Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7370 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 7370 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22197/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME
-controricorrente –
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Segretario RAGIONE_SOCIALE -Retribuzione di posizione -Retribuzione di risultato Artt. 41 e 42 CCNL -Mancata adozione dei criteri di determinazione -Responsabilità da inadempimento del Comune – Esclusione
R.G.N. 22197/2018
Ud. 21/02/2024 CC
avverso la sentenza n. 2772/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 19/01/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 21/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2772/17 depositata il 19 gennaio 2018, la Corte d’appello di Lecce, nella regolare costituzione dell’appellato RAGIONE_SOCIALE, ha accolto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Lecce n. 2317 del 14 maggio 2014 e, per l’effetto, ha condannato il RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE a corrispondere al medesimo NOME COGNOME la complessiva somma di € 22.187,91 a titolo di risarcimento del danno per inadempimento del medesimo RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE agli obblighi previsti dagli artt. 41 e 42 CCNL Segretari Comunali 2001.
Come riferito dalla decisione impugnata, NOME COGNOME aveva promosso un primo giudizio innanzi il Tribunale di Lecce, chiedendo la condanna del RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione degli importi dovuti a titolo di retribuzione di risultato e retribuzione di posizione di cui agli artt. 41 e 42 CCNL Segretari Comunali 2001, allegando di avere svolto ulteriori incarichi, oltre a quello di cui era titolare.
Il Tribunale di Lecce, tuttavia, aveva respinto la domanda affermando che, sebbene vi fosse prova della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle due voci contrattuali, quest’ultimo era precluso dalla mancata determinazione, da parte dell’Amm inistrazione, dei criteri per la quantificazione degli emolumenti.
Il Tribunale, tuttavia, aveva espressamente fatto salvi eventuali profili di responsabilità del RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE per inadempimento contrattuale.
Tale ultimo titolo -assieme ad una domanda subordinata ex art. 2041 c.c. – era stato, allora, azionato da NOME COGNOME con un nuovo giudizio innanzi il Tribunale di Lecce, il quale aveva tuttavia respinto la domanda, ritenendo che la stessa fosse preclusa dal giudicato sceso sulla precedente decisione del medesimo Tribunale.
Proposto gravame da parte di NOME COGNOME, la Corte d’appello, con la decisione impugnata, ha accolto le deduzioni dell’appellante, concludendo che:
-la domanda di risarcimento danni da inadempimento degli obblighi derivanti dal CCNL non era coperta dal precedente giudicato in quanto domanda distinta da quella precedentemente azionata;
-alla luce delle previsioni del CCNL, la retribuzione di posizione di cui all’art. 41, comma 4, e la retribuzione di risultato di cui all’art. 42, CCNL 2001 erano da ritenersi dovute una volta che al Segretario RAGIONE_SOCIALE fossero stati conferiti incarichi aggiuntivi rispetto a quelli suoi propri, gravando sull’Amministrazione l’obbligo di adottare i criteri e parametri per la loro determinazione;
-conseguentemente, la mancata adozione di tali criteri da parte del RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE veniva ad integrare inadempimento contrattuale che giustificava la pretesa risarcitoria dell’appellante.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Lecce, ricorre ora il RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Le parti hanno entrambe depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. per avere la Corte territoriale violato il giudicato formatosi sulla precedente decisione del Tribunale di Lecce, in quanto la domanda di risarcimento danni formulata dall’odierno controricorrente doveva ritenersi compresa nel deducibile della precedente domanda di adempimento contrattuale oggetto del giudicato di rigetto.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1219 c.c.; 41 e 42, CCNL Segretari comunali del 16 maggio 2011.
