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Rappresentante di lista: diritto alla retribuzione

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto alla retribuzione di un lavoratore per le giornate dedicate all’incarico di rappresentante di lista. La sentenza stabilisce che un accordo collettivo aziendale non può derogare alla normativa nazionale che tutela tale diritto, e che la concessione di un riposo compensativo generalizzato da parte dell’azienda costituisce un mero pretesto per eludere l’obbligo di pagamento.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Rappresentante di lista: il Diritto alla Retribuzione Prevale sull’Accordo Aziendale

Il ruolo di rappresentante di lista durante le consultazioni elettorali è un pilastro della democrazia, ma quali sono i diritti retributivi del lavoratore che assume tale incarico? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza, stabilendo che la legge nazionale a tutela di questo diritto non può essere scavalcata da accordi aziendali restrittivi. Analizziamo insieme questa importante decisione e le sue conseguenze pratiche.

Il Fatto: un Lavoratore, un’Elezione e un Diritto Negato

Un dipendente di una grande società metalmeccanica aveva svolto l’incarico di rappresentante di lista durante le elezioni del 25 maggio 2014. In base alla normativa vigente, egli aveva diritto a due giornate di riposo retribuito. L’azienda, tuttavia, si era rifiutata di corrispondergli l’indennità, pari a 161,32 euro.

La difesa dell’azienda si basava su due punti principali:
1. Un accordo collettivo aziendale che limitava il diritto ai permessi retribuiti solo ai presidenti di seggio e agli scrutatori, escludendo esplicitamente i rappresentanti di lista.
2. La decisione aziendale di chiudere lo stabilimento in uno dei giorni in questione, concedendo a tutti i dipendenti un giorno di riposo compensativo. Per il secondo giorno, l’azienda sosteneva che il lavoratore avesse scioperato, perdendo così il diritto alla retribuzione.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione al lavoratore, condannando l’azienda al pagamento. La questione è quindi approdata in Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione: il diritto del rappresentante di lista è inderogabile

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando le sentenze precedenti. I giudici hanno stabilito un principio fondamentale: la normativa statale che garantisce i diritti dei lavoratori impegnati in funzioni elettorali è di ordine superiore e non può essere derogata da un accordo collettivo di livello aziendale, soprattutto se tale accordo non è stato sottoscritto da tutte le sigle sindacali.

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni dell’azienda, definendo la chiusura dello stabilimento un “pretesto” per eludere l’obbligo di legge e negare al lavoratore il suo diritto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su diverse argomentazioni giuridiche, rigettando tutti i cinque motivi di ricorso presentati dall’azienda.

In primo luogo, è stato chiarito che la gerarchia delle fonti del diritto non permette a un accordo aziendale di violare una norma di legge. Il diritto del rappresentante di lista a permessi retribuiti è sancito dal D.P.R. n. 361/1957, una norma imperativa che mira a garantire la partecipazione democratica.

In secondo luogo, la Corte ha specificato che il riposo compensativo concesso a tutti non poteva sostituire la specifica quota retributiva dovuta al lavoratore. Quest’ultima non è una semplice retribuzione per un giorno non lavorato, ma una sorta di maggiorazione legata all’attività extra-lavorativa e di rilevanza pubblica svolta. Riguardava chi, come il ricorrente, aveva prestato servizio al seggio, non chi semplicemente non era andato in fabbrica.

Infine, anche l’argomento dello sciopero è stato respinto. Lo sciopero incide sulla retribuzione ordinaria, ma non ha alcun effetto sulla quota retributiva giornaliera specifica prevista per il rappresentante di lista, poiché le due cose hanno natura e finalità completamente diverse.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza la tutela dei diritti civici dei lavoratori. Le conclusioni che possiamo trarre sono chiare:

* Prevalenza della Legge: Nessun accordo aziendale può limitare o cancellare i diritti garantiti dalla legge nazionale ai lavoratori impegnati in funzioni elettorali.
* Natura del Diritto: La retribuzione per i giorni di permesso elettorale non è un semplice stipendio, ma un’indennità specifica legata a un dovere civico e non può essere assorbita da altre forme di riposo o compensazione.
Limite alla Contrattazione: Le aziende e le parti sociali devono essere consapevoli che la contrattazione collettiva, pur essendo uno strumento fondamentale, non può derogare in peius* (in peggio) a norme di legge poste a tutela di interessi pubblici e diritti fondamentali.

Per i lavoratori, questa sentenza rappresenta una garanzia importante per poter partecipare attivamente alla vita democratica del Paese senza temere ritorsioni economiche. Per le aziende, è un monito a rispettare scrupolosamente la normativa vigente, evitando interpretazioni restrittive o soluzioni pretestuose.

Un accordo collettivo aziendale può escludere il diritto alla retribuzione per un lavoratore che svolge funzioni di rappresentante di lista?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la normativa legale che garantisce questo diritto non può essere derogata da un accordo collettivo aziendale, in quanto la legge nazionale è di rango superiore.

Se l’azienda chiude e concede un giorno di riposo compensativo a tutti, questo sostituisce il pagamento dovuto al rappresentante di lista?
No. La Corte ha ritenuto che concedere un riposo compensativo generalizzato sia un pretesto per non corrispondere la specifica retribuzione prevista per legge, la quale è legata all’attività extra-lavorativa e di rilevanza pubblica svolta durante le elezioni.

Uno sciopero effettuato dal lavoratore in un giorno di riposo compensativo incide sul suo diritto a ricevere l’indennità per l’attività di rappresentante di lista?
No. Lo sciopero incide sulla retribuzione ordinaria, ma non sulla quota retributiva specifica prevista per l’attività elettorale, poiché quest’ultima ha una natura e una finalità autonome e non è legata alla prestazione lavorativa ordinaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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