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Retribuzione di anzianità: no a scatti automatici

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un’amministrazione regionale contro alcuni dipendenti, negando il loro diritto a ulteriori incrementi della retribuzione di anzianità (RIA) per il biennio 1989-1990. La Corte ha stabilito che la normativa applicabile (d.P.R. n. 333/1990) non prevedeva tali scatti, ribaltando le decisioni dei giudici di merito che avevano dato ragione ai lavoratori. La sentenza sottolinea l’importanza di una corretta interpretazione delle fonti normative che disciplinano la materia.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione di anzianità: la Cassazione nega gli scatti per il biennio 1989-90

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha posto fine a una complessa vertenza in materia di pubblico impiego, chiarendo i limiti del diritto alla retribuzione di anzianità (RIA) per un gruppo di dipendenti regionali. La Suprema Corte ha stabilito che non era dovuto alcun incremento della RIA per il periodo 1989-1990, ribaltando le decisioni favorevoli ai lavoratori emesse in primo e secondo grado. Questa pronuncia offre importanti spunti sulla corretta applicazione delle normative che si sono succedute nel tempo, disciplinando il trattamento economico dei pubblici dipendenti.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di alcuni dipendenti di un’amministrazione regionale, transitati nei ruoli dell’ente dopo aver prestato servizio presso centri di formazione professionale. I lavoratori rivendicavano il diritto a differenze retributive a titolo di RIA, sostenendo che il calcolo effettuato dall’amministrazione fosse errato e che non avesse tenuto conto di un ulteriore scatto maturato nel biennio 1989-1990.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai dipendenti, affermando il loro diritto a un incremento della RIA fino al 31 dicembre 1990. Secondo i giudici di merito, la legislazione regionale e nazionale supportava tale pretesa. L’amministrazione regionale, ritenendo errata tale interpretazione, ha presentato ricorso per cassazione.

L’analisi della Cassazione sulla retribuzione di anzianità

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ente pubblico, smontando l’impianto argomentativo delle sentenze precedenti. I giudici di legittimità hanno ricostruito il complesso quadro normativo, partendo dalle leggi regionali che hanno disciplinato il passaggio del personale nei ruoli della Regione.

Un punto cruciale è stato il richiamo a una sentenza della Corte Costituzionale (n. 109/2000) che aveva dichiarato l’illegittimità di una norma regionale del 1991. Tale norma aveva tentato di equiparare retroattivamente, sia giuridicamente che economicamente, il servizio prestato da questo personale a quello dei dipendenti già di ruolo. La Consulta aveva censurato questa assimilazione come irragionevole e contraria al principio di buon andamento della pubblica amministrazione.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’analisi del d.P.R. n. 333/1990, ovvero l’accordo collettivo che disciplinava il trattamento economico per il personale delle Regioni e degli Enti locali per il triennio 1988-1990. La Corte ha evidenziato come questo decreto, a differenza dei precedenti, non contenesse alcuna clausola di salvaguardia o previsione di acconti per futuri accordi.

In particolare, l’art. 44 del d.P.R. n. 333/1990 prevedeva un incremento della RIA basato esclusivamente sul servizio prestato fino al 31 dicembre 1988. Di conseguenza, per il successivo periodo, ovvero dal 1° gennaio 1989 al 31 dicembre 1990, non era previsto alcun nuovo “scatto” o ulteriore maturazione economica della RIA. La progressione economica per anzianità, di fatto, era stata congelata a quella data.

La Corte d’Appello aveva quindi errato nel riconoscere un diritto che nessuna norma, né nazionale né regionale di recepimento, contemplava. I giudici supremi hanno inoltre chiarito che non era possibile applicare per analogia la normativa prevista per altri comparti pubblici, come quello dei Ministeri, che era soggetta a un diverso accordo contrattuale (d.P.R. n. 44/1990).

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha cassato la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, ha rigettato la domanda originaria dei lavoratori. La pronuncia riafferma un principio fondamentale: nel diritto del lavoro pubblico, i diritti patrimoniali come la retribuzione di anzianità possono derivare solo da una chiara e specifica previsione di legge o di contratto collettivo. In assenza di tale fonte, nessuna pretesa economica può essere considerata fondata. La sentenza serve da monito sulla necessità di un’attenta analisi del quadro normativo applicabile ratione temporis, specialmente in materie caratterizzate da una stratificazione di leggi e accordi succedutisi nel tempo.

I dipendenti pubblici del comparto Regioni-Enti Locali hanno diritto a incrementi della retribuzione di anzianità (RIA) per il servizio prestato nel biennio 1989-1990?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il d.P.R. n. 333/1990, che regolava la materia, prevedeva un incremento della RIA solo con riferimento al servizio maturato fino al 31 dicembre 1988, senza disporre ulteriori scatti per il periodo successivo fino al 31 dicembre 1990.

Una legge regionale può equiparare retroattivamente il trattamento economico di personale neo-inquadrato a quello dei dipendenti già di ruolo?
No. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 109/2000 richiamata nel provvedimento, ha già dichiarato l’illegittimità di una simile previsione, in quanto crea un’irragionevole e arbitraria assimilazione tra situazioni e rapporti di lavoro di diversa natura, violando gli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza perché la Corte d’Appello ha erroneamente riconosciuto un diritto economico (l’incremento della RIA per il 1989-1990) non previsto da alcuna norma. Il giudice di secondo grado ha fondato la sua decisione su un’errata interpretazione della legislazione applicabile, ignorando che il d.P.R. n. 333/1990 aveva di fatto ‘congelato’ la maturazione della RIA al servizio prestato fino al 31 dicembre 1988.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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