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Retribuzione di posizione: illegittima la riduzione

Una Azienda Sanitaria Locale riduceva unilateralmente la retribuzione di posizione variabile di alcuni dirigenti medici, i quali ottenevano decreti ingiuntivi per il pagamento delle differenze. La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha rigettato il ricorso dell’Azienda, confermando che tale riduzione è un atto di gestione del rapporto di lavoro privato e non un atto di macro-organizzazione. È stato stabilito che la retribuzione di posizione variabile è irriducibile e non può mai scendere al di sotto del minimo contrattuale, escludendo così anche la possibilità di compensazione per presunti pagamenti in eccesso.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione di Posizione: La Cassazione Conferma l’Illegittimità della Riduzione Unilaterale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande rilevanza per i dirigenti del settore pubblico, in particolare quello sanitario. Al centro della controversia vi è la legittimità della riduzione unilaterale della retribuzione di posizione da parte di un’Azienda Sanitaria Locale. La decisione chiarisce i confini tra gli atti di gestione del rapporto di lavoro, di competenza del giudice ordinario, e gli atti di macro-organizzazione, riservati alla giurisdizione amministrativa, offrendo importanti tutele ai dipendenti.

I Fatti del Caso: Una Controversia sulla Retribuzione

La vicenda trae origine dall’azione di alcuni dirigenti medici che si sono visti ridurre la componente variabile della loro retribuzione di posizione. Ritenendo tale decurtazione illegittima, i medici hanno ottenuto dal Tribunale dei decreti ingiuntivi che ordinavano all’Azienda Sanitaria Locale (ASL) il pagamento delle differenze retributive non corrisposte.

L’ASL si è opposta a tali decreti, ma sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione ai dirigenti. La Corte territoriale, in particolare, ha affermato che la riduzione dello stipendio, essendo un atto assunto dall’amministrazione in qualità di datore di lavoro privato, rientrava nella giurisdizione del giudice ordinario e che tale riduzione era ingiustificata. L’Azienda Sanitaria ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basando la propria difesa su quattro motivi principali.

L’Analisi Giuridica della Corte e la questione sulla retribuzione di posizione

L’Azienda Sanitaria ricorrente ha sollevato diverse questioni dinanzi alla Suprema Corte:

1. Errore procedurale: lamentava che la Corte d’Appello avesse deciso in modo uniforme cause che, a suo dire, presentavano domande e motivazioni diverse, violando il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
2. Difetto di giurisdizione: sosteneva che la determinazione dei fondi per il trattamento economico fosse un atto di macro-organizzazione, soggetto alla cognizione del giudice amministrativo, e che quindi l’amministrazione avesse il potere di intervenire unilateralmente sulla retribuzione.
3. Errata interpretazione del Contratto Collettivo (CCNL): secondo l’ASL, la retribuzione di posizione minima contrattuale era dovuta solo come integrazione, qualora la componente variabile non avesse raggiunto un certo importo, circostanza che a suo avviso non si era verificata.
4. Compensazione del credito: l’Azienda chiedeva di compensare le somme richieste dai medici con importi che asseriva di aver pagato in eccesso a titolo di retribuzione di posizione variabile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’Azienda Sanitaria, fornendo una chiara interpretazione delle norme contrattuali e dei principi in materia di giurisdizione.

Innanzitutto, la Corte ha confermato la giurisdizione del giudice ordinario. La decisione di ridurre lo stipendio dei singoli dirigenti non è un atto di macro-organizzazione che definisce le linee fondamentali dell’ente, ma un atto di gestione del singolo rapporto di lavoro. In questi casi, la Pubblica Amministrazione agisce con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato, e le relative controversie spettano al giudice del lavoro.

Nel merito, la Suprema Corte ha disatteso l’interpretazione del CCNL proposta dall’ASL. Ha stabilito un principio fondamentale: la retribuzione di posizione dovuta al dirigente è quella che risulta dalla graduazione delle funzioni, ma non può mai essere inferiore alla retribuzione di posizione minima contrattuale. Se la componente variabile risulta inferiore al minimo, scatta un’integrazione obbligatoria (conguaglio) fino a raggiungere tale soglia.

Di conseguenza, la retribuzione di posizione variabile, essendo destinata a remunerare il valore specifico della funzione ricoperta, è da considerarsi irriducibile. Questa interpretazione ha reso infondata anche la richiesta di compensazione: non essendoci stato alcun pagamento in eccesso da parte dell’ASL, ma solo l’erogazione di quanto contrattualmente dovuto, non esisteva alcun contro-credito da opporre in compensazione alle somme legittimamente richieste dai medici.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rafforza le tutele per i dirigenti del pubblico impiego. Le conclusioni principali che se ne possono trarre sono due:

1. Distinzione tra gestione e organizzazione: La riduzione di uno stipendio è un atto di micro-gestione del rapporto di lavoro, soggetto alle regole del diritto privato e alla giurisdizione del giudice ordinario. Gli atti di macro-organizzazione, di competenza amministrativa, sono solo quelli che definiscono le strutture e le risorse generali dell’ente.
2. Irriducibilità della retribuzione di posizione: La componente variabile della retribuzione di posizione è un diritto quesito del dirigente e non può essere ridotta unilateralmente dal datore di lavoro. Esiste una soglia minima, garantita dal contratto collettivo, al di sotto della quale la retribuzione non può scendere. Questo principio protegge la stabilità economica del lavoratore e il valore della sua funzione professionale.

Può un’Azienda Sanitaria Locale ridurre unilateralmente la retribuzione di posizione di un dirigente medico?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la riduzione unilaterale è illegittima. Tale atto rientra nella gestione del rapporto di lavoro come datore di lavoro privato e non è un atto di macro-organizzazione, pertanto è di competenza del giudice ordinario.

La retribuzione di posizione variabile può essere inferiore a quella minima contrattuale?
No. La sentenza chiarisce che la retribuzione di posizione, anche nella sua componente variabile basata sulla graduazione delle funzioni, non può mai essere inferiore alla retribuzione di posizione minima contrattuale. Se ciò accade, è previsto un conguaglio fino a concorrenza dell’importo minimo.

A quale giudice spetta decidere su una controversia relativa alla riduzione dello stipendio di un dirigente pubblico?
Spetta al giudice ordinario. La Corte ha stabilito che la controversia riguarda un atto di gestione del rapporto di lavoro assunto dall’amministrazione come datore di lavoro privato, e non un atto di macro-organizzazione, che invece ricadrebbe nella giurisdizione del giudice amministrativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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