Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10452 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10452 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1379/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, rappresentati e difesi dall ‘A vv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo Studio RAGIONE_SOCIALE
-ricorrenti- contro
Comune di Coriano, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall ‘A vv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOMEcontroricorrente- avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 432/2020 depositata il 29/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d ‘ appello di Bologna, in parziale accoglimento del gravame proposto dal Comune di Coriano, ha dichiarato la nullità delle clausole della contrattazione decentrata e delle determinazioni dirigenziali in virtù delle quali erano stati corrisposti agli odierni ricorrenti il trattamento accessorio a titolo di progressione economica orizzontale, il trattamento accessorio di
produttività ed altri compensi per specifiche responsabilità e per incarichi ulteriori; per l ‘ effetto, ha dichiarato indebita la percezione dei citati trattamenti accessori da parte dei predetti lavoratori e li ha condannati alla restituzione delle somme nette percepite successivamente alla data del 31 dicembre 2012 per i titoli indicati, oltre interessi legali della costituzione in mora (19 febbraio 2016) al saldo.
Per quel che qui rileva la Corte territoriale ha così sintetizzato la vicenda.
All ‘ esito di verifiche sui fondi per le risorse decentrate affidate dal Comune di Coriano a società di consulenza private erano emerse una serie di illegittimità in riferimento a soggetti, tempi e metodi della contrattazione collettiva di secondo livello, oltre che al corretto stanziamento delle risorse assegnate al fondo per il trattamento economico accessorio. Tali illegittimità avevano comportato la corresponsione al personale dipendente di competenze economiche non dovute e, segnatamente, per quanto di residuo rilievo nella presente sede, compensi legati alle progressioni economiche orizzontali.
Il Comune, con delibera del 2016, aveva sospeso le erogazioni risultate indebite, retrocesso il personale nelle progressioni economiche orizzontali illegittimamente riconosciute e proceduto al recupero delle somme indebitamente percepite.
A loro volta, i dipendenti avevano agito per sentir dichiarare la legittimità degli emolumenti percepiti in quanto previsti dalla contrattazione collettiva decentrata dell ‘ ente, comunque lamentando anche la violazione del principio del legittimo affidamento e degli obblighi di correttezza e buona fede nonché invocando l ‘ operatività dei meccanismi di cui all ‘ art. 4 del d.l. 6 marzo 2014, n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, per prospettare, di conseguenza, l ‘ irripetibilità delle somme erogate, non senza sollevare l’eccezione di prescrizione.
Il Tribunale, pronunciando anche sulla domanda riconvenzionale avanzata dall ‘ ente locale per ottenere la restituzione delle somme erogate, accertava l ‘ illegittimità dei provvedimenti con cui il Comune aveva disposto
il recupero delle somme ritenute indebitamente percepite dai dipendenti, condannando l ‘ amministrazione locale alla restituzione delle stesse ed all ‘ attribuzione della posizione giuridica economica già conseguita prima della retrocessione, nonché alla corresponsione delle differenze retributive maturate a decorrere dal maggio 2016.
2.1. Tanto premesso, i giudici d ‘ appello hanno ritenuto fondato il motivo di gravame relativo alla violazione dell ‘ art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, applicabile ratione temporis , e dell ‘ art. 4, comma 5, del CCNL 1° aprile 1999 regioni ed autonomie locali, per essere espressamente prevista la nullità di clausole che violano i vincoli e i limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale e dalle norme di legge, con conseguente necessità di adeguamento da parte della contrattazione decentrata.
Nel caso di specie, in esito all ‘ incarico conferito alle società di consulenza di verificare il corretto utilizzo dei fondi e delle risorse decentrate, il Comune di Coriano aveva accertato che erano state illegittimamente attribuite progressioni economiche orizzontali, così venendosi a creare un profondo squilibrio finanziario nell’utilizzo delle risorse, in quanto le somme erogate in eccedenza rispetto ai fondi correttamente ricostituiti ammontavano ad euro 750.301,50.
