Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6984 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6984 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14823/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro
-intimato- avverso il DECRETO di TRIBUNALE CATANZARO n. 4313/2021 depositata il 18/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La ricorrente, cittadina nigeriana, ha chiesto la protezione internazionale allegando di aver lasciato il suo paese d’origine per sfuggire a gravi violenze di genere e maltrattamenti subiti fin dalla sua infanzia, consumati in ambito domestico e connotati anche da abusi sessuali in suo danno, in difetto di protezione dalle
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Numero di raccolta generale NUMERO_DOCUMENTO Data pubblicazione 15/133/2024 autorità locali: ha fatto riferimento alle violenze subite da parent (la zia presso la quale aveva vissuto da adolescente che la trattava come una schiava; il marito di lei che ne abusava sessualmente quando la moglie era assente; la condizione di donna sola in caso di rimpatrio). Ha dedotto che dopo esser fuggita ha raggiunto la Libia, dove ha continuato a subire abusi. Nel luglio 2016 è arrivata in Italia e ha presentato domanda di protezione internazionale, respinta dalla Commissione Territoriale. Ha quindi proposto ricorso al Tribunale di Catanzaro, che lo ha respinto con decreto del 11 luglio 2019, impugnato per cassazione dalla ricorrente. Questa Corte, con RAGIONE_SOCIALE ordinanza n.24219/2021 ha cassato il provvedimento impugnato, RAGIONE_SOCIALE rilevano che gli atti di violenza domestica, così come intesi dall’art. 3 della Convenzione di Istanbul dell’il maggio 2011, quali limitazioni al godimento dei diritti umani fondamentali, possono integrare i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, ex art. 14, lett. b), D.Igs. 19 novemb 2007, n. 251, in termini di rischio effettivo di danno grave pe trattamento inumano o degradante, qualora risulti che le autorità statuali non contrastino tali condotte o non forniscano protezione contro di essendo frutto di regole consuetudinarie locali. La Corte ha inoltre rilevato che, a fronte di “pfurimi elementi di fatto forniti dalla parte (certamente aventi un peso, se dimostrati, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria), il Tribunale è incorso nel vizio di omesso esame di un fatto decisivo controverso in giudizio, perché si è limitato ad un lapidario giudizio di genericità i ordine alle violenze perpetrate dallo zio della richiedente e, soprattutto, ha trascurato completamente la tematica della condizione di donna sola in Nigeria e della relativa tutela da parte delle autorità, pure oggetto di dibattito. La motivazione che ne risulta è quindi meramente apparente, inidonea a soddisfare il “minimo costituzionale”. La Corte ha inoltre aggiunto che 2 di 14 Firmato Da: COGNOME NOME NOME messo Da: RAGIONE_SOCIALE Ser ia l#: 44d18400a 5242bb53102ae26c511 da9 Firma to Da: COGNOME NOME Da: RAGIONE_SOCIALE Ser ial #: 27e 7b49e80139e7782656320188a0992 Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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“All’omesso esame sopra evidenziato si aggiunge altresì un chiaro travisamento dei fatti laddove il tribunale (seppure in altro passaggio motivazionale) attribuisce alla richiedente lo status di “fidanzata” mai dedotto in atti e una convivenza con altre quattro persone (situazione, questa, valevole solo in Italia e tutta da valutare con riguardo alla O.H. in caso di rimpatrio), così come inspiegabile è la tesi secondo cui sarebbe inverosimile aiutare una persona senza pretendere danaro in cambio”.
La ricorrente ha riassunto la causa innanzi il Tribunale di Catanzaro, che le ha riconosciuto la protezione speciale, ma ha respinto la richiesta di protezione sussidiaria.
Avverso il predetto provvedimento la ricorrente COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a quattro motivi. Non costituito il Ministero.