Argomenta, in particolare, il ricorso che:
-quanto alla retribuzione di risultato, il ricorrente non aveva in alcun modo dimostrato che gli incarichi a lui attribuiti potessero produrre il conseguimento degli obiettivi assegnati cui l’art. 42 CCNL subordina il diritto alla voce retributiva aggiuntiva, trattandosi di incarichi di mera sostituzione episodica;
-quanto alla retribuzione di posizione, al controricorrente non era stato affidato alcun incarico che comportasse lo svolgimento di funzioni aggiuntive, fermo restando che il ricorrente non era tenuto a prevedere necessariamente detta maggiorazione, in quan to la previsione di cui all’art. 41,
comma 4, CCNL contempla tale maggiorazione come meramente facoltativa e discrezionale;
-conseguentemente, non poteva ritenersi integrato alcun inadempimento contrattuale del ricorrente, peraltro mai messo in mora ex art. 1219 c.c. dall’odierno controricorrente.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. in quanto la decisione impugnata, dopo aver ritenuto comunque assorbita la domanda di illecito arricchimento formulata dal ricorrente, avrebbe poi riconosciuto l’astratta proponibilità della stessa.
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1218 segg. c.c. per avere la Corte d’appello quantificato il danno in via presuntiva in misura corrispondente a quella che sarebbe stata dovuta ove fosse stato riconosciuto il diritto di credito per le prestazioni aggiuntive, assimilando il danno da inadempimento alla retribuzione dovuta per contratto.
1.5. Con il quinto motivo il ricorso impugna la decisione sulle spese di lite, evidenziando un contrasto tra la motivazione, che ha ritenuto di compensare le spese del giudizio di primo grado, ed il dispositivo, che ha invece posto a carico del ricorrente le spese del doppio grado.
Deve in primo luogo essere dichiarata l’inammissibilità del controricorso depositato per conto di NOME COGNOME, in quanto lo stesso risulta notificato ben oltre il termine di cui all’art. 370 c.p.c.
A fronte di un ricorso notificato in data 18 luglio 2018, infatti, il controricorso è stato notificato in data 26 settembre 2018.
Nessun pregio hanno le deduzioni -ed i richiami giurisprudenziali, assolutamente non pertinenti – della difesa del controricorrente in ordine all’applicabilità nella specie della sospensione ex art. 3, L. n.
742/1969, dal momento che la presente controversia attiene pienamente alla materia del lavoro, risultando quindi esclusa dalla sospensione feriale dei termini.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Si deve rammentare che è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’orientamento secondo cui la denuncia di violazione del giudicato esterno se, da un lato, attribuisce al giudice di legittimità il potere di ‘accertare direttamente l’esistenza e la portata del giudicato con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito ‘ (Cass. S.U. Sez. U, Sentenza n. 24664 del 28/11/2007), dall’altro lato, richiede pur sempre che vengano assolti gli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366, n. 6), e 369, n. 4), c.p.c., per cui il ricorrente è tenuto a trascrivere nel ricorso il testo della sentenza o del provvedimento giudiziale che si assume passato in giudicato e ad indicare tempi, modo e luogo della produzione del documento nel giudizio di merito (Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 15737 del 23/06/2017 e Cass. S.U. Sez. U, Sentenza n. 1416 del 27/01/2004).
È stato anzi precisato al riguardo che ‘poiché la sentenza prodotta in un giudizio per dimostrare l’esistenza di un giudicato esterno rilevante ai fini della decisione assume rispetto ad esso – in ragione della sua oggettiva intrinseca natura di documento – la natura di una produzione documentale, il requisito di ammissibilità del ricorso per cassazione indicato dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. concerne, in tutte le sue implicazioni, anche una sentenza prodotta nel giudizio di merito, riguardo alla quale il motivo di ricorso per cassazione argomenti la censura della sentenza di merito quanto all’esistenza, alla negazione o
all’interpretazione del suo valore di giudicato esterno’ (Cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 21560 del 18/10/2011 e negli stessi termini Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 12658 del 05/06/2014).
Nel caso in esame, pacifico il passaggio in giudicato della precedente sentenza del Tribunale di Lecce ed essendo in contestazione i riflessi che tale decisione dovrebbe avere sulla domanda del lavoratore, sarebbe stato onere del ricorrente procedere alla riproposizione nel corpo del ricorso quantomeno dei passaggi essenziali di tale decisione.
