Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 27573 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 27573 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 3661-2020 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, COGNOME NOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME NOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 644/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 24/07/2019 R.G.N. 39/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
08/10/2025 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
Oggetto
R.G.N.3661/NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud 08/10/2025
CC
RILEVATO CHE
NOME COGNOME impugna sulla base di un unico motivo la sentenza n. 644/2019 della Corte d’appello di Bologna che, in riforma della pronuncia del Tribunale di Ravenna, ha respinto la domanda volta ad accertare la sussistenza dei requisiti per l’accesso a lla pensione anticipata per i lavoratori precoci ex art. 1, comma 199, della legge n. 232/2016.
Resiste INPS con controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale dell’8 ottobre 2025, il Collegio ha riservato il deposito della motivazione nel termine di giorni sessanta.
CONSIDERATO CHE
La sentenza è censurata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per violazione dell’art. 1, comma 199, lett. a, della legge n. 232/2016, in combinato disposto con gli artt. 2096 e 2118 cod. civ. e con l’art. 10 della legge n. 604/1966, per avere la Corte escluso la cessazione del rapporto di lavoro per mancato superamento della prova come ipotesi equiparabile al licenziamento che dà titolo al pensionamento anticipato.
L’art. 1, comma 199, cit., nella parte che interessa, stabilisce che: «A decorrere dal 1º maggio 2017, il requisito contributivo di cui all’articolo 24, comma 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come rideterminato ai sensi del comma 12 del medesimo articolo 24 per effetto degli adeguamenti applicati con decorrenza 2013 e 2016, è ridotto a 41 anni per i lavoratori di cui all’articolo 1, commi 12 e 13, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che hanno almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il raggiungimento del diciannovesimo anno di età e che si trovano in una delle seguenti condizioni di cui alle lettere da a) a d) del
presente comma, come ulteriormente specificate ai sensi del comma 202 del presente articolo: a) sono in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi».
Risulta dal ricorso e dalla sentenza che il signor NOME, assunto con un contratto che prevedeva un periodo di prova di tre mesi, è stato licenziato il 29 settembre 2017 per mancato superamento della prova, percependo la RAGIONE_SOCIALE dal 6 ottobre 2017 al 2 novembre 2017.
Ad avviso della Corte territoriale, la condizione del lavoratore che non ha superato il periodo di prova non rientra tra le ipotesi tassative che legittimano l’accesso alla pensione anticipata di cui all’art. 1, comma 199, cit. (ossia, oltre alle dimission i per giusta causa o la risoluzione ex art. 7 legge n. 604/1966, il licenziamento individuale e collettivo), ritenendo certo che non possa qualificarsi come licenziamento ‘il recesso entro il termine sancito per la prova -nel caso in cui il relativo patto sia valido -a causa del mancato superamento della stessa’, trattandosi di ‘una clausola a cui le parti condizionano l’assunzione definitiva che permette al datore di lavoro di cessare il rapporto senza alcun obbligo di motivazione e senza obbligo di forma scritta, tanto è vero che anche la tutela offerta dall’ordinamento giuridico è del tutto differente da quella prevista per il licenziamento’, di tal chè ‘difetta nel caso concreto il requisito sub a), in quanto lo stato di disoccupazione non era consegue nte ad un licenziamento bensì ad un recesso in prova’. Né, ad avviso dei Giudici, porta a conclusioni contrarie la
previsione di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 22/2015 in tema di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ‘che non richiama il licenziamento ma la perdita involontaria della occupazione…) non essendo i due istituti pur accomunati dallo ‘stato di disoccupazione’ -necessariamente sovrapponib ili’.
Secondo parte ricorrente, viceversa, il recesso datoriale per esito negativo della prova ex art. 2096 cod. civ. non è ontologicamente diverso dalle altre fattispecie di licenziamento individuale, trattandosi solo di un recesso ad nutum .
Peraltro, la libertà nel recesso non significa che esso sia a totale discrezione del datore di lavoro: la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 189/1980, ha ritenuto infondata la questione di costituzionalità degli artt. 2096, comma 3, c.c. e 10 della legge n.604/1966, nelle parti in cui consentono il recesso immotivato del datore dal rapporto di lavoro in prova, ma a patto di riconoscere la sindacabilità del concreto esercizio del recesso operato dall’imprenditore in costanza del periodo di prova e l’annullabilità dell’atto nel quale si esprime, tutte le volte in cui il lavoratore dimostri o il positivo superamento dell’esperimento o l’imputabilità del licenziamento ad un motivo illecito.
Stante la rilevanza nomofilattica del thema decidendum introdotto dal motivo di ricorso sopra sintetizzato, in ordine all’interpretazione del recesso datoriale avvenuto nel corso del periodo di prova, motivato dal mancato superamento della stessa (in un caso in cui non è in discussione la validità del patto), ai fini del pensionamento anticipato ex art. 1, comma 199, della legge n. 232/2016, il Collegio non ravvisa l’evidenza decisoria e ritiene opportuna la trattazione in pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte dispone il rinvio a nuovo ruolo della causa per la riassegnazione alla pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’8 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME