Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15050 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15050 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16305-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli
R.G.N. 16305/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 12/03/2025
CC
avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistenti con mandato –
avverso la sentenza n. 785/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 14/12/2020 R.G.N. 21/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/03/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
La Corte di appello di Milano, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda dell’odierna ricorrente avente ad oggetto due avvisi di addebito con cui l’INPS aveva proceduto al recupero di contributi in relazione a periodi compresi tra il mese di novembre 2016 e il mese di dicembre 2017 nonché per il mese di marzo 2018.
1.1. A fondamento della pretesa contributiva, vi era il mancato rilascio del DURC.
1.2. In punto di fatto, la Corte territoriale ha così ricostruito la vicenda rilevante in causa:
-il 20 marzo 2018, l’INPS aveva inviato alla società ricorrente l’invito alla regolarizzazione, ai sensi dell’art. 4 del DM 30 gennaio 2015;
-il 21 marzo 2018, la società debitrice comunicava di non procedere alla regolarizzazione in quanto, nonostante fosse in corso una rateazione principale, intendeva accedere alla rateazione breve, relativamente ai periodi gennaio-marzo 2018;
-la domanda di rateazione breve veniva presentata il 18 aprile 2018 e, contestualmente (lo stesso giorno), l’INPS emetteva il DURC negativo, avendo definitivamente accertato le irregolarità commesse dalla società.
1.3. Sulla base di queste premesse, la Corte di appello, richiamato il DM 30 gennaio 2015 relativo alla possibilità di ‘regolarizzare’ la posizione contributiva entro un termine non superiore a 15 giorni dalla notifica dell’avviso dell’INPS di mancata attestazione della regolarità contributiva, ha osservato come, nella specie, la mancata presentazione dell’istanza di ‘rateazione breve’ nel termine indicato giustificava la condotta dell’Istituto di emissione di un DURC negativo. Irrilevante era la circostanza, evidenziata dalla società interessata, che la richiesta di rateazione breve, in via generale, come desumibile anche da un messaggio dell’INPS ( n. 2313 del 2016), poteva essere presentata nel termine ultimo di tre mesi dalla prima omissione (che nello specifico riguardava il mese di gennaio 2018).
1.4. L’indicazione fornita dallo stesso Istituto andava interpretata in coerenza con la superiore previsione che imponeva di regolarizzare la situazione contributiva nei 15 giorni successivi all’invito dell’ Ente. Nel caso concreto, la domanda di rateazione breve era stata inoltrata all’Istituto il 18 maggio 2018 quando era scaduto il termine per la regolarizzazione e dopo la definizione delle irregolarità, intervenuta il 17 aprile 2018.
1.5. In ogni caso, vi era una ‘seconda irregolarità’. La società aveva inoltrato un Uniemes provvisorio, preclusivo al rilascio del DURC.
Avverso la decisione, ha proposto ricorso la società in epigrafe, con quattro motivi, successivamente illustrati con memoria. L’ Inps ha depositato procura speciale in calce alla copia notificata del ricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 5 c.p.c. -è dedotto l’o messo esame di ‘ documentazione allegata dalle parti e determinante per la corretta decisione della causa’. La società contesta l’emissione di un Durc negativo e richiama, in particolare, i documenti analiticamente indicati a pag. 20 e 21 del ricorso in cassazione.
3.1. In modo evidente, le censure si pongono al di fuori del paradigma normativo evocato (v., ex plurimis , in motiv. Cass. nr. 32759 del 2021), nel senso inteso da questa Corte (fatto storico, principale o secondario, che se esaminato avrebbe condotto con certezza o alta verosimiglianza ad un diverso esito della lite: Cass., sez. un., nr. 8053 del 2014 e successive, plurime conformi) e sono, pertanto, inammissibili.
3.2. La pluralità di fatti omessi (v. Cass. n. 28154 del 2018; più di recente, v. Cass. nr. 21377 del 2023, § 17; Cass. nr. 9372 del 2023, § 20), in cui si sostanzia la denuncia della ricorrente è estranea al perimetro segnato dall’art. 360, comma 1, nr. 5, cod.proc.civ. Non è compito della Corte la valutazione dei documenti prodotti in atti. Simili censure, a ben vedere, sono volte alla rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa al Giudice di legittimità.
