione di Posizione Negata a Precari Regionali: La Cassazione Fa Chiarezza

L’ordinanza n. 5081/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel pubblico impiego: il diritto alla retribuzione di posizione per i lavoratori a tempo determinato. La Suprema Corte ha stabilito che l’equiparazione economica tra personale precario e di ruolo non è automatica, specialmente quando l’accesso a determinate qualifiche e ai relativi benefici economici è regolato da norme transitorie e specifiche, destinate unicamente al personale di ruolo.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un gruppo di professionisti tecnici, assunti con contratti a tempo determinato da un’amministrazione regionale per essere impiegati in progetti di pubblica utilità. I loro contratti prevedevano un trattamento economico iniziale corrispondente a quello dell’VIII livello del personale regionale.

Successivamente, una legge regionale ha soppresso l’VIII livello, facendolo confluire nella terza fascia dirigenziale. I lavoratori hanno quindi richiesto il riconoscimento del trattamento economico completo previsto per tale fascia, inclusa la cosiddetta retribuzione di posizione, una componente fissa dello stipendio legata alle responsabilità dell’incarico. La Regione aveva invece concesso loro solo lo stipendio tabellare base della nuova fascia, escludendo gli emolumenti accessori.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le richieste dei lavoratori, motivando che il loro contratto non prevedeva un inquadramento in una fascia specifica, ma solo un trattamento economico parametrato per relationem a quello del personale di ruolo, senza un’estensione automatica di tutti gli istituti contrattuali. I lavoratori hanno quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e la Retribuzione di Posizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato, confermando la decisione dei giudici di merito. I giudici hanno chiarito che l’equiparazione tra lavoratori a tempo determinato e personale di ruolo non può estendersi a benefici economici derivanti da norme speciali e transitorie.

Il punto centrale della decisione è l’interpretazione della legge regionale che ha istituito la terza fascia dirigenziale. Secondo la Corte, questa norma aveva un carattere transitorio ed era specificamente riservata al personale tecnico di ruolo già in servizio al momento della sua entrata in vigore. Non era, quindi, una norma di inquadramento generale applicabile a tutti.

Di conseguenza, i ricorrenti, essendo lavoratori a tempo determinato, non possedevano la ‘qualifica dirigenziale’ richiesta, il cui accesso è subordinato a un pubblico concorso. Pertanto, non potevano beneficiare del passaggio automatico alla terza fascia dirigenziale né, di conseguenza, della relativa retribuzione di posizione.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano su due pilastri fondamentali.

In primo luogo, dal punto di vista procedurale, il ricorso è stato giudicato inammissibile per aver criticato l’interpretazione del contratto individuale di lavoro da parte della Corte d’Appello limitandosi a proporre una lettura alternativa, senza specificare quali canoni ermeneutici fossero stati violati. Allo stesso modo, il riferimento a una precedente sentenza favorevole (giudicato) è stato ritenuto troppo generico per poter essere valutato.

Nel merito, la motivazione decisiva riguarda la natura della normativa regionale. La legge che ha istituito la terza fascia dirigenziale non era destinata a inquadrare ex novo il personale, ma a gestire una fase di transizione per una categoria specifica di dipendenti già di ruolo e con determinate qualifiche. Mancando questi presupposti, i lavoratori a tempo determinato non potevano rivendicare un diritto che la legge non aveva mai inteso concedere loro. La Corte ha ribadito che l’attribuzione di qualifiche dirigenziali nel pubblico impiego segue regole rigorose, legate al superamento di concorsi pubblici, e non può derivare da un’interpretazione estensiva di norme transitorie.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio importante nel diritto del lavoro pubblico: la parità di trattamento tra lavoratori a termine e a tempo indeterminato trova un limite nelle disposizioni normative che legano specifici benefici a requisiti formali, come il possesso di una determinata qualifica ottenuta tramite concorso. Il semplice svolgimento di mansioni analoghe o il riferimento contrattuale a un certo livello retributivo non sono sufficienti per rivendicare l’applicazione di istituti economici, come la retribuzione di posizione, se la legge li riserva a categorie di personale con uno status giuridico differente. Per le amministrazioni pubbliche, questa decisione rafforza la legittimità di differenziare i trattamenti economici accessori in base allo status giuridico del dipendente, mentre per i lavoratori a termine sottolinea l’importanza di analizzare non solo il contratto individuale ma anche la normativa specifica che regola l’inquadramento e la progressione di carriera del personale di ruolo.

Un dipendente a tempo determinato può pretendere lo stesso identico trattamento economico di un dipendente di ruolo?
No. Secondo la Corte, il principio di parità di trattamento ha dei limiti. Se una norma speciale, come quella in esame, riserva determinati benefici (in questo caso la retribuzione di posizione legata alla qualifica dirigenziale) solo al personale di ruolo che possiede specifici requisiti, il lavoratore a tempo determinato non può pretenderli, anche se svolge mansioni simili.

Perché è stata negata la retribuzione di posizione ai lavoratori?
È stata negata perché la norma regionale che ha istituito la terza fascia dirigenziale era una disposizione transitoria, destinata esclusivamente al personale tecnico già di ruolo e in servizio. I ricorrenti, essendo dipendenti a tempo determinato, non rientravano in questa specifica categoria e non possedevano la qualifica dirigenziale formale, che si ottiene solo tramite concorso pubblico.

Cosa significa che una norma ha ‘carattere transitorio’?
Significa che la norma è stata creata per gestire una situazione specifica e limitata nel tempo, come il passaggio da un vecchio a un nuovo sistema di inquadramento. Non è una regola generale e permanente, ma si applica solo alla situazione e ai soggetti espressamente indicati per quel periodo di transizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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