Responsabilità Sanitaria: La Cassazione sul Nesso Causale e l’Onere della Prova
L’ordinanza in commento affronta un tema cruciale e di grande attualità: la responsabilità sanitaria. Con questa decisione, la Corte di Cassazione torna a delineare i confini dell’onere della prova a carico del paziente e della struttura sanitaria in caso di presunta malpractice medica, fornendo chiarimenti essenziali per gli operatori del diritto e per i cittadini che si trovano ad affrontare simili, delicate vicende.
I Fatti di Causa: Un Intervento Chirurgico e il Danno Subito
Il caso trae origine dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da un paziente nei confronti di una struttura ospedaliera a seguito di un intervento chirurgico che, a suo dire, ne aveva peggiorato le condizioni di salute. Sia in primo grado che in appello, la domanda del paziente era stata respinta. I giudici di merito avevano ritenuto che l’attore non avesse fornito una prova sufficiente del nesso causale tra la condotta dei sanitari e il danno lamentato. Di fronte a questa doppia pronuncia sfavorevole, il paziente decideva di ricorrere per Cassazione, lamentando l’errata applicazione delle norme in materia di onere probatorio.
La Decisione della Corte: La Ripartizione dell’Onere della Prova nella Responsabilità Sanitaria
La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del paziente, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa ad un altro giudice per una nuova valutazione. Il cuore della decisione risiede nella riaffermazione del principio, ormai consolidato, secondo cui la responsabilità della struttura sanitaria ha natura contrattuale. Ciò comporta una specifica ripartizione dell’onere della prova tra le parti.
L’onere del paziente
Il paziente che agisce in giudizio per ottenere il risarcimento del danno deve provare:
1. L’esistenza del contratto (o del “contatto sociale”) con la struttura sanitaria.
2. L’insorgenza o l’aggravamento della patologia e, quindi, il danno alla salute.
3. Il nesso causale tra la condotta del medico e il danno subito. Su questo punto, la Corte precisa che tale prova può essere fornita anche attraverso presunzioni, basandosi sul criterio del “più probabile che non”.
L’onere della struttura sanitaria
Una volta che il paziente ha assolto al proprio onere, spetta alla struttura sanitaria convenuta dimostrare che la prestazione è stata eseguita in modo diligente e che l’esito infausto è stato causato da un evento imprevedibile e inevitabile, oppure che l’inadempimento non le è imputabile. Si tratta di una prova liberatoria ben più gravosa.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione richiamando il principio della “vicinanza della prova” (o vicinitas probandi). Secondo tale principio, l’onere della prova deve essere allocato sulla parte che si trova nelle migliori condizioni per fornirla. Nel contesto della responsabilità sanitaria, la struttura ospedaliera e i suoi medici dispongono di tutte le conoscenze tecniche, della documentazione clinica e degli elementi necessari a ricostruire l’accaduto e a dimostrare la correttezza del proprio operato. Imporre al paziente una prova piena e diretta della colpa medica sarebbe eccessivamente oneroso, quasi una probatio diabolica, data la sua posizione di debolezza informativa.
I giudici di legittimità hanno quindi censurato la sentenza impugnata per non aver fatto corretta applicazione di questi principi, addossando di fatto al solo paziente l’intero onere di dimostrare la colpa della struttura, senza valutare adeguatamente gli elementi presuntivi offerti e senza pretendere dalla struttura la prova liberatoria a suo carico.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale volto a tutelare la posizione del paziente nel contenzioso medico-sanitario. Riaffermando la natura contrattuale della responsabilità della struttura e applicando il principio della vicinanza della prova, la Cassazione garantisce un riequilibrio processuale tra le parti. Per le strutture sanitarie, ciò significa dover adottare protocolli rigorosi e mantenere una documentazione clinica completa e trasparente, non solo per garantire la migliore assistenza, ma anche per essere in grado di dimostrare, in sede giudiziaria, la correttezza del proprio operato e l’assenza di colpe.
In un caso di responsabilità sanitaria contrattuale, chi deve provare cosa?
Il paziente deve provare l’esistenza del contratto con la struttura sanitaria e il danno subito (cioè l’aggravamento della sua condizione di salute). La struttura sanitaria, per essere esonerata da responsabilità, deve invece dimostrare che la prestazione è stata eseguita correttamente o che l’eventuale inadempimento è dovuto a una causa non imputabile.
Cosa si intende per criterio del “più probabile che non” riguardo al nesso causale?
Significa che il paziente non deve fornire la certezza assoluta che la condotta del medico abbia causato il danno. È sufficiente dimostrare, anche tramite presunzioni, che è più probabile che il danno sia una conseguenza dell’operato dei sanitari piuttosto che di altri fattori.
Perché la Corte applica il principio della “vicinanza della prova”?
La Corte applica questo principio per riequilibrare le posizioni delle parti nel processo. La struttura sanitaria possiede le competenze tecniche e la documentazione (cartella clinica) per ricostruire i fatti e dimostrare la correttezza del proprio operato. Sarebbe ingiusto e troppo difficile per il paziente, che è la parte debole e meno informata, dover fornire la prova tecnica della colpa medica.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25982 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25982 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/09/2025
ORDINANZA
Il Presidente NOME COGNOME