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Retribuzione accessoria: no a tagli forfettari

La Corte di Cassazione ha annullato la decisione di una Corte d’Appello che aveva ritenuto illegittimo un taglio del 30% sulla retribuzione accessoria di alcuni dirigenti medici. La Suprema Corte ha chiarito che, sebbene le leggi sul contenimento della spesa pubblica impongano una riduzione dei fondi, un taglio forfettario è illegittimo. La metodologia corretta prevede di bloccare il fondo al livello del 2010 e ridurlo in proporzione al personale cessato, per poi ripartirlo. Il caso è stato rinviato per il corretto ricalcolo.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione Accessoria: La Cassazione Boccia i Tagli Forfettari

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema della riduzione della retribuzione accessoria nel pubblico impiego, in particolare per i dirigenti medici, a fronte delle normative sul contenimento della spesa pubblica. La decisione chiarisce che le amministrazioni non possono procedere con tagli lineari e forfettari, ma devono seguire un rigoroso iter di calcolo previsto dalla legge.

I Fatti del Caso: La Riduzione del 30% della Retribuzione Accessoria

Il caso nasce dal ricorso di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) contro la decisione della Corte d’Appello, che aveva dato ragione ad alcuni dirigenti medici. L’Azienda aveva disposto una riduzione del 30% della remunerazione variabile aziendale, giustificandola con la necessità di rispettare le norme sul contenimento della spesa pubblica, in particolare l’art. 9, comma 2-bis, del d.l. 78/2010. Questa norma impone un tetto alle risorse per il trattamento accessorio, fissandolo all’importo del 2010 e prevedendo una riduzione proporzionale in caso di diminuzione del personale.

I medici avevano impugnato tale riduzione, ritenendola illegittima perché non conforme ai criteri di legge e di contratto collettivo, e perché attuata senza una preventiva revisione della graduazione delle funzioni dirigenziali.

Il Percorso Giudiziario e la decisione sulla retribuzione accessoria

In primo grado, il Tribunale aveva respinto la domanda dei medici. La Corte d’Appello, invece, aveva riformato la sentenza, accogliendo le ragioni dei dirigenti e dichiarando illegittima la riduzione operata dall’ASL. Secondo la corte territoriale, la decurtazione era contraria alla normativa, che non prevedeva un taglio generalizzato ma un meccanismo più complesso di ricalcolo dei fondi. L’Azienda Sanitaria ha quindi proposto ricorso per cassazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Azienda Sanitaria, ma per ragioni che, in sostanza, chiariscono la corretta via da seguire, bocciando l’approccio del taglio forfettario. La Suprema Corte ha stabilito che la normativa sul contenimento della spesa pubblica (art. 9, comma 2-bis) va interpretata e applicata in modo rigoroso.

Il principio fondamentale è quello della cosiddetta “cristallizzazione”: l’ammontare complessivo delle risorse per la retribuzione accessoria non può superare quello del 2010. A questo si aggiunge un secondo obbligo: se il personale in servizio diminuisce, anche il fondo deve essere ridotto in misura proporzionale.

La Cassazione ha chiarito che un taglio percentuale fisso e generalizzato, come quello del 30% applicato dall’ASL, è illegittimo perché non rispetta questo meccanismo. Contrasta con la lettera della norma una riduzione operata attraverso un taglio percentuale. L’operazione corretta, seppur complessa, deve svolgersi attraverso i seguenti passaggi:

1. Ricalcolo dei Fondi: L’amministrazione deve prima ricalcolare l’ammontare totale dei fondi per il trattamento accessorio, partendo dalla base del 2010 e depurandola delle quote relative al personale cessato dal servizio.
2. Calcolo della Spettanza Individuale: Una volta determinato il nuovo fondo, si deve calcolare quanto spetta a ciascun medico ancora in servizio, sulla base delle regole contrattuali e della graduazione delle funzioni esistente.
3. Confronto e Recupero: Infine, si confronta quanto effettivamente percepito da ciascun dirigente con quanto gli sarebbe spettato sulla base del fondo correttamente ricalcolato. Solo l’eventuale eccedenza può essere oggetto di recupero.

La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello e rinviato la causa ad un’altra sezione della stessa Corte, che dovrà effettuare questi accertamenti per determinare il corretto “dare-avere” tra le parti.

Conclusioni

Questa ordinanza è di fondamentale importanza perché stabilisce un principio di legalità e rigore nell’applicazione delle norme sul contenimento della spesa pubblica. Impedisce alle amministrazioni di ricorrere a soluzioni semplicistiche e potenzialmente inique come i tagli forfettari, che non tengono conto della struttura dei fondi e dei diritti individuali. La decisione impone un approccio analitico e trasparente, garantendo che le riduzioni della retribuzione accessoria siano effettivamente proporzionali alla diminuzione del personale e non il frutto di una decisione discrezionale e generalizzata. Per i dipendenti pubblici, rappresenta una tutela contro riduzioni arbitrarie del salario, riaffermando che il diritto alla retribuzione, pur nei limiti della finanza pubblica, deve essere gestito secondo le regole stabilite dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Una Pubblica Amministrazione può ridurre la retribuzione accessoria dei suoi dirigenti con un taglio percentuale fisso per contenere la spesa?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un taglio forfettario (come un 30% fisso) è illegittimo. La riduzione deve seguire i criteri specifici previsti dalla legge, che non contemplano un taglio lineare ma un ricalcolo del fondo complessivo.

Qual è il metodo corretto per calcolare la riduzione dei fondi per la retribuzione accessoria secondo la legge?
Il metodo corretto prevede due passaggi: primo, “cristallizzare” l’ammontare totale delle risorse a quello dell’anno 2010; secondo, ridurre questo importo in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio. Il fondo così ricalcolato va poi distribuito tra i dipendenti rimasti secondo le regole contrattuali.

Cosa succede se un’amministrazione applica un taglio illegittimo alla retribuzione accessoria?
L’operazione è illegittima e i dipendenti hanno diritto a un ricalcolo di quanto loro spettante. L’amministrazione dovrà determinare la differenza tra quanto versato e quanto effettivamente dovuto secondo il calcolo corretto, procedendo eventualmente a recuperare solo le somme dimostrate come pagate in eccesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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