Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26881 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 26881 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso 15240-2023 proposto da:
NOME, GIUDICI TIZIANA, domiciliate in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentate e difese dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 45/2023 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 19/01/2023 R.G.N. 234/2021;
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 25/09/2024
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/09/2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO. NOME COGNOME; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME; udito l’avvocato NOME COGNOME.
Fatti di causa
Nella gravata sentenza si legge che NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto, dinanzi al Tribunale di Firenze, la RAGIONE_SOCIALE (nei cui confronti a seguito del fallimento hanno successivamente rinunciato alla domanda) e la RAGIONE_SOCIALE, deducendo di avere lavorato alle dipendenze della prima società come commesse dei reparti di pescheria siti all’interno di due supermercati della seconda (in particolare quello di Certaldo la COGNOME e in quello di Firenze la COGNOME) e chiedendo la condanna della società RAGIONE_SOCIALE a titolo di responsabilità solidale ex art. 29 D.lgs. n. 276/2003, avendo dato in appalto il reparto pescheria alla RAGIONE_SOCIALE, delle differenze retributive pari ad euro 8.619,11 per la prima e ad euro 17.438,70 per la seconda.
L’adito Tribunale ha accolto parzialmente le domande delle due lavoratrici ritenendo fondato il loro credito sul presupposto che i reparti di pescheria dove avevano operato fossero stati dati in appalto a RAGIONE_SOCIALE da RAGIONE_SOCIALE, condannando quest’ultima al pagamento delle spettanze retributive rivendicate detratto il TFR che avevano percepito dal RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di appello di Firenze, con la sentenza n. 45 del 2023, in accoglimento del gravame della società ha, invece, respinto le originarie domande delle due lavoratrici.
I giudici di seconde cure, ritenuta l’ammissibilità dell’appello, hanno opinato che dovesse essere esclusa la natura di appalti nei contratti intercorsi tra le società, i quali prevedevano: i) la consegna all’affidataria di una parte del supermercato dotata di RAGIONE_SOCIALEne, celle frigorifere, bilance ed attrezzature varie; ii) la vendita del pesce ai clienti il cui prezzo veniva pagato alle casse
del supermercato; iii) l’obbligo della RAGIONE_SOCIALE di pagare ad RAGIONE_SOCIALE un canone annuo di euro 15.000 (euro 6.000 per il punto vendita di Certaldo) oltre il 5% dei proventi della vendita del pesce; analogamente hanno sottolineato che non erano ravvisabili i presupposti per qualificare i contratti come cessioni di ramo di azienda.
Gli stessi giudici hanno, poi, precisato che, quand’anche si fosse voluto qualificare il suddetto contratto quale contratto atipico, nato dalla prassi della RAGIONE_SOCIALE, in ogni caso non si era in presenza di un contratto di appalto e, quindi, non vi era spazio per l’applicabilità dell’art. 29 D.lgs. n. 276/2003, estensibile, al più, al contratto di trasporto.
Avverso tale decisione NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi cui ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
La società ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo le ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro con riferimento all’art. 29 co. 2 del D.lgs. n. 276/2003. Esse deducono che nell’atto introduttivo avevano qualificato il contratto intercorso tra le parti quale contratto di appalto ovvero quale altro simile contratto atipico che presentava elementi prevalenti rispetto alla forma contrattuale della locazione, specificando che lo stesso rientrava nello schema della concessione di servizi, applicabile anche a rapporti privatistici, per il quale si applicava la garanzia della responsabilità solidale ex art. 29 D.lgs. n.276/2003, come affermato da alcuni precedenti di legittimità in materia; precisano, inoltre, che la stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 254/2017) aveva affermato la possibilità di una interpretazione analogica della responsabilità solidale del committente anche in ipotesi di subfornitura rispetto al contratto di appalto e che ciò che rilevava era
l’accertamento del destinatario della prestazione finale che andava individuato anche nel committente.
Con il secondo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29 D.lgs. n. 276/2003 nonché degli artt. 1635 cc e degli artt. 1362 e ss. cc, per avere errato la Corte territoriale nel non avere ritenuto applicabile al contratto atipico di gestione, intercorso tra le parti, le norme in materia di appalto, essendo rinvenibile una operazione RAGIONE_SOCIALE articolata con la quale era stata esternalizzata una attività intimamente legata al ciclo produttivo, labour intensive , a fronte di un compenso rappresentato dal diritto ad incassare una parte consistente degli importi della gestione del RAGIONE_SOCIALE; si chiede, altresì, qualora alla forma contrattuale suindicata non fossero applicabili le norme in materia di garanzia previste per il contratto di appalto, di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 D.lgs. n. 276/2003 in relazione agli artt. 3, 4, 24, 35 co. 1, 36 e 111 Cost.
Con il terzo motivo le ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29 D.lgs. n. 276/2003 perché, nell’escludere la Corte territoriale la responsabilità solidale di RAGIONE_SOCIALE, ha determinato una illegittima deresponsabilizzazione di questa rispetto alle retribuzioni pacificamente maturate all’interno del RAGIONE_SOCIALE pescheria affidato in gestione alla RAGIONE_SOCIALE.
