Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1577 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1577 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7874/2020 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 156/2019 depositata il 01/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Ritenuto che:
Con sentenza n. 219/2013 il Tribunale di Ascoli Piceno rigettava la querela di falso proposta, in via incidentale, da NOME COGNOME nell’ambito di un giudizio tributario pendente presso la Commissione Tributaria Regionale di Ancona relativa alla debenza di alcuni tributi di carattere locale, avente ad oggetto la sottoscrizione, a sua apparente firma, apposta per ricevuta sulla cartolina postale di ritorno data 27.11.1997 riguardante la cartella esattoriale nr 8800041.
Avverso tale decisione NOME COGNOME proponeva appello istando per la riforma.
Con sentenza nr 156/2019 la Corte di appello di Ancona rigettava il gravame.
La Corte distrettuale rilevava che le critiche mosse alla c.t.u. e di riflesso alla pronuncia impugnata si sostanziavano in valutazioni di carattere soggettivo mirando ad un più appagante coordinamento degli elementi rilevanti ai fini della decisione che, tuttavia, rimane nell’ambito delle possibilità di apprezzamento che non ha trovato adeguato supporto in base alle risultanze acquisite.
Riteneva, pertanto, che non vi fossero le condizioni per il rinnovo della consulenza.
La Corte di appello considerava che dovesse essere dato rilievo alla deposizione del teste COGNOME dipendente delle Poste Italiane, il quale aveva confermato come la sottoscrizione dell’avviso di ricevimento della raccomandata in questione fosse stata apposta in sua presenza dal COGNOME a cui lo stesso aveva provveduto a consegnare la missiva.
Avverso tale decisione NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi illustrati da memoria cui resistono con controricorso l’Agenzia delle Entrate e Poste Italiane s.p.a.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione de ll’art 223 c.p.c. in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. e dell’art 347, terzo comma c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma nr 4 c.p.c.
Sostiene in particolare che l’originale della cartolina di ritorno, secondo quanto emerge dal verbale del 14.10.2004, sarebbe stata prodotta da Poste Italiane s.p.a. senza il rispetto delle modalità prescritte dall’art 223 c.p.c.
Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art 347 terzo comma c.p.c. in relazione all’art 360 primo comma nr 4 c.p.c. per avere la Corte di appello pronunciato senza il fascicolo di primo grado in spregio alle prescrizioni di cui all’art 347 terzo comma c.p.c. che obbliga il cancelliere a fare la relativa richiesta a quello del giudice a quo.
Con un terzo motivo il ricorrente deduce l’illegittimità per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti( art 360 nr 5 c.p.c.) per avere la Corte di appello espresso una motivazione acriticamente adesiva a quella del giudice di primo grado e alla consulenza tecnica, motivazione
che non avrebbe colto la peculiarità della prova dell’autenticità della sottoscrizione in contrasto con la più accredita giurisprudenza in materia e non sarebbe stata esaustiva delle censure dell’appellante e delle osservazioni del suo consulente tecnico .
Il primo motivo è inammissibile in quanto redatto in violazione dell’onere di specifica indicazione dell’atto.
Va rammentato in proposito che qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo a questa Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (tra le tante, Cass. n. 15430/2018).
Difatti, il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicché sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora queste postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità (tra le molte, Cass. n. 15196/2018).
Nel caso in esame nella sentenza impugnata non si fa alcun cenno ad alcuna critica sollevata dall’appellante relativamente al mancato rispetto delle formalità prescritte dall’art 223 c.p.c. di cui si duole in questa sede il ricorrente.
Le censure avanzate o non risultano rispettose del requisito di contenuto-forma dettato dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. (in quanto non illustrano il contenuto rilevante degli atti processuali o dei documenti su cui si fondano, oppure non specificano come e quando il singolo “fatto” sia stato sottoposto alla discussione nel
contraddittorio tra le parti, mediante analitica istanza nei rispettivi scritti difensivi avanzata prima della maturazione delle preclusioni assertive e istruttorie).
