LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Qualificazione rapporto di lavoro: socio e dipendente

Una cooperativa agricola ha contestato la decisione che riconosceva un rapporto di lavoro subordinato a un suo socio. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la qualificazione rapporto di lavoro dipende dalle modalità concrete di svolgimento della prestazione. È stato confermato che un rapporto associativo può coesistere con uno subordinato, e il versamento di contributi da dipendente è un forte indizio a favore di quest’ultimo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Qualificazione Rapporto di Lavoro: Socio di Cooperativa e Dipendente, la Cassazione Chiarisce

La corretta qualificazione rapporto di lavoro è una delle questioni più dibattute nel diritto del lavoro. Spesso, la linea di confine tra un rapporto di lavoro subordinato e altre forme di collaborazione, come quella associativa in una cooperativa, è sottile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo tema, ribadendo un principio fondamentale: ciò che conta non è il nome dato al contratto, ma la realtà effettiva del rapporto. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa: La Controversia tra Socio e Cooperativa

Il caso nasce dalla richiesta di un socio lavoratore di una cooperativa agricola sociale di veder riconosciuta la natura subordinata del suo rapporto di lavoro per il periodo tra gennaio 2017 e aprile 2018, con la conseguente richiesta di differenze retributive.

Mentre in primo grado la sua domanda era stata respinta, la Corte d’Appello di Brescia aveva riformato la decisione, accertando l’esistenza di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato. La cooperativa, non accettando tale verdetto, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il rapporto fosse meramente associativo e, in parte, volontario, come previsto dal proprio statuto.

La Decisione della Corte d’Appello: Riconosciuta la Subordinazione

La Corte d’Appello aveva basato la sua decisione su una serie di indici sintomatici del vincolo di subordinazione. Nonostante la genuinità del rapporto associativo, i giudici hanno rilevato elementi che dimostravano una puntuale eterodirezione, un completo inserimento del socio nella struttura aziendale e, elemento di grande peso, il fatto che la stessa cooperativa versasse per lui i contributi previdenziali presso l’INPS come salariato agricolo. Questi fattori, nel loro complesso, delineavano un quadro in cui il socio, al di là del suo status formale, operava a tutti gli effetti come un dipendente.

I Motivi del Ricorso e la Qualificazione Rapporto di Lavoro in Cassazione

La cooperativa ha presentato sei motivi di ricorso, cercando di smontare la decisione d’appello. Le argomentazioni principali si concentravano sulla presunta errata valutazione delle prove, sull’assenza di prova di un contratto subordinato ‘dissimulato’ e sulla necessità di dare preminenza allo scopo mutualistico e al rapporto associativo previsto dalla legge sulle cooperative (L. 142/2001). In sostanza, la ricorrente chiedeva alla Cassazione di rivedere nel merito l’analisi dei fatti, operazione non consentita in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili o infondati tutti i motivi di ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici supremi hanno ribadito alcuni principi consolidati:

1. Coesistenza dei Rapporti: Un rapporto associativo e un rapporto di lavoro subordinato possono coesistere. La legge stessa (art. 1, comma 3, L. 142/2001) prevede che un socio possa stabilire un ulteriore e distinto rapporto di lavoro, anche subordinato, con la cooperativa.
2. Prevalenza della Realtà Fattuale: Ai fini della qualificazione del rapporto, è imprescindibile l’indagine sull’effettivo atteggiarsi della relazione tra le parti. Il ‘nomen iuris’ (il nome che le parti danno al contratto) non è vincolante se la realtà dei fatti dimostra una diversa natura del rapporto.
3. Apprezzamento del Giudice di Merito: La valutazione delle risultanze processuali per determinare la natura del rapporto è un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non può essere riesaminato in Cassazione, se correttamente motivato.
4. Valore Indiziario dei Contributi: L’inquadramento previdenziale e il versamento di contributi da lavoratore dipendente, operato dallo stesso datore di lavoro, costituisce un importante elemento indiziario della natura subordinata del rapporto.

La Corte ha concluso che la richiesta della cooperativa si risolveva in una sollecitazione a una nuova e non consentita valutazione del materiale di causa.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza rafforza un principio cardine del diritto del lavoro: la sostanza prevale sulla forma. Per le cooperative e i loro soci, ciò significa che la semplice esistenza di un rapporto associativo non è uno scudo contro la possibile riqualificazione del rapporto in lavoro subordinato se, nella pratica quotidiana, emergono gli indici tipici della subordinazione come l’eterodirezione, il rispetto di un orario, l’uso di strumenti aziendali e l’assenza di un reale rischio d’impresa in capo al socio. Le aziende devono quindi prestare massima attenzione non solo alla forma contrattuale, ma soprattutto alle concrete modalità di esecuzione del lavoro per evitare future contestazioni sulla qualificazione rapporto di lavoro.

Un socio di una cooperativa può essere considerato anche un lavoratore subordinato?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che un rapporto associativo con una cooperativa può coesistere con un ulteriore e distinto rapporto di lavoro subordinato, come previsto esplicitamente dalla legge n. 142 del 2001. La presenza di un legame associativo non esclude di per sé la subordinazione.

Quali elementi sono decisivi per la qualificazione di un rapporto di lavoro come subordinato?
Sono decisivi gli indici sintomatici che emergono dalle concrete modalità di svolgimento del rapporto, come la sottoposizione al potere direttivo e di controllo del datore di lavoro (eterodirezione), l’inserimento stabile nell’organizzazione aziendale e il versamento di contributi previdenziali da lavoratore dipendente. La valutazione di questi elementi è un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito.

Il nome dato al contratto (‘rapporto associativo’) è sufficiente a escludere la subordinazione?
No. La Corte ha ribadito che l’indagine sulla natura del rapporto non può arrestarsi al ‘nomen iuris’ (il nome giuridico) attribuito dalle parti al contratto. È necessario verificare l’effettivo atteggiarsi del rapporto per determinare se, al di là della forma, sussistano gli elementi della subordinazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati