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Reddito di cittadinanza e patteggiamento: stop al sussidio

La Corte di Cassazione ha stabilito che una sentenza di patteggiamento, al pari di una condanna definitiva, impedisce l’accesso al reddito di cittadinanza. Sebbene la legge menzioni il patteggiamento solo come causa di revoca, la sua efficacia retroattiva lo configura come un requisito ostativo sin dalla richiesta iniziale, annullando di fatto la concessione.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Reddito di Cittadinanza e Patteggiamento: La Cassazione Nega il Beneficio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale riguardo i requisiti per accedere al reddito di cittadinanza. Anche una sentenza di patteggiamento, intervenuta nei dieci anni precedenti la domanda, impedisce la concessione del sussidio, equiparandola a una condanna definitiva. Questa decisione chiarisce un punto controverso e rafforza i cosiddetti ‘requisiti di onorabilità’ per i beneficiari delle misure di sostegno.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla richiesta di un cittadino di ottenere il reddito di cittadinanza. L’ente previdenziale aveva respinto la domanda perché, nei dieci anni precedenti, il richiedente era stato destinatario di una sentenza di applicazione della pena su richiesta (comunemente nota come patteggiamento) per uno dei reati ostativi previsti dalla legge.

In un primo momento, la Corte d’Appello aveva dato ragione al cittadino. I giudici di secondo grado avevano interpretato la normativa (art. 7, comma 3, d.l. n. 4/2019) nel senso che il patteggiamento fosse causa di ‘revoca’ del beneficio già concesso, ma non un ostacolo alla sua ‘concessione’ iniziale. Secondo questa lettura, solo una condanna definitiva avrebbe potuto impedire l’accesso al sussidio fin dal principio.

Il Patteggiamento come Ostacolo al Reddito di Cittadinanza

L’ente previdenziale ha impugnato la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo una violazione e falsa applicazione delle norme che regolano il reddito di cittadinanza. Il punto cruciale del ricorso era se il patteggiamento dovesse essere considerato un impedimento ab origine, al pari di una condanna, o se la sua rilevanza fosse limitata alla sola fase successiva alla concessione.

La difesa dell’ente si è concentrata sulla natura della revoca prevista dalla legge in caso di patteggiamento. La norma, infatti, non prevede una semplice interruzione del beneficio per il futuro, ma una revoca con ‘efficacia retroattiva’ e con l’obbligo per il beneficiario di restituire ‘quanto indebitamente percepito’.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale, ribaltando la sentenza d’appello. I giudici supremi hanno chiarito che, sebbene la legge parli testualmente di ‘revoca’, la natura di tale provvedimento è in realtà quella di un ‘annullamento’ con efficacia ex tunc (cioè, sin dall’inizio).

La chiave di volta del ragionamento risiede nell’efficacia retroattiva. Una revoca che opera per il futuro (ex nunc) si applica a eventi sopravvenuti e non intacca le somme già percepite. Al contrario, una revoca che opera retroattivamente (ex tunc), imponendo la restituzione del percepito, significa che il diritto al beneficio era insussistente fin dal principio. La concessione, quindi, era ab origine illegittima.

Di conseguenza, la Corte ha concluso che l’insussistenza di sentenze di patteggiamento per determinati reati costituisce un ‘requisito di onorabilità’ indispensabile non solo per mantenere il beneficio, ma anche per ottenerlo. Tale requisito, introdotto dal legislatore per circoscrivere l’aiuto della collettività a chi è ritenuto meritevole, non può essere aggirato attraverso una distinzione puramente letterale tra ‘concessione’ e ‘revoca’.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione stabilisce in modo inequivocabile che una sentenza di patteggiamento per uno dei reati previsti dalla normativa sul reddito di cittadinanza è un impedimento assoluto alla concessione del beneficio. La decisione rafforza la logica di selettività della misura, basata non solo su requisiti economici, ma anche su criteri di condotta morale e legale del richiedente. Pertanto, i cittadini con tali precedenti penali non possono accedere al sussidio, e l’eventuale concessione erronea è destinata a essere annullata con obbligo di restituzione delle somme ricevute.

Una sentenza di patteggiamento impedisce di ottenere il reddito di cittadinanza?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, una sentenza di applicazione della pena su richiesta (patteggiamento) per uno dei reati previsti dalla legge costituisce una condizione ostativa alla concessione del reddito di cittadinanza, al pari di una condanna definitiva.

Perché il patteggiamento è equiparato a una condanna ai fini del reddito di cittadinanza?
Sebbene la legge menzioni il patteggiamento come causa di ‘revoca’, la Corte ha chiarito che tale revoca ha efficacia retroattiva (ex tunc). Questo significa che il diritto al beneficio non è mai sorto, rendendo la concessione illegittima fin dall’inizio e trasformando di fatto il patteggiamento in un requisito di accesso.

Qual è la differenza tra revoca con efficacia ex nunc e revoca con efficacia ex tunc in questo contesto?
Una revoca ex nunc (da ora) interrompe il beneficio per il futuro senza intaccare le somme già percepite. La revoca prevista in caso di patteggiamento è invece ex tunc (da allora), agisce retroattivamente, annulla la concessione originaria e impone la restituzione di tutte le somme ricevute, perché il diritto era insussistente sin dal principio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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