Le risultanze dell ‘ indagine compiuta dalle società di consulenza trovavano riscontro negli atti che il Comune aveva depositato in giudizio senza essere oggetto di specifica contestazione. In particolare, le progressioni economiche orizzontali erano state riconosciute senza l ‘ evidente copertura di stanziamenti del fondo, peraltro basandosi su automatismi in violazione del principio di selettività o meritocratico di cui agli artt. 5, 6, 14 e 16 del CCNL 13 marzo 1999. In effetti il Comune di Coriano, con proprio contratto decentrato 1999-2001 del 15 dicembre 2000 aveva stabilito l ‘ integrazione dei criteri già previsti dalla contrattazione nazionale con specifici elementi di valutazione; tuttavia, di fatto, tutti i dipendenti avevano beneficiato della progressione senza applicare i criteri stabiliti e senza fissare preventivamente le risorse disponibili da destinare a tale scopo. Pertanto, le progressioni economiche erano state realizzate
per l ‘ importo superiore alla capacità complessiva di parte stabile del fondo delle risorse decentrate e senza rispettare i criteri di cui alla contrattazione collettiva, basandosi su meri automatismi.
2.2. Accertata l’illegittimità delle corresponsioni è stata esaminata la domanda riconvenzionale di restituzione delle somme indebitamente erogate ai sensi dell ‘ art. 2033 cod. civ. Ad avviso della Corte territoriale l’ art. 4 del d.l. n. 16 del 2014, invocato dai lavoratori, prevedeva una speciale ipotesi di irripetibilità nei confronti del singolo dipendente rispetto alla regola generale di cui all ‘ art. 2033 cod. civ., disponendo la disapplicazione dell ‘ ipotesi tassativa di nullità delle clausole della contrattazione decentrata sino al 31 dicembre 2012, con conseguente impossibilità di configurare sino a tale data l’indebito . Tuttavia, per l ‘ arco temporale 2013-2016 tornava a essere applicabile la regola generale di cui all ‘ art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, con conseguente nullità degli emolumenti economici attribuiti e condanna alla restituzione degli importi indebitamente percepiti. Né poteva essere accolta la tesi della irriducibilità della retribuzione, in quanto trattavasi di indebito oggettivo, cioè di trattamento erogato al di fuori presupposti normativamente prevista, senza che potesse rilevare la buona fede del percipiente.
Avverso tale pronuncia propongono ricorso per cassazione i lavoratori indicati in epigrafe, prospettando sei motivi, cui resiste il Comune di Coriano con controricorso.
Le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 40, 52, 63 del d.lgs. n. 165 del 2001, nonché degli artt. 17-19 del d.lgs. n. 250 del 2009, degli artt. 5, 6, 14, e 16 del CCNL del 31 marzo 1999 del comparto regioni e autonomie locali, dell’art. 4 CCNL del 1° aprile 1999 del comparto regioni e autonomie locali, degli artt. 1418 e 2099 cod. civ., ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. In particolare, si deduce l ‘ erroneità della sentenza impugnata per violazione della regola dell’irriducibilità dello stipendio e del limite dei diritti quesiti.
Con il secondo motivo di ricorso si torna a dedurre la violazione delle medesime disposizioni indicate nel primo mezzo, prospettando anche la violazione dell’ art. 9 del CCNL 11 aprile 2008 del comparto regioni e autonomie locali, sempre ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 3 cod. proc. civ. In particolare, si sostiene che, con riferimento agli anni antecedenti al 15 novembre 2009, la legislazione non stabiliva che la violazione dei limiti e dei vincoli anche finanziari da parte della contrattazione collettiva decentrata determinasse la nullità degli atti applicativi, anche alla luce del principio della cd. nullità virtuale e comunque della efficacia pro futuro della nullità di cui all’art. 40, comma 3, d.lgs. n. 165 del 2001 ed all’art. 4, comma 5, del CCNL del 1° aprile 1999.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell ‘ art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001, dell’ art. 21 nonies , comma 1, legge n. 241 del 1990, nonché la violazione de ll’ art. 1418 cod. civ., ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte d ‘ appello erroneamente ritenuto che la pretesa restitutoria e ripristinatoria del Comune di Coriano, esercitata con atti amministrativi del 2016, non rinvenisse comunque un limite nel citato art. 21 nonies .
Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione dell ‘ art. 4 del d.l. n. 16 del 2014, convertito in legge n. 68 del 2014, nonché la violazione degli artt. 3, 36, 97 e 98 Cost., ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., con specifico riferimento all ‘ambito applicativo ed agli effetti della sanatoria disposta con il citato decreto-legge, che , secondo l’erroneo convincimento della Corte d’appello, si esaurirebbero al 31 dicembre 2012 anche a fronte di atti risalenti a periodi precedenti e con effetti perduranti nel tempo, quali quelli relativi alla carriera professionale dei dipendenti, prospettando anche la questione di illegittimità costituzionale della disposizione per violazione degli artt. 33, 36, 97 e 98 Cost.
Con il quinto motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 40 , comma 3quinquies , del d.lgs. n. 165 del 2001, ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 3 cod. proc. civ., in quanto la Corte d ‘ appello non si era avveduta che la violazione da parte della contrattazione decentrata del Comune di
Coriano negli anni 2000-2010 non era stata accertata da parte degli organi pubblici (in particolare, dalle sezioni giurisdizionali regionali di controllo della Corte dei conti e del Ministero dell’economia) , cui soltanto e in via esclusiva l ‘ art. 40, comma 3quinquies , cit. devolveva il relativo potere, essendo state invece impiegate le risultanze di società di revisione private.
Infine, con il sesto motivo di ricorso si deduce la violazione dell ‘ art. 2126 cod. civ., ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per violazione della regola di cui all’art. 21 26 cit., che renderebbe comunque irripetibili anche dopo il 31 dicembre 2012 i compensi percepiti dai dipendenti in esecuzione dei livelli superiori di inquadramento acquisiti negli anni 2000-2008 fino alla data dell ‘ effettiva retrocessione stipendiale e mansionistica.
I motivi, che è opportuno vagliare congiuntamente, in quanto complessivamente intesi, nel loro nucleo fondamentale, a contestare l’interpretazione resa dalla Corte d’appello in ordine alla ritenuta illegittimità delle attribuzioni riconosciute agli odierni ricorrenti a titolo di progressione verticale ed alla loro conseguente ripetibilità ex art. 2033 cod. civ., sia pure limitatamente alle corresponsioni successive al 31 dicembre 2012, sono infondati e non possono trovare accoglimento.
7.1. In primo luogo, occorre ribadire il consolidato principio secondo cui, ai sensi del combinato disposto degli artt. 40, comma 3, 40bis , comma 3, e 48 del d.lgs. n. 165 del 2001, nella formulazione anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2009, sono nulle le clausole dei contratti collettivi integrativi riconosciute incompatibili con i vincoli di bilancio in base al controllo annualmente demandato al collegio dei revisori dei conti ovvero, laddove tale organo non sia previsto, dai nuclei di valutazione o dai servizi di controllo interno ai sensi del d.lgs. n.286 del 1999 (così Cass. Sez. L, 07/11/2018, n. 28452; in senso conforme, Cass. Sez. L, 21/02/2022, n. 5679).
7.2. Sancita la nullità dei contratti integrativi, anche nel regime anteriore alla riforma del 2009, occorre pure confermare il principio per cui il datore di lavoro pubblico, pur non potendo esercitare poteri autoritativi,
è tenuto ad assicurare il rispetto della legge e, conseguentemente, non può dare esecuzione ad atti nulli, né assumere in via conciliativa obbligazioni che contrastino con la disciplina del rapporto prevista dalla legge o dalla contrattazione collettiva (Cass. Sez. L, 23/10/2017, n. 25018). In questo senso, è stato ripetutamente affermato da questa Corte che, qualora il datore di lavoro pubblico attribuisca al lavoratore un determinato trattamento economico di derivazione contrattuale, l ‘ atto deliberativo non è sufficiente a costituire una posizione giuridica soggettiva in capo al lavoratore medesimo, occorrendo anche la conformità alle previsioni della contrattazione collettiva, in assenza della quale l ‘ atto risulta essere affetto da nullità, con la conseguenza che la Pubblica Amministrazione, anche nel rispetto dei principi sanciti dall’art. 97 Cost., è tenuta al ripristino della legalità violata mediante la ripetizione delle somme corrisposte senza titolo (così, Cass. Sez. L, 29/05/2018, n. 13479 e precedenti ivi citati; nello stesso senso, Cass. Sez. L, 18/08/2020, n. 17226 e Cass. Sez. L, 04/05/2021, n. 11645).
