Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19057 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19057 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12468-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3096/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/10/2019 R.G.N. 3818/2017;
Oggetto
R.G.N.12468/2020
COGNOME
Rep.
Ud.08/04/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha annullato la sanzione disciplinare dell’ammonizione irrogata da RAGIONE_SOCIALE a NOME COGNOME sulla base di contestazione che ascriveva alla dipendente la diretta responsabilità nella realizzazione di irregolarità in relazione ai prodotti di corrispondenza nazionale/internazionale; la lettera di contestazione evidenziava infatti la piena consapevolezza e conoscenza da parte della NOME, evincibili da alcune mail ad essa indirizzate da colleghi, di un’articolata condotta posta in essere da altri dipendenti, addetti e responsabili di strutture territoriali dei servizi postali, condotta intesa ad eludere, mediante intercettazione delle lettere ‘test’, la verifica della qualità del servizio recap ito affidata da Poste Italiane a società esterne.
La Corte di merito, ferma la gravità dei fatti accertati dai servizi ispettivi di Poste Italiane, ha ritenuto erronea l’attribuzione di responsabilità disciplinare alla Romano per una condotta di semplice ricezione di comunicazione di posta elettronica, in difetto di attribuzione alla dipendente di una posizione di garanzia o di controllo, estranea ai relativi compiti; ha inoltre osservato che costituiva dato di comune esperienza la ricezione nell’ambito del contesto lavorativo di un numero assai elevato di mail e che, anche ammesso che le mail in questione fossero state lette dalla lavoratrice, non era provato che fossero state lette attentamente non riguardando
direttamente l’attività della medesima ; ha quindi concluso che ancorare la responsabilità disciplinare alla mera ricezione di mail implicava l’attribuzione alla dipendente di un’impropria di responsabilità oggettiva.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE sulla base di un unico motivo; la parte intimata ha depositato controricorso.
Entrambe le parti hanno comunicato memoria.
Considerato che
Con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2104, 2105, 1175 e 1375 c.c. nonché degli artt. 52, 53 e 54 c.c.n.l. applicabile censurando la sentenza impugnata per avere escluso la responsabilità disciplinare della lavoratrice in quanto mera destinataria di messaggi mail concernenti l’attività intesa a far risultare una qualità del servizio recapito diversa da quella effettiva. Sostiene che il comportamento omissivo della dipendente, la quale non aveva adottato alcuna misura per contrastare la condotta posta in essere dai colleghi, della quale era stata resa edotta tramite mail, ovvero la mancata segnalazione della stessa alla società costituiva violazione dell’obbligo di fedeltà, correttezza e buona fede gravante sulla dipendente.
Il motivo è inammissibile in quanto le ragioni di doglianza non si confrontano con l’accertamento di fatto del giudice di merito il quale ha ritenuto non provato che tali comunicazioni, ‘rarefatte’ ed intervenute in un arco temporale molto esteso, fossero state effettivamente lette attentamente dalla
lavoratrice, non risultando che la stessa avesse dato conferma di lettura né che avesse risposto o provveduto ad inoltrarle a terzi, né avesse tenuto i comportamenti richiesti in tali comunicazione. Tale accertamento, non incrinato dalle censure formulate, esclude nella dipendente la consapevolezza della illecita attività posta in essere dai colleghi e quindi lo stesso presupposto al quale la datrice di lavoro ha mostrato di ancorare l’affermazione della responsabilità disciplinare. In questa prospettiva si rivelano non pertinenti i rilievi che denunziano violazione del principio di correttezza e buona fede nell’ambito del rapporto di lavoro e delle norme di legge e del contratto collettivo in tema di obblighi del lavoratore, difettando il medesimo presupposto soggettivo per la astratta configurazione della violazione ascritta..
All’inammissibilità del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite e la condanna del ricorrente al raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 5.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Con distrazione
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio dell’ 8 aprile 2025
La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME