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Protezione sussidiaria per violenza domestica: Cassazione

Una cittadina nigeriana, vittima di violenza domestica, ha richiesto la protezione sussidiaria. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale che negava tale protezione, criticando la mancata indagine sulla situazione delle donne in Nigeria e la violazione dei principi stabiliti in un precedente rinvio. La Corte ha riaffermato che la violenza di genere può costituire ‘danno grave’ ai fini della protezione sussidiaria, ordinando un nuovo esame del caso.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Protezione Sussidiaria per Violenza Domestica: la Cassazione Interviene

La protezione sussidiaria rappresenta un pilastro fondamentale del diritto internazionale per la tutela di persone che fuggono da gravi pericoli nel proprio paese. Con una recente e significativa ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema tanto delicato quanto attuale: il riconoscimento di tale protezione a una donna vittima di violenza domestica e di genere. La decisione analizza in profondità gli obblighi del giudice e i diritti della richiedente, stabilendo principi chiari per casi futuri.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda una cittadina di nazionalità nigeriana che aveva lasciato il suo paese per sfuggire a un contesto di gravi violenze e maltrattamenti subiti sin dall’infanzia. Le violenze, consumate in ambito familiare e aggravate da abusi sessuali, si erano verificate in un quadro di totale assenza di protezione da parte delle autorità locali. Dopo essere fuggita anche dalla Libia, dove gli abusi erano proseguiti, la donna era giunta in Italia nel 2016, presentando domanda di protezione internazionale. La sua richiesta era stata però respinta, portandola a ricorrere in tribunale. Il Tribunale le aveva riconosciuto la sola protezione speciale, negando quella sussidiaria. Già in una precedente occasione, la Corte di Cassazione aveva annullato tale decisione, rinviando il caso al Tribunale con precise indicazioni. Tuttavia, anche nel nuovo giudizio, il Tribunale ha disatteso le direttive della Suprema Corte, portando la donna a ricorrere nuovamente in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Protezione Sussidiaria

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della donna, annullando per la seconda volta la decisione del Tribunale e rinviando nuovamente la causa per un riesame completo. La Suprema Corte ha mosso una critica severa al giudice di merito, colpevole di non aver seguito il percorso logico-giuridico indicato nella precedente ordinanza di rinvio. In sostanza, il Tribunale si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già ritenute errate, ignorando il proprio dovere di indagine e di cooperazione istruttoria. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la violenza domestica e di genere, così come definita dalla Convenzione di Istanbul, può integrare i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria quando si traduce in un rischio effettivo di ‘danno grave’ per ‘trattamento inumano o degradante’, specialmente se le autorità dello Stato di origine non sono in grado o non vogliono fornire un’adeguata protezione.

Le Motivazioni: il Dovere di Indagine del Giudice

Le motivazioni della Corte si concentrano sul comportamento processuale del Tribunale, giudicato gravemente carente. Anziché condurre un nuovo e approfondito esame dei fatti, come richiesto, il giudice di merito ha ignorato gli elementi specifici forniti dalla ricorrente (le violenze subite, la condizione di donna sola in Nigeria) e ha omesso di acquisire informazioni aggiornate sulla situazione del Paese di origine (le cosiddette COI – Country of Origin Information). La Cassazione ha sottolineato che il giudice non può limitarsi a un giudizio di genericità sulle allegazioni della richiedente, ma ha il dovere di ‘cooperazione istruttoria’. Questo significa che deve assumere un ruolo attivo per verificare la plausibilità del racconto alla luce del contesto culturale e sociale di provenienza, consultando fonti autorevoli come i rapporti di UNHCR, EUAA e altre agenzie internazionali. Ignorare questo dovere, specialmente in un giudizio di rinvio, equivale a trasformare il processo in un ‘quarto grado di giudizio’ in cui si contesta illegittimamente la decisione della Suprema Corte. La Corte ha inoltre censurato la scelta del Tribunale di non procedere a una nuova audizione della ricorrente, atto che sarebbe stato fondamentale per approfondire gli elementi di fatto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza. Innanzitutto, stabilisce che la valutazione di una domanda di protezione sussidiaria basata su violenza di genere non può essere superficiale. Il giudice ha l’obbligo di andare oltre il racconto della vittima e di contestualizzarlo, ricercando attivamente informazioni sulla reale condizione delle donne nel Paese di origine e sull’efficacia delle tutele statali. In secondo luogo, riafferma che la violenza domestica non è una questione ‘privata’, ma una violazione dei diritti umani fondamentali che, in assenza di protezione statale, può configurare quel ‘danno grave’ che giustifica la protezione internazionale. Infine, la decisione è un monito per i giudici di merito a rispettare scrupolosamente i principi di diritto enunciati dalla Corte di Cassazione nei giudizi di rinvio, pena l’annullamento della loro decisione. Il caso dovrà ora essere riesaminato da una diversa sezione del Tribunale, che dovrà finalmente attenersi a queste chiare e inderogabili indicazioni.

La violenza domestica subita nel proprio paese può dare diritto alla protezione sussidiaria in Italia?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, gli atti di violenza domestica o di genere possono integrare i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria se configurano un rischio effettivo di ‘danno grave’ per ‘trattamento inumano o degradante’ e qualora risulti che le autorità del Paese di origine non contrastino tali condotte o non forniscano un’adeguata protezione.

Quale ruolo ha il giudice nell’esaminare una richiesta di protezione basata sulla violenza di genere?
Il giudice non deve essere un soggetto passivo, ma ha un dovere di ‘cooperazione istruttoria’. Deve assumere un ruolo attivo per verificare la plausibilità della narrazione, assumendo informazioni pertinenti e aggiornate sul Paese di origine (COI) per contestualizzare il racconto della vittima, specialmente riguardo alla posizione delle donne, alla protezione disponibile e ai rischi in caso di rimpatrio.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale?
La Corte ha annullato la decisione perché il Tribunale, nel giudizio di rinvio, non si è attenuto ai principi di diritto precedentemente stabiliti dalla stessa Cassazione. Ha ripetuto gli stessi errori, omettendo un esame approfondito dei fatti, ignorando il suo dovere di cooperazione istruttoria e fornendo una motivazione meramente apparente e in contrasto con le direttive ricevute.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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