Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24012 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24012 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9247-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 255/2020 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 28/01/2021 R.G.N. 175/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Brescia, in riforma della pronuncia emessa dal giudice di prime cure, ha accertato la natura subordinata del rapporto di lavoro instaurato tra NOME
Oggetto
QUALFICAZIONE
RAPPORTO DI
LAVORO
R.G.N. 9247/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 10/07/2025
cc
COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, per il periodo gennaio 2017-aprile 2018, con conseguente condanna al pagamento di differenze retributive.
La Corte territoriale -pur evidenziando la genuinità del rapporto associativo instaurato tra le parti -ha accertato altresì la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato in considerazione della ricorrenza di specifici indici sintomatici del vincolo di subordinazione che dimostravano una puntuale eterodirezione e un completo inserimento nella struttura aziendale per il perseguimento di un risultato della Cooperativa nonché a fronte del versamento, da parte della Cooperativa stessa, della contribuz ione presso l’INPS in qualità di salariato agricolo.
Per la cassazione di tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso affidato a sei motivi, illustrati da memoria, e il lavoratore resiste con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1414, 1417, 2697 c.c. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, riconosciuto la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato valorizzando indici non idonei a fornire prova del vincolo di subordinazione. Il COGNOME non ha fornito sufficiente prova del contratto (subordinato) dissimulato.
Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, enunciato solo tre indici indiziari della
subordinazione (attività di lavoro svolta, orario di lavoro osservato, uso degli strumenti di proprietà della Cooperativa) senza accertare in che misura veniva esercitato il potere direttivo del preteso datore di lavoro (ad es. con quali direttive specifiche, quali controlli).
Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, della legge n. 381 del 1991 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, trascurato che era emerso come il Ghedini, sin dal 2013, non avesse percepito alcuna retribuzione, e ciò era in linea con l’art. 5 dello Statuto della Cooperativa che prevede lo svolgimento, da parte dei soci, di attività a titolo gratuito per fini esclusivi di solidarietà.
Con il quarto motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, trascurato che il COGNOME non ha prodotto alcuna prova documentale del contratto (di lavoro subordinato) dissimulato, con conseguente insufficienza degli indici acquisiti al processo.
Con il quinto motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. dell’art. 1, comma 3, della legge n. 142 del 2001, come novellato dalla legge n. 30 del 2003 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la C orte territoriale, trascurato che l’eliminazione (nell’ambito dell’originario art. 1, comma 3, citato) dell’aggettivo ‘distinto’ dimostra che l’ulteriore rapporto di lavoro subordinato instaurato dal socio di cooperativa può essere dimostrato solamente mediante prova documentale con un contratto di lavoro ad hoc.
Con il sesto motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. dell’art. 1, comma 3, della legge
n. 142 del 2001, (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) dovendosi ritenere che al rapporto associativo (del socio lavoratore) va data preminenza rispetto ad un eventuale ulteriore rapporto (di lavoro subordinato), in quanto deve essere valorizzato lo scopo mutualistico della Cooperativa; pertanto, la sussistenza di un rapporto associativo non determina ipso iure la sussistenza altresì di un rapporto di lavoro subordinato.
7. I motivi di ricorso, che, sotto vari profili, contestano l’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro, sono inammissibili e, per la parte residua, infondati. 8. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se correttamente motivata, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale (cfr, ex plurimis, Cass. n.9808 del 2011, Cass. n.9256 del 2009 e, con riferimento al rapporto di lavoro di musicisti, Cass. n.7740 del 2003 e Cass. n. 8444 del 2020).
9. Una violazione o falsa applicazione di norme di legge, sostanziale o processuale, non può dipendere o essere in qualche modo dimostrata dall’erronea valutazione del materiale istruttorio; al contrario, un’autonoma questione di malgoverno dell’art. 2697 c.c. può porsi solo allorché sia allegato che il giudice di merito: – abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; – abbia fatto ricorso alla propria scienza privata ovvero ritenuto necessitanti di prova fatti dati per pacifici; –
abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione; – abbia invertito gli oneri probatori; nessuna di tali situazioni è rappresentata nei motivi illustrati dalla Cooperativa ricorrente che si risolvono nel sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione.
10. Va, inoltre, richiamato l’orientamento di questa Corte che ha rilevato come l’inquadramento previdenziale dei lavoratori di una Cooperativa come dipendenti, per effetto dell’esercizio dell’opzione effettuata per il regime contributivo proprio del lavoro dipendente, costituisce, secondo l’id quod plerumque accidit, un elemento indiziario (Cass., sez. lav., 11 luglio 2022, n. 21830, punti 7 e 9), che non può, dunque, essere considerato tamquam non esset .
I primi quattro motivi di ricorso sono, dunque, inammissibili.
12. Inoltre, la peculiarità del rapporto associativo, ribadita anche nel ricorso (in specie, quinto e sesto motivo, che si palesano infondati), non si pone di per sé in antitesi con gli estremi della subordinazione (in tal senso, anche Cass., sez. lav., 11 luglio 2022, n. 21830, punto 16), che devono essere riscontrati in concreto. Il fatto che il rapporto di lavoro si affianchi al rapporto associativo, a sua volta contraddistinto dalla partecipazione al rischio d’impresa, non esclude che, all’interno dell’organizzazione societaria, si possa rinvenire, insieme al contratto di partecipazione alla comunità, quello commutativo di lavoro subordinato (Cass., S.U., n. 13967/2004, punto 4): possibilità espressa a chiare lettere
dall’art. 1, comma 3, della legge n. 142 del 2001, nella parte in cui consente al socio di stabilire con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, anche in forma subordinata.
La pronuncia impugnata è conforme alla giurisprudenza di questa Corte, che, ai fini dell’accertamento della subordinazione, reputa imprescindibile e d’importanza preminente l’indagine sull’effettivo atteggiarsi del rapporto (Cass. n. 4884/2018, Cass. n. n. 29973/2022, pronunce che sottolineano come questa indagine non può arrestarsi al nomen iuris attribuito dalle parti).
In conclusione, il ricorso va rigettato; le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonché in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’udienza del 10 luglio 2025.
Il Presidente dott.ssa NOME COGNOME