Per contro, il motivo di ricorso omette di riprodurre i necessari passaggi salienti della decisione limitandosi ad asserire pressoché apoditticamente che tale decisione era già venuta a statuire nella sostanza sulla domanda successivamente azionata ed all’origine del presente giudizio.
Il secondo motivo è, invece, meritevole di accoglimento.
4.1. È opportuno premettere e chiarire che -come evidenziato anche dalla decisione impugnata -oggetto del presente giudizio non è la diretta spettanza delle voci retributive di retribuzione di posizione e di retribuzione di risultato di cui agli artt. 41 e 42 CCNL 2001 -spettanza che sarebbe già stata esclusa dalla precedente decisione del Tribunale di Lecce – bensì la sussistenza di una responsabilità da inadempimento del RAGIONE_SOCIALE per aver omesso di individuare i criteri per la determinazione di tali emolumenti.
4.2. Quanto alla retribuzione di posizione di cui all’art. 41 CCNL 2001, infatti, occorre rammentare che il comma 4 della previsione di RAGIONE_SOCIALE collettiva in esame stabilisce che gli enti ‘possono corrispondere’ tale indennità ‘nell’ambito delle risorse disponibili e nel rispetto della capacità di spesa ‘ , rimettendo alla RAGIONE_SOCIALE la disciplina delle condizioni, dei criteri
e dei parametri di riferimento per la definizione delle predette maggiorazioni.
Come già osservato da questa Corte (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 32231 del 2021), ‘il contratto RAGIONE_SOCIALE, che questa Corte può direttamente interpretare ai sensi dell’art. 63 comma 5 del d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., come riformulato dal d.lgs. n. 40/2006, subordina la maggiorazione della retribuzione di posizione alla ricorrenza di specifiche condizioni ed in particolare richiede, oltre al previo intervento della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, una decisione in tal senso degli enti che «possono» deliberare l’aumento nei soli limiti «delle risorse disponibili e delle capacità di spesa», vincoli, questi, il cui rispetto è imposto anche alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la quale non può comportare, a pena di nullità delle clausole difformi, «oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale del bilancio» (cfr. anche la recente Cass. Sez. L – Ordinanza n. 2276 del 23/01/2024).
Da ciò consegue che la norma di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘stabilisce, come regola di carattere generale, il principio di onnicomprensività della retribuzione di posizione contrattuale, e consente la maggiorazione, non obbligatoria ma discrezionale, solo in presenza di specifiche condizioni che limitano la facoltà unilaterale del datore di lavoro pubblico di discostarsi dagli importi fissati, in via generale e onnicomprensiva, dalle parti collettive ‘ .
Alla luce di tali premesse, consegue, con evidenza, che non può ravvisarsi -come invece impropriamente ipotizzato, seppur obiter dalla prima decisione del Tribunale di Lecce -una responsabilità per inadempimento ex art. 1218 c.c. in capo all’RAGIONE_SOCIALE che, nell’ambito delle proprie valutazioni discrezionali , comunque vincolate alle risorse disponibili ed alla capacità di spesa, ometta di assumere le
determinazioni necessarie al riconoscimento ed alla quantificazione dell’indennità, non costituendo le previsioni di RAGIONE_SOCIALE collettiva fonte di un vero e proprio diritto soggettivo del lavoratore al riconoscimento della suddetta indennità, ferma, comunque, l’operatività del principio di onnicomprensività di cui all’art. 24, D. Lgs. 165/2001.
