SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA N. 1267 2025 – N. R.G. 00000428 2023 DEPOSITO MINUTA 14 07 2025 PUBBLICAZIONE 14 07 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO di BOLOGNA
seconda sezione civile
La Corte, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
Dott. NOME Giuliano Presidente
Dott. NOME COGNOME relatore
Dott. NOME COGNOME Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Nella causa civile in grado di appello iscritta al n. r.g. 428/2023 promossa da:
C.F.
(C.F.
)
rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo, sito in Reggio Emilia, in INDIRIZZO
-Appellanti-
contro
(C.F.
)
rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, sito in Reggio Emilia, in INDIRIZZO
-Appellata-
AD OGGETTO:
RESP. EXTRACONTRATTUALE EX ART. 2052 C.C.
CONCLUSIONI:
APPELLANTI come da atto d’appello : « Voglia l’Ecc.ma Corte adita, contrariis reiectis,
C.F.
C.F.
C.F.
-in via preliminare, sospendere ai sensi dell’art.283 c.p.c. l’efficacia esecutiva e/o l’esecuzione della sentenza di primo grado come da ricorso che verrà depositato a seguito dell’iscrizione a ruolo del giudizio d’appello;
-nel merito, in riforma dell’impugnata sentenza n.1339/2022, emessa dal Tribunale di Reggio Emilia (Giudice Dott.ssa NOME COGNOME, pubblicata in data 21/12/2022 a definizione della causa civile n.6381/2019 R.G., -rigettare la domanda di risarcimento danni avanzata dall’appellata nei confronti degli appellanti e . Con vittoria delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio».
APPELLATA come da note scritte per l’udienza del 10.09.2024 : «Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello Adita, contrariis rejectis, rigettare le domande attoree, siccome infondate in fatto ed in diritto, confermando la sentenza appellata. Con vittoria di compensi e spese di causa».
LA CORTE
Udita la relazione della causa fatta dal Consigliere relatore Dott. NOME COGNOME letti ed esaminati gli atti e i documenti del processo, ha così deciso:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato in data 17.12.2019, conveniva in giudizio l’ex coniuge e la di lui convivente
dinnanzi al Tribunale di Reggio Emilia, esponendo:
-di essersi recata in data 21.05.2017 presso l’abitazione dei convenuti per fare visita a due delle figlie nate dal matrimonio con e con lui conviventi;
-che quest’ultimo e la dopo averle aperto il cancello di ingresso, l’avrebbero accolta brandendo un coltello;
– che ne sarebbe scaturita una colluttazione nel corso della quale il cane pastore maremmano in proprietà dei resistenti, su istigazione di questi, l’ avrebbe aggredita provocandole gravi ferite al braccio e alla gamba sinistri;
– di avere sporto denuncia querela, a seguito della quale il GIP presso il Tribunale di Reggio Emilia emetteva nei confronti di entrambi decreto penale di condanna;
– che dalla visita medico-legale a cui si sottoponeva era emersa una invalidità temporanea parziale al 75% di giorni 25, al 50% di giorni 25, al 25% di giorni 25, nonché un danno biologico permanente pari al 12-13%.
Ciò premesso e deducendo la responsabilità dei convenuti ai sensi dell’art. 2052 c.c., l’attrice chiedeva la condanna dei convenuti, in solido, al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dei fatti esposti, quantificati in € 43.750,00 oltre interessi.
B. Si costituivano in giudizio e la convivente contestando la ricostruzione dei fatti esposta dall’attrice e deducendo:
– di non avere aperto il cancello della propria abitazione all’attrice ;
– che l’attrice si era dunque introdotta nel cortile scavalcando la recinzione, pur consapevole della presenza del cane;
-che la reazione dell’animale era stata determinata non dalle istigazioni dei convenuti, ma dall’atteggiamento aggressivo e dalle urla dell’attrice ;
– che il cane in ogni caso si trovava all’interno dell’area cortiliva in uso esclusivo dei convenuti, alla quale si accede solo disponendo delle chiavi e la sua presenza era segnalata da apposito e ben visibile cartello.
Concludevano contestando la domanda risarcitoria anche sotto il profilo del quantum, insistendo per il suo rigetto.
C. All’udienza dell’1.10.2020 veniva disposto il mutamento del rito da sommario di cognizione a ordinario e venivano assegnati i termini di cui all’art. 183, comma VI c.p.c.
