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Rendita vitalizia: quando si prescrive il diritto?

Un lavoratore si è visto negare la pensione per contributi omessi dal datore di lavoro. Con la sentenza n. 22802/2025, le Sezioni Unite della Cassazione stabiliscono nuove regole per la prescrizione del diritto a costituire una rendita vitalizia. Viene introdotta una fondamentale distinzione: per il datore di lavoro, il termine decorre dalla prescrizione dei contributi; per il lavoratore, invece, decorre da quando si è prescritto il diritto del datore, garantendo così una tutela più estesa.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Rendita Vitalizia per Contributi Omessi: Le Sezioni Unite Fissano i Nuovi Termini di Prescrizione

L’omesso versamento dei contributi previdenziali da parte del datore di lavoro rappresenta un grave pregiudizio per il lavoratore, che rischia di vedere ridotta o addirittura negata la propria pensione. Uno strumento di tutela fondamentale è la rendita vitalizia prevista dall’art. 13 della legge n. 1338/1962, che permette di ‘sanare’ i buchi contributivi ormai prescritti. Ma entro quanto tempo si può esercitare questo diritto? Con la fondamentale sentenza n. 22802 del 2025, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno fatto chiarezza, delineando un sistema a ‘doppio binario’ per la decorrenza della prescrizione, distinguendo la posizione del datore di lavoro da quella del lavoratore.

I Fatti del Caso: Una Lunga Attesa per la Pensione

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un lavoratore che, nel 2002, si era visto rigettare la domanda di pensione per non aver raggiunto il requisito contributivo minimo. Successivamente, nel 2005, aveva accertato l’omesso versamento di contributi da parte di una sua ex datrice di lavoro per un periodo risalente agli anni ’50 e ’60. Poiché tali contributi erano ormai prescritti, il lavoratore aveva chiesto all’ente previdenziale di poter costituire, a proprie spese, una rendita vitalizia per coprire quel periodo. L’ente aveva però respinto la domanda, eccependo la prescrizione anche del diritto a chiedere la rendita. La Corte d’Appello aveva dato ragione al lavoratore, sostenendo che il termine di prescrizione decorresse solo dal momento in cui egli aveva avuto effettiva conoscenza dell’impossibilità di recuperare i contributi. L’ente previdenziale ha quindi proposto ricorso in Cassazione, portando la questione all’attenzione delle Sezioni Unite.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Nuova Disciplina della Rendita Vitalizia

Le Sezioni Unite hanno riformato la decisione della Corte d’Appello, accogliendo il ricorso dell’ente previdenziale ma, al contempo, delineando un principio di diritto innovativo e di grande importanza per la tutela dei lavoratori. La Corte ha stabilito che il diritto alla costituzione della rendita vitalizia è soggetto al termine di prescrizione ordinario di dieci anni, ma la sua decorrenza è diversa a seconda del soggetto che agisce.

La Distinzione Chiave sui termini della rendita vitalizia

La vera novità della sentenza risiede nella differenziazione dei termini:
1. Per il Datore di Lavoro: Il diritto del datore di lavoro inadempiente di chiedere la costituzione della rendita (per rimediare al proprio errore) si prescrive in dieci anni, che iniziano a decorrere dal momento in cui si è compiuta la prescrizione dei contributi omessi.
2. Per il Lavoratore: Il diritto del lavoratore di sostituirsi al datore di lavoro e chiedere la costituzione della rendita (salvo poi rivalersi su quest’ultimo per il danno) si prescrive in ulteriori dieci anni. Questo secondo termine, però, inizia a decorrere solo da quando si è prescritto il diritto del datore di lavoro.

In pratica, il lavoratore dispone di una finestra temporale complessiva di vent’anni dalla prescrizione dei contributi per poter agire.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato questa scelta interpretativa per bilanciare l’esigenza di certezza del diritto, che impone un termine di prescrizione, con la necessità di offrire una tutela concreta ed efficace al lavoratore, spesso ignaro per anni dell’inadempimento del datore. Ancorare la prescrizione del lavoratore a quella del datore, come avveniva in passato, avrebbe compresso irragionevolmente i tempi a disposizione del primo per tutelarsi.

I giudici hanno interpretato l’espressione normativa ‘quando non possa ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita’ non in senso fattuale (es. irreperibilità del datore), ma in senso giuridico: il lavoratore può agire quando il datore ha perso il diritto di farlo per intervenuta prescrizione. Questo crea un sistema sequenziale, che prima concede al responsabile (il datore) un tempo per rimediare, e poi, esaurita quella possibilità, conferisce al danneggiato (il lavoratore) un’autonoma e piena facoltà di agire.

La Corte ha inoltre chiarito che l’azione del lavoratore non è una mera azione surrogatoria in senso tecnico, ma un diritto autonomo che sorge a fronte dell’impossibilità di ottenere la prestazione dal debitore principale, e che mira a preservare l’integrità del patrimonio previdenziale.

Le Conclusioni

Questa sentenza delle Sezioni Unite rappresenta una pietra miliare in materia di tutela previdenziale. Le conclusioni che possiamo trarre sono le seguenti:

1. Tutela Rafforzata per il Lavoratore: Il sistema a ‘doppio termine’ amplia notevolmente i tempi a disposizione del lavoratore per attivare la costituzione della rendita vitalizia, offrendo una protezione più robusta contro le omissioni contributive, anche quelle molto risalenti nel tempo.
2. Certezza del Diritto: La decisione definisce con chiarezza i momenti di decorrenza della prescrizione per entrambi i soggetti coinvolti, superando le incertezze interpretative del passato.
3. Responsabilità Sequenziale: Viene delineato un percorso logico e giuridico in cui la facoltà di agire passa dal responsabile dell’omissione al soggetto danneggiato, garantendo che il diritto non si estingua prima che il lavoratore abbia avuto una concreta possibilità di esercitarlo.

In definitiva, la Corte di Cassazione ha costruito un meccanismo che, pur confermando la prescrittibilità del diritto, lo modula in modo da renderlo uno strumento di giustizia sostanziale per chi rischia di pagare il prezzo di inadempienze altrui.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per il datore di lavoro per chiedere la costituzione della rendita vitalizia?
Il termine di prescrizione decennale per il datore di lavoro inizia a decorrere dal momento in cui è intervenuta la prescrizione dei contributi che aveva omesso di versare.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per il lavoratore per chiedere la costituzione della rendita vitalizia?
Il termine di prescrizione decennale per il lavoratore inizia a decorrere da quando si è prescritto il diritto del datore di lavoro di chiedere la costituzione della rendita. Di fatto, il lavoratore ha un termine che inizia a scadere solo dopo che è scaduto quello a disposizione del datore.

L’azione del lavoratore per la rendita vitalizia è una semplice azione surrogatoria?
No, la Corte chiarisce che non si tratta di un’azione surrogatoria in senso tecnico (art. 2900 c.c.), ma di un diritto autonomo attribuito al lavoratore. Esso sorge a fronte di una vera e propria impossibilità di ottenere la prestazione dal datore e mira a supplire a tale mancanza per evitare un pregiudizio previdenziale, con salvezza del diritto al risarcimento del danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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