RITENUTO CHE
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta error in procedendo in relazione all’art.360, co.1, n.4, cpc, per violazion degli artt. 324 e 384, co.2, cpc e 2909 c.c.;
Parte ricorrente deduce che il Tribunale, in sede rescissoria, ha violato gli artt. 384 c.p.c. 2909 c.c., non uniformandosi dictum della Corte di Cassazione. La ricorrente afferma che il Tribunale, in fase rescissoria, ha affrontato questioni già oggetto d giudicato interno, tra cui la completezza dell’allegazione fattual della richiedente protezione, così eludendo i principi di diritt enunciati dalla Corte Suprema nell’ordinanza di rinvio. Nel giudizio di rinvio, la richiedente aveva ripresentato la domanda di protezione sussidiaria, basandosi sui maltrattamenti subiti in ambito familiare e domestico. Si sottolinea che la Corte Suprema aveva già affermato che gli atti di violenza domestica potevano costituire motivo per il riconoscimento della protezione sussidiaria, secondo quanto stabilito dall’articolo 14, lettera b) del D.Igs. n.2
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del 2007. Il Tribunale di Catanzaro, invece, ha respinto nuovamente la domanda di protezione sussidiaria, sollevando dubbi sulla correttezza della decisione della Corte Suprema omettendo di adempiere all’onere istruttorio imposto dalla stessa Corte. Si afferma che questo modo di procedere travalica i limiti del giudicato formale e sostanziale, violando gli articoli 324c.p.c. 2909 c.c.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta error in iudicando in relazione all’art.360, c.1, n.3, c.p.c., per violazione degli a co.3, 35 bis, co. 9, D.Igs. n.25/08, e 14, lett. b), D.Igs. 251/ ricorrente deduce che il Tribunale ha trascurato la tematica della condizione di donna sola in Nigeria e della relativa tutela da parte delle autorità, nonostante fosse indicato come strumento privilegiato l’utilizzo di COI (Country of Origin Information). Con l’ordinanza n.24219/21, la Suprema Corte aveva rilevato che, in relazione al rischio di cui all’art.14 lett. b) del D.Igs. 251/200 “a fronte di plurimi elementi di fatto forniti dalla parte, Tribunale,.. ha trascurato completamente la tematica della condizione di donna sola in Nigeria e della relativa tutela da parte delle autorità” e imposto di verificare se le Autorità statuali contrastino tali condotte o non forniscano protezione contro di esse, tollerandole come frutto di regole consuetudinarie locali. Invece il Tribunale, violando nuovamente l’art. 8, co. 3 del D.Igs 25/2008, ha omesso la cooperazione istruttoria ignorando che le COI costituiscono strumento privilegiato di accertamento.
3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta error in fudicando in relazione all’art.360, c.1, n.5, c.p.c., per omesso esame di fa decisivi per l’accertamento di protezione sussidiaria ex art. 14, let b, D.Igs. 251/07. Parte ricorrente lamenta la mancanza di chiarezza nella motivazione del decreto in relazione ai presupposti fondanti le diverse forme di protezione, alla distinzione tra RAGIONE_SOCIALE pericolo
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persecutorio e rischio di danno grave, e alla necessità di un quadro normativo di riferimento. Si contesta l’iter argomentativo del decreto, ritenuto tanto confusionale da non costituire una “motivazione” adeguata ai requisiti costituzionali minimi richiesti per sorreggere la decisione su questo punto. Inoltre, nel motivo di ricorso, sotto il profilo del nuovo articolo 366, comma 1, numero 6 del codice di procedura civile, si precisa che il ricorso si basa su atti allegati relativi al decreto impugnato, all’ordinanza della Cort di Cassazione, al ricorso e alle dichiarazioni rese in Cort Territoriale. Dal contenuto di tali atti emergono i profili di risch dedotti nella forma di rischio di trattamenti degradanti e inumani in ambito domestico/familiare, nonché il quadro normativo di riferimento e la necessità di interpretare i motivi di persecuzione di danno grave in modo sensibile al genere, conformemente all’articolo 604 della Convenzione di Istanbul del 2011.
