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Retribuzione di anzianità: negata se da legge illecita

Una dipendente regionale ha richiesto un adeguamento della propria retribuzione di anzianità basandosi su una legge regionale. Tale legge è stata in seguito dichiarata incostituzionale. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che non può sorgere alcun diritto da una norma illegittima. Inoltre, ha sottolineato l’esistenza di un precedente giudicato sfavorevole alla stessa dipendente, che preclude ogni ulteriore pretesa, e l’assenza di un legittimo affidamento, dato che la norma non le era mai stata applicata.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione di Anzianità: Nessun Diritto se la Legge è Incostituzionale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico in materia di pubblico impiego, chiarendo i limiti delle pretese economiche basate su normative regionali successivamente dichiarate illegittime. La questione centrale riguarda la retribuzione di anzianità e se un dipendente possa rivendicare un diritto basandosi su una legge che la Corte Costituzionale ha espunto dall’ordinamento. La risposta della Suprema Corte è netta: da una norma incostituzionale non può sorgere alcun diritto soggettivo perfetto, né può invocarsi il principio del legittimo affidamento.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Adeguamento della Retribuzione di Anzianità

Una dipendente di una Regione italiana, assunta da lungo tempo, aveva avviato un’azione legale per ottenere il riconoscimento di un trattamento economico di anzianità più favorevole. La sua richiesta si fondava su una legge regionale che mirava a perequare, ovvero ad allineare, la sua retribuzione a quella di altri colleghi che, provenienti da altre amministrazioni pubbliche, godevano di un trattamento più vantaggioso.

Inizialmente, le corti di merito avevano dato ragione alla lavoratrice. Tuttavia, il percorso giudiziario ha subito una svolta decisiva quando la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 211/2014, ha dichiarato l’illegittimità della norma regionale in questione. Il motivo? La Regione aveva legiferato in materia di ‘ordinamento civile’, una competenza esclusiva dello Stato, invadendo un campo che non le apparteneva. A seguito di questa pronuncia, la Corte di Cassazione, in un precedente giudizio, aveva già annullato la decisione favorevole alla dipendente.
Nonostante ciò, la lavoratrice ha riproposto la domanda, sostenendo che il suo diritto si fosse consolidato prima della dichiarazione di incostituzionalità. La Corte d’Appello ha nuovamente respinto la sua richiesta, portando la questione di nuovo davanti alla Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Diritto alla Retribuzione

La Corte di Cassazione, con la presente ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ponendo fine alla controversia e confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno basato la loro decisione su due pilastri fondamentali: il principio del giudicato e l’impossibilità di fondare un diritto su una norma incostituzionale.

L’Effetto Vincolante del Giudicato Precedente

In primo luogo, la Corte ha evidenziato come sulla stessa pretesa della lavoratrice si fosse già formato un ‘giudicato’. La precedente sentenza della Cassazione (n. 19095/2015), che aveva rigettato la sua domanda a seguito della pronuncia della Consulta, aveva reso la questione definitiva. Questo significa che la stessa domanda non poteva essere riproposta, in quanto già decisa in modo irrevocabile. Il giudicato preclude l’accoglimento di ogni nuova domanda fondata sulla medesima norma dichiarata illegittima.

Nessun Legittimo Affidamento dalla Norma Incostituzionale

In secondo luogo, la Corte ha smontato l’argomentazione della ricorrente basata sul ‘legittimo affidamento’. La dipendente sosteneva che il suo diritto si fosse consolidato nel suo patrimonio prima della declaratoria di incostituzionalità. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che non può esistere un valido affidamento su una norma che è, fin dalla sua origine, contraria alla Costituzione. Inoltre, i giudici hanno sottolineato un fatto cruciale: la Regione non aveva mai concretamente applicato quella norma alla dipendente, né le aveva mai erogato le somme richieste. Di conseguenza, non si era mai creata una situazione di fatto tale da ingenerare nella lavoratrice la ragionevole fiducia di aver acquisito quel diritto.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Suprema Corte sono chiare e rigorose. Una legge dichiarata incostituzionale è come se non fosse mai esistita nell’ordinamento giuridico. Di conseguenza, non può produrre alcun effetto stabile e non può essere la fonte di diritti soggettivi ‘perfetti’. Qualsiasi pretesa basata su di essa è destinata a fallire. La Corte ha anche precisato che le altre disposizioni normative invocate dalla ricorrente, come quelle relative alla copertura finanziaria, erano meramente strumentali alla norma principale e, con la caduta di quest’ultima, hanno perso ogni valore.
L’aver agito in giudizio per ottenere il riconoscimento di un diritto non crea di per sé un affidamento tutelabile; anzi, l’esito sfavorevole del processo è la prova che i presupposti per quel diritto non sono mai esistiti.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cardine del nostro ordinamento: la supremazia della Costituzione. Nessuna legge, neppure una che intende perequare trattamenti retributivi, può violare il riparto di competenze tra Stato e Regioni. Per i lavoratori del pubblico impiego, la lezione è chiara: le pretese economiche devono sempre fondarsi su normative valide ed efficaci. Confidare in una legge palesemente a rischio di incostituzionalità, soprattutto se mai applicata dall’ente datore di lavoro, non crea alcun diritto e non offre alcuna tutela, neppure sotto il profilo del legittimo affidamento.

Può un diritto a una componente della retribuzione sorgere da una legge che viene poi dichiarata incostituzionale?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che una legge dichiarata incostituzionale perde la sua efficacia e non può essere considerata fonte di un diritto soggettivo. Qualsiasi pretesa basata su di essa è infondata.

Cosa significa che una precedente sentenza ha valore di ‘giudicato’?
Significa che la decisione è diventata definitiva e non può più essere messa in discussione. Se una persona ha già perso una causa su una determinata questione, non può riproporre la stessa domanda in un nuovo processo, come accaduto in questo caso.

Un dipendente può invocare il ‘legittimo affidamento’ se l’amministrazione non gli ha mai applicato la norma favorevole?
No. La Corte ha chiarito che non può esserci un legittimo affidamento se la norma non è mai stata concretamente applicata dall’amministrazione e, quindi, non ha mai prodotto effetti patrimoniali per il dipendente. L’affidamento non può nascere da una mera speranza, ma deve basarsi su una situazione giuridica consolidata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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