Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 830 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 830 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 4867-2017 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COMUNE DI TORINO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 460/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 01/08/2016 R.G.N. 72/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/10/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G.N. 4867/2017
COGNOME
Rep.
Ud. 26/10/2023
CC
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 1°.8.2016, la Corte d’appello di Torino ha rigettato, per quanto rileva in questa sede, l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la pronuncia di primo grado che, decidendo da rinvio di Cass. S.U. n. 15297 del 2014, aveva accolto limitatamente ad un semestre la sua domanda volta a conseguire il reddito di inserimento sociale di cui al Titolo III, artt. 5 ss., della Delibera del Consiglio comunale di Torino n. 2000/2001; che avverso tale pronuncia NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura, successivamente illustrato con memoria; che il Comune di Torino ha resistito con controricorso, anch’esso successivamente illustrato con memoria; che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 26.10.2023, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 7, comma 1, della Delibera del Consiglio comunale di Torino n. 2000/2001, nonché dell’art. 2, l. n. 328/2000, dell’art. 24 Cost. e dell’art. 2909 c.c., per avere la Corte di me rito ritenuto che l’art. 18 della Delibera cit. dovesse interpretarsi nel senso che l’erogazione del reddito di inserimento sociale fosse limitata in un periodo massimo di sei mesi, salvo rinnovo a seguito di specifica istanza dell’interessato e previa ist ruttoria volta a verificare la permanenza della situazione di disagio, così contraddicendo la statuizione di Cass. S.U. n. 15297 del 2014, cit., che aveva riconosciuto valenza di diritto soggettivo e non di interesse legittimo alla situazione giuridica del l’istante;
che il motivo è infondato, atteso che, nel dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda dell’odierno ricorrente, le Sezioni Unite di questa Corte, nella pronuncia dianzi cit., hanno comunque evidenziato che la concessione della provviden za è subordinato all’accertamento della sussistenza dei presupposti richiesti, la legittimità dei quali non aveva nemmeno formato oggetto di contestazione alcuna;
che, prevedendo la Delibera cit. che la durata massima dell’erogazione della provvidenza in esame sia limitata in sei mesi (art. 18, comma 4), salva la possibilità di un eventuale rinnovo, che presuppone logicamente una domanda in tal senso dell’interessat o ed è subordinato alla previa verifica della permanenza dei requisiti per l’accesso alla prestazione (art. 18, comma 5), affatto correttamente i giudici territoriali, dato atto che il presente giudizio era stato radicato quando ancora il termine semestrale dalla domanda non era scaduto, hanno circoscritto la condanna del Comune al semestre successivo alla presentazione della domanda stessa, dichiarando inammissibili le ulteriori domande medio tempore proposte e relative al rinnovo del sussidio alla scadenza del termine (così pag. 13 della sentenza impugnata);
che non rileva in contrario la previsione dell’art. 7 della Delibera cit., secondo cui il reddito è erogabile fino a quando persistono le condizioni che ne legittimano l’erogazione, atteso che tale previsione dev’essere letta in connessione sistematica con quella dell’art. 18, dianzi ricordato, che provvede per l’appunto a disciplinare la durata dell’erogazione e le verifiche necessarie in caso di domanda di rinnovo;
che non si potrebbe argomentare in contrario senza con ciò stesso censurare la legittimità della previsione dell’art. 18,
cit., per contrasto con l’art. 2, l. n. 328/2000, che è però questione che le stesse Sezioni Unite di questa Corte, nella pronuncia dianzi cit., hanno riconosciuto estranea all’oggetto del contendere;
che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 3.200,00, di cui € 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 26.10.2023.