D. La causa veniva istruita mediante l’escussione di testi , hic et inde indotti, nonché attraverso l’espletamento di una CTU medico legale sulla persona dell’attrice. –
E. Con sentenza n. 1339/2022, il Tribunale di Reggio Emilia accoglieva la domanda attorea e condannava i convenuti, in solido, a pagare in favore dell’attrice la somma di € 22.278,72 a titolo di risarcimento del danno.
F. Avverso la suddetta sentenza proponevano appello e chiedendo, in via preliminare, la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza ex art. 283 c.p.c. e, nel merito, la riforma della sentenza e, dunque, il rigetto della domanda risarcitoria avanzata da .
G. Si costituiva in giudizio chiedendo, in via preliminare, il rigetto del l’istanza di sospensione dell’e fficacia esecutiva della sentenza e, nel merito, il rigetto dell’appello in quanto infondato in fatto ed in diritto.
H. Con l’ ordinanza del 19.09.2023, la Corte disponeva la sospensione della provvisoria esecutività dell’impugnata sentenza , rinviando la causa all’udienza del 10 .09.2024 per la precisazione delle conclusioni.
I. All’esito delle conclusioni, precisate dalle parti con note scritte per l’udienza del 1 0.09.2024, la Corte tratteneva la causa in decisione con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. nella estensione massima.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La vicenda trae origine da ll’ asserita aggressione di un cane presente all’interno dell’area cortiliva di pertinenza dell’abitazione di proprietà degli odierni appellanti
e ai danni di , la quale riportava conseguentemente plurime lesioni al braccio e al polpaccio.
2. La danneggiata conveniva in giudizio i proprietari del l’animale al fine di sentirli condannare al risarcimento dei danni ex art. 2052 c.c.
3. Il Tribunale di Reggio Emilia accoglieva la domanda attorea, ritenendo, in ordine al nesso di causalità, l’evidente rapporto eziologico tra le lesioni subite dalla danneggiata ed il morso dell’animale e, in ordine al caso fortuito -costituito, secondo la prospettazione dei convenuti, dalla condotta della danneggiata, che si sarebbe introdotta illecitamente nella loro proprietà, assumendo un atteggiamento aggressivo tale da scatenare la reazione dell’animale – l’insussistenza, in quanto non vi era la prova né del fatto che l’attrice fosse armata di bastone né che avesse tenuto una condotta aggressiva, imprevedibile ed inevitabile, tale da determinare, di per sé, la reazione violenta del cane nei suoi confronti, posto che, peraltro, la colluttazione fisica aveva coinvolto tutte e tre le parti in causa.
4. Avverso la suddetta sentenza proponevano appello e chiedendo la riforma della sentenza e, dunque, il rigetto della domanda risarcitoria avanzata dalla sostenendo come la condotta realizzata da quest’ultima avesse integrato gli estremi del caso fortuito, liberandoli conseguentemente dalla responsabilità su di loro incombente ai sensi dell’art. 2052 c.c.
4.1 L’appello è fondato e merita accoglimento per le ragioni che seguono.
5. In primis , la Corte ritiene preliminare l’inquadramento giuridico della fattispecie concreta nell’ alveo dell’art. 2052 c.c. a norma del quale ‘il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito’ .
5.1 Trattasi di un’ipotesi di responsabilità pressocché oggettiva in capo al proprietario dell’animale o al soggetto che lo ha in custodia temporaneamente -il cui presupposto ai fini di una sua corretta applicazione risiede esclusivamente nell’accertamento della sussistenza del nesso di causalità tra il fatto e l’evento. Nel caso in cui, dunque, l’animale cagioni un danno ad altro soggetto, il relativo proprietario, per liberarsi dalla presunzione di responsabilità su di lui incombente, deve dar prova dell’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva e dotato delle caratteristiche della imprevedibilità, della inevitabilità e della assoluta eccezionalità, idoneo di per sé ad interrompere detto nesso causale, non essendo sufficiente la prova di aver usato la comune diligenza nella custodia dell’animale. «La responsabilità del proprietario, o di chi si serve di un animale, di cui all’art. 2052 c.c., si fonda non su un comportamento o un’attività – commissiva od omissiva – ma su una relazione intercorrente tra i predetti e l’animale, il cui limite risiede nel caso fortuito, la prova del quale – a carico del convenuto – può anche avere ad oggetto il comportamento del danneggiato, purché avente carattere di imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità» . Al danneggiato, invece, compete solo di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo.
