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Responsabilità datore di lavoro: quando è infortunio?

La Corte di Cassazione conferma la responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio di un operaio caduto da un ponteggio. Anche se il lavoratore aveva sganciato la cintura di sicurezza, la Corte ha stabilito che la mancanza di adeguati punti di ancoraggio lo ha costretto a compiere un’azione insicura, rendendo l’azienda pienamente responsabile. La sentenza ribadisce l’ampiezza degli obblighi di sicurezza che gravano sull’impresa.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Responsabilità Datore di Lavoro: Obbligo di Sicurezza Anche Oltre la Negligenza del Dipendente

La responsabilità del datore di lavoro in materia di sicurezza sul lavoro è un pilastro fondamentale del nostro ordinamento, ma i suoi confini sono spesso oggetto di dibattito, specialmente quando l’infortunio sembra causato da una disattenzione del lavoratore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che l’obbligo di garantire un ambiente di lavoro sicuro è talmente ampio da coprire anche le condotte imprudenti del dipendente, se queste sono una conseguenza prevedibile di una carenza organizzativa.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un’azione di regresso avviata dall’INAIL contro un’impresa edile per recuperare i costi sostenuti a seguito di un infortunio sul lavoro. Un operaio, impegnato nello smontaggio di un ponteggio a due livelli, è scivolato dalla scala a pioli mentre scendeva dal secondo al primo impalcato.

L’elemento cruciale della vicenda è che, per poter effettuare la discesa, il lavoratore era stato costretto a sganciare la propria cintura di sicurezza. La struttura, infatti, non era dotata di dispositivi di ancoraggio che gli consentissero di rimanere assicurato durante quella specifica manovra. Sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano confermato la colpa dell’azienda.

La Decisione della Cassazione e la Responsabilità del Datore di Lavoro

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’impresa, confermando in via definitiva la sua piena responsabilità. I giudici hanno respinto la tesi difensiva secondo cui la condotta del lavoratore sarebbe stata “abnorme” o frutto di un “rischio elettivo”. La decisione si basa su un principio cardine: la condotta del lavoratore non era stata una scelta volontaria e imprevedibile, ma una conseguenza diretta e necessaria della modalità con cui il lavoro doveva essere svolto, a causa delle mancanze strutturali predisposte dal datore.

Le Motivazioni

La Corte ha articolato il proprio ragionamento su due punti fondamentali:

1. L’Obbligo di Predisporre un Ambiente di Lavoro Sicuro: La responsabilità del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c., non si esaurisce nella mera fornitura dei dispositivi di protezione individuale (come la cintura di sicurezza). L’obbligo è molto più ampio e impone di progettare e organizzare l’intero processo lavorativo in modo che sia intrinsecamente sicuro. Nel caso specifico, fornire una cintura di sicurezza è inutile se poi il lavoratore è costretto a sganciarla per completare le sue mansioni. Era prevedibile che un operaio dovesse scendere da un impalcato all’altro, ed era dovere dell’azienda installare un sistema di ancoraggio continuo che lo proteggesse anche durante questa fase.

2. L’Obbligo di Vigilanza e la Prevenzione della Negligenza: I giudici hanno ribadito che la responsabilità datoriale si estende fino a coprire il rischio di condotte negligenti, imprudenti o imperite del prestatore di lavoro. L’unico limite è rappresentato dalla condotta “abnorme”, intesa come un comportamento talmente imprevedibile ed estraneo alle mansioni da interrompere ogni nesso causale con l’organizzazione del lavoro. Sganciare la cintura per scendere da una scala, in assenza di alternative, non è un atto abnorme, ma una conseguenza prevedibile della carenza di sicurezza.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio essenziale: la sicurezza sul lavoro non può essere un mero adempimento formale. Il datore di lavoro è il garante ultimo della salute e dell’integrità fisica dei suoi dipendenti e deve adottare un approccio proattivo, valutando tutti i rischi connessi a ogni fase del ciclo lavorativo. Non è sufficiente fornire l’equipaggiamento; è necessario assicurarsi che questo possa essere utilizzato efficacemente in ogni momento. La sentenza serve da monito per tutte le imprese: la responsabilità del datore di lavoro richiede una cultura della sicurezza reale e pervasiva, che vada oltre la semplice conformità normativa per proteggere i lavoratori anche da loro stessi.

Un datore di lavoro è responsabile se un dipendente si infortuna dopo aver sganciato la propria cintura di sicurezza?
Sì, secondo questa ordinanza, il datore di lavoro è responsabile se il lavoratore è stato costretto a sganciare i dispositivi di sicurezza a causa della mancanza di adeguate infrastrutture (come punti di ancoraggio continui) che gli permettessero di svolgere le sue mansioni rimanendo protetto.

Qual è l’estensione dell’obbligo di sicurezza previsto dall’articolo 2087 del codice civile?
L’obbligo è molto ampio e non si limita a fornire i dispositivi di protezione. Impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, includendo la prevenzione di rischi derivanti da negligenza, imprudenza o imperizia del lavoratore stesso.

Quando la condotta di un lavoratore può essere considerata “abnorme” al punto da escludere la responsabilità del datore di lavoro?
La condotta è considerata abnorme solo quando è assolutamente imprevedibile, estranea alle mansioni assegnate e rappresenta una scelta volontaria del lavoratore di esporsi a un rischio non connesso all’attività lavorativa (rischio elettivo). Non è abnorme una condotta insicura se è l’unica via possibile per eseguire un compito richiesto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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