Va comunque rilevato che per risalente orientamento di questa Corte in tema di querela di falso, i provvedimenti previsti negli artt. 223 e 224 c.p.c., relativi al deposito del documento impugnato di falso ed al sequestro del documento stesso, sono rimessi alla discrezionalità del giudice istruttore, che deve adottarli in relazione alla peculiarità del caso sottoposto al suo esame ed al modo di proposizione della querela, così da garantire la custodia del documento di cui va accertata la dedotta falsità ovvero l’autenticità, con la conseguenza che nessuna nullità è comminata dalle suddette norme per il mancato puntuale adempimento degli incombenti in esse previsti, che sono evidentemente posti in funzione dell’attività ordinatoria da esplicarsi per giungere alla soluzione della controversia.(Cass. 16.5.1990, n. 4236; 7.3.1984, n. 1593;Cass. 15 novembre 1971 n. 3260).
Va inoltre aggiunto che qualsiasi irregolarità nella redazione del processo verbale non costituisce motivo di nullità.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile.
Va ricordato che nel giudizio di appello, la mancata acquisizione del fascicolo di ufficio di primo grado, ai sensi dell’art. 347 c.p.c., non integra, di per sé, un vizio del procedimento di secondo grado e della relativa sentenza, ma può essere dedotto come motivo di ricorso per cassazione ove l’interessato alleghi che il giudice di appello avrebbe potuto o dovuto trarre dal fascicolo stesso elementi essenziali per l’accertamento di uno o più fatti controversi e decisivi della causa e, quindi, per la definizione della controversia, non rilevabili aliunde e che devono essere indicati dalla parte (Cass., Sez. 6-1, n. 27691 del 21 novembre 2017; negli stessi termini Cass., Sez. 6-3 n. 20631 del 7 agosto 2018).
Ora nel caso di specie non risulta che l’odierno ricorrente abbia sottoposto al giudice di merito la questione relativa alla mancata acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado.
La doglianza è formulata in astratto senza indicare le ragioni per le quali tale acquisizione avrebbe consentito di rilevare circostanze decisive ai fini di causa.
In proposito è stato osservato che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass., n. 26419/20).
Il terzo motivo è inammissibile.
Le doglianze che si muovono alla decisione impugnata attengono al merito e si risolvono nel criticare un giudizio sulla base di considerazioni personali in ordine alla metodologia e alle asserzioni del c.t.u. senza tenere conto delle confutazioni svolte al riguardo dai giudici d’appello, che hanno ampiamente e convincentemente motivato il loro giudizio di adesione alle conclusioni dell’elaborato peritale, osservando come il consulente avesse adeguatamente replicato alle considerazioni del tecnico di parte appellante( cfr pag 12, 13 e 14 della sentenza impugnata) e avesse svolto accurate indagini fornendo una attenta interpretazione del materiale grafico sottoposto al suo esame.
Con riguardo alla deposizione di COGNOME per il quale il ricorrente ipotizza un conflitto di interessi e comunque una inattendibilità delle sue dichiarazioni (cfr pag. 23 ricorso), la censura si palesa
inammissibile sotto un duplice profilo. Va infatti osservato che l’incapacità a testimoniare è limitata ai soggetti legittimati a costituirsi in nome e per conto della società (Cass. III 27461/24,) e non vale per i dipendenti (Cass. I 18121 2020) e comunque in ogni caso, l’eventuale incapacità necessitava di tempestiva deduzione (Cass. III 6555 2005), che nella specie non risulta sia stata ritualmente formulata.
Da ultimo con riguardo alla valutazione dell’attendibilità , l’apprezzamento espresso sul punto è riservato al giudice di merito e non è sindacabile quindi in sede di legittimità.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore della Agenzia delle Entrate e delle Poste Italiane s.p.a. delle spese di legittimità che si liquidano, rispettivamente, in complessive € 2.500,00 oltre spese prenotate a debito ed € 2500,00 oltre € 200,00 per esborsi ed accessori di legge ed al 15% per spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Roma 10.1.2025
Il Presidente
(NOME COGNOME