Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7965 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7965 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, pec:
sul ricorso iscritto al n. 10533/2021 R.G. proposto da: EMAIL;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo rappresentante legale, NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), pec:
EMAIL;
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 314/2021 depositata il 11/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 159/2014, pronunciata all’esito del giudizio di opposizione avverso il decreto n. 2601/2020 con cui era stato ingiunto alla RAGIONE_SOCIALE il pagamento a favore di RAGIONE_SOCIALE dell’importo di euro 62.749,51, il Tribunale di Treviso rigettava l’eccezione di incompetenza territoriale e confermava il decreto ingiuntivo opposto.
La Corte d’appello di Venezia, investita del gravame dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che insisteva affinché venisse dichiarata l’incompetenza territoriale del giudice che aveva emesso il provvedimento monitorio e di conseguenza affinché, dichiaratane la nullità, il decreto ingiuntivo venisse revocato, con la pronuncia n. 314/2021, depositata in data 11/02/2021, ha confermato la sentenza del Tribunale, rilevando che nell’atto di appello la RAGIONE_SOCIALE eccepiva -così come in primo grado -l’incompetenza dell’adito Tribunale limitandosi a indicare i fori a suo dire territorialmente competenti nella parte argomentativa dell’atto, senza però precisare il giudice ritenuto competente nelle conclusioni, atto formale conclusivo del processo.
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando cinque motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 101 comma 2 c.p.c. – Violazione del principio del giusto processo (artt. 111 Cost. e 101 c.p.c.) e del diritto di difesa (art. 24 Cost.)- Nullità della sentenza -Art. 360 comma 1 n. 4) c.p.c.’, la RAGIONE_SOCIALE ricorrente lamenta, in primo luogo, il fatto che la Corte d’appello abbia posto a fondamento della decisione adottata una questione rilevata d’ufficio (non essendo mai stata eccepita né in primo né in secondo dalla controparte), relativa all’applicazione dell’art. 38, 1° comma, cod.proc.civ., sull’asserito presupposto che non avesse (né in primo grado né in appello) indicato il giudice ritenuto competente (a fronte della prospettata incompetenza del giudice che aveva emesso il decreto ingiuntivo) e, in secondo luogo, che lo abbia fatto in violazione dell’art. 101, 2° comma, cod.proc.civ. (che impone al giudice di assegnare alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservRAGIONE_SOCIALE sulla medesima questione), impedendole di evidenziare la radicale infondatezza nel merito della questione sollevata.
2) Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, la RAGIONE_SOCIALE ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 38, 1° comma, cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
La tesi prospettata è che l’art. 38 cod.proc.civ. non imponga che l ‘indicazione del giudice ritenuto competente sia effettuata nelle conclusioni; sicché, contenendo l’atto di opposizione sia la individuazione delle ragioni per le quali era stato ritenuto incompetente il Tribunale di Treviso sia delle ragioni per le quali avrebbe dovuto considerarsi competente il Tribunale di Marsala -sez. distaccata di Mazara del Vallo o il Tribunale di Marsala o il Tribunale di Trieste, ed avendo concluso nel giudizio di prime cure invocando la dichiarazione dell’incompetenza del giudice che aveva
emesso il decreto monitorio e la conseguente nullità del decreto stesso e, infine, la sua revoca e, avendo domandato, nelle conclusioni rassegnate nel giudizio di appello, l’accoglimento dell’appello e di conseguenza la riforma della sentenza impugnata, ad avviso della ricorrente, il giudice a quo avrebbe dovuto ritenere esaustivamente indicati gli unici tre fori tra loro alternativi rilevanti per la causa; sicché, conclude, ‘la mancata ricopiatura in sede di conclusioni di tale indicazione appare totalmente irrilevante, anche alla luce del fatto che le stesse conclusioni riportavano la richiesta di accogliere l’eccezione di incompetenza (che era la conseguenza diretta e necessitata che scaturiva dalla prospettazione della violazione dei criteri di competenza territoriale)’.
3) Con il terzo motivo è dedotta la violazione degli artt. 324, 329 e 342 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Secondo la ricorrente la Corte d’appello non avrebbe potuto sollevare d’ufficio la questione di asserita inammissibilità della eccezione di incompetenza territoriale, perché su di essa si era formato il giudicato implicito interno, non avendo sul punto la difesa di RAGIONE_SOCIALE proposto appello incidentale ed essendo stata la domanda considerata ammissibile dal Tribunale che l’aveva esaminata nel merito (pur rigettandola) senza indicare alle parti alcuna questione di inammissibilità in occasione della prima udienza, ai sensi di quanto disposto dall’art. 183, 4° comma, cod.proc.civ.