I tre motivi, da esaminare congiuntamente per la loro interferenza, sono fondati.
Il nucleo essenziale dell’impianto decisorio della sentenza impugnata è rappresentato dalla argomentazione in virtù della quale, non vertendosi in ipotesi di contratto di appalto né di cessione di ramo di azienda ma di un contratto atipico, nato dalla prassi RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE, non era applicabile l’art. 29 D.lgs. n. 276/2003 che menziona esclusivamente l’appalto e che, al più, poteva estendersi al contratto di trasporto.
Il suddetto ragionamento, a parere del Collegio, non è condivisibile in diritto perché non si confronta con quanto affermato, sia pure in tema di contratto di sub-fornitura, dalla sentenza della Corte Costituzionale (n. 254/2017) secondo cui la ratio dell’introduzione della responsabilità solidale (art. 29 D.lgs.
276/2003) del committente – che è quello di evitare il rischio che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto RAGIONE_SOCIALE – non giustifica una esclusione (che si porrebbe, altrimenti, in contrasto con il precetto dell’art. 3 Cost.) della predisposta garanzia nei confronti dei dipendenti del sub-fornitore, atteso che la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento.
Osserva, pertanto, questa Corte, applicando tale principio al caso di specie, che ciò rileva non è tanto l’esatta qualificazione del contratto, in relazione alla quale si conviene che si tratti di un contratto atipico, a causa mista, normalmente adottato dalla RAGIONE_SOCIALE, ma la necessità di verificare se vi sia stato un meccanismo di decentramento e di dissociazione fra la titolarità del contratto di lavoro e l’utilizzazione della prestazione lavorativa che possa giustificare una applicazione della garanzia di cui all’art. 29 D.lgs. n. 276/2003 citato.
Sotto questo profilo, un ruolo importante nella verifica da svolgere riveste la individuazione dell’interesse economico concreto, di una parte contrattuale rispetto all’altra, sotteso alla realizzata operazione di decentramento produttivo e di dissociazione tra la titolarità del contratto di lavoro e l’utilizzazione della prestazione lavorativa: interesse da valutarsi avendo riguardo ad una eventuale sussistenza di una situazione di ‘dipendenza economica’ e di assunzione di un maggior ‘rischio di impresa’, nel senso che deve essere accertato se lo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti sia eccessivo essendo il contraente che lo subisce privo di valide scelte alternative economiche sul mercato.
Nella fattispecie, pertanto, deve essere analizzato, per un corretto esame della vicenda, chi, tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, aveva sopportato, nel rapporto negoziale intercorso, il maggior rischio di impresa e chi aveva tratto più vantaggi dalla operazione contrattuale adottata.
Tale accertamento deve, poi, essere attuato avendo ad oggetto gli elementi concreti, che hanno caratterizzato i
contratti intercorsi tra le parti, quali parametri appunto di individuazione del ‘maggior rischio’ e dei ‘maggiori vantaggi’ sopra menzionati.
In particolare, con specifico riferimento alla ipotesi in esame, è necessario considerare che: a) la consegna di una parte del supermercato dotata di RAGIONE_SOCIALEne, celle frigorifere, bilance ed attrezzature varie, avveniva dietro il pagamento di un canone annuo di euro 15.000 (o di 6.000 per l’altro supermercato) oltre al 5% dei proventi della vendita del pesce; b) il prezzo veniva incassato dalla società affidataria che emetteva un proprio scontrino fiscale anche se il corrispettivo veniva poi pagato alla cassa del supermercato; c) vi era l’obbligo della società affidataria di acquistare il pesce solo dal supermercato affidante e non da fornitori terzi; d) vi era l’obbligo di praticare gli stessi orari di apertura del supermercato; e) vi era il diritto dell’affidante di ispezionare il reparto per verificare la buona tenuta dello stesso e la vendita del pesce a prezzi contenuti.
All’esito di tale riscontro può, quindi, essere accertato quale delle due parti contrattuali sia stata maggiormente interessata all’operazione RAGIONE_SOCIALE e quindi assodare la eventualità della sussistenza di un decentramento produttivo sintomatico di una dissociazione tra contratto di lavoro ed utilizzazione della prestazione del dipendente che richieda l’applicabilità analogica dell’art. 29 D.lgs. n. 276/2003.
In conclusione, va enunciato il seguente principio di diritto: ‘In ipotesi di contratto atipico, a causa mista, adottato nella prassi della RAGIONE_SOCIALE, in cui la titolare dell’impresa ceda la gestione di un autonomo reparto, non preesistente, ad altra ditta, con particolari obblighi contrattuali a carico di quest’ultima, va verificato, analizzando gli elementi caratterizzanti il contratto, l’interesse economico concreto della operazione onde accertare se si verta in una ipotesi di decentramento e di dissociazione tra la titolarità del contratto di lavoro e l’utilizzazione della prestazione lavorativa che giustifichi la responsabilità solidale ai sensi dell’art. 29 D.lgs. n. 276/2003 ratione temporis vigente’.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere accolto.
La gravata sentenza deve essere cassata e la causa va rinviata alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame tenendo conto del principio di diritto sopra esposto e provvederà, altresì, alle determinazioni sulle spese anche del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 settembre