6. Nel caso di specie, occorre partire da una premessa necessaria: non vi è alcun dubbio -lo conferma la CTU medico-legale espletata nel processo di prime cure dalla quale non vi è ragione di discostarsi -che le lesioni subite dalla danneggiata, al braccio e alla gamba sinistri, siano state cagionate dai morsi del cane pastore maremmano abruzzese di proprietà degli odierni appellanti.
6.1 A parer di questa Corte, però, non appare altrettanto pacifica la responsabilità di e in ordine alla verificazione di tali lesioni, nel senso di poter pacificamente attribuire loro l’aggressione in quanto proprietari del cane, nei termini di cui all’art. 2052 c.c. Gli elementi a disposizione di questa Corte, infatti, conducono a percorrere un ragionamento motivazionale differente rispetto a quello intrapreso dal Tribunale di Reggio Emilia, che porta all’esclusione del nesso di causalità in ragione della condotta della persona danneggiata .
7. Innanzitutto, dalla disamina dell’istruttoria orale è emerso che la convenuta si fosse introdotta all’interno dell’area cortiliva in assenza di chiaro e specifico invito da parte dei relativi proprietari e, dunque, del tutto illecitamente, oltre che furtivamente, scavalcandone la recinzione e così vincendo la chiusura del cancello di accesso alla proprietà. Significative, in proposito, le deposizioni di , e escussi alle udienze del 12.10.2021 e del 29.03.2022.
7.1 Il primo, all’epoca compagno della danneggiata, nonché colui che l’aveva accompagnata in macchina proprio dinnanzi l’abitazione degli appellanti il giorno del fatto, ha dichiarato di non ricordare « se la sig.ra abbia suonato o meno il campanello dell’abitazione, ma l’ho vista entrare nel giardino attraverso la rete di recinzione che era bassa da consentire lo scavalcamento» e di averla vista uscire sanguinante allo stesso modo, avendola aiutata a riscavalcare la recinzione, ciò senza che fosse apprezzata la presenza del cane. Ciò induce a ritenere che dopo l’aggre ssione e la morsicatura il cane non ha inseguito l’appellata fuggente .
In proposito, poi, la Corte ritiene utile anche valorizzare le foto scattate dai CC di Poviglio intervenuti con sollecitudine sul posto, i quali hanno individuato il punto di accesso attestato dalla presenza di una pedana in legno che ha agevolato lo scavalcamento della recinzione, in quel punto danneggiata ( Cfr. doc. 4 -fascicolo primo grado appellanti -foto n. 3).
7.2 La seconda, figlia del solo la quale, al momento del fatto, si trovava nell’appartamento adiacente a quello del padre, dichiarava di essersi affacciata quando l era già all’interno del cortile, specificando di aver visto il cancello chiuso e di aver assistito al momento in cui l’ era scappata, non quello in cui era uscita dalla proprietà, ma di essersi accorta in un secondo momento che «in un punto la recinzione era stata piegata».
7.3 Da ultimo, figlia dell’appellante e della convenuta, la quale all’epoca viveva con il p rimo, dichiarava di «aver sentito suonare il campanello del cancello esterno», quella mattina presto, e che il suono dello stesso era stato «piuttosto insistente», tanto che « i cani hanno iniziato ad abbaiare».
7.4 Ora, indipendentemente dal l’effettivo suono o meno del campanello del cancello, ciò che è certo e indubbiamente di maggior rilievo, è che la danneggiata si sia introdotta illecitamente e illegittimamente nell’area cortiliva di proprietà degli appellanti, scavalcando la recinzione e, dunque, eludendo le normali -e legali -vie d’ingresso/uscita d a una privata dimora.
7.5 La condotta così realizzata dall’ integra a tutti gli effetti gli estremi del c.d. caso fortuito. Infatti, la danneggiata ha agito realizzando una condotta -lo scavalcamento della recinzione -connotata da oggettive caratteristiche di imprevedibilità tali da non poter esser neutralizzata e anticipata neppure con la massima diligenza e custodia da parte dei proprietari dell’animale.
