Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24487 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24487 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 13661/2020
promosso da
Commissario del Governo delegato ai sensi dell’OPCM n. 3849/ 2010 e Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dipartimento Protezione Civile , in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale sono ex lege domiciliati in Roma, INDIRIZZO
ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente
nonché contro
Regione Campania , in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 5584/2019, pubblicata il 20/11/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/06/2024 dal Cons. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 31/10/2014, la RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) chiedeva al Tribunale di Napoli ingiungersi il pagamento di € 110.491,98 oltre interessi, al Commissario di Governo ex OPCM n. 3849/2010, delegato al compimento delle iniziative necessarie alla liquidazione della struttura commissariale di cui all’OPCM n. 3654/2008 (di seguito, Commissario di Governo), quale corrispettivo per l’opera prestata in riferimento a lavori relativi all’impianto di depurazione a servizio delle frazioni di Torca e Sant’Agata del Comune di Massa Lubrense, in virtù della Convenzione stipulata il 23/04/2008 tra RAGIONE_SOCIALE e il Commissario di governo ex OPCM n. 3654/2008.
Il decreto ingiuntivo veniva emesso e notificato al Commissario di Governo, che proponeva opposizione eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, per essere tenuta al pagamento la Regione Campania, in primo luogo perché era il soggetto finanziatore dell’opera in base all’accordo di programma del 21/12/2007, e in secondo luogo perché il 31/12/2012 era scaduto il mandato commissariale ed era subentrata la Regione, come previsto dalle leggi nn. 11/2013 e 6/2014. Per tale motivo, il Commissario di Governo chiamava in causa la Regione Campania, chiedendo la revoca o la dichiarazione di nullità e/o inefficacia del decreto ingiuntivo opposto e, in subordine, la dichiarazione del difetto di legittimazione passiva del Commissario di Governo, con condanna della Regione a tenerlo indenne da qualsiasi conseguenza economica.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto dell’opposizione.
Anche la Regione si costituiva in giudizio, eccependo (tra l’altro) l’infondatezza nel merito delle deduzioni del Commissario di Governo.
Nel corso del giudizio di primo grado, il Commissario di Governo precisava di non aver inteso esercitare domanda di manleva nei confronti della Regione, alla quale dichiarava in ogni caso di rinunciare, precisando di essere interessato solo alla dichiarazione di nullità e/o inefficacia del decreto ingiuntivo, in ragione del proprio difetto di legittimazione passiva.
Con sentenza n. 11118/2016 il Tribunale respingeva l’opposizione e, proposto appello dal Commissario di Governo, la Corte di merito, nel contraddittorio delle parti, respingeva l’impugnazione.
La Corte d’appello riteneva che la circostanza che la Regione si fosse fatta carico di fornire la provvista per l’adempimento degli obblighi assunti dal Commissario di Governo ex OPCM n. 3654/2008 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE nella Convenzione stipulata il 23/04/2008, non consentiva di escludere la responsabilità del Commissario di Governo intimato, delegato ex OPCM n. 3849/2010 al compimento delle operazioni di liquidazione della struttura commissariale di cui all’OPCM n. 3654/2008, per gli obblighi assunti da quest’ultima, trattandosi di evenienza non opponibile a Sogesid.
La stessa Corte riteneva inammissibile la doglianza con la quale era censurata la decisione del Tribunale, nella parte in cui aveva ritenuto non provato che fosse stato effettivamente trasferito alla Regione il contenzioso oggetto di giudizio, evidenziando che il Tribunale aveva fondato la decisione su un’ulteriore ratio , da sola idonea a sorreggere la statuizione, ossia sulla circostanza che l’ordinanza commissariale n. 14/2015 era stata impugnata e la sua efficacia era stata sospesa fino alla definizione del giudizio, ma la stessa era ancora sub iudice, essendo pendente l’appello davanti al Consiglio di Stato.
Secondo la Corte di merito, sebbene il Commissario di Governo avesse censurato la prima ratio , rappresentando la possibilità di acquisire al processo la menzionata ordinanza commissariale mediante l’uso di poteri istruttori ufficiosi, l’ulteriore ratio , riferita alla pendenza della
impugnazione della stessa ordinanza, la cui efficacia esecutiva era sospesa, non era stata specificamente censurata e il giudizio di impugnazione risultava ancora pendente (la Regione aveva depositato l’ordinanza del 07/04/2017 del Consiglio di Stato, che aveva sospeso l’esecutività della sentenza di primo grado).
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il Commissario di Governo, affidato a un solo mezzo.
Le intimate si sono difese con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 41, comma 6-quinquies, d.l. n. 69 del 2013, conv. con modif. in l. n. 98 del 2013, dell’art. 5 d.l. n. 136 del 2013, conv. con modif. in l. n. 6 del 2014, dell’art. 11, comma 3-quinquies, d.l. n. 210 del 2015, conv. con modif. in l. n. 21 del 2016, nonché dell’art. 1, comma 422, l. n. 147 del 2013 (legge stabilità 2014), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non avere la Corte d’appello rilevato che era intervenuta ex lege la successione universale nei rapporti controversi della Regione Campania al Commissario di Governo.
