Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16626 Anno 2024
Oggetto
Civile Ord. Sez. L Num. 16626 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/06/2024
R.G.N. 11437/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 20/12/2023
CC
ORDINANZA
sul ricorso 11437-2019 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME NOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 843/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 03/10/2018 R.G.N. 568/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/12/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la decisione di prime cure che aveva condannato l’attuale parte intimata a restituire all’RAGIONE_SOCIALE le somme, divenute indebite per sopraggiunto giudicato sull’ an della riliquidazione della prestazione pensionistica goduta dal dante causa, al netto delle ritenute fiscali e non al lordo.
Avverso tale sentenza ricorre l’RAGIONE_SOCIALE, con unico motivo, avverso il quale COGNOME NOME resiste, con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria;
il P.G. non ha rassegnato conclusioni scritte;
CONSIDERATO CHE
si controverte dell’inserimento della somma, o della maggior somma, che l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha già versato all’Erario, a titolo di acconto d ‘ imposta sulle prestazioni pensionistiche, nell’importo complessivo che l’erede del pensionato deve restituire all’ente previdenziale, quale
sostituto d’imposta, una volta che sia divenuta indebita la prestazione pensionistica erogata;
il ricorso dell’ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE è infondato;
questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi, in materia, in svariate occasioni, nel senso di ritenere che le somme da ripetere dal lavoratore (o dal pensionato) vanno calcolate al netto e non al lordo delle ritenute fiscali versate per eccesso (oltre Cass. n. 1464 del 2012 richiamata dalla sentenza, cfr. anche Cass. n. 19735 del 2018, Cass. n. 21196 del 2020; Cass. n. 22359 del 2021);
vale, al riguardo, quanto affermato da Cass. n. 1464 del 2012 che, in riferimento al rapporto di lavoro subordinato, ha spiegato che il datore di lavoro versa al lavoratore la retribuzione al netto delle ritenute fiscali e, quando corrisponde per errore una retribuzione maggiore del dovuto, opera ritenute fiscali erronee per eccesso;
ne consegue che, nella detta evenienza, il datore di lavoro, salvi i rapporti col fisco, può ripetere l’indebito nei confronti del lavoratore nei limiti di quanto effettivamente percepito da quest’ultimo, restando esclusa la possibilità di ripetere importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente;
nel medesimo senso, Cass. n. 19735 del 2018, secondo la quale, in caso di riforma, totale o parziale, della sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di somme in favore del lavoratore, il datore di lavoro ha
diritto a ripetere quanto il lavoratore abbia effettivamente percepito e non può pertanto pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente, atteso che il caso del venir meno, con effetto ex tunc, dell’obbligo fiscale a seguito della riforma della sentenza da cui è sorto, ricade nel raggio di applicazione del d.P.R. n., n. 602 del 1973, art. 38, comma 1, secondo cui il diritto al rimborso fiscale nei confronti dell’amministrazione finanziaria spetta, in via principale, a colui che ha eseguito il versamento non solo nelle ipotesi di errore materiale e duplicazione, ma anche in quelle di inesistenza totale o parziale dell’obbligo.
principio analogo trova applicazione ai rapporti tra il lavoratore e l’ente previdenziale, come da ultimo affermato da Cass. n. 1963 del 2023, secondo cui la nuova disciplina introdotta dal d.l. n. 34 del 2020, art. 150 circa la restituzione delle somme indebitamente percepite che, per effetto del nuovo comma 2bis inserito nell’art. 10 del TUIR, avviene al netto delle ritenute subite e non costituisce onere deducibile dal reddito, ha sancito, in via generale, un principio già applicato dalla giurisprudenza costante;
in conclusione, il ricorso è rigettato;
segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 7.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art.13,co.1 -quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20