4.- Con il quarto motivo si lamenta error in iudicando in relazione all’art. 360, co.1, n.3, cpc, per violazione degli articol 8 Cedu, 3, 18, 36, 60 e 61 Conv. di Istanbul, articoli 2, lett. e) 3, c.3, 4 e 5, 5, lett.c), 6, co.2, 7, co.1 e 2, lett. a), D.Igs.251/07.La ricorrente deduce che nel suo caso la impossibilità di reinserirsi dignitosamente in Nigeria avrebbe dovuto portare il Tribunale a considerare la sua condizione alla luce della Convenzione di Istanbul e degli articoli 2, lett. g, e 14, b), in luogo della protezione umanitaria. Parte ricorrente sottolinea che la Corte aveva precedentemente indicato il principio di diritto da seguire in tema di protezione internazionale, rilevando che gli atti di violenza domestica, come definiti dall’art. 3 del Convenzione di Istanbul, potrebbero costituire presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, in ragione del rischio di “danno grave” per “trattamento inumano o degradante”, qualora le autorità statali non contrastino tali condotte o non fornissero
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protezione contro di esse, soprattutto se basate su regole consuetudinarie locali. Deduce che la violenza di genere dovrebbe essere riconosciuta come forma di persecuzione, conformemente alla Convenzione di Ginevra e che le autorità dovrebbero adottare misure per garantire il rispetto del principio di non-respingimento.
5.- Il motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono fondati nei termini di cui appresso.
Con la ordinanza n.24219/2021 questa Corte ha cassato il precedente decreto del Tribunale di Catanzaro rilevando una pluralità di vizi e segnatamente la violazione di norme di diritto l’omesso esame di fatto decisivo, la assoluta carenza di motivazione, il travisamento dei fatti; ed ha rinviato al primo giudice “per nuovo esame dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria”, da farsi tenendo conto della peculiare vicenda denunciata (violenza domestica e di genere) e della condizione della donna in Nigeria.
Il perimetro del giudizio di rinvio è stato RAGIONE_SOCIALE così delimitato in modo specifico e con indicazioni di metodo molto chiare. Il primo giudice avrebbe quindi dovuto riesaminare il caso, tenendo conto di quelli che in sede di legittimità sono stati definiti “plur elementi di fatto” allegati dalla ricorrente che non potevano essere sbrigativamente disattesi con un “lapidario” giudizio di genericità, ed altresì assolvendo per intero al dovere di cooperazione istruttoria.
Al tempo stesso questa Corte ha enunciato, richiamandosi ad altri precedenti, RAGIONE_SOCIALE il principio cui il Tribunale avrebbe dovuto attenersi, nei seguenti termini: in tema di protezione internazionale, gli atti di violenza domestica, così come intesi dall’art. 3 della Convenzione di Istanbul dell’Il maggio 2011, quali limitazioni al godimento dei diritti umani fondamentali, possono integrare i presupposti per il riconoscimento della protezione
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sussidiaria, ex art. 1.4, lett. b), d.igs. n. 251 del 2007, in terfflicali co ne 15,1113f2024 rischio effettivo di “danno grave” per “trattamento inumano o degradante”, qualora risulti che le autorità statuali non contrastino tali condotte o non forniscano protezione contro di essendo frutto di regole consuetudinarie locali.
5.1.- Vale qui la pena di notare che il principio di diritt enunciato non ricorre soltanto nella giurisprudenza nazionale, ma anche nella giurisprudenza europea, avendo la Corte di Giustizia UE (16 gennaio 2024 C-621/21,) di recente rimarcato che le donne possono essere percepite in modo diverso dalla società circostante e può essere riconosciuta loro un’identità distinta in ta società, in ragione, in particolare, di norme sociali, morali giuridiche vigenti nel loro paese d’origine; la CGUE ha aggiunto che, se le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugia non sono soddisfatte, le donne possono beneficiare dello status di protezione sussidiaria, in particolare quando corrono un rischio reale di essere uccise o di subire violenza, a maggior ragione se c’ il rischio che questa sia inflitta da un membro della loro famiglia della loro comunità a causa della presunta trasgressione di norme culturali, religiose o tradizionali.
