Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31608 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31608 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 19263-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N. 19263/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 17/10/2024
CC
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE – intimata avverso la sentenza n. 2403/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 14/12/2018 R.G.N. 1217/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza n. 2403/2018 della Corte d’appello di Bari che ha riformato la pronuncia con cui il medesimo Tribunale aveva accolto il ricorso della società, dichiarando non dovute le somme portate in due note di rettifica emesse da INPS a seguito di revoca di benefici contributivi.
Il Tribunale aveva ritenuto che INPS non avrebbe potuto emettere dette note, con addebito dei contributi oggetto di sgravio, poiché non aveva assegnato il termine per la regolarizzazione contributiva di cui al comma 3 dell’art. 7 del DM 24.10.2007. La Corte territoriale, premesso che era pacifico che i pagamenti erano stati completati dalla società tardivamente rispetto al termine concesso con le note di rettifica, ha ritenuto che il Tribunale fosse incorso nell’errore di non considerare le stesse assimilabili alla richiesta di regolarizzazione.
Resiste Inps con controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 17 ottobre 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.)
CONSIDERATO CHE
RAGIONE_SOCIALE propone un unico motivo di ricorso per ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1175 e 1176, della legge n. 296/2006 nonché dell’art. 7 del DM n. 27 del 24 ottobre 2007 e dell’art. 1175 cod. civ. in relazione all’interpretazione normativa. Denuncia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.’
Il motivo non è fondato.
Emerge dalla sentenza impugnata: che in data 25 dicembre 2012 e 22 gennaio 2013 l’Istituto aveva emesso due note di rettifica per il mancato riconoscimento di sgravi contributivi per i mesi di luglio 2012 ed agosto 2012 a seguito del ritardato pagamento dei contributi dovuti per aprile 2012 e maggio 2012; che l’insoluto di aprile 2012 era stato versato in parte il 16 maggio 2012 ed in parte il 26 febbraio 2013 (senza pagamento delle sanzioni) e l’insoluto di maggio 2012 era stato versato il 18 marzo 2013 (s enza pagamento delle sanzioni); che l’Istituto non ha annullato le rettifiche.
La Corte ha accolto il gravame dell’Istituto ritenendo che il Tribunale, secondo cui le note di rettifica non avrebbero potuto essere emesse non avendo INPS assegnato termine per la regolarizzazione contributiva ex art. 7, comma 3, DM 24 ottobre 2007, avesse errato nel non considerare che dette note erano del tutto assimilabili alla richiesta di regolarizzazione. Posto che
la società non aveva versato le somme dovute nei termini concessi con tali atti, l’INPS non poteva rilasciare il Durc e non doveva annullare le rettifiche.
Le conclusioni cui è pervenuto il collegio sono corrette ed alla motivazione della Corte vanno aggiunte le seguenti considerazioni.
Secondo quanto di recente ribadito con ord. n. 21378/2023, «questa Corte di legittimità, …in tema di sgravi ma esprimendo un principio di ordine generale, ha avuto modo di precisare, in tema di rilevanza ed effetti del documento di regolarità contributiva (DURC), che la circostanza che l’INPS non abbia provveduto a segnalare eventuali irregolarità ostative al rilascio del DURC non determina in alcun modo l’inesigibilità delle differenze contributive rispetto agli sgravi, non potendo rovesciarsi sull’ente previdenziale gli effetti dell’inosservanza degli obblighi inerenti la regolarità contributiva, che sono in primis del datore di lavoro e che, semmai, la violazione degli obblighi procedimentali da parte dell’ente previdenziale può comportare una sua eventuale responsabilità risarcitoria allorché sia causalmente correlata rispetto all’impedimento creato al realizzarsi della fattispecie sanante di cui al D.M. 24 ottobre 2007 art. 7, comma 3, e abbia comportato la perdita della chance di fruire degli sgravi (così Cass. n. 27107 del 2018, cui ha dato continuità Cass. n. 24854 del 2022; Cass. 15-122022, n. 36846)».
Pertanto, è irrilevante l’eventuale mancanza di segnalazioni, da parte dell’Inps, di irregolarità, attese le peculiari funzioni e finalità del documento.
Come noto, le modalità di rilascio del Durc sono regolate dal D.M. 24 ottobre 2007, nr. 27, in virtù del rinvio operato dall’art. 1, comma 1176. Il decreto ministeriale prevede (in base al
combinato disposto degli artt. 6 e 7) che, in presenza di irregolarità, l’ente previdenziale debba darne avviso all’interessato, invitandolo a regolarizzare la posizione entro quindici giorni, nel corso dei quali il termine per il rilascio del documento (o di un sostanziale nulla osta, nel caso di Durc interno) resta sospeso.
«Si tratta, come già osservato dalla Corte, di un procedimento di natura eccezionale, attraverso il quale solo è consentita la sanatoria delle irregolarità, che «perdono, ove la regolarizzazione abbia corso, la loro capacità ostativa rispetto al riconoscimento delle agevolazioni previdenziali» (Cass. nn. 27107 e 27108/2018, in motiv.). 22. La violazione degli obblighi procedimentali da parte dell’ente previdenziale – che può «comportare una sua responsabilità risarcitoria» ove si dimostri che l’inadempimento dell’ente abbia (determinato) causalmente la perdita della chance di fruire degli sgravi (Cass. nn. 27107 e 27108 del 2018 cit., in motiv.) – non produce, però, gli effetti che pretende la società ricorrente e cioè «l’inesigibilità delle differenze contributive rispetto agli sgravi» (cosi Cass. nn. 27107 e 27108 cit.). 23. Invero, non possono ricadere sull’ente previdenziale gli effetti dell’inosservanza di obblighi, quali sono quelli inerenti alla regolarità contributiva, che appartengono al datore» (Cass. n. 24854/2022).
Né, nella specie, può valorizzarsi il fatto che la società abbia, ad un certo punto e comunque in epoca posteriore rispetto alle mensilità interessate agli sgravi oggetto di causa, regolarizzato la posizione contributiva: «la fattispecie sanante di cui all’art. 7 del d.m. 24 ottobre 2007 è per sua natura eccezionale e postula il concatenarsi della richiesta dell’agevolazione, anche attraverso le denunce mensili, del susseguente rilievo dell’irregolarità contributiva pregressa da parte dell’ente, con
richiesta di regolarizzazione nel termine di quindici giorni e del conseguente adempimento dell’interessato. Consentendo la sanatoria in assenza di tale procedimento, si permetterebbe di attribuire rilevanza ad una regolarizzazione ex post ed in qualsiasi tempo, in contrasto con l’esigenza che è insita nella norma dell’art. 1 co. 1175, con riferimento alla necessaria e costante regolarità contributiva, quale presupposto dell’applicazione degli sgravi contributivi» (Cass. n. 27107/2018).
La decisione della Corte d’appello di Bari è coerente con tali principi di diritto. Pertanto, il ricorso deve essere respinto, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
Sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 1200,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 17 ottobre