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Responsabilità della banca: onere probatorio rigido

Un cliente aziendale contesta la decisione di primo grado, cercando di affermare la responsabilità della banca per bonifici fraudolenti eseguiti a causa di un malware che ha alterato gli IBAN. La Corte d’Appello, dopo un’attenta analisi dell’onere probatorio a carico dell’istituto di credito, ha respinto l’appello del cliente. Sebbene la Corte abbia rilevato alcune carenze nelle prove fornite dalla banca, ha ritenuto infondati i motivi principali dell’impugnazione, confermando così la sentenza originale e la non responsabilità dell’istituto.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

Responsabilità della Banca e Frodi Online: L’Onere della Prova

In un’era dominata dalla digitalizzazione dei servizi finanziari, la sicurezza delle transazioni online è una priorità assoluta. Una recente sentenza della Corte di Appello di Ancona affronta un tema cruciale: la responsabilità della banca in caso di bonifici fraudolenti causati da malware. Questo articolo analizza la decisione, che, pur evidenziando le rigorose prove richieste agli istituti di credito, giunge a confermare la decisione di primo grado a favore della banca.

I Fatti del Caso: Bonifici Manipolati da Malware

Un cliente aziendale si è visto addebitare sul proprio conto corrente una serie di bonifici con IBAN errati. La causa è stata identificata in un malware presente nei sistemi informatici del cliente, che alterava i codici IBAN inseriti per le operazioni di pagamento. Ritenendo l’istituto di credito responsabile per non aver impedito le operazioni fraudolente, il cliente ha avviato un’azione legale. Dopo una prima decisione sfavorevole, il caso è giunto dinanzi alla Corte di Appello.

L’appellante sosteneva che la banca non avesse fornito la prova liberatoria richiesta dalla legge, ossia la dimostrazione che le operazioni fossero state correttamente autenticate e che i propri sistemi di sicurezza avessero funzionato a dovere.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte di Appello ha respinto il ricorso del cliente, confermando integralmente la sentenza di primo grado. La decisione finale ha quindi escluso la responsabilità della banca per le somme sottratte. Sebbene il percorso argomentativo della Corte appaia complesso e a tratti critico verso la condotta probatoria della banca, il verdetto finale si è basato sulla valutazione di infondatezza dei motivi di appello cruciali presentati dal correntista.

Analisi della responsabilità della banca e onere probatorio

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 10 del D.Lgs. n. 11/2010. Questa norma pone a carico della banca (il prestatore di servizi di pagamento) l’onere di provare che un’operazione di pagamento sia stata autenticata, correttamente registrata e non abbia subito le conseguenze di un malfunzionamento tecnico.

Nel corso del giudizio, la Corte ha esaminato le prove fornite dalla banca, come i file di log del sistema informatico. I giudici hanno osservato che tali documenti, da soli, non erano sufficienti a dimostrare in modo inequivocabile che al cliente fossero stati comunicati gli IBAN manipolati durante le procedure di conferma telefonica, attivate a seguito di anomalie rilevate dal sistema. La banca, infatti, aveva rilevato un problema di sicurezza e aveva richiesto un’ulteriore autorizzazione tramite contatto telefonico, una procedura non standard che indicava già la percezione di un rischio.

Le Motivazioni: Un’Analisi Complessa dell’Onere Probatorio

Le motivazioni della sentenza sono particolarmente interessanti. La Corte, in una prima fase, accoglie alcune delle censure mosse dal cliente, affermando ad esempio che la banca non aveva adeguatamente provato la sottrazione colposa delle credenziali da parte del cliente o che l’indirizzo IP da cui erano partiti i bonifici fosse riconducibile al cliente stesso.

Tuttavia, la Corte ha poi ritenuto infondati i motivi di appello decisivi (dal quarto al settimo), quelli relativi alla mancata prova liberatoria da parte della banca e alla richiesta di una consulenza tecnica d’ufficio. Secondo i giudici, il compendio documentale, così come formatosi in primo grado, non offriva elementi sufficienti per accertare il momento esatto della manipolazione degli IBAN. Pertanto, una consulenza tecnica sarebbe risultata superflua.

La Corte ha concluso che la banca non era riuscita a superare pienamente la presunzione di responsabilità a suo carico, non provando il contenuto delle telefonate di conferma e l’effettiva comunicazione degli IBAN alterati. Ciononostante, ha rigettato l’appello, confermando la sentenza di primo grado. Questa apparente contraddizione si risolve nel fatto che, secondo la Corte, i motivi di appello del cliente, nel loro complesso, non erano sufficientemente fondati per giustificare una riforma della decisione iniziale.

Conclusioni: Implicazioni per Clienti e Istituti di Credito

Questa sentenza, sebbene confermi la decisione a favore della banca, serve da monito per tutti gli attori del sistema finanziario. Per gli istituti di credito, emerge la necessità non solo di implementare sistemi di sicurezza robusti (come l’autenticazione a più fattori), ma anche di essere in grado di documentare in modo inoppugnabile ogni singolo passaggio delle procedure di sicurezza, specialmente quelle attivate in caso di anomalie. La semplice produzione di log informatici generici potrebbe non essere ritenuta sufficiente.

Per i clienti, la decisione sottolinea l’importanza di costruire un’impugnazione legalmente solida su tutti i fronti. Non è sufficiente evidenziare le mancanze della controparte se i propri motivi di appello vengono ritenuti, in ultima analisi, infondati dal giudice.

Chi ha l’onere di provare la correttezza di un’operazione di pagamento online?
Secondo la normativa vigente (art. 10 del D.Lgs. n. 11/2010), l’onere della prova spetta al prestatore di servizi di pagamento, ovvero alla banca. Essa deve dimostrare che l’operazione è stata autenticata, correttamente registrata e contabilizzata e che non è stata inficiata da malfunzionamenti tecnici o altri inconvenienti.La semplice produzione di file di log da parte della banca è sufficiente a provare la sua diligenza?
No, secondo quanto emerge dalla sentenza, la sola produzione di file di log può non essere considerata prova sufficiente. In particolare, se tali documenti non dimostrano in modo chiaro elementi cruciali, come l’esatto contenuto delle comunicazioni di sicurezza intercorse con il cliente (ad esempio, la lettura degli IBAN durante una chiamata di conferma), la prova potrebbe essere ritenuta incompleta.

In questo caso, perché l’appello del cliente è stato respinto nonostante le apparenti mancanze probatorie della banca?
L’appello è stato respinto perché, nonostante la Corte abbia rilevato delle carenze nelle prove fornite dalla banca, ha ritenuto che i motivi di impugnazione presentati dal cliente non fossero, nel loro complesso, giuridicamente fondati al punto da poter riformare la sentenza di primo grado. La decisione finale si basa quindi su una valutazione complessiva della solidità giuridica del gravame, che è stato giudicato insufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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