Il ricorrente ha dedotto che con l’art. 9 dell’OPCM n. 3849/2010 era stata a lui attribuita la delega per il compimento delle iniziative necessarie alla liquidazione della struttura commissariale di cui all’OPCM n. 3654/2008, in particolare mediante la chiusura della gestione contabile e del contenzioso ancora pendente, con la precisazione che, per il compimento di tali iniziative, poteva avvalersi del personale ancora operante presso la struttura commissariale in liquidazione, procedendo al successivo trasferimento del medesimo alle amministrazioni ed agli enti di appartenenza.
Lo stesso ricorrente ha, poi, aggiunto che l’art. 41, comma 6-quinquies, d.l. n. 69 del 2013, introdotto in sede di conversione dalla l. n. 98 del 2013, ha previsto che «Essendo cessata il 31 dicembre 2012 la
struttura commissariale del Commissario di Governo per l’emergenza bonifiche e tutela delle acque nella regione Campania, ai sensi dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 19 febbraio 2010, n. 3849, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 2010, in ragione delle competenze residue al 31 dicembre 2012, non precedentemente trasferite agli enti ordinariamente competenti, consistenti prevalentemente nel contenzioso di natura legale derivante dalle precedenti gestioni, è assegnato al Commissario delegato di cui all’articolo 11 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 4 agosto 2010, n. 3891, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2010, prorogato con l’articolo 2 del decreto-legge 14 gennaio 2013, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° febbraio 2013, n. 11, in considerazione della precedente attività di liquidazione svolta, il compito di definire entro il termine del 31 dicembre 2013 il valore economico del predetto contenzioso e gli enti legittimati al subentro … ».
Il Commissario di Governo ha, quindi, precisato di avere dato attuazione a tale disposizione, adottando l’ordinanza commissariale n. 17/2013, con la quale venivano individuati i rapporti contenziosi trasferiti alla Regione Campania, ma, poi, l’ordinanza era stata annullata in sede giurisdizionale, aggiungendo che, in conformità alle indicazioni del Consiglio di Stato, adito per l’ottemperanza, aveva adottato una nuova ordinanza commissariale, la n. 14/2015, che aveva trasferito alla Regione i rapporti contenziosi ancora pendenti, e che recava nell’allegato A l’indicazione, tra i rapporti in contenzioso, al punto 55, di quello oggetto del presente giudizio.
In tale quadro, lo stesso ricorrente ha dedotto che la Regione era, comunque, subentrata nel rapporto obbligatorio dedotto in giudizio.
A tal fine ha richiamato il disposto dell’art. 6, comma 1-bis, d.l. n. 136 del 2013, coordinato con la legge di conversione (la l. n. 6 del 2014), il quale, con riferimento ai Commissari per il dissesto idrogeologico, ha previsto che «1-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2015 i Pre-
sidenti delle regioni subentrano ai Commissari straordinari anche nella titolarità delle contabilità speciali per la gestione delle risorse di cui all’articolo 1, comma 111, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, giacenti, alla predetta data, nelle medesime contabilità speciali. A decorrere da tale data, le risorse giacenti nelle contabilità speciali di cui al precedente periodo sono trasferite, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, nella disponibilità dei bilanci regionali e devono essere rifinalizzate alla prosecuzione degli interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico. I Presidenti delle regioni succedono ai Commissari in tutti i rapporti attivi e passivi e nelle attività pendenti alla data del predetto trasferimento. Essi garantiscono la corretta e puntuale attuazione degli interventi mediante le proprie strutture organizzative e possono altresì avvalersi, per le attività di progettazione degli interventi, per le procedure di affidamento dei lavori, per le attività di direzione dei lavori e di collaudo, nonché per ogni altra attività di carattere tecnico-amministrativo connessa alla progettazione, all’affidamento e all’esecuzione dei lavori, ivi inclusi servizi e forniture, degli uffici tecnici e amministrativi dei comuni, dei provveditorati interregionali alle opere pubbliche, nonché della società RAGIONE_SOCIALE, dei consorzi di bonifica e delle autorità di distretto. Le risorse finalizzate ad interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico sono utilizzate dalle regioni tramite accordo di programma ai sensi dell’articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Sono fatte salve, comunque, le modalità attuative previste dal citato articolo 1, comma 111, della legge n. 147 del 2013. Sono altresì fatte salve le competenze del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi dell’articolo 58, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».
