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Responsabilità datore di lavoro: tutela anche senza mobbing

Una lavoratrice del settore pubblico ha citato in giudizio il proprio datore di lavoro per danni derivanti da un ambiente lavorativo ostile. Le corti di merito hanno respinto la domanda, non ravvisando gli estremi del mobbing. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che la responsabilità del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c., sussiste anche in assenza di mobbing, qualora non siano state adottate tutte le misure necessarie a prevenire un ambiente stressogeno dannoso per la salute del dipendente. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Responsabilità Datore di Lavoro: La Tutela Va Oltre il Mobbing

Recentemente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3791/2024, ha riaffermato un principio cruciale in materia di diritto del lavoro: la responsabilità del datore di lavoro per la tutela della salute dei dipendenti non si esaurisce nella sola prevenzione del mobbing. Anche un ambiente di lavoro semplicemente “stressogeno” può fondare una richiesta di risarcimento, spostando l’onere della prova sull’azienda. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla domanda di una dipendente pubblica, assistente amministrativa presso un istituto scolastico, che chiedeva il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa di presunti comportamenti vessatori sul luogo di lavoro. La sua richiesta era stata respinta sia in primo grado dal Tribunale sia in appello dalla Corte d’Appello di Ancona. Entrambi i giudici di merito avevano concluso per l’insussistenza della fattispecie del mobbing, in quanto non era stata fornita la prova di un intento persecutorio, sistematico e prolungato nel tempo.

Insoddisfatta della decisione, la lavoratrice ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2087 del codice civile, norma cardine in materia di sicurezza e salute sul lavoro.

La Decisione della Cassazione e la Responsabilità del Datore di Lavoro

La Suprema Corte ha accolto i motivi di ricorso della lavoratrice, cassando la sentenza d’appello e rinviando il caso a un nuovo esame. Il punto centrale della decisione è che i giudici di merito hanno commesso un errore nel limitare la loro analisi alla sola verifica della sussistenza del mobbing.

La Corte ha chiarito che l’assenza degli estremi del mobbing (in particolare, l’intento persecutorio che unifica i vari comportamenti lesivi) non esclude automaticamente la responsabilità del datore di lavoro. Quest’ultimo, infatti, è tenuto ai sensi dell’art. 2087 c.c. a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, adottando tutte le misure che, secondo l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tale scopo.

L’Obbligo di Prevenire l’Ambiente Stressogeno

Secondo la Cassazione, è illegittimo che un datore di lavoro consenta, anche solo colposamente, il mantenersi di un ambiente di lavoro “stressogeno” che possa arrecare danno alla salute dei lavoratori. La responsabilità non è oggettiva, ma si fonda sull’onere del datore di lavoro di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per prevenire il danno.

Nel caso specifico, la stessa sentenza d’appello riconosceva l’esistenza di un “contesto di conflittualità all’interno dell’istituto”. Secondo la Cassazione, proprio questa conflittualità imponeva al datore di lavoro di intervenire per ripristinare la serenità necessaria al corretto svolgimento delle prestazioni lavorative.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha stabilito un chiaro principio di diritto a cui il giudice del rinvio dovrà attenersi: anche in caso di accertata insussistenza del mobbing, il giudice deve comunque verificare se sussista una diversa ipotesi di responsabilità del datore di lavoro per non aver adottato le misure necessarie a tutelare la salute del lavoratore.

La ripartizione dell’onere della prova è fondamentale:
1. Il lavoratore deve provare il danno subito e il nesso causale tra tale danno e l’ambiente di lavoro.
2. Il datore di lavoro deve provare di aver adottato tutte le misure necessarie e idonee a prevenire quel danno.

La Corte d’Appello, rigettando la domanda solo sulla base dell’assenza dei presupposti del mobbing, senza negare né il danno alla persona né il nesso causale con il lavoro, ha applicato in modo errato l’art. 2087 c.c. e le relative regole probatorie.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza in modo significativo la tutela dei lavoratori contro lo stress lavoro-correlato. Il messaggio per le aziende e le pubbliche amministrazioni è inequivocabile: la responsabilità del datore di lavoro è ampia e proattiva. Non basta non porre in essere condotte persecutorie; è necessario agire attivamente per prevenire e rimuovere qualsiasi condizione lavorativa, anche una semplice conflittualità interna, che possa degenerare in un ambiente stressogeno e dannoso per la salute dei dipendenti. I datori di lavoro sono chiamati a dimostrare di aver implementato tutte le misure di prevenzione possibili, altrimenti saranno tenuti a risarcire i danni che ne derivano.

Un datore di lavoro è responsabile solo se viene provato il mobbing?
No. La Cassazione chiarisce che la responsabilità del datore di lavoro sussiste anche se non sono presenti tutti gli elementi del mobbing, qualora abbia omesso di adottare le misure necessarie a tutelare la salute del lavoratore da un ambiente di lavoro stressogeno.

Chi deve provare cosa in una causa per danno da stress lavorativo?
Il lavoratore deve provare il danno alla salute e il nesso causale con l’ambiente di lavoro. Il datore di lavoro, invece, ha l’onere di provare di aver adottato tutte le misure necessarie per prevenire il danno, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica.

Cosa significa che la Corte d’Appello ha fatto un’errata applicazione dell’art. 2087 c.c.?
Significa che ha limitato la sua valutazione alla sola fattispecie del mobbing, che richiede un intento persecutorio, ignorando l’obbligo più ampio, previsto dall’art. 2087 c.c., che impone al datore di lavoro di proteggere il lavoratore da qualsiasi condizione lavorativa lesiva della sua salute.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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