6.- Nonostante la estrema chiarezza delle indicazioni date al giudice di merito, il Tribunale di Catanzaro, innanzi a cui è stata riassunto il giudizio, non ha affatto condotto un nuovo esame sui presupposti per la protezione sussidiaria, né si è attenuto principi di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione ma si è limitato ribadire lo stesso giudizio effettuato in precedenza, sulla genericit delle allegazioni, riportandolo per esteso nella motivazione della sentenza “ai fini di un sereno confronto testuale” ed affermando che quel giudizio sottolineava proprio l’assenza di dettagli utili; quindi omesso di assumere informazioni sulle connotazioni del fenomeno della violenza di genere nel pase di origine poiché
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“anche ammesso infatti che una buona ricerca su Internet riveli dati (..scontati) sulla violenza di genere in Nigeria, nulla sappiamo e possiamo sapere della effettiva situazione individuale e delle violenze patite in famiglia in assenza di una leale cooperazione della parte. Profilo questo che fa Corte di legittimità non ha individuato, concentrando la sua attenzione sulla carenza istruttoria nel delineare il quadro generale della condizione della donna in Nigeria”. Inoltre, il Tribunale ha escluso doversi procedere alla audizione della ricorrente, in ragione della natura di giudizio chiuso del rinvio e ha affermato che “la condizione di donna sola, vittima di pregressi maltrattamenti in famiglia nel suo paese e per questo in situazione di impossibilità di reinserirsi in Nigeria in un contest dignitoso, può pertanto costituire il fondamento della protezione “minore”, umanitaria quale divieto di respingimento ex art. 19 TUT (istituto applicabile ratione temporis in ragione dell’epoca della domanda di protezione, ampiamente antecedente all’entrata in vigore del di. 113/2018)” riconoscendo quindi alla richiedente la protezione speciale.
6.1.- Cosi operando il Tribunale oltre ad essere incorso in evidenti errori di diritto e contrasti insanabili nella motivazione, totalmente disatteso le regole processuali che governano il giudizio di rinvio, sostanzialmente trasformandolo in un giudizio di quarto grado sulla pronuncia resa da questa Corte di legittimità, RAGIONE_SOCIALE così arbitrariamente RAGIONE_SOCIALE stravolgendo l’assetto dell’organizzazione della giurisdizione.
6.2.- Il Tribunale di Catanzaro sembra ignorare che, una volta cassato il primo provvedimento -e segnatamente, come nella specie, per difetto assoluto di motivazione- le stesse motivazioni, presunte tali, non possono essere nuovamente poste a base della decisione. Quindi, una volta ritenuto generico, dalla Corte di legittimità, il giudizio sulla attendibilità degli elementi di f
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allegati dalla parte, questo giudizio non poteva essere né richiamato, né, tantomeno, convalidato. Allo stesso modo il Tribunale di Catanzaro sembra ignorare che il principio di diritto, secondo quanto dispone chiaramente l’art. 384 c.p.c., è vincolante per il giudice del merito e pertanto, una volta che la Suprema Corte ha ricondotto la vicenda di violenza domestica alla protezione sussidiaria, non può affermarsi che “la condizione di donna sola, vittima di pregressi maltrattamenti in famiglia nel suo paese e per questo in situazione di impossibilità di reinserirsi in Nigeria in u contesto dignitoso, può pertanto costituire il fondamento della protezione minore” riformulando così il principio in modo da farlo aderire alla soluzione prescelta. Sembra ignorare, ancora, che, cassato il provvedimento per omesso esame di fatto decisivo, non ci si può limitare ad affermare che la precedente valutazione era fondata sulla mancanza di riferimenti concreti, ma devono essere esaminati i fatti sfuggiti alla attenzione del primo giudicante e ch aveva no appunto determinato il giudizio di insufficiente allegazione: fintanto che questi fatti non si esaminano, il giudizio carente allegazione è fondato su una disamina parziale, e di conseguenza la decisione è viziata da errore.
7.- Non può farsi a meno di osservare che il Tribunale non coglie il reale contenuto e la portata del decisurn, laddove ritiene che questa Corte abbia concentrato la sua attenzione sulla carenza istruttoria nel delineare il quadro generale della condizione della donna in Nigeria, mentre nel testo della ordinanza del 2021 con molta chiarezza si richiamava l’attenzione della Tribunale sulla circostanza che la donna aveva allegato plurimi elementi di fatto che non erano stati adeguatamente esaminati e che taluni di essi erano stati travisati o apoditticamente ritenuti inverosimili. Da ci discende poi l’ulteriore errore di avere escluso una nuova audizione della ricorrente, argomentando sulla natura “chiusa” del
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giudizio di rinvio, senza avvedersi che la nuova audI7Fick ii –…-INDIRIZZO consentita proprio dalle ragioni della decisione, avendo la Corte richiamato il giudice di merito all’adempimento del dovere di cooperazione istruttoria e ad operare un nuovo, completo e più approfondito esame degli elementi di fatto allegati, da valutare nel contesto in cui essi si sono verificati e cioè tenendo conto del condizione delle donna sola in Nigeria e della effettività della tute accordate alle vittime di violenza domestica o di genere.