7.3. In conclusione, nel pubblico impiego privatizzato, non è configurabile un diritto quesito del dipendente a continuare a percepire un trattamento economico che non trova titolo nel contratto collettivo, nemmeno se di miglior favore, in quanto gli aspetti retributivi sono rimessi alla contrattazione collettiva, sicché, a differenza di quanto accade nel lavoro privato, resta del tutto irrilevante ad escludere l ‘ indebito che la corresponsione da parte del datore pubblico sia avvenuta consapevolmente e volontariamente (Cass. Sez. L, 09/05/2022, n. 14672).
In questo senso, è stato affermato che nel caso di domanda di ripetizione dell ‘ indebito proposta da una Amministrazione nei confronti di un proprio dipendente in relazione alle somme corrisposte a titolo di retribuzione, qualora risulti accertato che l ‘ erogazione è avvenuta sine titulo , la ripetibilità delle somme non può essere esclusa ex art. 2033 cod. civ. per la buona fede dell ‘ accipiens (salvo quanto si preciserà infra § 8.4.), in quanto questa norma riguarda, sotto il profilo soggettivo, soltanto la restituzione dei frutti e degli interessi (fra molte, Cass. Sez. L, 20/02/2017,
n. 4323). Né può valere addurre, sotto altro profilo, la non imputabilità al lavoratore dell’indebito pagamento , dal momento che il datore di lavoro pubblico, a differenza di quello privato, è tenuto a ripetere le somme corrisposte sine titulo e che, per la particolare natura del rapporto nell ‘ impiego pubblico fra contratto collettivo ed individuale, la restituzione non è subordinata alla previa dimostrazione di un errore riconoscibile non imputabile al datore medesimo (così Cass. Sez. L, 27/05/2024, n. 14765).
8. La Corte d’appello si è attenuta ai predetti principi laddove, in esito ad accertamento fattuale insindacabile nella presente sede di legittimità, ha ravvisato la nullità delle attribuzioni a titolo di progressioni orizzontali sia per violazione dei vincoli finanziari che dei criteri meritocratici previsti dalla stessa contrattazione integrativa, oltre che di quella nazionale, concludendo per la legittimità dell’azione di recupero delle somme indebitamente versate in ragione del predetto titolo ai dipendenti. Né, come addotto in particolare nel quinto motivo di ricorso, rileva che la verifica che dato origine al recupero dell’indebito sia stata affidata a società di revisione private, atteso che, come risulta espressamente dalla sentenza impugnata (pp. 8-11), i giudici d’appello hanno accertato la fondatezza delle violazioni in tal modo rilevate sulla base del riscontro documentale versato agli atti del giudizio.
8.1. In applicazione dei principi sopra esposti e sulla base dell’accertamento in fatto condotto dalla Corte territoriale, non hanno, quindi, pregio gli ulteriori profili di doglianza sviluppati nei motivi.
In particolare, non trova applicazione il principio di irriducibilità della retribuzione e del limite dei diritti quesiti – sviluppato con il primo mezzo in quanto nella specie ricorre piuttosto un’ipotesi di nullità originaria dell’attribuzione, come sopra osservato, che ha reso doverosa in capo alla P.A. l’attivazione per ottenere la ripetizione delle somme corrisposte senza titolo.
Nello stesso senso, non rileva la regola di cui all’art. 2126 cod. civ., richiamata nel sesto mezzo, atteso che in caso nullità dell’attribuzione di trattamenti economici per contrasto con i limiti o i vincoli derivanti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, sussiste il diritto dell ‘ ente erogatore
al recupero delle somme corrisposte ai lavoratori in forza di apposite previsioni dei contratti integrativi, non trovando applicazione l ‘ art. 2126, secondo comma, cod. civ., in quanto la nullità non riguarda il contratto di lavoro bensì proprio l ‘atto che riconosce il beneficio (in tal senso, arg. ex Cass. Sez. L, 29/10/2021, n. 30748). Non senza aggiungere che nella specie non viene in rilievo lo svolgimento di mansioni superiori o diverse, bensì unicamente una progressione economica.