Con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 4 c.p.c. -è dedotta la nullità sentenza per violazione art. 112 c.p.c. La Corte di appello avrebbe omesso di pronunciare sull’inesistenza del DURC ‘negativo’. Secondo parte ricorrente la violazione della norma processuale sarebbe configurabile per avere la sentenza impugnata affermato la sussistenza di un DURC negativo a fron te dell’eccezione di insussistenza del documento medesimo. Sotto diverso profilo, per avere la società dimostrato -diversamente da quanto ritenuto nella decisione gravata- di aver inviato regolarmente gli Uniemens e di aver altrettanto
regolarmente pagato i contributi. Le prove in atti (allegate ai doc. da I a P. v. pag. 24 ricorso) dimostrerebbero detta ultima circostanza.
4.1. Il secondo motivo va, nel suo complesso, rigettato. Non è configurabile un’ omissione di pronuncia, avendo la Corte di merito pronunciato sulle domande ed eccezioni delle parti. Le critiche sollecitano, piuttosto, per come sviluppate, una diversa lettura dei documenti istruttori, esaminati dai giudici territoriali, sia pure con esiti diversi da quelli qui propugnati.
Con il terzo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 4 c.p.c. – è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. Le censure di cui ai precedenti motivi sono riproposte in termini di violazione della indicata norma processuale.
5.1. Il terzo motivo è inammissibile.
5.2. Le censure, infatti, non illustrano alcuna delle fattispecie che danno luogo alla violazione dell’indicata norma processuale, secondo le indicazioni di questa Corte. Come ripetutamente insegna la Corte, una questione di violazione dell’art. 115 c.p.c. può porsi solo allorché la parte ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge ( tra le più recenti, Cass., Sez.U., nr. 22699 del 2024) mentre la ricorrente incorre nell’equivoco di ritenere che sia ugualmente integrata la violazione della norma anche in presenza di asseriti errori di valutazione del materiale probatorio.
Con il quarto motivo è dedotta la violazione dell’art. 1 commi 1175 e 1176 della legge nr. 296 del 2006 e dell’art. 3 DM 30 gennaio 2015.
6.1. Il ricorrente sostiene che potendo richiedere, nel corso della rateazione principale, anche la rateazione breve
entro tre mesi dall’omissione, la domanda del 18 aprile 2018 era utile a mantenere la condizione di ‘regolarità contributiva’.
6.2. Osserva il Collegio che, anche a prescindere dalla considerazione che il decisum è sorretta da ulteriori considerazioni, oramai definitive, relative all’inoltro di Uniemens provvisori, comunque ostativi al rilascio del DURC ( v. pag. 6, punto 2.2. della sentenza impugnata), il percorso argomentativo adottato dalla Corte di appello si sottrae ai mossi rilievi.
6.3. Con la legge nr. 296 del 2006, art. 1, comma 1175, si è stabilito che: «A decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi ».
6.4. Ratione temporis , le modalità di rilascio del Durc sono regolate dal D.M. 30 gennaio 2015 in virtù del rinvio operato dal successivo comma 1176 dell’art. 1 cit. Il decreto ministeriale prevede (in base all’art. 4) che, in presenza di irregolarità, l’ente previdenziale debba darne avviso all’interessato, invitandolo a regolarizzare la posizione entro quindici giorni
6.5. Si tratta, come già osservato dalla Corte, sia pure in relazione al precedente DM del 2007 ma con principi di carattere generale e validi anche in relazione alla fattispecie concreta, di un procedimento di natura eccezionale, attraverso il quale solo è consentita la sanatoria delle irregolarità, che «perdono ove la regolarizzazione abbia corso, la loro capacità ostativa rispetto al riconoscimento delle agevolazioni previdenziali» (Cass. nn. 27107 e 27108 del 2018, in motiv.).
6.6. Vero è che l’art. 3 del DM 30 gennaio 2015 stabilisce, anche, che «la regolarità sussiste in caso di rateizzazioni concesse dall’INPS, dall’INAIL o dalle Casse edili ovvero dagli Agenti della riscossione sulla base delle disposizioni di legge e dei rispettivi regolamenti».
6.7. Tuttavia, nel caso di specie, avviato il procedimento di ‘ invito alla regolarizzazione ‘ cui al DM del 30 gennaio 2015, come accertato nella sentenza impugnata, ogni richiesta di sanatoria non poteva che essere effettuata nei tempi e nei modi dal medesimo decreto previsti. Ciò che, invece, non ha fatto l’odierna parte ricorrente.
Segue, in definitiva, il complessivo rigetto del ricorso. Non deve provvedersi in ordine alle spese, in difetto di sostanziale attività difensiva da parte dell’Inps. S ussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento del doppio contributo, ove lo stesso risulti dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 marzo