4.3. A non diverse conclusioni si deve pervenire con riferimento all’indennità di risultato di cui all’art. 42 CCNL 2001, avendo questa Corte già enunciato -estendendo ai segretari comunali i principi che valgono per la dirigenza – il principio per cui, ai fini della determinazione della retribuzione accessoria, l’attribuzione di un determinato trattamento economico mediante l’adozione, ad opera della P.A., di un atto negoziale di diritto privato di gestione del rapporto, non è sufficiente, di per sé, a costituire una posizione giuridica soggettiva in capo al lavoratore, giacché la misura economica deve trovare necessario fondamento nella RAGIONE_SOCIALE collettiva, né può ritenersi configurabile una responsabilità per inadempimento dell’Amministrazione nei confronti del dipendente per non essere pervenuta alla conclusione del contratto collettivo (Cass. Sez. L Sentenza n. 21166 del 07/08/2019).
Deve quindi escludersi una responsabilità della RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei propri dipendenti, in termini di un preteso inadempimento all’obbligo contrattuale di avviare tempestivamente procedure di confronto sindacale quale ulteriore condizione della pretesa economica avanzata (Cass. Sez. L, Sentenza n. 6956 del 25/03/2014; Cass. Sez. L, Sentenza n. 19040 del 25/09/2015; Cass. Sez. L, Sentenza n. 22934 del 10/11/2016).
Si deve poi aggiungere che nella fattispecie, poiché non è in discussione l’avvenuta corresponsione della retribuzione di risultato
bensì solo il quantum della stessa che, secondo l’assunto del COGNOME, doveva essere maggiorato in ragione dello svolgimento di incarichi aggiuntivi, la pretesa così azionata, oltre a contrastare con il richiamato principio di onnicomprensività ( sancito d all’art. 41, comma 6, del CCNL 2001), finisce per sollecitare una sostituzione de giudice alle valutazioni datoriali che vanno assunte tenendo conto delle risorse disponibili e delle condizioni richieste dalla RAGIONE_SOCIALE collettiva.
L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento di quelli ulteriormente formulati dal ricorrente.
Il ricorso va quindi accolto in relazione al secondo motivo, inammissibile il primo, con assorbimento degli ulteriori tre motivi.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., in quanto le ragioni che hanno condotto all’accoglimento del motivo di ricorso evidenziano, di riflesso, l’infondatezza della domanda originariamente azionata da NOME COGNOME e conducono al suo conseguente rigetto.
Non osta alla decisione nel merito -ed al rigetto della domanda -la formulazione da parte di NOME COGNOME di una ulteriore domanda ex art. 2041 c.c. e ciò perché -al di là dell’ultroneo ed irrilevante obiter dictum contenuto nella decisione impugnata -l’accoglimento della domanda ex art. 2041 c.c. risulta precluso dal principio generale, in base al quale l’azione ex art. 2041 c.c. può essere spiegata solo ove vi sia stato l’arricchimento di un soggetto con corrispondente diminuzione patrimoniale di un altro soggetto, mancante di causa giustificatrice, ed allorché il danneggiato non possa proporre altra azione (art. 2042 c.c.), principio al quale si correla -escludendo conseguentemente il suddetto depauperamento – il principio di onnicomprensività dettato dall’art. 24, D. Lgs. 165/2001, che esclude forme di remunerazione per incarichi ulteriori, se non nei limiti stabiliti dalla legge e dalla RAGIONE_SOCIALE
collettiva (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 32617 del 04/11/2022; Cass. Sez. L – Ordinanza n. 6153 del 24/02/2022; Cass. Sez. L – Ordinanza n. 32264 del 10/12/2019).
Per ciò che attiene il regolamento delle spese, il complessivo sviluppo del giudizio -con gli esiti contrapposti dei gradi di merito -e l’indubbio impatto che sulle scelte processuali del lavoratore può avere avuto l’ obiter dictum contenuto nella precedente decisione del Tribunale di Lecce, costituiscono elementi più che idonei a giustificare l’integrale compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P. Q. M.
La Corte:
accoglie il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo e assorbiti gli altri;
cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da NOME COGNOME;
compensa integralmente le spese di tutti i gradi di giudizio.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 21 febbraio