8.2. Né appare utilmente invocabile il disposto di cui all’art. 21 -nonies della legge n. 241 del 1990 -secondo quanto dedotto in particolare con il terzo motivo -considerato che, nell ‘ impiego pubblico contrattualizzato, gli atti di gestione del rapporto, in quanto espressione dei poteri propri del datore di lavoro privato, hanno natura privatistica, senza che trovi applicazione la legge n. 241 del 1990 (in tal senso, fra molte, Cass. Sez. L, 03/08/2022, n. 24122).
8.3. Ancora , per quel che attiene all’operatività dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014, di cui al quarto motivo, questa Corte ha già affermato che la disciplina per il recupero delle somme pagate dagli enti locali in base a disposizioni della contrattazione collettiva integrativa nulle per violazione dei vincoli finanziari, dettata dall ‘ art. 4, comma 1, del d.l. n. 16 del 2014, conv. con modif. dalla legge n. 68 del 2014, non costituisce una deroga all ‘ art. 2033 cod. civ., con la conseguenza che la P.A. può ripetere, nelle ipotesi previste da tale norma, le somme illegittimamente versate direttamente dal dipendente che le abbia indebitamente percepite (Cass. Sez. L, 20/06/2023, n. 17648; in senso conforme, Cass. Sez. L, 27/05/2024, n. 14765); esente da censure è, pertanto, la decisione impugnata, che ha ritenuto non preclusa dalla disposizione di cui sopra l’azione di recupero dell’ente locale , peraltro limitatamente al periodo successivo al 31 dicembre 2012.
8.4. Infine, quanto alla prospettata questione di costituzionalità, già superata in radice , per quanto sinora osservato, con riferimento ai profili di riduzione della retribuzione e di compressione dei diritti quesiti, essa va altresì disattesa con riferimento ai profili di limiti alla ripetibilità di quanto
percepito. Infatti , in conformità all’interpretazione già resa da questa Corte, nel caso di corresponsione di somme sine titulo , la pubblica amministrazione ha il diritto di ripetere gli importi già erogati ai lavoratori, aventi carattere di indebito, dovendosi escludere l ‘ illegittimità costituzionale dell ‘ art. 2033 cod. civ., riletto alla luce della giurisprudenza della CEDU, posto che, come chiarito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 8 del 2023, l ‘ ordinamento nazionale delinea un quadro di tutele dell ‘ affidamento legittimo sulla spettanza di una prestazione indebita, il cui fondamento va rinvenuto nella clausola generale di cui all ‘ art. 1175 cod. civ., che, vincolando il creditore a esercitare la sua pretesa tenendo in debita considerazione la sfera di interessi del debitore, può determinare, in relazione alle caratteristiche del caso concreto, la temporanea inesigibilità del credito, totale o parziale, con conseguente dovere del creditore di accordare una rateizzazione del pagamento in restituzione (Cass. Sez. L, 18/08/2023, n. 24807). Nella specie, come nel caso esaminato nel precedente dianzi richiamato, non risulta che i ricorrenti abbiano allegato alcunché in merito alle loro condizioni personali e alle modalità di restituzione dell ‘ indebito a loro fissate dal Comune, né, quindi, sull ‘ eventuale eccessivo disagio economico da sopportare per fare fronte all ‘ obbligo restitutorio; può, dunque, escludersi, anche sotto questo profilo, l ‘ inesigibilità del credito.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
Le spese di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste in solido a carico dei ricorrenti in solido, attesa la comunanza di interessi, resa palese dalla identità delle questioni sollevate e dibattute nonché dalla convergenza di atteggiamenti difensivi (Cass. Sez. 3, 30/10/2018, n. 27476; in senso conforme, Cass. Sez. 3, 08/01/2025, n. 369).
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in euro 200,00, al rimborso delle spese generali al 15%, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 marzo 2025.