8. Come se quanto detto fin qui non fosse già sufficiente a riformare la sentenza impugnata, si aggiunga altresì come la una volta introdottasi illecitamente nell’area cortiliva di proprietà degli appellanti, brandisse un bastone chiodato (Cfr. foto e loro legenda allegate al rapporto d’intervento dei CC di Poviglio doc. 4 in particolare foto n. 2 -fascicolo appellanti).
8.1 La presenza di tale oggetto nell’area e nel momento in cui si è verificato il fatto è confermata dal rapporto dei Carabinieri, i quali, una volta giunti sul luogo del fatto a seguito di chiamata d’emergenza , rinvenivano per terra il predetto bastone (all. n. 4, seconda memoria ex art. 183 degli appellanti).
8.2 Sussiste, però, un forte disaccordo tra le parti in causa rispetto al fatto che il bastone si trovasse effettivamente tra le mani della e che fosse stato da ella utilizzato. A parer della convenuta, infatti, ciò non è mai avvenuto, mentre gli appellanti sostengono l’esatto contrario.
8.2.1 In proposito, la già citata teste ha dichiarato « lei aveva un bastone in mano, mi pare di legno, probabilmente raccolto in cortile piuttosto lungo. Non ricordo se avesse già il bastone in mano quando mi sono affacciata», seppur poco dopo sosteneva «non ho visto che nessuno avesse in mano armi».
8.2.2 Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dalla convenuta, a parer di questa Corte, tale ultima affermazione deve essere letta unitamente alla precedente espressa sempre dalla stessa teste, ovverosia «mio padre non aveva in mano un coltello», da cui discenderebbe che presumibilmente con «non ho visto che nessuno avesse in mano armi» la teste volesse intendere armi del tipo del coltello, con l’intento di escludere, dunque, dalla definizione di armi il bastone, che in ogni caso non può identificarsi nel linguaggio comune come arma.
8.2.3 È altresì esclusa l’ipotesi prospettata dalla appellata, secondo la quale i convenuti le avrebbero aperto il cancello d’ingresso e che l’avrebbe vista impugnare il bastone al solo fine di difendersi dall’atteggiamento aggressivo assunto dai proprietari, dei quali l’uomo, in particolare, si sarebbe interfacciato con lei brandendo un coltello tra le mani ed insieme alla compagna le avrebbe aizzato contro il cane. Infatti, tale prospettazione è assolutamente inveritiera, in quanto espressamente smentita dai testi escussi, nessuno dei quali ha sentito una istigazione del cane ad attaccare ed in particolare da , come detto, compagno dell’epoca della convenuta, il quale , smentendo la versione dell’ex compagna , che lo dichiarava come entrato con lei nel giardino, confermava di essere rimasto al di fuori e di aver visto « il sig. nel giardino della casa e non aveva un coltello in mano». Ciò, del resto, trova conferma anche dalla testimonianza resa dalle due figlie. Altro aspetto di preminente rilievo è che l’aggressione da parte dell’animale è avvenuta solo in un secondo momento ossia quando, ad ingresso avvenuto nella proprietà privata, l’atteggiamento imprevedibile in sé e minaccioso, legato soprattutto al brandire un bastone, della danneggiata è sfociato in uno scontro, non solo, verbale, ma anche, fisico con l’ex ma rito e la sua compagna, che le erano andati incontro; è questo il momento in cui ragionevolmente si colloca l’aggressione da parte dell’animale, vicenda verosimilmente svoltasi in una successione temporale talmente rapida da non poter essere impedita e altrettanto ragionevolmente causata dalla percezione nell’animale dell’aggressione ai propri padroni. Induce ciò ossia a ritenere ragionevole questa ricostruzione, il fatto che sia durante la penetrazione nella proprietà sia durante il recesso da essa, l’animale non abbia attaccato né inseguito l’appellata.
9. In conclusione, dunque, in ordine alla tesi di parte convenuta -«i sig.ri e avrebbero potuto (rectius dovuto) custodire gli animali con più diligenza ed impedire che gli stessi attaccassero l’attrice all’interno del proprio cortile» -è vero che «la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione» (Cass. sent. n. 18814 del 2011), ma è, allo stesso tempo, impossibile richiedere al detentore o al proprietario dell’animale di prevedere ogni azione imprudente da parte degli altri consociati.
