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Retribuzione di posizione: la modifica è legittima?

Un dirigente del settore pubblico ha contestato la riduzione della sua retribuzione di posizione, sostenendo vizi procedurali. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che il giudice non può sostituirsi alla Pubblica Amministrazione nelle valutazioni discrezionali. La decisione evidenzia l’importanza di contestare tempestivamente gli atti e i limiti del ricorso in caso di ‘doppia conforme’ dei giudizi di merito.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione di Posizione: Quando e Come Può Essere Modificata? Il Parere della Cassazione

La determinazione e la modifica della retribuzione di posizione nel pubblico impiego rappresentano un tema delicato, all’incrocio tra l’autonomia gestionale della Pubblica Amministrazione e i diritti del dirigente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti del sindacato del giudice in questa materia e sull’onere del dipendente di contestare tempestivamente e correttamente gli atti amministrativi. Analizziamo insieme il caso per comprendere la portata di questa decisione.

I Fatti del Caso: La Riduzione dello Stipendio di un Dirigente Pubblico

Un dirigente della Polizia Municipale di un comune siciliano si era visto ridurre significativamente la propria retribuzione di posizione. Inizialmente fissata a oltre 36.000 euro annui, era stata progressivamente abbassata a circa 9.000 euro a seguito di nuovi provvedimenti dell’ente. Il dirigente ha agito in giudizio, chiedendo il ripristino dell’importo originario per gli anni dal 2010 al 2013, sostenendo che la riduzione fosse illegittima.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le sue richieste. Il dirigente ha quindi deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, basando le sue argomentazioni su presunti vizi procedurali e di violazione di legge.

L’Analisi della Corte e i Limiti all’Impugnazione sulla retribuzione di posizione

La Corte di Cassazione ha esaminato i quattro motivi di ricorso presentati dal dirigente, dichiarandoli tutti inammissibili. Vediamo nel dettaglio le ragioni giuridiche che hanno portato a questa conclusione.

La “Pesatura delle Funzioni” e l’Accertamento di Fatto

Il ricorrente lamentava che l’ente non avesse effettuato una nuova e necessaria “pesatura delle funzioni”, ovvero quella valutazione complessa che giustifica il livello della retribuzione. La Cassazione ha respinto questa censura, sottolineando che la Corte d’Appello aveva accertato in fatto che tale nuova valutazione era effettivamente contenuta in una determina dirigenziale del 2011. Questo tipo di accertamento, essendo una valutazione di merito, non può essere contestato in sede di legittimità.

Il Principio del Contrarius Actus e la Tardività della Contestazione

Un altro punto sollevato riguardava la violazione del principio del contrarius actus. Secondo il dirigente, l’atto che ha ridotto la retribuzione proveniva da un organo (un dirigente) diverso e gerarchicamente inferiore rispetto a quello (la Giunta municipale) che l’aveva originariamente stabilita. Anche in questo caso, la Corte ha dichiarato il motivo inammissibile. La ragione è sottile ma cruciale: il ricorrente non aveva impugnato specificamente la parte della sentenza d’appello che riteneva ormai irrilevante ogni contestazione sulla competenza relativa al provvedimento del 2008, rendendo la questione non più esaminabile.

La “Doppia Conforme” e l’Inammissibilità dei Vizi di Motivazione

Infine, le critiche relative all’omessa valutazione di fatti decisivi e alla motivazione illogica o apparente si sono scontrate con il cosiddetto principio della “doppia conforme”. Poiché la sentenza d’appello aveva confermato la decisione di primo grado, la legge preclude la possibilità di contestare in Cassazione un vizio di motivazione su un fatto storico. La Corte ha inoltre ribadito che i giudici di merito avevano espressamente riconosciuto l’esistenza di una nuova pesatura degli incarichi, escludendo quindi qualsiasi vizio motivazionale.

Le Motivazioni della Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha riaffermato un principio cardine del rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato: il giudice non può sostituirsi alle valutazioni discrezionali del datore di lavoro pubblico. Il controllo giurisdizionale sulla graduazione della retribuzione di posizione è limitato alla verifica del rispetto delle regole procedurali e dei principi di correttezza e buona fede. Il dipendente che si ritiene leso può chiedere la ripetizione della procedura o il risarcimento del danno, ma non può chiedere al giudice di determinare direttamente l’importo della retribuzione.

Nel caso specifico, il ricorrente aveva chiesto direttamente l’ottenimento di una somma di denaro, senza prima contestare con successo la procedura valutativa. Inoltre, le sue critiche procedurali sono state ritenute tardive o formulate in modo non ammissibile in sede di legittimità.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza fornisce due importanti lezioni pratiche per i dirigenti del settore pubblico:
1. Tempestività e Precisione: Qualsiasi contestazione relativa alla legittimità di un atto che modifica la retribuzione deve essere sollevata in modo tempestivo e preciso fin dai primi gradi di giudizio. Omettere di impugnare uno specifico capo della sentenza d’appello può precludere la discussione di quel punto in Cassazione.
2. Limiti dell’Azione Giudiziaria: L’azione in giudizio non può mirare a ottenere una determinazione della retribuzione da parte del giudice. L’obiettivo deve essere quello di far accertare l’illegittimità della procedura seguita dall’amministrazione, al fine di ottenerne la ripetizione in modo corretto o, in alternativa, il risarcimento del danno subito.

Un giudice può modificare la valutazione dell’amministrazione sulla retribuzione di posizione di un dirigente?
No, il giudice non può sostituirsi al datore di lavoro pubblico nella formulazione del giudizio valutativo. Il suo controllo è limitato al rispetto delle regole procedurali e dei principi di correttezza e buona fede, non potendo entrare nel merito della quantificazione della retribuzione.

È possibile contestare la riduzione della retribuzione se l’atto che la dispone proviene da un organo diverso da quello che l’aveva stabilita?
Sì, è possibile invocare la violazione del principio del contrarius actus, ma la contestazione sulla competenza dell’organo deve essere sollevata tempestivamente e correttamente nei gradi di merito. Se la questione non viene adeguatamente coltivata in appello, non può essere riproposta per la prima volta in Cassazione.

Cosa accade se si contesta un vizio di motivazione della sentenza d’appello quando questa ha confermato pienamente la sentenza di primo grado?
In caso di ‘doppia conforme’, ovvero quando le sentenze di primo e secondo grado giungono alla medesima conclusione sui fatti, la legge preclude la possibilità di ricorrere in Cassazione per il vizio di omessa valutazione di un fatto decisivo. Il motivo di ricorso, in tal caso, viene dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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