Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7417 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 7417 Anno 2025
Presidente: RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 2949/2020 proposto da:
COGNOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-ricorrente –
contro
Comune di Taormina, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Messina n. 390/2019 pubblicata il 18 luglio 2019, RG 598/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME, dirigente del Corpo di P.M. presso il Comune di Taormina, ha esposto, con ricorso al Tribunale di Messina, di avere goduto, in virtù di delibera di Giunta municipale n. 256/01, di una retribuzione di posizione pari a € 36.151,98 annui, poi ridotto a € 23.439,34 per l’anno 2008 e a € 9.000,00, per l’anno 2009, in virtù di delibera sindacale n. 39 del 2008.
Ha chiesto, quindi, il ripristino dell’originario importo di detta retribuzione di posizione per gli anni dal 2010 al 2013.
Il Tribunale di Messina, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1064/16, ha rigettato il ricorso.
NOME COGNOME ha proposto appello che la Corte d’appello di Messina, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 390/19, ha rigettato.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Il Comune di Taormina si è difeso con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 d.lgs. n. 165 del 2001 con riferimento all’art. 27 CCNL 23 dicembre 1999 (integrativo dell’art. 39 CCNL 10 aprile 1996) in quanto la corte territoriale avrebbe rite nuto come esistente e provata la ritenuta necessaria ‘pesatura delle funzioni’ attribuite e delle connesse responsabilità pur in assenza di alcuna variazione delle funzioni in relazione alla precedente pesatura.
In particolare, il Comune di Taormina non avrebbe provato l’adozione di una nuova pesatura delle funzioni dopo quella effettuata con atto della Giunta municipale n. 256 del 2001.
1.1. La censura è inammissibile.
Infatti, la corte territoriale ha ritenuto che tale pesatura vi fosse stata con determina dirigenziale n. 39 del 7 febbraio 2011, a far data dal 31 dicembre 2009. Pertanto, sul punto vi è stato un accertamento di merito del giudice di appello non contestabile in quanto tale nella presente sede.
D’altronde, si osserva che non è neppure possibile valutare il contenuto delle delibere menzionate dal ricorrente, atteso che non è stato riportato nel dettaglio, almeno in sintesi rilevante , nell’atto di impugnazione .
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 del d.lgs. n. 165 del 2001, con riferimento all’art. 27 del CCNL 23 dicembre 1999, integrativo dell’art. 39 CCNL 10 aprile 1996, in relazione all’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 165 del 2001 e al principio generale del contrarius actus .
Sostiene che la corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che la retribuzione di posizione di un dirigente potesse essere ridotta con atto di dirigente di altro servizio quando, invece, la pesatura delle funzioni dirigenziali avrebbe dovuto essere ado ttata dal vertice collegiale dell’Ente.
Afferma che l’atto del Dirigente del Servizio del Personale del 2011 non avrebbe fatto riferimento alla modifica della delibera di G.M. n. 251 del 2001.
2.1. La censura è inammissibile.
Lo stesso ricorrente, infatti, individua come atto che aveva disposto la riduzione della sua retribuzione di posizione il provvedimento sindacale n. 39 del 29 agosto 2008 del Sindaco di Taormina, del quale l’atto dirigenziale del 2011 costituiva semplice esecuzione.
Al riguardo, il ricorrente non ha impugnato la pronuncia di appello, nella parte in cui ha ritenuto irrilevante, per ragioni temporali, ogni contestazione concernente detto provvedimento del 2008, con l’effetto che, ormai, la tematica della competenza a em ettere l’atto di pesatura degli incarichi non può più essere presa in esame.
D’altronde, per costante giurisprudenza, nel pubblico impiego contrattualizzato, la graduazione della retribuzione di posizione in rapporto a ciascuna tipologia d’incarico può essere sindacata dal giudice unicamente sotto il profilo del rispetto delle regole procedimentali cui l’esercizio del potere è subordinato, nonché degli obblighi di correttezza e buona fede, i quali implicano il divieto di perseguire intenti discriminatori o ritorsivi e di determinarsi sulla base di motivazioni non ragionevoli; in tali casi, il dipendente può esercitare l’azione di esatto adempimento, al fine di ottenere la ripetizione della procedura
valutativa, ovvero domandare il risarcimento del danno, non potendo il giudice sostituirsi al datore di lavoro nella formulazione del giudizio (Cass., Sez. L, n. 26615 del 18 ottobre 2019, che ha espresso questo principio, di chiara portata generale, con riferimento al personale del comparto università).
Nella specie, però, il ricorrente non ha chiesto di ripetere la procedura o il risarcimento del danno, ma direttamente l’ottenimento dell’importo di denaro reclamato.
Con il terzo motivo il ricorrente contesta l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio comportante una motivazione apparente o, comunque, illogica e contraddittoria, ossia il fatto storico dell’omessa ripesatura del suo incarico dirigenziale.
3.1. La censura è inammissibile.
In primo luogo, si verte in un’ipotesi di c.d. doppia conforme, il che preclude la proposizione della doglianza ex art. 360 n. 5 c.p.c.
Inoltre, la corte territoriale ha espressamente affermato che il provvedimento del 2011 conteneva una nuova pesatura degli incarichi dirigenziali, il che esclude qualsiasi violazione concernente il profilo motivazionale.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omessa, errata e contraddittoria valutazione su un fatto decisivo comportante una motivazione apparente, manifestamente contraddittoria e illogica, prospettando nuovamente che il provvedimento del 2011 non avrebbe contenuto una nuova pesatura degli incarichi.
4.1. La censura è inammissibile, in quanto, come sopra affermato, il giudice di appello ha accertato in concreto che il detto provvedimento conteneva una nuova pesatura degli incarichi.
In ogni caso, l’interpretazione di tale provvedimento non è stata criticata richiamando la violazione dei criteri interpretativi previsti dal codice civile, il che la rende ormai non oppugnabile.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in € 4.500,00 per compenso professionale e in € 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge e alle spese generali nella misura del 15%.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro il 21