7.1- I dati salienti che connotano il fenomeno della violenza di genere, gli obblighi internazionali assunti in materia con l sottoscrizione della Convenzione di Istanbul dell’il maggio 2011 e la conseguente necessità che anche il giudice della protezione internazionale svolga un ruolo attivo nella tutela delle possibil vittime della violenza di genere, sfuggono poi del tutto all attenzione dei giudici di Catanzaro.
Sul punto il Tribunale si limita superficialmente ad osservare che una eventuale ricerca Internet o il collazionare “reports di ONG più o meno qualificate” non avrebbe comunque portato alcun giovamento poiché “nulla sappiamo e possiamo sapere della effettiva situazione individuale e delle violenze patite in famiglia i assenza di una leale cooperazione della parte”, così obliterando completamente il mandato della Corte di legittimità, che nell’annullare la precedente decisione ha affermato che vi sono (invece) plurimi elementi di fatto allegati dalla parte, che prima d essere eventualmente ritenuti insufficienti avrebbero dovuto essere vagliati alla luce di informazioni pertinenti aggiornate da assumere ai sensi dell’art. 8 del D.Igs. n. 25 del 2008 e non -com commenta il giudice del rinvio- da report di “ONG più o meno qualificate” o da imprecisate ricerche Internet. Il Tribunale di Catanzaro sembra infatti ignorare il testo dell’art. 8 cit., il qu impone di trarre informazioni precise e aggiornate circa la
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dei ri RAGIONE_SOCIALE niti e 15,1113f2024 asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transita “elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’RAGIONE_SOCIALE e dairRAGIONE_SOCIALE (oggi EUAA) e dal Ministero degli affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa”. Pertanto, non si comprende il riferimento alle ricerche “Internet” (posto che Internet non è in sé una fonte, ma un mezzo) né tantomeno alle “ONG più o meno qualificate”, salvo che il Tribunale di Catanzaro non ritenga che il Ministero degli esteri, l’RAGIONE_SOCIALE (agenzia ONU) e l’RAGIONE_SOCIALE, oggi EUAA (agenzia UE) siano delle ONG, eventualmente anche poco qualificate. situazione generale esistente nel Paese di origine
7.2.- Peraltro, il Tribunale non tiene conto della costante giurisprudenza di questa Corte in tema di valutazione della credibilità e verosimiglianza delle allegazioni di vicende che devono inquadrarsi in determinati contesti sociali e culturali: in questi ca il giudizio di verosimiglianza o plausibilità, ovvero lo stesso giudi di ragionevolezza, non può essere eseguito comparando il racconto del richiedente con ciò che risulti ragionevole per il giudice o u cittadino europeo medio, o con ciò che normalmente accade in un paese europeo, dovendo farsi piuttosto riferimento alla plausibilità dei fatti pertinenti asseriti nel contesto delle condizioni esistenti suo paese di origine, compresi genere, età, istruzione e cultura (Cass. n. 11910 del 12/04/2022; Cass. n. 6738 del 10/03/2021). La allegazione di violenza di genere o domestica è esattamente uno di quei casi in cui la valutazione della attendibilità e coerenza d racconto e della sua ragionevolezza e verosimiglianza non può farsi se non assumendo appropriate e pertinenti informazioni sul fenomeno così come si connota entro un determinato ambito territoriale e sociale. Non a caso la Corte di giustizia UE nella g
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citata sentenza del 16 gennaio 2024 specifica (par. 60-61) che la valutazione della fondatezza del timore di un richiedente di essere perseguitato deve avere carattere individuale ed essere effettuata caso per caso con vigilanza e prudenza, e che a tal fine dovrebbero essere raccolte le informazioni relative al paese d’origine rilevant per la valutazione delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato presentate dalle donne, quali la posizione delle donne davanti alla legge, i loro diritti politici, sociali ed econom costumi culturali e sociali del paese e le conseguenze nel caso non vi aderiscano, la frequenza di pratiche tradizionali dannose, l’incidenza e le forme di violenza segnalate contro le donne, la protezione disponibile per loro, la pena imposta agli autori della violenza e i rischi che una donna potrebbe dover affrontare al suo ritorno nel paese d’origine dopo aver inoltrato una siffatta domanda.