4) Con il quarto motivo sono denunciate la nullità e/o l’inefficacia della clausola di elezione del foro esclusivo e la violazione dell’art. 1341 cod.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
La ricorrente sostiene che l’art. 13 della polizza fideiussoria prevedeva che, in caso di controversia, sarebbe stata competente esclusivamente l’autorità giudiziaria del luogo ove aveva sede la Direzione della Società, poiché quest’ultima aveva sede in Mogliano
Veneto, il ricorso era stato inoltrato al Tribunale di Treviso; tale clausola, a differenza delle clausole nn. 3 e 6, pur essendo vessatoria (Cass. n. 9583 del 25/09/1998 secondo cui “in tema di competenza per territorio, la clausola contrattuale che rende esclusivo uno dei fori concorrenti di cui agli artt. 19 e 20 cod. proc. civ. implica deroga alla ordinaria competenza dell’autorità giudiziaria ai sensi degli artt. 29 cod. proc. civ. e 1341 cod. civ. e deve, pertanto, essere specificamente approvata per iscritto) non era stata specificamente approvata per iscritto e quindi la deroga alla competenza territoriale ivi prevista avrebbe dovuto dichiararsi inefficace.
Che si trattasse di una clausola derogatoria della competenza territoriale si evincerebbe dal fatto che per individuare il “luogo dove deve eseguirsi l’obbligazione”, ex art. 20 cod.proc.civ., si fa riferimento all’art. 1182 cod.civ. che indica ‘il domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza’; se il creditore è, come in questo caso, una RAGIONE_SOCIALE interviene l’art. 46 cod.civ. a chiarire che “quando la legge fa dipendere determinati effetti dalla residenza o dal domicilio, per le persone giuridiche si ha riguardo al luogo in cui è stabilita la loro sede”; sede che, ai sensi dell’art. 16 cod.civ., è quella che risulta dall’atto costitutivo e quindi la sede legale, ove la sede stabilita ai sensi dell’ art. 16 cod.civ. sia diversa da quella effettiva i terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche quest’ultima, a tutela dell’affidamento dei terzi in buona fede che abbiano ignorato l’esistenza della sede legale; la ‘facoltà’ per il debitore di effettuare un pagamento presso la sede effettiva, non modifica le regole sulla competenza territoriale, che rimane legata alla sola sede legale.
Di qui la tesi secondo cui il Tribunale di Treviso avrebbe fatto malgoverno dei principi e delle disposizioni rilevanti nella fattispecie e violato anche l’art. 19 cod.proc.civ. che trova applicazione solo
quando la RAGIONE_SOCIALE commerciale è convenuta, non allorquando la RAGIONE_SOCIALE è attrice (come nel caso in questione).
5) Con il quinto ed ultimo motivo la ricorrente si duole di essere stata condannata al pagamento delle spese a favore di RAGIONE_SOCIALE
6) Il ricorso è inammissibile,
la Corte d’Appello ha deciso esclusivamente su una questione di competenza, essendo gli altri capi della pronuncia -conferma del decreto ingiuntivo opposto, conferma della decisione impugnata, regolazione delle spese di lite -conseguenziali alla decisione sulla competenza e necessari una volta assunta la decisione sulla competenza (Cass. 10/07/2017, n. 17025; Cass. 18/08/1997, n. 7661).
Per ricorrere avverso detta sentenza sarebbe stato necessario proporre istanza per regolamento necessario di competenza e non già un ordinario ricorso per cassazione, perché le pronunce sulla sola competenza, anche se emesse in grado di appello sono impugnabili soltanto con il regolamento necessario di competenza, giusta l’art. 42 cod.proc.civ., il quale non distingue tra sentenza di primo e secondo grado e configura, quindi, il regolamento suddetto come mezzo d’impugnazione tipico per ottenere la statuizione definitiva sulla competenza.
Ne consegue che, in tale ipotesi, è inammissibile l’impugnazione proposta nelle forme del ricorso ordinario per cassazione, salva la possibilità di conversione dello stesso in istanza di regolamento di competenza, qualora ne sussistano i requisiti di forma e di sostanza e risulti osservato il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza impugnata, sancito dall’art. 47 cod.proc.civ., 2° comma, decorrenti dalla ricezione della comunicazione da parte della cancelleria dell’avviso di deposito della sentenza ai sensi dell’art. 133 cod.proc.civ.
L’onere di dimostrare l’assenza di comunicazione o la comunicazione avvenuta in maniera incompleta o inidonea a fornire al destinatario la piena conoscenza dell’atto (Cass. 11/03/2014, n. 5598; Cass. 07/05/2015, n. 9268), con conseguente applicazione del termine lungo previsto dall’art. 327 cod.proc.civ., è a carico della parte.
Ora, la sentenza non risulta notificata (cfr. p. 1 del ricorso) -la notificazione è equiparata quoad effectum alla comunicazione di cancelleria – né è stato soddisfatto, da parte della ricorrente, l’onere di provare la mancata comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza impugnata, con la conseguente operatività del termine lungo. Pertanto, non vi sono i presupposti per convertire l’atto in ricorso ordinario per cassazione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 5.600,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.pr. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 6/02/2024 dalla Terza