Il ricorrente ha aggiunto che l’art. 1, comma 422, l. n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), abrogata con d.lgs. n. 1 del 2018, ma all’epoca dei fatti ancora vigente, ha chiaramente disposto, con una norma che ha superato il vaglio di costituzionalità (Corte cost., Sentenza n. 8
del 21/01/2016), che «Alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti, individuati anche ai sensi dell’articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti, anche ai sensi dell’articolo 110 del codice di procedura civile, nonché in tutti quelli derivanti dalle dichiarazioni di cui all’articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, già facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell’articolo 5 della citata legge n. 225 del 1992. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dell’articolo 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati.»
In sintesi, il Commissario di Governo ha ritenuto di non poter essere considerato legittimato passivo nel presente procedimento, in ragione del passaggio di competenze intervenuto per legge, aggiungendo che non era necessario dimostrare, rispetto alla invocazione delle menzionate norme, il trasferimento del contenzioso con uno specifico atto commissariale, poiché il subingresso della Regione è conseguenza immediata e diretta della legge, invocando a supporto una pronuncia del giudice di legittimità (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 25673 del 21/12/ 2015).
Il motivo di ricorso è inammissibile.
2.1. Occorre tenere presente che la Corte d’appello, sul capo della decisione impugnato, ha così statuito: « … la sentenza è censurata nella parte in cui il Tribunale afferma, sempre a proposito del trasferimento di tutto il contenzioso, tra cui quello di cui si discute, che ‘tale circostanza è enunciata nelle deduzioni difensive a firma del Commissario COGNOME nel febbraio 2016 e riportate pari pari negli scritti difensivi dell’Avvocatura ma non è documentata perché non risulta depositata
la suddetta ordinanza e non è possibile verificarne l’ assunto’. Secondo l’appellante la conclusione sarebbe errata, tenuto conto … Anche questa doglianza è inammissibile, considerato che, oltre che sulla mancanza di prova del trasferimento del rapporto de quo, la sentenza gravata è fondata anche su un’ulteriore ratio decidendi, da sola idonea a reggere la statuizione, ossia sulla circostanza ‘ che l’ordinanza di passaggio di tale contenzioso (…) è ancora sub iudice e non può ritenersi esecutiva, visto che l’esecuzione è stata sospesa ‘ . Quest’ultimo assunto non è stato specificamente censurato e, comunque, risulta fondato su dati di fatto non superati, considerato che il giudizio di impugnazione dell’ordinanza commissariale n. 14/2015 è tuttora pendente (innanzi al Consiglio di Stato, che ha sospeso l’esecutività della sentenza di primo grado: cfr. l’ordinanza del 7.4.2017 prodotta dalla Regione) … ».
2.2. La Corte d’appello ha, pertanto, primariamente ritenuto inammissibile la censura formulata alla decisione del Tribunale, che ha affermato la titolarità passiva del rapporto obbligatorio in capo al Commissario di Governo, invece che alla Regione, non per ragioni di merito, relative alla effettività o meno del trasferimento del rapporto obbligatorio a quest’ultima, ma di rito, ritenendo, in particolare, che l’appellante non aveva impugnato una delle due rationes che avevano fondato la statuizione del primo giudice, ed aggiungendo, ad abundantiam, che la statuizione non specificamente censurata si fondava su dati di fatto che non risultavano superati.
Il ricorrente non ha attinto la ratio decidendi della Corte di merito, ad esempio contestando l’esistenza di due distinte rationes nella statuizione del Tribunale, ovvero deducendo l’operata impugnazione mediante l’appello di entrambe le ragioni fondanti la decisione, ma ha semplicemente argomentato in ordine alle ragioni della fondatezza nel merito delle proprie difese, senza controdedurre agli argomenti, in rito, della statuizione assunta dalla menzionata Corte, e limitandosi ad af-
fermare, in particolare, che, dopo l’annullamento in sede giurisdizionale dell’ordinanza commissariale n. 17/2013 ha adottato l’ordinanza n. 14/ 2015, attuando nuovamente il trasferimento del rapporto obbligatorio alla Regione e che, comunque, detto trasferimento doveva ritenersi verificato automaticamente per effetto delle norme richiamate .
2.3. Com’è noto, la proposizione, mediante ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata, comporta l’inammissibilità del ricorso, risolvendosi la doglianza in un non motivo (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 9450 del 09/04/2024).
Il motivo di ricorso è, infatti, costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della stessa, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento impugnato, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. Tale nullità si risolve in un “non motivo” del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c. (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 1341 del 12/01/2024; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 15517 del 21/07/2020; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17330 del 31/08/2015).
In altre parole, con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 22478 del 24/09/2018).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
Non sussistono i presupposti per il pagamento di importi a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 13, comma 1-bis, d.P.R. n. 115
del 2002, essendo il ricorrente istituzionalmente esente (v. tra le tante Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE che liquida in € 6.00 0,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite sostenute dalla Regione Campania che liquida in € 6.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Ci-