8.- Il Tribunale avrebbe quindi dovuto, oltre che valutare più approfonditamente gli elementi di fatto travisati o sommariamente ritenuti generici, se il caso disponendo l’audizione personale della ricorrente, assumere informazioni -in adempimento del dovere di cooperazione istruttoria- pertinenti, aggiornate e attendibili, anche al fine di verificare se nel paese origine le violenze sulle donne, specie in contesti familiar favoriti da una condizione di inferiorità di fatto delle donne o d ragioni pseudo culturali, abbiano carattere di sistematicità e siano tollerati dalla autorità statali. Il giudice di merito, dopo av assunto queste informazioni, consultando fonti appropriate, avrebbe dovuto rivedere il giudizio, alla luce del principio di dirit enunciato dalla Corte di legittimità (e non quello irritualmente riformulato dallo stesso Tribunale) e tenendo conto di quelle che sono le indicazioni date dalla Convenzione di Istanbul sulla violenza di genere.
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Nulla di tutto ciò è stato fatto, limitandosi il Tribunale ribadire, apoditticamente, il precedente giudizio di insufficienza delle allegazioni, delle quali però contraddittoriamente sembra poi tenere conto, nel momento in cui riconosce la protezione speciale in base a un non meglio precisato giudizio comparativo con le condizioni del paese d’origine, sul quale però non è stata assunta alcuna informazione, e alla ritenuta vulnerabilità, dapprima correlata alla assenza da molti anni dal paese natale, ma poi anche a considerazioni sulla “condizione di donna sola, vittima di pregressi maltrattamenti in famiglia nel suo paese e per questo in situazione di impossibilità di reinserirsi in Nigeria in un contest dignitoso”.
9.- Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione del provvedimento impugnato e il rinvio al Tribunale di Catanzaro in ulteriore diversa composizione per un nuovo esame, attenendosi al principio di diritto già enunciato in precedenza, che è così precisato, anche alla luce dei recenti sviluppi del giurisprudenza della CGUE:
Qualora la richiedente asilo alleghi di essere stata vittima di violenza domestica o di genere, gli atti di violenza domestica, così come intesi dall’art. 3 della Convenzione di Istanbul dell’il maggio 2011, quali limitazioni al godimento dei diritti umani fondamentali, possono integrare -ove venga esclusa la ricorrenza di atti persecutori- i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, ex art. 14, lett. b) D.Igs. 19 novembre 2007, n. 251, in termini di rischio effettivo di “danno grave” per “trattamento inumano o degradante” da agente privato, qualora risulti che le autorità statuali non contrastino tali condotte o non forniscano protezione contro di esse, in quanto frutto di regole consuetudinarie locali. A tal fine il giudice dovrà verificare, anche rinnovando l’audizione della ricorrente, e in ogni caso assumendo
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informazioni pertinenti e aggiornate sul paese di origine ai sensi dell’art. 8 del D.Igs 25/2008, la plausibilità della narrazione e l sussistenza del rischio effettivo nel contesto delle condizioni esistenti nel paese di origine, segnatamente quelle riguardanti la posizione delle donne davanti alla legge, i loro diritti politici, soci ed economici, i costumi culturali e sociali del paese e le conseguenze nel caso non vi aderiscano, la frequenza di pratiche tradizionali dannose, l’incidenza e le forme di violenza segnalate contro le donne, la protezione disponibile per loro, la pena imposta agli autori della violenza e i rischi che una donna potrebbe dover affrontare al suo ritorno nel paese d’origine.
Il giudice del rinvio deciderà anche sulle spese in ess comprese quelle dei giudizi di legittimità
P.Q.M.
accoglie il ricorso cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Catanzaro in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell’art. 52 d 196/2003.
Così deciso in Roma, il 25/01/2024.