9.1 Sia consentita, infatti, una ulteriore considerazione: a nulla rileva che i cani fossero « normalmente liberi nel cortile» e che fosse stato affisso il cartello «attenti al cane» (teste , in quanto l’apposizione di quest’ultimo nei confini di una proprietà privata in ogni caso non esonera il proprietario dalla responsabilità su di lui incombente ai sensi dell’art. 2052 c.c. Tale avviso non ha alcun valore legale, ma rappresenta pur sempre un generico avvertimento, comunque idoneo ad allertare l’intruso della presenza di un pericolo specifico . Infatti, certamente non sarebbe esonerato dalla responsabilità il proprietario nel caso in cui, ad esempio, pur in presenza del cartello citato, l’animale provocasse delle lesioni al postino che si avvicina per inserire la posta nell’apposita cassetta (Cass. sez. 4, sent. n 17133 del 2017). Questo ovviamente però in caso di ingresso legittimo . o giustificato da specifiche circostanze o prevedibile , altrimenti deve valere il divieto d’ingresso, che costituisce a tutti gli effetti violazione del domicilio, punita dall’art. 614 cp e del diritto, quello della sua inviolabilità, costituzionalmente tutelato dall’art. 14.
9.2 Nel caso di specie non può dirsi che la condotta dell’appellata sia stata regolare anzi sussistono chiari indici per affermarla senza dubbio come illecita civilmente e penalmente, imprevista ed imprevedibile nonché violenta, provocatoria ed aggressiva e, quindi, non solo, immeritevole di tutela, ma anche, integrante gli estremi della prova liberatoria per andare esenti dalla
responsabilità dell’art. 2052 cc, essendosi la stessa esposta volontariamente al pericolo di una aggressione da parte dell’animale, comportamento del tutto anomalo.
Infatti, la Corte ritiene responsabile in via esclusiva la per le lesioni dalla stessa subite, ravvisando nel comportamento di costei la colpa di essersi introdotta illecitamente nell’area cortiliva di proprietà degli appellanti, di essersi posta nei loro confronti con un atteggiamento aggressivo e di aver brandito un bastone. Ognuna di queste condotte ha verosimilmente generato nell’animale un allarme volto alla naturale difesa dei propri padroni e del proprio territorio e lo ha indotto ad attaccare, senza che gli appellanti avessero il tempo di intervenire essendosi svolti gli avvenimenti in una ragionevolmente rapida, se non rapidissima, successione temporale.
9.3 In ordine a questi ultimi, la Corte, non solo, ritiene irrilevante che essi siano stati destinatari di un decreto penale di condanna, in quanto, a norma del comma 5 dell’art. 460 c.p.p. «il decreto, anche se divenuto esecutivo non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo», ma sostiene, soprattutto, come non fosse da loro esigibile alcuna diversa condotta se non quella in concreto adottata. È evidente, infatti, come la decisione sarebbe stata diversa se la danneggiata non avesse scavalcato la recinzione e non si fosse introdotta illecitamente all’interno dell’area cortiliva di pertinenza e proprietà degli appellanti, brandendo, peraltro, un bastone. Tale azione riveste, infatti, a tutti gli effetti, i connotati del c.d. caso fortuito previsto dalla norma, avendo la danneggiata realizzato una condotta imprevedibile e assolutamente eccezionale, idonea di per sé ad escludere la responsabilità degli appellanti.
10. Per tutto quanto detto e, dunque, in ragione dell’accoglimento dell’appello principale , risulta necessario, oltre alla quantificazione delle spese di lite dell’appello, riformare altresì quelle del primo grado di giudizio, tenuto conto delle fasi e del corrispondente scaglione di valore desunto dal disputandum e dal DM 147/2022, secondo il principio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti di avverso la sentenza del Tribunale di Forlì n. 1003/2021, disattesa e respinta ogni contraria istanza ed eccezione, così provvede: -accoglie l’appello proposto e per l’effetto in riforma della sentenza gravata rigetta la domanda risarcitoria di e conseguentemente annulla la condanna al risarcimento del danno; -condanna alla rifusione a favore di elle spese di entrambi i gradi di giudizio, che liquida nella somma di euro 5.000,00 per il primo grado e di euro 7.000 per il secondo grado per compensi, oltre spese
generali, IVA e CPA come per legge ed esborsi per €. 777,00 + 27,00 ;
Deciso in Bologna il 17giugno 2025
Il Consigliere relatore Dott. NOME COGNOME
Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME